
I numeri: 5 sconfitte in 5 partite, 0 punti in classifica, 79 punti fatti e 167 subiti (-88 il risultato complessivo), 10 mete fatte e 22 subite. Il nostro Sei Nazioni 2019 è questa cosa qui. E se vogliamo allargare un po’ il panorama da osservare va detto che abbiamo fatto nostro il nono cucchiaio di legno su 20 tornei disputati, che i ko consecutivi sono ora 22, un numero che tradotto in altro modo significa 4 edizioni senza una sola vittoria. O 4 edizioni in cui abbiamo messo in cascina un solo punto in classifica.
I numeri sono questi, non sono discutibili. Qualcuno dirà che non guardo mai il bicchiere mezzo pieno: beh, da parte mia sono abbastanza stupito che sul tavolo ci sia ancora un bicchiere. Perché il mantra del “però stiamo crescendo” oramai è stucchevole e lascia il tempo che trova. Oltre al fatto di essere un’affermazione discutibile.
Con la Scozia non c’è stata partita, il Galles B è sceso a Roma e ha fatto sua la gara con il minimo sforzo, una Irlanda brutta e spocchiosa ha vinto senza grossissimi patemi, l’Inghilterra ci ha asfaltato e la partita con una Francia che definire orribile è davvero poco, è roba che lascia senza parole.
Si ripete a ogni piè sospinto che c’è maggiore profondità ma abbiamo una nazionale che è imbottita di giocatori di formazione straniera, bastano un paio di infortuni (inevitabili in un torneo come il Sei Nazioni) e si va subito in emergenza. La fotografia più impietosa sullo stato dell’arte del movimento la fanno poi le chiamate di giocatori come Callum Bradley.
A forza di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, di trovare alibi e “perché” a una serie sempre più infinita di sconfitte ci siamo ritrovati al punto in cui siamo. Poi, per carità, la colpa sarà di chi prova a dire che forse (forse eh) le cose potrebbe essere un po’ diverse, ma vabbè.
Non so se la luce che il ct O’Shea ha visto in fondo al tunnel ormai un anno e mezzo fa sia davvero quella dell’uscita oppure quella di un treno in arrivo, spero la prima, ma essere ottimisti ormai è davvero dura e a confermarcelo sarà solo il tempo. Se una settimana prima si dice che l’Inghilterra ci ha fisicamente schiantati (ed è vero) bisognerebbe poi sottolineare che una settimana dopo la Scozia non si è fatta battere sotto quel punto di vista (anzi) e se l’è giocata alla pari fino alla fine. La Scozia, ovvero quella squadra che fino all’altro ieri avevamo nel mirino e che ora è scappata via. O forse siamo noi che siamo rimasti fermi. Ad ogni modo cambia poco, il buco si è allargato. Ergo: abbiamo un problema, ma non sono poi così scuro che vogliamo rendercene conto.
O’Shea ha colpe di tutto questo? Certo, solo chi non fa non sbaglia, ma rimane il tecnico migliore a cui possiamo ambire in rapporto alle nostre necessità. Ci prova, prova a difendere il gruppo in ogni modo, a dispetto delle dichiarazioni sa di poter contare su un gruppo di atleti limitato, chiede cambiamenti alla filiera che poi non arrivano mai e quando arrivano è solo perché non ci sono soldi. Non confermarlo sarebbe un errore.
I giocatori? Qui mi ripeto: sono in assoluto i meno colpevoli. Fanno quello che possono, ci mettono la faccia e si prendono un sacco di botte. Danno tutto quello che hanno e se non basta la colpa non è loro ma di un sistema che non li ha messi in condizioni di competere con gli avversari da un punto di vista tecnico.
Il rovescio della medaglia è una struttura tecnica federale che ha lo stesso responsabile da una ventina d’anni: che si vinca (poco, pochissimo) o si perda (molto, troppo), è sempre lì, inamovibile. Il professionismo senza il principio di responsabilità. Ma forse abbiamo da qualche parte abbiamo infilato una sequela di vittorie importanti e continuative e io non me ne sono accorto. Scusatemi.
Chiudo con un cenno alle ragazze: semplicemente strepitose, seconde alle spalle di una Inghilterra fortissima. Miglior risultato di sempre di una squadra azzurra al Sei Nazioni. Qui c’è solo da stare zitti e applaudire. E magari dar loro più risorse e spazi.




