Il torneo che la Nuova Zelanda si è inventata per affrontare gli effetti della pandemia ci riporta a uno sport dove le regole sono più chiare ma che allo stesso non piace a tutti: troppi falli, troppe punizioni, Almeno secondo alcuni.
Vittorio Munari ci dice che invece gli effetti positivi superano di gran lunga quelli negativi, sotto tutti gli aspetti.
Accenno finale alla difficile situazione in Sudafrica, che potrebbe avvicinare ancora di più la Rainbow Nation al Pro14…
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Il Tinello di Vittorio Munari: cosa resta di un Mondiale. E parliamo un po’ di “valori del rugby”
L’analisi della finale tra Sudafrica e Inghilterra, le tre figure-chiave del torneo, un po’ di Italia e una chiusa su un argomento di cui si parla forse un po’ troppo e che viene sbandierato come una diversità indiscutibile.
Palla a Vittorio!
Un palco sulla finale del Mondiale 2019: il Tinello di Vittorio Munari!
La controllata ferocia e la concentrazione maniacale con cui l’Inghilterra ha messo al tappeto gli All Blacks, l’esasperato (e pericoloso) tatticismo springboks per un Galles che ha dovuto fare di necessità virtù. E che nonostante il ko lo ha fatto al meglio.
In attesa della finalissima della RWC tra inglesi e sudafricani… palla a Vittorio!
Quarti di finale e semifinali mondiali nel Tinello di Vittorio Munari
La vittoria netta del Sudafrica sul Giappone, quella (molto) più sofferta del Galles sulla Francia, quelle senza appello di Inghilterra e Nuova Zelanda rispettivamente su Australia e Irlanda. Cosa lasciano i quarti di finali della RWC in corso in Giappone, cosa bisogna aspettarsi dalle semifinali?
Palla a Vittorio, che dice la sua anche su Jaco Peyper…
Tifoni veri e samurai in campo: la prima metà del Mondiale 2019 va in archivio
Di sorprese che lo sono fino a un certo punto, di tante parole dette sull’emozione del momento che potevano essere evitate e di quelle di Alfredo Gavazzi, che invece stavolta ha tenuto un comportamento in linea con il suo ruolo
Che poi io l’ho anche scritto. Di più, l’ho messo nel titolo che il Giappone poteva fare uno scherzetto a Irlanda o Scozia. E i nipponici hanno fatto anche meglio, battendo sia i primi che i secondi, mettendo a sedere proprio gli scozzesi su un aereo per rispedirli a casa.
Direi il momento “mamma quanto sono fico che ci ho preso” si può chiudere qui, anche perché generalmente non ci azzecco quasi mai nei pronostici. Contro il cul ragion non puote.
La verità – al netto delle battute – è che il Giappone è una signora squadra, che gioca bene, che non si dà mai per vinta e che non perde la testa. Che sa soffrire quando c’è bisogno di farlo, che sa attaccare come noi ci sogniamo di fare e che paga qualcosa in difesa dove però, come però mi ha fatto saggiamente notare l’amico Vittorio Munari, non sbaglia quasi mai il primo placcaggio. Quindi squadra sorpresa sì, ma solo fino a un certo punto. Dietro al Giappone c’è uno staff preparatissimo, una dirigenza che ha investito i soldi necessari e che ha idee. Che ha il coraggio e l’onestà intellettuale di metterle in discussione: come la scelta di prendere parte al Super Rugby e poi di lasciarlo. Ottenendo i risultati attesi anche in base alle risorse investite. Cosa che invece non mi pare sia successa dalle nostre parti. I motivi saranno mille e tutti validi, per carità, mi limito a registrare il dato oggettivo.
Le altre squadre che hanno conquistato il pass per i quarti di finale sono Nuova Zelanda, Irlanda, Galles, Inghilterra, Francia, Australia, Sudafrica. E’ rimasta fuori l’Argentina, che però era inserita nella stessa pool di Inghilterra e Francia e quindi qualcuna che doveva farsi male in quel girone c’era inevitabilmente. Lo dico ora: spero nella vittoria finale di una formazione dell’emisfero nord. Il Galles sarebbe fighissimo, non sarebbe male l’Irlanda, poi l’Inghilterra. La Francia mi sembra oggettivamente avere qualcosa meno delle altre, ma metti i galletti con le spalle al muro e quelli sono capaci di tirarti fuori il proverbiale coniglio dal cilindro.
Menzione negativa per le squadre del pacifico, l’Uruguay invece non solo ha battuto le Fiji ma è uscito dal campo sempre a testa alta. Canada, Namibia, USA, Georgia, Italia hanno fatto quello che ci si attendeva/aspettava, cioè non molto.
Chiudo con l’affaire Hagibis. Nel momento in cui scrivo le notizie che arrivano dal Giappone parlano di 35 morti, 25 dispersi, quasi 200 feriti. Sette milioni le persone che avevano ricevuto un avviso di evacuazione non obbligatoria, mezzo milione le case rimaste al buio. Il tifone è stato il più forte che abbia toccato la terra ferma nipponica negli ultimi 60 anni e. giusto per fare un esempio, ad Hakone (non lontano dal Monte Fuji) in 48 ore è piovuto più di un metro di pioggia, il massimo mai registrato in Giappone in quel brevissimo arco temporale. Metropolitane bloccate, un migliaio di voli cancellati, centinaia di treni soppressi.
Questo per dare un quadro di riferimento alle decisioni del comitato organizzatore e di World Rugby di cancellare tre partite: Nuova Zelanda-Italia, Inghilterra-Francia e Namibia-Canada. La vicenda la conosciamo tutti: nessuna era decisiva per il passaggio ai quarti (sì, vabbé, se l’Italia bla bla bla bla. Ma è fantascienza, quella più sfrenata, e lo sappiamo tutti) anche se il match tra inglesi e transalpini poteva sortire un diverso posizionamento nella classifica finale del girone e quindi un diverso accoppiamento nel turno successivo.
La cancellazione delle partite ovviamente ha fatto discutere molto, in tanti si sono scandalizzati, le polemiche sono state fortissime. A mio modesto parere si è persa un attimo la dimensione reale delle cose, perché è lapalissiano che giocare sarebbe stato meglio, ma se mettiamo i piedi per terra e leggiamo e rileggiamo il numero dei morti, dei dispersi e dei feriti forse sarebbe meglio.
Un tifone si può prevedere con un certo anticipo, ma direzione e potenza possono mutare in tempi rapidissimi. Approntare l’ormai famigerato Piano B non era semplice: spostare una partita di un paio di giorni poteva non bastare, ad esempio, e due giorni di riposo in più o in meno fanno la differenza in una disciplina come il rugby. Qualcuno sosteneva che le partite potevano essere spostate in altra sede. Bene, quale? In una sicuramente fuori dalla portata del tifone: vorrei ricordare che il Giappone è lungo oltre 3mila km e far muovere potenzialmente 50/70mila persone per magari mille o duemila km in un quadro di voli e treni cancellati non è esattamente la cosa più semplice del mondo. Senza dimenticare che solo l’annullamento della gara garantiva ai tifosi il rimborso del costo del biglietto.
Significa che tutto è stato fatto a dovere e che non si poteva fare nulla di meglio? Io questo non lo so. Penso che si può fare sempre qualcosa in più, ma non ho mai organizzato un campionato mondiale e ho solo una vaghissima idea della complessità della cosa. E ad ogni modo tutte le federazioni avevano da tempo sottoscritto un regolamento preciso: avessero avuto dei dubbi anche su questi aspetti dovevano farli presente prima. Nessuno lo ha fatto. Nessuno.
Quindi sì, Alfredo Gavazzi ha detto l’unica cosa che un qualsiasi presidente federale poteva legittimamente dire in quel frangente. E capitan Parisse… beh, diciamo che capisco la frustrazione umana e sportiva, ma che mi sarei fermato lì. L’accusa ai “poteri forti” l’ho trovata molto vittimista e molto italica (sì, certo, la Nuova Zelanda ha un altro peso specifico rispetto a noi nella stanza dei bottoni. Si chiama ordine naturale delle cose: non sarà molto bello, che tutti dovremmo contare alla stessa maniera, ma non viviamo su una pianta, vero?).