Il Pro14 che “conquista” le semifinali di Champions Cup? Il motivo è (anche) un limone. Spremuto.

Dalla pagina Facebook della EPCR Rugby

Su quattro semifinaliste della più importante coppa europea ben tre arrivano dal torneo celtico. Ma quelle che vediamo normalmente sui campi del Pro14 sono spesso squadre molto diverse, con altri giocatori. E non è affatto un dettaglio

Il fine settimana pasquale ha stabilito le pretendenti al trono delle due maggiori competizioni europee per club. Le semifinali di Champions Cup saranno Leinster-Scarlets e Racing92-Munster, quelle di Challenge Cup sino Cardiff Blues-Pau e Gloucester-Newcastle.
Dunque abbiamo due irlandesi, due gallesi, due francesi e due inglesi. Oppure: 4 formazioni che prendono parte al Pro14, 2 al Top 14 e altrettante alla Premiership.
Quello che ha colpito tutti, giustamente, è il fatto che ben tre semifinaliste della Champions Cup sono squadre “celtiche”, il torneo meno quotato tra i tre principali del Vecchio Continente. Come ricorda l’amico Duccio Fumero su R1823 “Con tre semifinaliste la Guinness Pro 14 può finalmente rivedere una sua squadra in finale dal 2012. L’ultima volta fu il derby irlandese vinto dal Leinster contro l’Ulster il 19 maggio 2012. Da allora, però, i club di Guinness Pro 14 avevano sempre fallito l’appuntamento con la finale europea, con Leinster e Munster sconfitte entrambe in finale un anno fa”..
Più o meno dappertutto è un fiorire di “allora il torneo celtico non è così scarso”. On Rugby sottolinea che “dimostra (l’andamento dei quarti di finale di Champions Cup, ndr) come il Pro14 sia soltanto in apparenza un campionato povero, qualunque cosa significhi”.

Non voglio fare il guastafeste, però a mio parere (modestissimo, ovviamente, senza nessuna punta di sarcasmo) bisogna mettere qualche puntino sulle “i”.
Primo: il Pro14 non è un torneo scarso. E’ sicuramente inferiore a Top 14 e Premiership, ma non è scarso. Chiaro che il paragone con la nostra Eccellenza oggi è improponibile, la distanza è siderale, ma le critiche più intelligenti e meno ideologiche fatte all’opzione celtica sottolineano il fatto che i risultati e i progressi che finora ci ha fatto fare sono minimi rispetto alle enormi quantità di risorse economiche investite. E ormai non siamo lontani dai 10 anni di Celtic Lague/Pro12/Pro14. Sottolineare questa cosa e dire che il Pro14 è un torneo scarso sono due sport differenti.

Secondo, il punto più importante. Prendo a prestito delle frasi scritte ieri in un articolo su OnRugby, così da sgombrare il campo da ogni equivoco. Eccole: “In Irlanda, è stata una tirata linea netta tra le partite da far disputare a due blocchi ben distinti e separati: da una parte un gruppo composto da ‘gregari’ e giocatori stranieri non eleggibili, dall’altra tutti i nazionali impegnati generalmente nel Sei Nazioni. A livello di franchigia, il primo blocco disputa la maggior parte delle gare di Pro14, mentre al secondo vengono riservate soltanto le sfide celtiche di cartello, i big match di Champions Cup e le fasi finali della stagione.
Due esempi? Nel Pro14, Jonathan Sexton fin qui ha giocato appena 4 partite, mentre il classe ’95 Ross Byrne ben 15; in Champions la situazione si ribalta con 7 presenze per la star dell’Irlanda e 2 per l’emergente pari ruolo. Nel Munster, anche Peter O’Mahony ha collezionato sole 4 presenze in campionato, ma 7 su 7 in Champions; un altro terza linea della Red Army, Jack O’Donoghue, è a quota 17 nel Pro14 e a 6 nella Champions, di cui soltanto una da titolare per una media di 21 minuti a partita. Non a caso, le due franchigie irlandesi contano in rosa circa 50 elementi, compresi anche alcuni giovani aggregati di volta in volta dall’Academy in prima squadra”.

Altra campana, stavolta inglese, il Telegraph che il 19 marzo scorso (due giorni dopo la fine del Sei Nazioni) teneva a ribadire che “mentre nove Lions inglesi dell’Inghilterra hanno iniziato la loro stagione nel primo fine settimana di settembre, la maggior parte del contingente irlandese ha avuto quattro settimane di riposo extra. Owen Farrell, il mediano d’apertura, ha giocato 1084 minuti con i Saracens in questa stagione, più del doppio dei 435 minuti che il suo omologo irlandese Jonathan Sexton ha diputato con il Leinster”.
OnRugby è chiarissimo e ha ragione: i giocatori dell’elite irlandese, quelli del giro della nazionale, giocano “soltanto le sfide celtiche di cartello, i big match di Champions Cup e le fasi finali della stagione”, oltre alle gare della nazionale. Un discorso che vale per tutte le franchigie dell’isola di smeraldo ma è chiaro che le più coinvolte sono Leinster e Munster. Un discorso che vale in buona parte anche per le squadre gallesi, anche se in maniera meno sistematica. Un discorso che non vale per italiane e scozzesi che non hanno la profondità e la quantità (e la qualità: basti pensare alla differenza di rendimento delle Zebre 1, quelle con i titolarissimi, e delle Zebre 2) per poter mettere in piedi una simile struttura.

Le squadre francesi e inglesi potrebbero farlo perché i giocatori ci sono, ma Top 14 e Premiership sono competizioni troppo importanti e soprattutto ricche per non far giocare gli atleti migliori. I numeri del Telegraph sono eclatanti: 1084 minuti Farrell e 435 Sexton (al 19 marzo), chiaro che la qualità del rugby del primo e del secondo alla lunga non può essere la stessa. Come dice un mio collega in radio: “Paolé, se spremi troppi il limone alla fine il succo finisce”. E attenzione, Farrell (che è solo un esempio tra i tanti) è uno dei giocatori tutelati dal Professional Game Agreement, ovvero l’accordo valido fino al 2024 tra RFU, Players’ Association e board della Premiership per limitare l’utilizzo degli atleti del giro della nazionale.

OnRugby – ma altri con lui – dice una cosa verissima, ma non fa il passo successivo che porta a uno conclusione logica: il Leinster e il Munster (ma pure altre formazioni, irlandesi e gallesi) che vediamo generalmente nel Pro14 non sono le stesse squadre che scendono in campo nelle coppe europee, e guardacaso le seconde sono più prestigiose e portano in dote gruzzoli importanti. Sono squadre diverse che si sovrappongono saltuariamente e solo nei momenti clou della stagione. Una differenza che quantomeno “dopa” i sillogismi che si stanno facendo tra torneo celtico e Champions Cup.

Rugby e salute: infortuni e concussion in crescita, l’Inghilterra chiede l’intervento di World Rugby

Un rapporto sulla stagione 2016/2017 del rugby professionistico inglese conferma la luce rossa accesa già negli anni precedenti. Ci si infortuna tanto durante le gare e troppo negli allenamenti. La RFU chiede a World Rugby di cambiare l’altezza del placcaggio consentito dalle norme. E nell’occhio del ciclone ci finisce pure Eddie Jones

Oggi accendiamo i riflettori sulla salute dei giocatori, tema di cui non si parlerà mai abbastanza, e nello specifico su un report inglese riguardante la stagione 2016/2017 commissionato dalla RFU, dalla Premiership Rugby e dalla Rugby Players ‘Association (ah, che bello avere tutte queste istituzioni che nonostante le inevitabili frizioni lavorano comunque per un comune obiettivo. Chiusa la parentesi).
Il documento si chiama The Professional Rugby Injury Surveillance Project e, come ci dice il Times, la “revisione degli infortuni nel rugby professionistico in Inghilterra ha registrato un aumento delle concussions per il settimo anno consecutivo (…) ha riscontrato un allarmante aumento del numero e della gravità degli infortuni nelle partite e negli allenamenti”.
Poi un po’ di numeri, visto che gli infortuni sia nel corso delle gare che negli allenamenti hanno registrato dei tassi superiori a quelli considerati accettabili dagli estensori del report. Ancora il Times:C’è stata una media dell’ultima stagione di 3,8 infortuni per partita nella Aviva Premiership, con i giocatori esclusi per una media di 38 giorni. La commozione cerebrale è stata l’infortunio più segnalato, pari al 22%”.

Numeri preoccupanti che hanno spinto Simon Kemp, il responsabile medico della RFU, a chiedere l’intervento di World Rugby: l’organo che gestisce la palla ovale a livello mondiale dovrebbe – secondo le richieste del medico – cambiare l’altezza del placcaggio consentito dalle norme e al contempo applicare pene più severe per i placcaggi a testa alta: “Vorremmo che World Rugby prendesse in considerazione il pensiero di ridurre l’altezza legale del placcaggio da sotto la linea delle spalle, perché poiché il margine di errore è molto basso – si legge sul quotidiano inglese – abbiamo bisogno di un messaggio più chiaro su ciò che costituisce un approccio sicuro e non sicuro”.
Nel documento si parla di tassi di crescita tali per i quali usare parole come “inquietante” non è affatto sbagliato: il numero delle collisioni è cresciuto del 10% all’anno negli ultimi 4 anni e le previsioni per la stagione in corso parlano di una ulteriore crescita. Un numero elevatissimo di infortuni (il 36%) è stato registrato nel corso degli allenamenti e la tipologia più comune rimane sempre quella della concussion. Una curiosità, chiamiamola così: il report per la prima volta registra un numero più alto di infortuni su campi sintetici che non in quelli nella tradizionale erba. Che questo ultimo dato sia da spiegare con l’esplosione numerica di quel tipo di campi è cosa possibile ma non certa, bisognerà attendere i numeri dei prossimi anni. Da parte sua la RFU ha difeso il suo piano di progettazione e costruzione di campi artificiali e assieme al board della Premiership e dalla Rugby Players ‘Association ha presentato un memorandum in 8 punti (non svelati ancora alla stampa) per rispondere in maniera adeguata ai dati contenuti in questo The Professional Rugby Injury Surveillance Project.

Chiudo con un aspetto derivante dal rapporto che è stato sottolineato dal Guardian: “Le sedute di allenamento di Eddie Jones saranno probabilmente sottoposte a controllo (…) Jones conduce sessioni di allenamento notoriamente estenuanti e ha dichiarato in passato che quando i suoi giocatori si uniscono alla nazionale non sono ai livelli richiesti per il rugby internazionale”. l’ennesima grana dalla stampa britannica per l’head coach dell’Inghilterra, reduce da un Sei Nazioni davvero negativo e passato in due mesi dall’essere quasi un eroe a il capro espiatori di tutti i problemi del rugby d’Oltremanica. Un atteggiamento che da quelle parti non è certo una novità.

Esodo verso l’Europa, la Nuova Zelanda corre ai ripari: accordo con gli Harlequins

La NZRU e il club inglese hanno firmato un accordo: gli All Blacks che si prenderanno un anno sabbatico potranno giocare in Inghilterra

Organizzare secondo criteri prestabiliti in vista di un fine, pianificare.
Questa la definizione di “programmare”. Ma forse è ancora meglio la definizione di “programmazione”. Eccola:
nel linguaggio dell’economia e dell’industria, l’impostazione di un’attività fondata su calcoli precisi relativamente ai costi, ai tempi di produzione e agli obiettivi da raggiungere; nel linguaggio politico, vi si associa il concetto di priorità nelle scelte degli obiettivi da raggiungere in base alle disponibilità finanziarie dello stato, pianificazione.
Chiaro, no? Va bene, il rugby è uno sport, però sono parole che calzano alla perfezione anche per chi nella palla ovale ha fatto del programmare e della programmazione la base del proprio successo. Come la Nuova Zelanda, che altrimenti non si capisce come un paese che ha meno della metà degli abitanti della Lombardia possa dominare Ovalia. Sì, va bene, il sistema scolastico aiuta non poco, con la spinta/obbligo alla pratica dello sport diffusa in ogni classe sociale sin dalle elementari, però da solo non basta a spiegare una supremazia che arriva da lontano e che non è iniziata ieri, e nemmeno dall’altro ieri…

Soltanto un giorno fa Vittorio Munari nel suo Tinello parlava delle grandi preoccupazioni che agitano la NZRU per l’operazione di scouting e poaching che interessano i ragazzi delle high school di Auckland, Wellington e dintorni. Un problema di non facile soluzione e che ai piani superiori negli ultimi anni è stato rappresentato dalla fortissima attrazione esercitata dal campionato francese e da quello inglese sui giocatori dell’elite neozelandese, ovvero su All Blacks e dintorni.
Come è noto se vuoi vestire la maglia dei tuttineri devi giocare in patria, ma Premiership e Top 14 garantiscono guadagni impensabili e non pochi giocatori hanno scelto di prendere un volo di sola andata per l’Europa, attirati (legittimamente) dagli ingaggi.
Un qualcosa che inizialmente ha interessato atleti abbastanza in là negli anni o più marginali rispetto al giro della nazionale neozelandese ma che ormai riguarda giocatori nella piena maturità se non ancora molto giovani e dentro al mondo All Blacks con entrambi i piedi: Cruden ha lasciato la terra dei maori a 28 anni, Sopoaga ne ha appena compiuti 27 e andrà agli Wasps.

La NZRU però non sta con le mani e ha annunciato in queste ore una partnership con gli Harlequins che prevede la possibilità per gli All Blacks che vogliono prendersi un anno sabbatico di indossare la maglia del club di Premiership. La società di Londra si “garantisce” così atleti di primissimo livello, la federazione neozelandese potrà gestire ed esercitare un controllo su atleti che altrimenti verrebbero verosimilmente sovrautilizzati (spremuti?) e i giocatori potranno avere accesso a un ingaggio più elevato di quello che avrebbero in patria, almeno per un anno.
Un accordo che riguarda però anche gli allenatori, come ha sottolineato in un comunicato il boss della NZRU Steve Tew, parlando di una partenrship che “creerà opportunità significative per entrambe le parti, con giocatori e allenatori in grado di apprendere da ambienti diversi con persone, sfide e culture diverse”.
La federazione neozelandese non ha reso noti i dettagli dell’accordo con gli Harlequins ma secondo il New Zealand Herald anche giocatori e tecnici del club inglese potranno “heading to New Zealand to gain experience playing southern hemisphere rugby”.
Basterà a risolvere i problemi dell’isola oceanica? No, ma di sicuro è una bella pezza, un bel passo avanti. Programmare, programmazione.

Una parola di troppo per Bastareaud, un All Blacks agli Wasps e la Serie A: Le Tre di R1823

Ecco le tre notizie di cronaca ovale più importanti della giornata. I link rimandano agli articoli pubblicati da R1823 di Duccio Fumero. Queste le news di oggi, cliccate sui titoli per leggerle interamente.

POLEMICHE: BASTAREAUD DA’ DEL “FROCIO” A SEBASTIAN NEGRI
Rischia grosso il centro di Tolone, il cui insulto omofobo si è sentito nel microfono dell’arbitro ieri

RUGBYMERCATO: WASPS, IL COLPACCIO E’ SOPOAGA
Le voci degli ultimi giorni sono state confermate dal club inglese che ha fatto firmare il mediano degli All Blacks

SERIE A: ACCADEMIA IN PROMOZIONE, FLOP RECCO
Si è conclusa questo weekend la fase a gironi del campionato cadetto. Ecco le poule promozione.

Finale Eccellenza: Calvisano è più forte, lo scudetto è tutto suo. In Inghilterra primo titolo per Exeter

ph. Fotosportit/FIR

Al San Michele il Rovigo si porta sul 12 a 0 poi sei mete dei padroni di casa schiantano i veneti riportano con merito il titolo di campioni d’Italia in provincia di Brescia. In Inghilterra primo storico titolo per Exeter che batte gli Wasps dopo 100 minuti di battaglia. In Francia Clermont batte il Racing e va in finale di Top 14 mentre gli Scarlets battono Munster 44-22 e vincono il Pro12

FINALE ECCELLENZA: CALVISANO-ROVIGO 43-29
Primo tempo molto intenso e bello tra due quadre che non si nascondono, Calvisano prova forse a giocare un po’ di più ma è bloccato dalle contromosse di un Rovigo molto chiuso ma solido. Al 25′ i veneti conducono 12 a 0 grazie a quattro punizioni di Basson, gara che sembra indirizzata in un certo modo ma quando meno te lo aspetti arrivano due frustrate di Calvisano tra il 32′ e il 35′ con due mete di Lucchin prima (bravo a sfondare per vie centrali sfrittando al meglio il lavoro di Giammarioli) e di Andreotti poi che chiude al meglio una serpentina da vedere e rivedere di Minozzi che taglia letteralmente in due la difesa degli ospiti. Si va al riposo sul 14 a 12 per Calvisano.
Seconda frazione che si apre con una bella penetrazione di Lucchin che viene fermato dalla retroguardia del Calvisano un attimo prima che arrivi nell’area di meta me Rovigo trova comunque altri 3 punti con Basson. Calvisano però risponde immediatamente con una met, stavolta di Riccioni che chiude una maul avanzante e padroni di casa che vanno a +6. Al 54′ la meta che spacca la gara con un Minozzi incontenibile che raccoglie una palla vagante e si invola infilando la retroguardia dei bersaglieri che si fa sorprendere: 28-15 per Calvisano. Sei minuti dopo è Paz a chiudere un’altra bella azione di Calvisano che mette la parola fine a gara e campionato. Da registrare un’altra punizione di Minozzi, la meta di Chiesa al 76′ e quelle rodigine di Barion e Biffi. Calvisano vince uno scudetto meritatissimo superando 43 a 29 Rovigo.

Calvisano: Minozzi; Susio/Chiesa, Paz, Lucchin, Bruno; Novillo, Semenzato; Tuivaiti, Giammarioli, Archetti; Andreotti, Cavalieri; Riccioni, Morelli (cap), Panico
a disposizione: Luus, Rimpelli, Zanetti, Zdrilich, Chiesa/Consoli, De Santis, Dal Zilio, Costanzo
Mete: Lucchin (32′), Andreotti (35′), Riccioni (45′), Minozzi (54′), Paz (60′), Chiesa (76′)
Conversioni: Minozzi (33′, 36′, 46′, 55′, 77′)
Punizioni: Minozzi (65′)

Rovigo: Basson; Barion, Majstorovic, McCann, Torres; Rodriguez, Chillon; De Marchi, Lubian, Ruffolo (cap); Parker, Boggiani; Iacob, Momberg, Muccignat
a disposizione: Cadorini, Balboni, Bordonaro, Cicchinelli, Ortis, Loro, Biffi, Mantelli
Mete: Barion (79′), Biffi (81′)
Conversioni: Basson (80′, 82′)
Punizioni: Basson (9′, 17′, 19′, 25′, 42′)

 

FINALE PREMIERSHIP: Wasps-Exeter 20-23
Primo storico titolo di campione d’Inghilterra per Exeter che parte benissimo e con due mete nella prima mezz’ora si portano sul 14 a 3 ma gli Wasps si scuotono e trovano una meta (bella davvero, come le altre) molto importante con Gopperth.
A inizio ripresa le Vespe passano in vantaggio con Daly, Exeter non molla e trova il pareggio con Steenson proprio all’ultimo minuto dei tempi regolamentari, si va all’extra -time: primo tempo supplementare con poche occasioni ed emozioni, negli ultimi dieci minuti è Exeter a piazzarsi nei 22 metri avversari e trova la punizione che Steenson mette tra i pali: 3 punti che valgono il titolo per Michele Campagnaro e compagni che toccano il loro paradiso in terra davanti agli 80mila di Twickenham.

Wasps: 15 Willie Le Roux, 14 Christian Wade, 13 Elliot Daly, 12 Jimmy Gopperth, 11 Josh Bassett, 10 Danny Cipriani, 9 Dan Robson, 8 Nathan Hughes, 7 Thomas Young, 6 James Haskell, 5 Matt Symons, 4 Joe Launchbury (c), 3 Phil Swainston, 2 Tommy Taylor, 1 Matt Mullan
Riserve16 Ashley Johnson, 17 Simon McIntyre, 18 Marty Moore, 19 Kearnan Myall, 20 Guy Thompson, 21 Joe Simpson, 22 Alapati Leiua, 23 Frank Halai
Mete: Gopperth (38′), Daly (44′)
Conversioni: Gopperth (39′, 45′)
Punizioni: Gopperth (18′, 54′)

Exeter: 15 Phil Dollman, 14 Jack Nowell, 13 Ian Whitten, 12 Ollie Devoto, 11 Olly Woodburn, 10 Gareth Steenson (c), 9 Stuart Townsend, 8 Thomas Waldrom, 7 Don Armand, 6 Kai Horstmann, 5 Geoff Parling, 4 Dave Dennis, 3 Harry Williams, 2 Luke Cowan-Dickie, 1 Ben Moon
Riserve: 16 Jack Yeandle, 17 Carl Rimmer, 18 Tomas Francis, 19 Mitch Lees, 20 Sam Simmonds, 21 Will Chudley, 22 Henry Slade, 23 Michele Campagnaro
Mete: Nowell (15′), Doolman (28′)
Punizioni: Steenson (64′, 80′, 98′)

 

SEMIFINALE TOP 14: Clermont-Racing 92  37-31
A Marsiglia in un Velodrome pienissimo il Clermont doma i campioni uscenti e va in finale del masimo campionato francese dove lo aspetta il Tolone. Partita dominata dai giallo-blu nonostante l’espulsione di Van der Merwe al 41′. Il Racing reagisce troppo tardi e marca tre mete solo negli ultimi 10 minuti di partita.

Clermont: 15 Nick Abendanon, 14 David Strettle, 13 Damian Penaud, 12 Rémi Lamerat, 11 Alivereti Raka, 10 Camille Lopez, 9 Morgan Parra, 8 Fritz Lee, 7 Judicaël Cancoriet, 6 Damien Chouly, 5 Flip Van der Merwe, 4 Arthur Ituria, 3 David Zirakashvili, 2 Benjamin Kayser, 1 Raphaël Chaume
Riserve: 16 John Ulugia, 17 Ettiene Falgoux, 18 Paul Jedrasiak, 19 Peceli Yato, 20 Ludovic Radosavljevic, 21 Patricio Fernandez, 22 Aurélien Rougerie, 23 Aaron Jarvis
Mete: Penauz (18′), Lopez (27′, 47′), Lee (63′)
Conversioni: Parra (48′)
Punizioni: Parra (12′, 33′, 40′, 55′, 61′)

Racing 92: 15 Brice Dulin, 14 Joe Rokocoko, 13 Henry Chavancy, 12 Casey Laulala, 11 Teddy Thomas, 10 Dan Carter, 9 Maxime Machenaud, 8 Chris Masoe, 7 Bernard le Roux, 6 Wenceslas Lauret, 5 Leone Nakarawa, 4 Gerbrandt Grobler, 3 Ben Tameifuna, 2 Virgile Lacombe, 1 Villiamu Afatia
Riserve: 16 Camille Chat, 17 Eddy Ben Arous, 18 Manuel Carizza, 19 Yannick Nyanga, 20 James Hart, 21 Rémi Talès, 22 Anthony Tuitavake, 23 Luc Ducalcon
Mete: Masoe (70′, 77′), Taeifuna (81′)
Conversioni: Hart (71′), Masoe (82′)
Punizioni: Carter (9′, 24′, 42′, 45′)

 

FINALE GUINNESS PRO12: Munster-Scarlets 22-46
Partita giocata, interpretata e controllata benissimo dagli Scarlets che imbrigliano il Munster e gli impediscono di ricorrere alle sue armi migliori. Gallesi che invece sanno pungere benissimo e vanno in meta ben 4 volte tra il 9′ e il 31′. La Red Army trova una marcatura pesante al 40′ ma non riesce a invertire il trend della partita che rimane fino alla fine saldamente in mano alla squadra di Llanelli nonostante le due mete negli ultimi minuti di Earls e Conway del Munster. Scarlets che vincono il torneo celtico con pienissimo merito.

Munster: 15 Simon Zebo, 14 Andrew Conway, 13 Francis Saili, 12 Rory Scannell, 11 Keith Earls, 10 Tyler Bleyendaal, 9 Conor Murray, 8 CJ Stander, 7 Tommy O’Donnell, 6 Peter O’Mahony (c), 5 Billy Holland, 4 Donnacha Ryan, 3 John Ryan, 2 Niall Scannell, 1 Dave Kilcoyne
Riserve: 16 Rhys Marshall, 17 Brian Scott, 18 Stephen Archer, 19 Jean Deysel, 20 Jack O’Donoghue, 21 Duncan Williams, 22 Ian Keatley, 23 Jaco Taute
Mete: Bleyendaal (40′), Conway (75′), Keith Earls (78′)
Conversioni: Bleyendaal (41′), Ian Keatley (79′)
Punizioni: Bleyendaal (7′)

Scarlets: 15 Johnny McNicholl, 14 Liam Williams, 13 Jonathan Davies, 12 Scott Williams, 11 Steff Evans, 10 Rhys Patchell, 9 Gareth Davies, 8 John Barclay (c), 7 James Davies, 6 Aaron Shingler, 5 Tadhg Beirne, 4 Lewis Rawlins, 3 Samson Lee, 2 Ryan Elias, 1 Rob Evans
Riserve: 16 Emyr Phillips, 17 Wyn Jones, 18 Werner Kruger, 19 David Bulbring, 20 Will Boyde, 21 Jonathan Evans, 22 Hadleigh Parkes, 23 DTH van der Merwe
Mete: Liam Williams (9′), Steffan Evans(20′), Gareth Davies(27′), Tadhg Beirne (31′), DTH van der Merwe (71′), James Davies (80′)
Conversioni: Rhys Patchell (21′, 28′, 32′), Liam Williams (72′, 81′)
Punizioni: Rhys Patchell (19′, 45′)