SISIFO, IL PODCAST: LA PUNTATA NUMERO 2

Intanto sono riuscito scendere nel minutaggio, non quanto avrei voluto ma è già un risultato…
Filippo Frati passa ai raggi X le convocazioni azzurre per il Sei Nazioni ruolo per ruolo, il giornalista de La Gazzetta di Parma Paolo Mulazzi ci fa da guida lungo gli impervi sentieri della franchigia federale mentre Flavia Carletti ci porta alla scoperta del nuovo sponsor della nazionale (Bitpanda) e ripercorre la storia di una nostra azienda che sta conquistando Ovalia.
Insomma, cosa volete di più?
Ascoltate e condividete!

Foto di Marco Turchetto

Pubblicità

Sei Nazioni: l’Italia, il Galles e l’eterno ritorno dell’Anno Zero

ph. Fotosportit/FIR

A Cardiff la sconfitta consecutiva numero 23 al Sei Nazioni. Un ko netto e inequivocabile, senza alibi di sorta. Un 42 a 0 che non toglie l’ottimismo a qualcuno (ragazzi, fuori il nome del pusher!) e per il quale non si devono usare le imprese di ragazze e U20 come foglia di fico

Italia “non male”, addirittura “bella”. Pure “un po’ sfortunata”. Vi giuro che nelle ultime ore ho letto anche cose del genere in merito a Galles-Italia. Il fatto di aver perso per 42 a 0 pare che per qualcuno sia diventato un dettaglio o poco più, quello di non aver mai impensierito la difesa avversaria (una sola sortita di Bellini nel primo tempo lungo l’out sinistro e nulla più) e di aver visto la linea di meta solo dalla distanza non ha invece alcun peso. Questa capacità da parte del popolo del rugby di leggere le continue sconfitte come degli isolati incidenti di percorso andrebbe studiata.
Giusto per dare delle coordinate oggettive ricordo che quella di Cardiff è la numero 23 consecutiva nel Sei Nazioni. Non vinciamo dal 2015, in casa addirittura dal 2013. Insomma, non è stata una giornata storta, ma la nostra normalità. Nello sport 5 anni sono una specie di era geologica.

Franco Smith, ct azzurro, nel post-partita: “E’ una dura lezione, ma ci sono anche cose positive”. Questa mi pare di averla già sentita qualche volta. Potrei anche sbagliarmi ma è una frase che ha già pronunciato Brad Johnstone. Poi anche John Kirwan, seguito da Pierre Berbizier. Mallett, Brunel e O’Shea non sono stati da meno. Sono tipo 20 anni che questa cosa viene detta a più riprese ed evidentemente va bene così. Cioè, non è vero che va sempre bene così: gli allenatori questa cosa prima o poi la pagano con le dimissioni, l’esonero o il mancato rinnovo del contratto. Accolti con entusiasmo e poi accompagnati frettolosamente alla porta, che fuori c’è già il nuovo salvatore della patria. Credo che siamo arrivati all’Anno Zero numero 4. Almeno. Che volete fare, ci piacciono le ripartenze, che poi non si arrivi mai da nessuna parte è cosa che non ha alcun peso.
Che poi: Anno Zero per i ct, qualche volta i giocatori (e allenatori e atleti sono la parte più incolpevole di tutta la situazione), ovviamente non per chi sta nella stanza dei bottoni a dirigere tutto l’ambaradan, che invece è sempre lì. Intoccabile e Inattaccabile. Pensateci: prendete 23 sconfitte consecutive nel Sei Nazioni e mettetele dove volete in Scozia, Irlanda, Galles, Francia o Inghilterra. Impensabile eh? Infatti: dopo quanti ko verrebbe consigliato a dirigenti e responsabili del settore tecnico di impacchettare le loro cose e liberare scrivanie e uffici? Sette? Otto? Arriviamo al massimo a 10?

Sia chiaro: non sto prendendo in giro i vari ct che si sono succeduti sulla panchina azzurra negli ultimi 20 anni, credo pure io che qualcosa di positivo (poco) ci sia stato anche a Cardiff, però credo pure che le volte in cui non ci sia davvero nulla da salvare siano molto poche. E soprattutto penso che questo atteggiamento di una continua e instancabile ricerca dell’alibi o del bicchiere mezzo pieno non faccia altro che perpetuare e dare vigore alle paludi e alle sabbie mobili in cui ci troviamo da tantissimo tempo. Non solo non serve a nulla, ma è pure dannosa.
Dice: siamo una squadra giovane, ci sono tanti debuttanti. Beh, no. Siamo una squadra abbastanza giovane? Sì, ma di debuttanti a Cardiff ne avevamo uno in campo e uno in panchina, esattamente come i nostri avversari. Di che staremmo parlando?
Che poi bisogna capire bene quale sino queste cose che sono positive: la mischia diciamo che ha retto, ok, ma è sterile. Le touche? Non male – se proprio vogliamo – nel complesso, ma il Galles non si è dannato l’anima nel contendercele, che tanto ci aspettava nei raggruppamenti dove ha fatto quello che voleva. Perché poi non siamo nemmeno esattamente veloci (eufemismo) nel far girare la palla e spesso chi avanza non ha sostegno, è isolato.

Un Galles, anche questo va detto, che ha giocato con il pilota automatico inserito, senza strafare. Le avete viste Irlanda-Scozia e Francia-Inghilterra? L’avete vista quella intensità? Il Galles sa giocare a quei livelli, lo sappiamo tutti. Non lo ha fatto sabato pomeriggio perché non serviva, e ha stravinto facendo 42 punti senza subirne nemmeno uno. Lo so, sarà antipatico dirlo ma è così.
Però i ragazzi si impegnano e ce la mettono tutta. C’è chi dice pure questo. Sta a vedere che se esco di casa e vedo il cielo azzurro è perché da qualche parte lassù deve esserci il sole. “Si impegnano e ce la mettono tutta”. Due cose: che si impegnino e che ce la mettano tutta è cosa talmente scontata che non va nemmeno sottolineata, che si impegnino e che ce la mettano tutta è poi il minimo sindacale. Davvero, ragazzi, non si può sentire.

Poi ci sono anche l’U20 e la nazionale femminile, che colgono due grandi vittorie. Bene, benissimo, ma non diventino la foglia di fico. Gli azzurrini proseguono nel loro trend di crescita in termini di risultati e le cose devono continuare così, ma per loro il problema vero è lo step successivo, l’inserimento nell’alto livello. Che è lentissimo e che alla fine premia solo pochi elementi. Lo era ieri, lo è oggi e se non si interviene lo sarà pure domani. Quanti buoni giocatori abbiamo “perso” finora?
Non siete d’accordo? Giochino numero 2: la Francia ha convocato nel gruppo allargato per il Sei Nazioni ben 19 debuttanti assoluti su 42 giocatori. Poco meno della metà. Ecco, provate a pensare a una quindicina di esordienti che vengono convocati dall’Italia. Potremmo poi fare una partita come quella dei galletti contro l’Inghilterra? Anche solo un tempo… Ecco, bravi, la risposta è proprio quella lì.

Connacht toglie il sorriso al Benetton, Zebre ko ma a perdere davvero è l’ufficio stampa di Calvisano

La squadra di Galway vince a Bordeaux e soffia ai veneti il pass per i quarti di finale di Challenge Cup, La Rochelle vince a Parma. Poi un comunicato della squadra bresciana entra in modalità ultras

Nella notte tra domenica e lunedì, quella appena trascorsa, si è verificato il perfetto allineamento Sole-Terra-Luna, purtroppo per il Benetton Treviso invece i risultati non si sono allineati come sperato e i veneti non sono riusciti ad agguantare il pass per i quarti di finale di Challenge Cup. I veneti hanno fatto quello che dovevano travolgendo il Grenoble in Francia (7-39) ma Sale supera Perpignan con un gap praticamente identico (39-5), Bristol asfalta i russi dell’Enisei (93-19) e – soprattutto – Connacht vince a Bordeaux una partita con una rimonta che trova la sua conclusione proprio allo scadere (27-33).
Peccato, ma va pure detto che proprio il Benetton deve mangiarsi le mani per quel ko di un solo punto rimediato in casa dell’Agen nella seconda giornata del torneo.
E le Zebre? Le Zebre hanno perso ancora: a Parma contro La Rochelle è finita 10-22. Quella transalpina è squadra decisamente più forte, organizzata e strutturata ma non è che abbia dovuto sudare le proverbiali sette camicie per imporsi. Gli atlantici sono partiti a ritmo basso, svogliati, e si sono fatti sorprendere dai padroni di casa nel primo tempo, ma una volta prese le misure non c’è stata storia, tanto che le Zebre nella seconda frazione non hanno fatto nemmeno un punto.

Poi si è giocata anche l’ultima giornata della Cosa, ovvero la Continental Shield. Rovigo ha sconfitto 89 a 7 in trasferta i Belgium Barbarians XV mentre Calvisano – sempre in trasferta – haregolato le Fiamme Oro con un netto 33 a 10. La squadra di Brunello e i rossoblu tra fine marzo e metà aprile (match il 3o e il 20 dei due mesi) si giocheranno un posto per la Challenge Cup della prossima stagione.
E qui succede che l’ufficio stampa di Calvisano, nel comunicato che racconta la partita, si lascia andare a sta cosa qui…

Qualcuno dirà che sugli spalti si sente di peggio, ed è vero, ma questo è il comunicato ufficiale del club scritto da un ufficio stampa. E non stiamo parlando del Canicattì Rugby (con tutto il rispetto per il Canicattì), ma di Calvisano, ovvero una delle realtà più importanti di tutto il nostro movimento. Stiamo parlando di elite del rugby italico, ci si aspetta una quota minima sindacale di professionalità. Invece no. E se gli uffici stampa si mettono a fare gli ultras o giù di lì, beh, abbiamo un problema serio.
Di questa cosa ha scritto – dannatamente bene – il collega e amico Marco Turchetto sul suo blog rugbytoItaly. E io davvero non ho altro da aggiungere. Ecco uno stralcio:

Sputateli! Sputate quei dannati riferimenti al valori del rugby con cui ogni tre per due ci si riempie la bocca per mettersi su un piedistallo rispetto ad altre discipline sportive. Sputateli! Non come purtroppo lo sputo lanciato durante lo scorso derby veneto nella massima serie, non come purtroppo l’insulto razzista sputato sempre nella stessa partita.
Sputateli! Non come purtroppo la presunzione sputata che trapela dal post pubblicato su Facebook dal Calvisano per tacciare di ignoranza chi ha qualcosa da ridire su un risultato sportivo.
Se è comprensibile…

PER CONTINUARE A LEGGERE CLICCATE QUI

Il Tinello di Vittorio Munari: test-match al via, si parte con Fiji

Sabato a Catania scende in campo l’Italia per il suo primo impegno di questo novembre. Il ct Conor O’Shea ha annunciato il suo XV titolare. Palla a Vittorio per presentare una partita che nasconde parecchie insidie…