L’elemento mancante nella strana equazione tra lo Zatta furioso e il pubblico di Treviso

Sugli spalti per assistere alla partita con i Saints (dati ufficiali) c’erano quasi 4mila persone e se facciamo il raffronto con le gare dello stesso periodo di un anno fa tutte le partite interne dei biancoverdi contano oltre un migliaio di persone in più. E allora vuoi vedere che…

“Chi ha avuto la fortuna di esserci capisce che la sconfitta è immeritata, ma la mia amarezza è un’altra: vedere poco più di 3 mila spettatori per una partita contro la squadra in testa alla classifica di uno dei campionati più importanti al mondo è uno scandalo. E dire che di sforzi la società e il Comune ne hanno fatti, mi pare. Ma non è possibile vedere una risposta talmente inesistente del pubblico trevigiano”.
Così parlò Amerino Zatta qualche giorno fa, dopo l’amarissimo ko interno con i Saints di Nothampton in Champions Cup. Le parole sono state rilasciate in una intervista con La Tribuna di Treviso del 24 novembre, e ovviamente hanno fatto molto rumore. Nella Marca ma non solo, anche perché il presidente biancoverde ha poi ribadito che “vorrei un Benetton itinerante. E non necessariamente nel Veneto, in qualsiasi altra parte dove ci vorranno”.
Qualche giorno dopo è tornato sull’argomento, stavolta dalle pagine del Gazzettino (il 26 novembre): “L’esternazione di sabato era un atto dovuto. É giusto iniziare a riflettere sull’opportunità di scegliere altri lidi per questa squadra. Quali? Nel caso, metropolitani: Treviso è una città di 80mila abitanti. Porta allo stadio il 3%. In un ambito metropolitano da uno o due milioni di residenti lo stesso 3% si traduce in cifre di ben altra portata”.

Metto in fila: gioco contro una squadra importantissima e di grande tradizione, e oltre a perderla per il rotto della cuffia sugli spalti ci sono poche persone. Mi fermo su quest’ultimo aspetto: c’erano davvero così poche persone? Zatta parla di “poco più di tremila persone”, i dati ufficiali del sito della competizione riferiscono però di 3.845 presenze sugli spalti, che quindi sarebbe stato forse meglio definirli “quasi quattro mila”. La sostanza non cambia poi molto, ma come dobbiamo davvero leggere quel numero? Detto più chiaro: quei quattromila per il nostro movimento sono pochi, tanti o sono in linea? Zatta ha ragione quando dice che i Saints sono una delle squadre più forti d’Europa, ma questo basta a richiamare gente allo stadio?

Per uscire dal gioco di sponda delle opinioni – tutte legittime – sono andato a rivedere i dati di affluenza al Monigo dai siti ufficiali di Pro14 e coppe europee delle ultime due stagioni, limitando il raffronto al segmento stagionale settembre-novembre, così da non avere (eventualmente) dati “drogati” da condizioni climatiche troppo diverse tra loro.
Cosa esce? Che la tanto criticata partita con Northampton è la seconda più affollata, superata solo dai 4.600 accorsi per la sfida di Challenge Cup con gli Harlequins dell’anno scorso.
Tra l’altro il raffronto tra i primi due scorci della stagione 2018/2019 e quella attuale, escludendo la sfida con i Quins, è nettamente a favore per quella in corso: se un anno fa le partite celtiche con Cardfiff Blues, Kings, Leinster e Ulster avevano richiamato un minimo di 2.200 appassionati e un massimo di 2.487, quest’anno per Leinster, Kings ed Edimburgo abbiamo tre valori pressocché identici (e nettamente superiori): 3.695, 3.694 e 3.676). E ricordo che tra settembre e ottobre c’è stata pure la concorrenza dei Mondiali in Giappone. Per togliermi lo scrupolo sono anche andato a rivedermi i dati dell’ultima Champions Cup giocata dal Benetton prima di quella di quest’anno, nel 2017/2018: è vero che la sfida con il Tolone portò 5mila persone al Monigo ma l’affluenza per Scarlets (2.600) e Bath (3.300) fu inferiore alla sfida con i Saints di pochi giorni fa.

Quindi cosa dobbiamo pensare dello sfogo di Zatta? Forse il presidente si attendeva numeri più alti, può essere, ma diciamo che sul fronte pubblico la stagione a Treviso sta andando bene e decisamente meglio di un anno fa. Uno sfogo così clamoroso non si spiega. Anche il richiamo alle metropoli lascia il tempo che trova: città che possono essere così definite in Italia ce n’è pochissime e nessuna ha strutture adeguate e che rispondono ai criteri richiesti. Che Treviso possa davvero andare a giocare – esempio – a Roma o Milano in tempi brevi è fantascienza.
Quindi? Possiamo fare solo supposizioni ma la tempistica ci dice che forse – ribadisco: forse – l’entrata in scena del Petrarca come possibile nuova franchigia celtica abbia creato qualche nervosismo a Treviso. Io i miei proverbiali due cent me li gioco qui. Magari sbaglio, ma se così non fosse?

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Un applauso a Treviso, irlandesi col fiato corto e un problema chiamato Top 12: il Tinello di Vittorio Munari

Con Vittorio Munari ripercorriamo i risultati delle ultime settimane, partendo dalla squadra veneta, passando per le Zebre, i Saracens e molte altre cose che riguardano l’Italia…
Palla a Vittorio!

Il Benetton Treviso, l’Ajax, la Champions Cup “conquistata” sul campo. E un’assenza

E’ andata come doveva andare, e come sarebbe stato un delitto non far andare: Treviso vince a Parma, batte le Zebre con il bonus e mette al sicuro il biglietto per i play-off celtici, i primi della sua storia. Intanto Zatta non dimentica e sulle tribune…

I padroni di casa riescono a creare qua e là qualche grattacapo ai biancoverdi, che soprattutto nei primi 20 minuti di gioco pagano un po’ di nervosismo, soprattutto in termini di indisciplina. Partita comunque sempre nelle mani dei veneti che segnano due mete per tempo subendone una solo nel finale, con il risultato ormai al sicuro.
Un 11-25 che riflette il gap attuale tra le due squadre, soprattutto nella fase difensiva: le Zebre ci provano, ma senza dannarsi l’anima, e non sono comunque in grado di approfittare del momento di debolezza iniziale degli ospiti, che fanno così l’en plein nei tre derby giocati in questa stagione.

Kieran Crowley, l’uomo che nelle ultime stagioni ha guidato il Benetton fuori dalle paludi con un lavoro mirato e programmato (inevitabilmente) sulla lunga distanza, a fine gara dice che che contro le Zebre “è stata dura: nel primo tempo abbiamo sofferto la loro pressione e loro hanno anche difeso bene. C’è la soddisfazione di aver contribuito a raggiungere questo traguardo, è davvero merito di tutti. Non posso che ringraziare tutto lo staff, ma anche i medici, i fisioterapisti, anche chi lavora negli uffici: tutti hanno messo il loro mattoncino”.
Poi il pensiero vola al Munster, alla sfida di sabato in Irlanda: “Ci prepareremo bene perché non abbiamo nulla da perdere, nessuno si aspettava una squadra italiana, possiamo giocare liberi da ogni condizionamento”.

Parole sagge, perché se da un lato il match di sabato appare proibitivo dall’altro invece vede tutta la pressione cadere sulle spalle della Red Army. Che le ha sicuramente larghe, ma sono gli irlandesi quelli obbligati a dover vincere la partita mentre i biancoverdi, pur consapevoli di affrontare una gara importantissima, potranno scendere in campo con la mente più sgombra. Potranno affrontare la sfida un po’ come ha fatto l’Ajax nella Champions League della palla tonda. Un vantaggio non da poco.
Sarà difficilissimo, perché il Munster che vedremo in campo sarà quello formato Champions Cup e non quello che siamo più abituati a vedere nel torneo celtico, ma provarci non costa nulla.
A proposito di Champions Cup: con la vittoria di sabato e l’accesso ai play-off il Benetton Treviso si è conquistato il diritto sul campo di giocare la prossima stagione nella più importante competizione europea. Magari mi sbaglio, ma credo sia la prima volta che una squadra italiana acceda a quel torno per meriti puramente sportivi e non per aver un posto riservato in base ad accordi tra federazioni. Soltanto un paio di anni fa le nostre formazioni erano state estromesse dalla partecipazione “di diritto” proprio per gli scarsi risultati…

Infine da segnalare la nota polemica delle parole di Amerino Zatta. Il presidente del Benetton usa il fioretto e non la sciabola, ma in una intervista a La Tribuna, dopo aver fatto i complimenti a tutti i componenti del suo club, dice “non posso dimenticare quel che fece la Fir nel 2009, scegliendo Roma e Viadana per la Celtic. Fu grazie all’incontro di Zelarino, alla rivolta del Veneto e alla sollevazione del movimento che fummo scelti in seconda battuta. E anni dopo la Fir non diede certezze sulla Celtic: metà della nostra squadra andò all’estero, dovemmo ripartire”. A Zatta viene chiesto se ha ricevuto complimenti e lui risponde così: “Dal Pro 14, da tanti club italiani, da tantissime persone che ci stanno chiamando. Dalla Fir? Non mi pare, non ancora“. E in effetti il presidente Gavazzi sabato non si è visto in tribuna a Parma, nonostante il rugby italiano si giocasse un risultato storico…

Pochissime novità, nessun riposo: azzurri in Giappone (solo) per vincere

Partiamo da Saracens e Leinster che hanno conquistato rispettivamente Premiership e Pro14. Poi dal dominio irlandese (Sei Nazioni, Champions Cup e torneo celtico) si passa a parlare della nazionale che è sbarcata nel Paese del Sol Levante per due match davvero importanti. E le convocazioni del ct azzurro Conor O’Shea lo confermano…

Una lunga stagione celtica: diverse luci e un po’ di ombre per Benetton Treviso e Zebre

Mentre nel fine settimana il Pro14 assegna il titolo (Leinster e Scarlets a giocarselo) noi leggiamo qualche numero con cui il 2017/2018 va in archivio per le due squadre italiane. Una stagione con diversi record, come in tanti hanno giustamente sottolineato, ma alcuni aspetti sono stati tralasciati. E senza quelli il quadro non è completo

L’adagio popolare dice che il diavolo si nasconde nei dettagli. Succede anche nel rugby. Prendete ad esempio la stagione 2017/2018 delle nostre due franchigie celtiche, sono diversi i numeri positivi: undici vittorie per il Benetton Treviso, 7 per le Zebre (record per entrambe), 51 mete fatte per i veneti e una in meno per i bianconeri anche se tutte e due hanno un saldo negativo con 55 marcature pesanti incassate dagli uomini di Crowley e ben 78 dagli emiliani. Il gap dei punti tra fatti e subiti dice -36 per Treviso e -185 per le Zebre, due segni negativi ma per i biancoverdi è il miglior risultato di sempre ed è tutto un altro mondo rispetto ai (rispettivamente) -348 e -455 di maggio 2017.
Numeri che non sono discutibili e che non voglio assolutamente discutere, così come i buoni risultati ottenuti in alcuni specifiche classifiche. Un esempio su tutti: Marcello Violi è il secondo calciatore del torneo con l’87.50% di realizzazioni a pari merito con Sam Hidalgo-Clyne, che però ha calciato di più.

Numeri dicevamo, che però certificano anche il fatto altrettanto inattaccabile che il Benetton Treviso è comunque arrivato 5° su 7 squadre nella sua conference mentre le Zebre sono arrivate ultime. Con le classifiche – è vero – ci si può “giocare” e sottolineare ad esempio il fatto che non solo le distanze delle italiane dalle altre sono comunque inferiori rispetto agli anni passati ma che ad esempio gli Ospreys hanno potuto giocare (e perdere) lo spareggio con Ulster per andare in Champions Cup chiudendo la regular season con 11 punti in meno di Treviso, al quale quell’obiettivo è invece sfuggito. Allo stesso tempo il Benetton aveva però nella sua conference le due squadre che si sono rivelate in assoluto e di gran lunga meno attrezzate del torneo, ovvero Newport Dragons e Southern Kings. Le Zebre, per fare un esempio, sono arrivate ultime nel loro girone ma tutti i numeri – a partire dai punti racimolati – si sono comportate decisamente meglio delle due franchigie in questione.

Luci e ombre dicevamo, e non possiamo sorvolare né sulle prime né sulle seconde. Passi avanti? Decisamente sì, innegabili, ma allo stesso tempo non si può sottolineare che per la prima volta l’anno prossimo non ci saranno squadre italiane in Champions Cup, cosa che avviene alla prima stagione in cui per accedere al massimo torneo continentale per club contava solo il merito sportivo. Insomma, alla prima occasione in cui non avevamo almeno un posto garantito per regolamento siamo rimasti fuori. Poi partecipare a una competizione più alla portata delle nostre franchigie sarà anche un vantaggio per il processo di crescita, almeno sul periodo medio-lungo. Magari sarà così, probabile. Però questa è un’altra faccenda.