Andare in Champions con merito e azzurri in Giappone, una primavera italiana un po’ diversa

Gli ultimi mesi della stagione 2017/2018 presentano spunti anomali rispetto allo stesso periodo degli scorsi anni grazie al Benetton Treviso e per “colpa” della nazionale. E un saluto a un collega che ha passato la palla: Giorgio Sbrocco non c’è più

Pasqua ce la siamo messa alle spalle e per quello che riguarda il rugby italiano si entra nella fase meno interessante della stagione, escludendo l’Eccellenza, con i campi che contano he diventano quelli del Top 14, della Premiership e dei turni conclusivi delle coppe europee.
Una volta terminata l’onda lunga del Sei Nazioni si affrontano settimane in cui il campionato celtico ha per noi poche cose da dire mentre i test-match estivi della nostra nazionale sono sempre stati un’appendice da prendere un po’ con le pinze, dalla interpretazione ballerina e (in caso di risultati negativi) da considerare poco probanti proprio perché al termine di una stagione lunghissima. Almeno così è stato fino a ora.

Questo 2018 porta infatti delle novità, due per l’esattezza. Una piacevole, l’altra meno. Iniziamo dai sapori dolci: quest’anno infatti il Benetton Treviso è in piena corsa per conquistare un posto nello spareggio che assegna l’ultima sedia disponibile per le squadre del Pro14 nella Champions Cup della prossima stagione. A tre giornate dal termine della regular season i veneti sono infatti al 5° posto della Conference B, solo un punto sotto all’Ulster, che però deve recuperare ancora una gara.
Il regolamento in vigore nella Champions Cup prevede che le prime tre formazioni di ognuna delle due Conference celtiche vadano direttamente nella massima competizione per club del Vecchio Continente dell’anno dopo, mentre il settimo pass viene assegnato con uno spareggio tra le due squadre piazzate al quarto posto, ovviamente escludendo le due formazioni sudafricane.

Treviso è lì, se la può giocare fino all’ultimo: le partite contro Dragons e Zebre sono alla sua portata, meno quella con il Leinster (a Dublino) con gli irlandesi che però devono affrontare anche le simifinali di Champions Cup. L’Ulster invece deve scendere in campo contro Edimburgo, Ospreys e Munster. E’ poi vero che deve recuperare una gara ma è quella contro i fortissimi Warriors. I biancoverdi potrebbe farcela a strappare il biglietto per lo spareggio, un risultato che sarebbe importantissimo e segnerebbe una tappa fondamentale nel difficoltoso progetto di crescita dei veneti, che finalmente si troverebbero a giocare per conquistare un posto nel massimo torneo del Vecchio Mondo dove potrebbero arrivare con il merito e non perché un posto a una italiana era comunque garantito come invece è finora accaduto in passato. La prima volta, va da sé, a discapito di una formazione irlandese/gallese/scozzese e non dell’altra franchigia italiana.
E le Zebre? Lo spareggio è ormai praticamente irraggiungibile anche se la matematica forse ancora lascia uno spiraglio e determinante sarà il recupero contro gli Ospreys prima ancora delle gare in casa del Leinster, quella interna con Newport e il derby con il Benetton all’ultima giornata. Oggi i bianconeri sono ultimi a 22 punti mentre i gallesi sono a quota 35 e non va dimenticato che in mezzo – un punto sotto gli Ospreys – c’è pure il Connacht.

La novità meno piacevole riguarda invece la nostra nazionale, chiamata a giugno a giocare due volte contro il Giappone in estremo oriente un doppio test-match che fino a qualche anno fa ci avrebbe visto partire da grandi favoriti ma le cose ora sono cambiate e il rischio di andare incontro a due ko è alto: i nipponici, pur con tutti i loro problemi, vivono una situazione ambientale e di risultati migliore della volta e non va dimenticato che la loro stagione è iniziata più tardi mentre quella degli italiani sarà all’ultimo atto, con tutta la fatica che ne consegue. In teoria lo staff tecnico degli azzurri dovrebbe lasciare a riposo i senatori come Ghiraldini e Parisse e non potranno contare su Mbandà infortunato (ancora una volta, sfortunato davvero il ragazzo). Insomma, il rischio di allungare la striscia di sconfitte c’è, inutile nascondersi, e la cosa ci dice quanto sia difficile il momento del nostro rugby.

Chiudiamo con l’Eccellenza, bistrattata e poco “attenzionata”, come dicono quelli bravi, ma che rimane con tutti i suoi limiti comunque il nostro torneo nazionale più importante. Ancora due giornate prima della conclusione della regular season con Calvisano, Petraca e Rovigo che si ritrovano in un fazzoletto di due punti mentre San Donà, Fiamme Oro e Viadana che si giocano l’ultimo posto disponibile per le semifinali. Veneti che però sono a 48 punti contro i 43 dei poliziotti e i 42 dei gialloneri. Sabato il calendario propone la sfida diretta San Donà-Fiamme Oro. Semifinali tra fne aprile e inizio maggio, finalissima il 19 di quel mese. Quest’anno retrocessioni bloccate, che l’anno prossimo il torneo sale a 12 squadre.

In chiusura un saluto e un ricordo per Giorgio Sbrocco, firma storica del giornalismo ovale italiano. Una malattia se lo è portato via in poche settimane. Ex giocatore (ha vinto uno scudetto con il Petrarca), docente, scrittore e mille altre cose: una perdita enorme per il movimento.
Da questo blog le più sentite condoglianze alla sua famiglia e alle persone a lui più vicine.

Maturare con l’Eccellenza, un orologio con le lancette che girano troppo piano

In una recente intervista il presidente federale Alfredo Gavazzi è tornato a definire il nostro massimo campionato italiano come “un passaggio di maturazione”. Tutto vero. Però poi ha glissato sulla domanda con cui gli si chiedeva di come rilanciarla: non un dettaglio

“Il campionato di Eccellenza è per me un passaggio di maturazione”.
“Verificare per 2 o 3 anni questi ragazzi in Eccellenza ti fanno vedere se qusti ragazzi hanno i numeri per poter fare un salto in più”.
“Gli altri posti sono altri posti, noi siamo italiani e abbiamo questo dna, questa costituzione e questo modo di essere”.
Questo è il Gavazzi-pensiero sulla formazione dei nostri giocatori più giovani esplicitato nell’intervista video realizzata da The Rugby Channel che trovate al termine di questo articolo e che è stata realizzata al termine di italia-Scozia, gara che ha chiuso il nostro Sei Nazioni 2018. Parole non nuove: in effetti vengono ripetute più o meno ad ogni cerimonia di presentazione del nostro massimo campionato nazionale. E nelle conferenze stampa che che precedono la finalissima del campionato. E sulle parole in sé avrei poco da dire (oddio su “Gli altri posti sono altri posti, noi siamo italiani e abbiamo questo dna”, si potrebbe discutere a lungo di quanto sia immutabile una simile affermazione), il problema è che rimangono tali: sono anni che le sentiamo e sono anni che le uniche modifiche al nostro domestic sono quelle che riguardano il numero delle squadre partecipanti, che cambia quasi a ogni stagione.
Il resto è non pervenuto, o quasi, a partire dagli accordi di broadcasting, annunciati sempre a ridosso del fischio d’inizio del torneo, se non a gare già iniziate. D’altronde in questa stessa intervista Gavazzi sorvola sulla domanda che gli viene posta circa il rilancio dello stesso torneo.

Eppure il presidente federale ha ragione, l’Eccellenza è la principale palestra dei nostri giocatori. Non solo: è la principale palestra dei nostri tecnici, dei nostri arbitri e dei nostri dirigenti. O dovrebbe esserlo. Perché se ormai non abbiamo un solo arbitro nel panel dei fischietti internazionali (e negli ultimi 10-15 anni ne abbiamo avuti giusto un paio… certo, oggi c’è la Benvenuti nel rugby femminile, ma rimane un risultato magrissimo), se il gap tra il nostro movimento e quello degli altri diventa voragine nei 2/3 anni successivi all’U20, se nonostante i proclami dello stesso Gavazzi – almeno fino a quelli di un paio di anni fa – non abbiamo un tecnico che possa non dico ambire alla guida della nostra nazionale ma neppure a una delle due franchigie, ecco, forse qualche domanda sullo stato di salute e sul livello della nostra Eccellenza bisognerebbe farsela. E agire di conseguenza, che magari mi sbaglio, ma difficilmente le cose miglioreranno se non si interviene.
L’annunciata (ri)nascita della lega dei club è un passo importante e darà sicuramente una bella mano, ma è cosa ancora da venire e finché non sarà economicamente indipendente (o quasi) dalla stessa FIR avrà una forza ridotta, anche se non va dimenticato il peso politico rappresentato dalle società che – alla fine – votano il presidente…
Come questo blog ha scritto già ieri in merito al tema dei permit players, la parola d’ordine è solo una: muoversi.

Movimento italia, riforme e aggiustamenti non si possono più rimandare. Anche perché c’è chi si muove…

Ci sono cose che necessitano di tempistiche medio-lunghe perché diano risultati, altre invece sarebbero molto più veloci. Ma la precondizione necessaria è farle, renderle concrete. Invece non si fa nulla e allora…

Secondo Sei Nazioni senza vittorie, numeri nel complesso un po’ migliori (o meno peggiori?) rispetto al 2017 ma da essere soddisfatti c’è davvero molto poco. Anche perché quello di un anno fa (ma pure il 2016 non scherzava affatto…) è stato il peggiore per la nostra nazionale da quando è stata fatta entrare nel torneo più antico e affascinante di tutta Ovalia, quindi fare meglio non era poi così difficile/impossibile.
Sì, lo so che in realtà i Sei Nazioni senza vittorie sono addirittura tre (e quelli in cui non si vince in casa ancora di più), ma qui si parla della sola gestione O’Shea. Perché quello che addetti ai lavori, media e anche gli appassionati si attendono ora sono un po’ di cambiamenti e aggiustamenti nella struttura e nella filiera.
A dirla tutta se li aspetta lo stesso ct azzurro, se le parole valgono ancora qualcosa. Il 19 marzo 2017, appena terminato il Sei Nazioni, il tecnico irlandese rilasciava dichiarazioni che non avevano bisogno di spiegazioni:

“(…) gli investimenti devono essere fatti nell’interesse esclusivo della Nazionale. E’ l’Italia l’unica cosa che conta. Le decisioni che dovremo prendere faranno male a qualcuno, ma Irlanda, Galles, Scozia hanno fatto scelte difficili per il rugby di club, investito sulle franchigie. E’ facile fare questi cambiamenti, a patto di volerlo. Sarà difficile? Sì, ma è fattibile e deve essere fatto. Qualcuno dovrà mettere il proprio ego da parte nell’interesse della maglia azzurra. Vogliamo cambiare molte cose e ci sarà gente che ci resterà male, ma i cambiamenti non possono essere indolore. Ripeto, non si pensi al proprio ego”.

Per dimostrare di non essere venuto in Italia solo per il sole, la pizza e la pasta – se mai ce ne fosse bisogno – O’Shea è stato più esplicito a novembre, quando ha ribadito e spiegato il concetto:

Il fatto di dover tornare sull’argomento significa che niente era è stato fatto. Anzi: niente è stato fatto, ancora ad oggi. La cosa diventa – se vogliamo – anche tragicomica se teniamo conto che a gennaio, cioè due soli mesi fa, il presidente FIR Alfredo Gavazzi diceva questa cosa qui:

“E comunque resto convinto che non tutti a vent’anni siano pronti: Lazzaroni adesso è un giocatore internazionale, ma a Treviso i primi due anni ha giocato pochissimo. Sarebbe stato meglio che avesse fatto più partite, magari giocando anche in campionato”.

Ovvero dire le stesse cose e non fare nulla, anche se si hanno in mano leve e bottoni del comando. Sarò anche prevenuto e un po’ all’antica, però se si gestisce un movimento le cose si possono anche dire/annunciare, basta poi metterle in pratica. Altrimenti un bel silenzio non fu mai scritto.
Anche perché poi le cose si muovono da sole: lo scorso fine settembre ho riportato la notizia di un accordo tra Benetton Treviso e Petrarca riguardante Filippo Filippetto, con i biancoverdi che hanno ceduto in prestito il giocatore ai padovani, che però si allena in Ghirada e nel caso di un suo non utilizzo nel Pro14 va a giocare in Eccellenza. Di volta in volta i due club decidono il da farsi.

Si mormora che di contratti così ce ne siano altri. Giusto per chiarire: se la FIR non si muove bene fanno franchigie e club ad accordarsi per una gestione sensata degli atleti, ma una normativa comune e riconosciuta da tutti sarebbe indubbiamente la soluzione migliore. Indiscrezioni raccolte da più fonti raccontano infatti anche di qualche malumore da parte dei club al momento “esclusi” da questo genere di contratti mentre chi ne beneficia frenerebbe una soluzione più generale, perché al momento la situazione lo favorirebbe.
Il Grillotalpa ha provato a raccogliere dichiarazioni ufficiali ma nessuno parla, quello che è certo è che le società hanno il tema sul tavolo (incontri in tal senso ce ne sarebbero già stati) e la sensazione è che presto si giungerà a una qualche soluzione, che sarà comunque migliore della situazione attuale. Comunque dai, ci si è (forse) arrivati dopo solo 8 anni di richieste in tal senso. Cosa volete che siano 8 anni?

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