
A Roma gli azzurri infilano la sconfitta consecutiva numero 25 nel Sei Nazioni: non vincono da 5 anni, tra le mura amiche addirittura da marzo 2013. Una gara sconclusionata, senza mordente contro avversari che hanno commesso una montagna di errori, ma se ne vanno con un 17 a 0 a loro favore. E franco Smith sembra avere già imparato la lezione sbagliata, quella delle dichiarazioni post-gara
Bene, cosa dire al giro numero 25 che non sia già stato detto e scritto in tutte le sue declinazioni nelle 24 sconfitte (consecutive) precedenti? Facile: nulla. D’altronde siamo sempre qua, fermi allo stesso punto: facciamo qualche tentativo di passo per allontanarci – una volta da una parte, un’altra volta dall’altra – ma alla fine non ci si muove mai.
Poi arrivano i ko come quello di sabato, francamente inguardabile. Come livello di bruttezza, impalpabilità tecnica e mentale se la gioca con la partita con la Francia di un anno fa, ma lì almeno 14 punti siamo riusciti a farli mentre contro la Scozia siamo rimasti a zero. Fermi al palo per la seconda volta in tre match (mai successo nel nostro Sei Nazioni).
L’Italia doveva vincere, la Scozia doveva vincere: alla fine di una gara in cui per lunghi tratti si è assistito alla fiera dell’errore si è imposta la squadra che ci ha davvero provato di più, quella con le idee più chiare. Inutile girarci attorno: la Scozia più brutta ci ha battuti e non ha subito nemmeno un punto, il resto sono chiacchiere. Poi possiamo dire però qui (pochissimi), però lì (ancora meno), ma il succo è quello. Gli azzurri hanno messo in mostra poche idee e pure parecchio confuse, hanno sofferto in mischia, i breakdown nemmeno parliamone. In affanno in difesa quando la Scozia decideva di giocare davvero ed evanescenti in attacco: siamo entrati pochissime volte nei 22 metri avversari e ogni volta che lo si è fatto la Scozia ha dominato nei punti d’incontro e rubato palla tutte le volte che i nostri non la perdevano.
I nostri avversari hanno conteso la palla solo quando è stato necessario e le ruck che andavano vinte le hanno portate a casa. Galles, Francia, Scozia… cambia l’avversario ma non il risultato: quando ci incontrano bastano alcune accelerazioni, un temporaneo aumento dell’intensità e si portano a casa la partita, senza eccessivi patemi.
Capitolo Franco Smith: ovviamente non è colpa sua, però ha subito imparato il mood “giusto” (virgolette sarcastiche eh) delle dichiarazioni post-partita: i ct che lo hanno preceduto ci hanno messo un anno, un anno e mezzo prima di arrivare ad arrivare alle frasi da difesa d’ufficio sentite sabato.
Non ha un ruolo semplice, doveva fare l’assistente e si ritrova suo malgrado head coach senza sapere ancora per quanto lo sarà. Poi c’è una sorta di avvitamento che andrebbe chiarito: doveva coadiuvare Conor O’Shea ma ora parla spesso della necessità di cambiare parecchie cose. Vero che il ruolo di assistente e di capo allenatore non sono la stessa cosa ma per diversi anni ci è stato detto dai vertici federali, tecnici e non, che la strada era quella giusta. ora invece pare che no. Qualcuno sa dirmi a che punto siamo?