25, 24, 23, 22, 21, 20… L’Italia manda in orbita anche la Scozia più brutta

ph. Fotosportit/FIR

A Roma gli azzurri infilano la sconfitta consecutiva numero 25 nel Sei Nazioni: non vincono da 5 anni, tra le mura amiche addirittura da marzo 2013. Una gara sconclusionata, senza mordente contro avversari che hanno commesso una montagna di errori, ma se ne vanno con un 17 a 0 a loro favore. E franco Smith sembra avere già imparato la lezione sbagliata, quella delle dichiarazioni post-gara

Bene, cosa dire al giro numero 25 che non sia già stato detto e scritto in tutte le sue declinazioni nelle 24 sconfitte (consecutive) precedenti? Facile: nulla. D’altronde siamo sempre qua, fermi allo stesso punto: facciamo qualche tentativo di passo per allontanarci – una volta da una parte, un’altra volta dall’altra – ma alla fine non ci si muove mai.
Poi arrivano i ko come quello di sabato, francamente inguardabile. Come livello di bruttezza, impalpabilità tecnica e mentale se la gioca con la partita con la Francia di un anno fa, ma lì almeno 14 punti siamo riusciti a farli mentre contro la Scozia siamo rimasti a zero. Fermi al palo per la seconda volta in tre match (mai successo nel nostro Sei Nazioni).

L’Italia doveva vincere, la Scozia doveva vincere: alla fine di una gara in cui per lunghi tratti si è assistito alla fiera dell’errore si è imposta la squadra che ci ha davvero provato di più, quella con le idee più chiare. Inutile girarci attorno: la Scozia più brutta ci ha battuti e non ha subito nemmeno un punto, il resto sono chiacchiere. Poi possiamo dire però qui (pochissimi), però lì (ancora meno), ma il succo è quello. Gli azzurri hanno messo in mostra poche idee e pure parecchio confuse, hanno sofferto in mischia, i breakdown nemmeno parliamone. In affanno in difesa quando la Scozia decideva di giocare davvero ed evanescenti in attacco: siamo entrati pochissime volte nei 22 metri avversari e ogni volta che lo si è fatto la Scozia ha dominato nei punti d’incontro e rubato palla tutte le volte che i nostri non la perdevano.
I nostri avversari hanno conteso la palla solo quando è stato necessario e le ruck che andavano vinte le hanno portate a casa. Galles, Francia, Scozia… cambia l’avversario ma non il risultato: quando ci incontrano bastano alcune accelerazioni, un temporaneo aumento dell’intensità e si portano a casa la partita, senza eccessivi patemi.

Capitolo Franco Smith: ovviamente non è colpa sua, però ha subito imparato il mood “giusto” (virgolette sarcastiche eh) delle dichiarazioni post-partita: i ct che lo hanno preceduto ci hanno messo un anno, un anno e mezzo prima di arrivare ad arrivare alle frasi da difesa d’ufficio sentite sabato.
Non ha un ruolo semplice, doveva fare l’assistente e si ritrova suo malgrado head coach senza sapere ancora per quanto lo sarà. Poi c’è una sorta di avvitamento che andrebbe chiarito: doveva coadiuvare Conor O’Shea ma ora parla spesso della necessità di cambiare parecchie cose. Vero che il ruolo di assistente e di capo allenatore non sono la stessa cosa ma per diversi anni ci è stato detto dai vertici federali, tecnici e non, che la strada era quella giusta. ora invece pare che no. Qualcuno sa dirmi a che punto siamo?

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L’Italia e i test-match di novembre, quei numeri che svelano ogni alibi o illusione

ph. Fotosportit/FIR

Con il 66 a 3 dell’Olimpico per gli All Blacks si è chiuso un mese davvero molto poco positivo per i colori azzurri. Una vittoria – necessaria – e tre ko. Sconfitte che sono negative nel risultato (in due casi sono vere e proprie ripassate) ma soprattutto nei modi in cui sono arrivate. Che dite, non sarebbe ora di smettere di raccontarsela?

Quattro partite giocate: una vittoria (Georgia) e tre sconfitte (Irlanda – quella “B” – Australia e Nuova Zelanda). Abbiamo fatto in tutto 45 punti e ne abbiamo incassati 163, la media-gara è un risultato di 40,75 a 11,25. E quelli con i 40 punti nel carniere non siamo noi. Abbiamo subìto 24 mete (6 a partita di media), ne abbiamo fatte 6.
La partita con gli All Blacks ha chiuso il nostro 2018, con il magro score di 2 vittorie in 11 partite. Abbiamo battuto una volta il Giappone (25 a 22) e una la Georgia (28 a 17). Probabilmente a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno aiuta a vivere un po’ meglio (forse eh), però faccio fatica a essere ottimista e – soprattutto – gli anni passano e noi siamo sempre fermi qui. A questi numeri, più o meno.
E’ vero, abbiamo giocato contro avversari più forti: però quella che è davvero mancata è la qualità e la continuità delle e nelle prestazioni. Senza dimenticare che, come scrivevo prima, quella di Chicago era un’Irlanda lontanissima dalla sua formazione titolare, che l’Australia vista a Padova è una delle peggiori degli ultimi 10/15 anni e che gli All Blacks all’Olimpico ci hanno rifilato 10 mete giocando al piccolo trotto, senza mai mettere il piede sul gas, tanto che in molti lo hanno definito solo un allenamento per i campioni del mondo in carica. Il succo è: poteva andare anche molto peggio, difficilmente meglio.

O forse no. Forse quei nomi così altisonanti (All Blacks, Australia, Irlanda) ci basteranno a trovare per l’ennesima volta i soliti alibi e i tanti “ma”.
Non solo alibi, ma anche frasi fatte e/o ritornelli che vengono ripetuti tante di quelle volte che poi alla fine vengono presi per veri, ma a cui manca un dettaglio chiamato concretezza. Come quello della profondità, parola che per alcuni ruoli viene usata decisamente a sproposito. Contro la Nuova Zelanda, ed è solo un esempio, unica apertura di ruolo era Allan, sceso in campo con una vistosissima fasciatura, mentre Canna era stato rimandato alle Zebre (era proprio necessario?).

E poi non si spiega un’altra cosa: se abbiamo così tanta profondità perché alla fine i titolari sono sempre gli stessi? Ma sempre sempre sempre.
In questi quattro match di novembre gli atleti partiti dal primo minuto in tutto sono 26. Uno potrebbe dire o pensare che alla fine proprio pochissimi non sono, ma il dato è “drogato” dalla gara di Chicago contro l’Irlanda, fuori dalla finestra internazionale e organizzato per meri motivi economici: nelle tre gare “ufficiali” (chiamiamole così) contro Georgia, Australia e All Blacks i titolari sono stati sempre gli stessi. Sempre. Dall’uno al 15: Lovotti, Ghiraldini, Ferrari, Zanni, Budd, Negri, Polledri, Steyn, Tebaldi, Allan, Bellini, Castello, Campagnaro, Benvenuti e Hayward. L’unico cambio in un XV d’inizio è stato Sperandio che ha giocato con la Georgia al posto di Hayward infortunato mentre in un altro caso lo stesso Sperandio è stato fatto partire all’ala in sostituzione di Bellini fermo in infermeria. Malanni fisici, non scelte o variazioni tecniche, che queste sono sempre le stesse.

Poi c’è il match di Chicago, con 9 nomi diversi rispetto al filotto sopra riportato, ma si tratta di una partita anomala, appunto fuori dalla finestra dei test-match internazionali e solo 7 giorni prima della gara che assolutamente non potevamo perdere, quella con la Georgia. Profondità? Sarà, ma non la si vede.
Altri parlano di una squadra giovane, che deve crescere. Sulla seconda asserzione non ci sono dubbi, sulla prima si può discutere: l’età media del XV azzurro titolare di questo novembre è di quasi 28 anni. Sicuri che la definizione “giovani” sia la più corretta?

I giocatori danno tutto, non si risparmiano, non si può davvero dire nulla in questo senso. Conor O’Shea e il suo staff fanno quello che possono, si può magari discutere di qualche scelta ma sono dubbi marginali e che fanno parte del gioco. Nulla che possa davvero cambiare le carte in tavola.
Quello che ci servirebbe è un bagno di oggettività e di sincerità: smettere di raccontarsela. Oggi siamo questa roba qui, se in tre edizioni del Sei Nazioni non vinci nemmeno una partita un motivo ci sarà: in un paio di occasioni puoi tirare in ballo la sfortuna, forse, ma non di più, ed eventualmente quelle due gare vinte non cambiano il quadro complessivo.
Le nostre celtiche stanno migliorando? Sì, parebbe di sì, ma gli altri evidentemente lo fanno molto più di noi. Il gap dal 2010 in poi si è allargato. Lo dicono i numeri, lo dice il campo, non è una idea balzana di chi tiene questo blog. Lo sbandierare risultati che non ci sono è una coperta davvero corta, e il pubblico inizia a rendersene conto: contro gli All Blacks c’erano 53mila persone sugli spalti, molto lontani dal sold-out annunciato e ben 10mila in meno rispetto alla gara contro i neozelandesi di due anni fa. La partita con la Georgia non ha portato allo stadio nemmeno 20mila tifosi, quella con l’Australia (nella ovalissima Padova…) 18mila: 5mila in meno rispetto al 2017 quando sfidammo il Sudafrica e lo stesso numero che richiamò il match con Tonga l’anno prima.
Sul mio profilo facebook dopo la partita di sabato ho scritto: C’è una parola per definire il mese azzurro di test-match: “poco”, di tutto. Un post pubblicato a caldo, di pancia. Ma anche ragionandoci a freddo non credo di essermi poi sbagliato di molto. Purtroppo.

Ultimo sabato di test-match: il vademecum, da Italia-All Blacks a Francia-Fiji

Tutte le più importanti formazioni di Ovalia in campo: tra le altre anche Inghilterra-Australia e Galles-Sudafrica. Spazio anche per la nazionale femminile e il ritorno del Pro14 con Cheetahs-Benetton e Zebre-Munster

Che dire di Italia-All Blacks? Da un punto di vista tecnico è una partita che non può dire molto, il gap tra le due formazioni è tale da rendere poco utile un confronto sotto praticamente tutti gli aspetti del gioco. Planet Rugby prevede una vittoria con uno scarto di 35 punti per i neozelandesi. Non sarebbe nemmeno male.
Quello che conterà per il gruppo azzurro è la qualità della propria prestazione, a prescindere dal tabellone, tanto più che – complice anche il ko di sette giorni fa a Dublino – all’Olimpico vedremo per una volta un XV tuttonero meno “alternativo” di quello che normalmente scende in campo alle nostre latitudini. Ad ogni modo questo mese di novembre ci ha già detto quello che doveva dirci e a meno di clamorose e fantascientifiche sorprese non sarà certo il match di oggi a cambiare le carte in tavola.

Menu comunque molto ricco, con partite davvero interessanti in tutta Europa: da Scozia-Argentina a Inghilterra-Australia, passando per Galles-Sudafrica, senza dimenticare Francia-Fiji, Irlanda-USA e Georgia-Tonga. Domenica pomeriggio gioca anche la nazionale femminile, che in quel di Prato affronterà il Sudafrica.
In più c’è il ritorno in campo del Pro14 dopo diverse settimane di stop: oggi alle 13 e 30 Benetton Treviso di scena in Sudafrica contro i Cheetahs, squadra alla portata dei biancoverdi che però tra nazionale e infortuni lamentano molte assenze. Impegno decisamente più problematico per le Zebre che domenica alle 16 e 30 affrontano a Parma il Munster.

Italia – Nuova Zelanda, ore 15 (Stadio Olimpico, Roma) DMAX
Italia: 15 Jayden Hayward, 14 Tommaso Benvenuti, 13 Michele Campagnaro, 12 Tommaso Castello, 11 Luca Sperandio, 10 Tommaso Allan, 9 Tito Tebaldi, 8 Abraham Jurgens Steyn, 7 Jake Polledri, 6 Sebastian Negri, 5 Dean Budd, 4 Alessandro Zanni, 3 Simone Ferrari, 2 Leonardo Ghiraldini (c), 1 Andrea Lovotti
Riserve: 16 Luca Bigi, 17 Cherif Traore’, 18 Tiziano Pasquali, 19 Marco Fuser, 20 Johan Meyer, 21 Guglielmo Palazzani, 22 Luca Morisi, 23 Edoardo Padovani
Nuova Zelanda: 15 Damian McKenzie, 14 Jordie Barrett, 13 Anton Lienert-Brown, 12 Ngani Laumape, 11 Waisake Naholo, 10 Beauden Barrett, 9 TJ Perenara, 8 Kieran Read (c), 7 Ardie Savea, 6 Vaea Fifita, 5 Scott Barrett, 4 Patrick Tuipulotu, 3 Nepo Laulala, 2 Dane Coles, 1 Ofa Tuungafasi
Riserve: 16 Nathan Harris, 17 Karl Tu’inukuafe, 18 Angus Ta’avao, 19 Brodie Retallick, 20 Dalton Papalii, 21 Te Toiroa Tahuriorangi, 22 Richie Mo’unga, 23 Rieko Ioane

Scozia – Argentina, ore 15.30 (BT Murrayfield Stadium, Edimburgo) DAZN
Scozia: 15 Stuart Hogg, 14 Blair Kinghorn, 13 Huw Jones, 12 Finn Russell, 11 Sean Maitland, 10 Adam Hastings, 9 Greig Laidlaw (c), 8 Josh Strauss, 7 Hamish Watson, 6 Jamie Ritchie, 5 Jonny Gray, 4 Grant Gilchrist, 3 Simon Berghan, 2 Fraser Brown, 1 Allan Dell
Riserve: 16 Stuart McInally, 17 Alex Allan, 18 WP Nel, 19 Sam Skinner, 20 Ryan Wilson, 21 George Horne, 22 Alex Dunbar, 23 Byron McGuigan
Argentina: 15 Emiliano Boffelli, 14 Bautista Delguy, 13 Matias Moroni, 12 Jeronimo De La Fuente, 11 Ramiro Moyano, 10 Nicolas Sanchez, 9 Gonzalo Bertranou, 8 Javier Ortega Desio, 7 Rodrigo Bruni, 6 Pablo Matera (c), 5 Tomas Lavanini, 4 Guido Petti, 3 Santiago Medrano, 2 Augustin Creevy, 1 Santiago Garcia Botta
Riserve: 16 Julian Montoya, 17 Juan Pablo Zeiss, 18 Lucio Sordoni, 19 Matias Alemanno, 20 Tomas Lezana, 21 Martin Landajo, 22 Matias Orlando, 23 Sebastián Cancelliere

Inghilterra – Australia, ore 16 (Twickenham, Londra) Sky Sport 1
Inghilterra: 15 Elliot Daly, 14 Joe Cokanasiga, 13 Henry Slade, 12 Ben Te’o, 11 Jonny May, 10 Owen Farrell (c), 9 Ben Youngs, 8 Mark Wilson, 7 Sam Underhill, 6 Brad Shields, 5 Courtney Lawes, 4 Maro Itoje, 3 Kyle Sinckler, 2 Jamie George, 1 Ben Moon
Riserve: 16 Dylan Hartley, 17 Alec Hepburn, 18 Harry Williams, 19 Charlie Ewels, 20 Nathan Hughes, 21 Richard Wigglesworth, 22 George Ford, 23 Manu Tuilagi
Australia: 15 Israel Folau, 14 Dane Haylett-Petty, 13 Samu Kerevi, 12 Bernard Foley, 11 Jack Maddocks, 10 Matt Toomua, 9 Will Genia, 8 Pete Samu, 7 Michael Hooper (c), 6 Jack Dempsey, 5 Adam Coleman, 4 Izack Rodda, 3 Sekope Kepu, 2 Tolu Latu, 1 Scott Sio
Riserve: 16 Tatafu Polota-Nau, 17 Jermaine Ainsley, 18 Allan Alaalatoa, 19 Rob Simmons, 20 Ned Hanigan, 21 Nick Phipps, 22 Sefa Naivalu, 23 Marika Koroibete

Galles – Sudafrica, ore 18:20 (Principality Stadium, Cardiff) DAZN
Galles: 15 Liam Williams, 14 George North, 13 Jonathan Davies, 12 Hadleigh Parkes, 11 Josh Adams, 10 Gareth Anscombe, 9 Gareth Davies, 8 Ross Moriarty, 7 Justin Tipuric, 6 Dan Lydiate, 5 Alun Wyn Jones (c), 4 Adam Beard, 3 Tomas Francis, 2 Ken Owens, 1 Nicky Smith
Riserve: 16 Elliot Dee, 17 Rob Evans, 18 Dillon Lewis, 19 Cory Hill, 20 Ellis Jenkins, 21 Tomos Williams, 22 Dan Biggar, 23 Owen Watkin
Sudafrica: 15 Willie le Roux, 14 Sbu Nkosi, 13 Jesse Kriel, 12 Damian de Allende, 11 Aphiwe Dyantyi, 10 Handré Pollard, 9 Embrose Papier, 8 Duane Vermeulen, 7 Pieter-Steph du Toit, 6 Siya Kolisi (c), 5 Franco Mostert, 4 RG Snyman, 3 Frans Malherbe, 2 Malcolm Marx, 1 Steven Kitshoff
Riserve:16 Bongi Mbonambi, 17 Thomas du Toit, 18 Vincent Koch, 19 Eben Etzebeth, 20 Francois Louw, 21 Ivan van Zyl, 22 Elton Jantjies, 23 Cheslin Kolbe

Irlanda – Stati Uniti, ore 19:30 (Aviva Stadium, Dublino)
Irlanda: 15 Will Addison, 14 Andrew Conway, 13 Garry Ringrose, 12 Stuart McCloskey, 11 Darren Sweetnam, 10 Joey Carbery, 9 John Cooney, 8 Jack Conan, 7 Jordi Murphy, 6 Rhys Ruddock (c), 5 Iain Henderson, 4 Tadhg Beirne, 3 Finlay Bealham, 2 Niall Scannell, 1 Dave Kilcoyne
Riserve: 16 Rob Herring, 17 Cian Healy, 18 John Ryan, 19 Quinn Roux, 20 Josh van der Flier, 21 Luke McGrath, 22 Ross Byrne, 23 Sam Arnold
USA: 15 Will Hooley, 14 Blaine Scully (c), 13 Bryce Campbell, 12 Paul Lasike, 11 Marcel Brache, 10 Will Magie, 9 Shaun Davies, 8 Cam Dolan, 7 Hanco Germishuys, 6 John Quill, 5 Nick Civetta, 4 Greg Peterson, 3 Paul Mullen, 2 Joe Taufete’e, 1 Titi Lamositele
Riserve: 16 Dylan Fawsitt, 17 Chance Wenglewski, 18 Dino Waldren, 19 Samu Manoa, 20 David Tameilau, 21 Ruben de Haas, 22 Gannon Moore, 23 Ryan Matyas

Francia – Fiji, ore 21.05 (Stade de France, Parigi) Eurosport 2
Francia: 15 Benjamin Fall, 14 Teddy Thomas, 13 Mathieu Bastareaud, 12 Gael Fickou, 11 Yoann Huget, 10 Camille Lopez, 9 Baptiste Serin, 8 Louis Picamoles, 7 Artur Iturria, 6 Wenceslas Lauret, 5 Yoan Maestri, 4 Sebastien Vahaamahina, 3 Rabah Slimani, 2 Guilhem Guirado (c), 1 Jefferson Poirot
Riserve:16 Julien Marchand, 17 Dany Priso, 18 Demba Bamba, 19 Felix Lambey, 20 Kélian Galletier, 21 Antoine Dupont, 22 Anthony Belleau, 23 Geoffrey Doumayrou
Fiji: 15 Metuisela Talebula, 14 Josua Tuisova, 13 Semi Radradra, 12 Jale Vatabua, 11 Vereniki Goneva, 10 Ben Volavola, 9 Frank Lomani, 8 Viliame Mata, 7 Peceli Yato, 6 Dominiko Waqaniburotu (c), 5 Leone Nakarawa, 4 Tevita Cavubati, 3 Manasa Saulo, 2 Sam Matavesi, 1 Campese Maafu
Riserve: 16 Mesulame Dolokoto, 17 Eroni Mawi, 18 Kalivati Tawake, 19 Albert Tuisue, 20 Semi Kunatani, 21 Henry Seniloli, 22 Alivereti Veitokani, 23 Eroni Sau

Nazionale femminile: Prato, ore 14 e 30 (diretta streaming sui canali YouTube e Facebook della FIR)
Italia: 15 Manuela Furlan (Iniziative Villorba, 67 caps), 14 Aura Muzzo (Iniziative Villorba, 6 caps), 13 Michela Sillari (Rugby Colorno, 45 caps), 12 Jessica Busato (Iniziative Villorba, 5 caps), 11 Sofia Stefan (Valsugana Rugby Padova, 44 caps),10 Veronica Madia (Rugby Colorno, 12 caps), Giada Franco (Rugby Colorno, 5 caps), 6 Ilaria Arrighetti (Stade Rennais, 36 caps), 5 Giordana Duca (UR Capitolina, 6 caps), 4 Valeria Fedrighi (Stade Toulousain, 10 caps), 3 Lucia Gai (Valsugana Rugby Padova, 57 caps), 2 Melissa Bettoni (Stade Rennais, 47 caps), 1 Gaia Giacomoli (Rugby Colorno, 12 caps).
Riserve: 16 Silvia Turani (Rugby Colorno, 4 caps), 17 Eleonora Ricci (Grenoble, 4 caps), 18 Sara Tounesi (Rugby Colorno, 5 caps), 19 Miriam Pagani (Rugby Monza, 1 cap), 20 Francesca Sberna (Kawasaki Robot Calvisano, 1 cap), 21 Micol Cavina (Iniziative Villorba, 2 caps), 22 Annamaria Gizzi (UR Capitolina, 1 cap), 23 Camilla Sarasso (Biella Rugby Club, 1 cap).

Pro14: sabato a Bloemfontein ore 13.30, diretta streaming su DAZN
Benetton Rugby: 15 Angelo Esposito, 14 Marco Zanon, 13 Tommaso Iannone, 12 Ignacio Brex, 11 Monty Ioane, 10 Ian McKinley, 9 Dewaldt Duvenage, 8 Marco Barbini (C), 7 Michele Lamaro, 6 Giovanni Pettinelli, 5 Federico Ruzza, 4 Irné Herbst, 3 Giuseppe Di Stefano, 2 Tomas Baravalle, 1 Nicola Quaglio.
Riserve: 16 Hame Faiva, 17 Derrick Appiah, 18 Marco Riccioni, 19 Niccolò Cannone, 20 Marco Lazzaroni, 21 Giorgio Bronzini, 22 Antonio Rizzi, 23 Alberto Sgarbi.
Cheetahs: 15 Malcolm Jaer, 14 Rhyno Smith, 13 Benhard Janse van Rensburg, 12 Nico Lee, 11 Rabz Maxwane, 10 Tian Schoeman, 9 Shaun Venter (c), 8 Daniel Maartens, 7 Junior Pokomela, 6 Gerhard Olivier, 5 Walt Steenkamp, 4 Justin Basson, 3 Aranos Coetzee, 2 Joseph Dweba, 1 Ox Nche.
Riserve: 16 Marnus van der Merwe, 17 Charles Marais, 18 Erich de Jager, 19 Sinthu Manjezi, 20 Abongile Nonkontwana, 21 Rudi Paige, 22 Louis Fouche, 23 William Small-Smith.

Pro14: domenica a Parma ore 16.30, diretta streaming su DAZN
Zebre Rugby: 15 Gabriele Di Giulio, 14 Paula Balekana, 13 Giulio Bisegni, 12 Tommaso Boni, 11 James Elliott, 10 Francois Brummer, 9 Riccardo Raffaele, 8 Giovanni Licata, 7 Maxime Mbandà, 6 Jimmy Tuivaiti, 5 David Sisi (c), 4 Leonard Krumov, 3 Dario Chistolini, 2 Massimo Ceciliani, 1 Cruze Ah-Nau.
Riserve: 16 Oliviero Fabiani, 17 Daniele Rimpelli, 18 Eduardo Bello, 19 George Biagi, 20 Renato Giammarioli, 21 Joshua Renton, 22 Carlo Canna, 23 Giovanbattista Venditti.
Munster: 15 Mike Haley, 14 Ronan O’Mahony, 13 Rory Scannell, 12 Tyler Bleyendaal (c), 11 Alex Wootton, 10 JJ Hanrahan, 9 Neil Cronin, 8 Arno Botha, 7 Chris Cloete, 6 Gavin Coombes, 5 Darren O’Shea, 4 Fineen Wycherley, 3 Stephen Archer, 2 Kevin O’Byrne, 1 Jeremy Loughman.
Riserve: 16 Mike Sherry, 17 Brian Scott, 18 Ciaran Parker, 19 Sean O’Connor, 20 Conor Oliver, 21 Conor Murray, 22 Bill Johnston, 23 Chris Farrell.

Cilindrate e profondità vere e presunte: Italia-Australia e Irlanda-All Blacks nel Tinello di Vittorio Munari torna

Le partite di Padova e Dublino vengono spulciate in profondità: che cosa “lasciano” e ci dicono le sconfitte di Italia e Nuova Zelanda rispettivamente contro Australia e Irlanda? E sabato a Roma la sfida tra azzurri e tuttineri

Parole, slogan e ritorni annunciati: la palla ovale torna a raccontarsela intorno al Flaminio

“Lo stadio Flaminio deve tornare ad essere la casa del rugby”. Non si contano le volte che lo abbiamo sentito dire in questi anni. L’ultima è successa giusto ieri…

Nel luglio 2011 la notizia che l’Italia del rugby lascia il Flaminio per accasarsi allo Stadio Olimpico. Le parole di commiato dell’allora presidente FIR Giancarlo Dondi sono queste: “Dopo undici anni diamo l’arrivederci allo Stadio Flaminio, un impianto che ci ha regalato momenti indimenticabili a cominciare dall’esordio contro la Scozia del 5 febbraio 2000, per portare il più antico e prestigioso torneo del rugby internazionale sul palcoscenico più importante dello sport italiano”.
Ieri l’assessore allo sport del Comune di Roma Daniele Frongia ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Io e la sindaca Raggi abbiamo ricevuto una nota ufficiale del presidente del Coni Malagò contenente un progetto realizzato con la Fir per far tornare il Flaminio la casa del rugby”.

In questo arco di temporale di poco più di 7 anni abbiamo sentito di tutto: proclami di rilancio, progetti, annunci, smentite. Il Flaminio che diventa stadio del Seven, che entra nel dossier per portare i Mondiali di rugby del 2023 in Italia e le Olimpiadi del 2024 a Roma. Stadio che deve essere sede della nazionale femminile e – ovviamente – della terza franchigia celtica. O della seconda, tutte quelle volte che si parla di trasferire le Zebre al sud.
Ovviamente non succede nulla: probabilmente una qualche reale volontà di sistemare quello stadio c’è, ma alla fine al momento si sono rivelate tutte chiacchiere mentre nella struttura crescono erbacce alte quanto un uomo.
Le responsabilità sono di tutti e quindi di nessuno: dalle amministrazioni comunali di ogni colore fino alla famiglia Nervi che considera la struttura una specie di Colosseo moderno (nel frattempo a Londra, buttano giù un tempio come Wembley per rifarlo meraviglioso, più bello di prima).
Ho raccolto una serie di dichiarazioni rilasciate in questi anni, le ho ordinate in ordine cronologico. Viene detto di tutto e il suo contrario, a volte dalla stessa persona nello spazio di qualche mese.
Magari stavolta è la volta buona. Magari. Però non offendetevi se non ci credo un granché…

21 novembre 2012 – Gianni Alemanno, sindaco di Roma
“Vogliamo consegnare il Flaminio in modo che diventi la casa del rugby, ma così come è oggi è troppo piccolo. Abbiamo studiato varie forme di ampliamento, ma la sovrintendenza, Renzo Piano e la Fondazione Nervi, hanno ritenuto questi progetti presentati dalla Federazione del rugby non adeguati, quindi si sta procedendo con un concorso internazionale per l’ampliamento e il restauro del Flaminio”.

17 gennaio 2013 – Gianni Alemanno, sindaco di Roma
“Ormai è consolidato che il Flaminio non basta più. Ci vuole l’Olimpico per il rugby italiano e questo per noi è una grande soddisfazione”.

2 maggio 2015 – Ignazio Marino, sindaco di Roma
“Stiamo scrivendo un bando rivolto agli imprenditori privati nel settore dello sport e sono convinto che ci sarà chi accetterà di avere in affidamento un’opera così prestigiosa per restituirla alla sua antica bellezza e far sì che possa essere utilizzata anche da bambini e ragazzi che non hanno disponibilità economica per fare sport come scherma, nuoto, rugby o calcio”.

16 dicembre 2015
Su Il Tempo si legge che lo Stadio Flaminio sarà la struttura destinata al torneo di Rugby Seven. L’ex casa dell’Italrugby potrebbe essere pure adibita per gli sport equestri, in particolare per il salto ad ostacoli.

12 maggio 2016 – Alfredo Gavazzi, presidente FIR
“Auspico che quando avremo la possibilità di schierare tre franchigie in Celtic League lo stadio Flaminio sia disponibile per il rugby perché è il miglior stadio che io conosca in Italia. Abbiamo bisogno di una casa a Roma perché lo sviluppo della nostra attività non può che passare attraverso una casa a Roma e quindi auspico che questo diventi lo stadio del rugby nel prossimo futuro”.

21 luglio 2016 – Marcello Minenna, assessore al Bilancio del Comune di Roma 
“Sulla manutenzione dello Stadio Flaminio c’è una posta da 6 milioni e 200 mila euro per opere di adattamento alle attività sportive del rugby che non si è mossa da almeno tre anni. Per questo ho avviato nella delibera di Giunta approvata ieri un lavoro strutturale: l’ho chiamato un carotaggio delle poste fantasma”.

10 ottobre 2016 – Carlo Tavecchio, presidente FIGC
Il Flaminio è in stato fatiscente e non lo dico io e quindi noi diamo la disponibilità a qualsiasi tipo di ragionamento anche in consorzio con altri”.

11 marzo 2017 – Alfredo Gavazzi, presidente FIR
“Pensiamo di poter comprare lo stadio Flaminio entro la fine dell’anno. Ma Roma è Roma. Ci vuole tempo. Abbiamo il problema di cercare qualcosa che sia a misura delle nostre esigenze, pertanto, assieme a Malagò abbiamo pensato un’idea per risistemarlo e riportarlo alle sue origini. Per recuperare un patrimonio importante per la città di Roma e per lo sport in generale”.

29 giugno 2018 – Alfredo Gavazzi, presidente FIR
Sposteremo i nostri uffici dall’Olimpico al Flamino e, oltre al campo, sfrutteremo strutture e servizi, palestre e piscine incluse. Ci vorranno un paio di anni.