
Dati ufficiali per tutte e cinque le partite non sono stati resi noti, ma sappiamo comunque che il “record” del 2018 è di mezzo milione raccolto contro la Scozia. Un numero in forte calo rispetto alle annate precedenti
Poi c’è anche il Sei Nazioni dei media, che dalle nostre parti diventa parecchio importante vista la lunga latitanza di vittorie. Giornali, siti, magazine, radio, riviste e (in parte) le televisioni accendono i loro fare sulla palla ovale soprattutto a ridosso del via del torneo. Parlo ovviamente della stampa non specializzata, che il ristretto (ristrettissimo) ambito di quella che si occupa di cose ovali per 365 giorni all’anno non fa testo.
Quantificare il numero di articoli, approfondimenti, pagine web viste è sinceramente operazione impossibile, quello che invece si può fare è rilevare quante persone si sono messe davanti alla televisione per vedere le partite del torneo, tanto più se si siamo di fronte a un canale tv che ormai trasmette il Sei Nazioni da diversi anni: la prima edizione targata DMAX è infatti quella del 2014.
Bene, come è andata? Non bene, per nulla. Il primo indizio ce lo danno i comunicati ripresi dalle agenzie, quest’anno assenti su queste ultime in ben tre casi su cinque (e già la mancanza di questo tipo di comunicazioni è un segnale). Il ruolo delle agenzie è fondamentale visto che arrivano in ogni redazione del paese: nei giorni successivi alla partita con l’Irlanda, la Francia e il Galles – ovvero quando vengono diffusi i dati dell’Auditel delle 24 ore precedenti – non c’è menzione dei numeri del rugby.
Cifre che invece troviamo per la gara di debutto con l’Inghilterra e per quella conclusiva con la Scozia. Per il match contro la squadra di Eddie Jones DMAX ha raccolto 446mila spettatori con il 2,75% di share.
La partita di sabato scorso con il XV in maglia blu le agenzie parlano di “mezzo milione di spettatori” e di uno share del 2,7% e rilevano che è stato “il match più visto di questa edizione del NatWest 6 Nazioni”.
Anche se non conosciamo i dati delle gare con Irlanda, Francia e Galles quell’ultima frase ci dice che i 500mila (circa) di Italia-Scozia sono stati il risultato migliore di questa edizione 2018.
Il raffronto con il passato è presto fatto. Stralcio di un articolo di OnRugby del 15 febbraio 2016: “(…) Italia-Inghilterra è stata un successo anche per chi ha seguito la sfida da casa. Discovery ha infatti annunciato i dati di ascolto e le cifre sono da record. La partita ha infatti fatto registrare 824.000 telespettatori totali in simulcast su DMAX Canale 52 e DeejayTV Canale 9, cifra che rappresenta il record degli ultimi tre anni. Lo share è del 4,3% sul pubblico totale, con una crescita del 10% rispetto all’omologa partita dell’edizione 2015”.
Questo invece è un comunicato FIR del 5 febbraio 2017 (verosimilmente è quello della stessa DMAX, rilanciato anche dalla federazione), un anno fa o poco più: “(…) record storico per l’esordio dell’Italia all’RBS 6 NAZIONI: il match “ITALIA-GALLES” (punteggio finale 7-33) è stato seguito da una media di 868.000 telespettatori con il 4,7% di share. Risultato che sale all’8,8% di share sul pubblico Maschile 15-34 anni. Miglior risultato di sempre per Dmax che durante la messa in onda del match si è classificato 4° canale nazionale”.
Quest’anno quindi netto calo degli spettatori e dello share. Nessun record. La “colpa” non è certo di DMAX o del Gruppo Discovery, qui non si sta giudicando la bontà o la qualità del servizio messo a disposizione di appassionati, tifosi o semplici curiosi. Il fatto è che comunicare il rugby in assenza di vittorie diventa difficilissimo, inutile raccontarsela a lungo, tanto più se ti trovi a dover battagliare con le partite del campionato di Serie A (quest’anno due volte l’Italia ha giocato la domenica pomeriggio).
Tre edizioni del torneo senza vittorie, 17 ko consecutivi, una qualità del gioco che spesso latita lasciano i loro strascichi anche sui divani delle case degli italiani, e a quel punto o fai parte del ristretto numero dello zoccolo duro che una partita della nazionale la guardi sempre, comunque e a prescindere, oppure mettere le mani sul telecomando per cambiare canale è un attimo. E meno visibilità mediatica hai (televisione in primis) e più crescono le difficoltà nel reperire nuovi sponsor o di strappare contratti più ricchi – se non confermare le vecchie cifre – con le aziende che già ti sostengono.
Un serpente che si morde la coda e che alla lunga ti può stritolare.




