Esodo verso l’Europa, la Nuova Zelanda corre ai ripari: accordo con gli Harlequins

La NZRU e il club inglese hanno firmato un accordo: gli All Blacks che si prenderanno un anno sabbatico potranno giocare in Inghilterra

Organizzare secondo criteri prestabiliti in vista di un fine, pianificare.
Questa la definizione di “programmare”. Ma forse è ancora meglio la definizione di “programmazione”. Eccola:
nel linguaggio dell’economia e dell’industria, l’impostazione di un’attività fondata su calcoli precisi relativamente ai costi, ai tempi di produzione e agli obiettivi da raggiungere; nel linguaggio politico, vi si associa il concetto di priorità nelle scelte degli obiettivi da raggiungere in base alle disponibilità finanziarie dello stato, pianificazione.
Chiaro, no? Va bene, il rugby è uno sport, però sono parole che calzano alla perfezione anche per chi nella palla ovale ha fatto del programmare e della programmazione la base del proprio successo. Come la Nuova Zelanda, che altrimenti non si capisce come un paese che ha meno della metà degli abitanti della Lombardia possa dominare Ovalia. Sì, va bene, il sistema scolastico aiuta non poco, con la spinta/obbligo alla pratica dello sport diffusa in ogni classe sociale sin dalle elementari, però da solo non basta a spiegare una supremazia che arriva da lontano e che non è iniziata ieri, e nemmeno dall’altro ieri…

Soltanto un giorno fa Vittorio Munari nel suo Tinello parlava delle grandi preoccupazioni che agitano la NZRU per l’operazione di scouting e poaching che interessano i ragazzi delle high school di Auckland, Wellington e dintorni. Un problema di non facile soluzione e che ai piani superiori negli ultimi anni è stato rappresentato dalla fortissima attrazione esercitata dal campionato francese e da quello inglese sui giocatori dell’elite neozelandese, ovvero su All Blacks e dintorni.
Come è noto se vuoi vestire la maglia dei tuttineri devi giocare in patria, ma Premiership e Top 14 garantiscono guadagni impensabili e non pochi giocatori hanno scelto di prendere un volo di sola andata per l’Europa, attirati (legittimamente) dagli ingaggi.
Un qualcosa che inizialmente ha interessato atleti abbastanza in là negli anni o più marginali rispetto al giro della nazionale neozelandese ma che ormai riguarda giocatori nella piena maturità se non ancora molto giovani e dentro al mondo All Blacks con entrambi i piedi: Cruden ha lasciato la terra dei maori a 28 anni, Sopoaga ne ha appena compiuti 27 e andrà agli Wasps.

La NZRU però non sta con le mani e ha annunciato in queste ore una partnership con gli Harlequins che prevede la possibilità per gli All Blacks che vogliono prendersi un anno sabbatico di indossare la maglia del club di Premiership. La società di Londra si “garantisce” così atleti di primissimo livello, la federazione neozelandese potrà gestire ed esercitare un controllo su atleti che altrimenti verrebbero verosimilmente sovrautilizzati (spremuti?) e i giocatori potranno avere accesso a un ingaggio più elevato di quello che avrebbero in patria, almeno per un anno.
Un accordo che riguarda però anche gli allenatori, come ha sottolineato in un comunicato il boss della NZRU Steve Tew, parlando di una partenrship che “creerà opportunità significative per entrambe le parti, con giocatori e allenatori in grado di apprendere da ambienti diversi con persone, sfide e culture diverse”.
La federazione neozelandese non ha reso noti i dettagli dell’accordo con gli Harlequins ma secondo il New Zealand Herald anche giocatori e tecnici del club inglese potranno “heading to New Zealand to gain experience playing southern hemisphere rugby”.
Basterà a risolvere i problemi dell’isola oceanica? No, ma di sicuro è una bella pezza, un bel passo avanti. Programmare, programmazione.

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11 pensieri su “Esodo verso l’Europa, la Nuova Zelanda corre ai ripari: accordo con gli Harlequins”

      1. Già, ma noi, se non riceviamo i soliti finanziamenti a pioggia, non sappiamo creare utili manco morti…..Come ci succede in tutti i campi

  1. A Treviso si mangia bene, si beve meglio, sta un coah kiwi e al rugby si vuole bene… 🙂
    Comunque bella mossa, e il club di Londra ci guadagna non poco (anche in termini di immagine), anche se sbaglio o gli Harlequins nello staff hanno solo Evans (detto niente) di neozelandese? Avrei pensato più un Bath visto Blackadder…

  2. È ironico che la Nuova Zelanda corre ai ripari contro il poaching dei propri giovani, quando loro hanno pescato e tuttora pescano a mani basse tra gli isolani. Che poi, il poaching verso i campionati inglesi e francesi è di tipo “capitalistico”, i giocatori essendo professionisti vanno a guadagnare in un altro campionato, mentre il poaching degli isolani sembra veramente neo-colonialismo (prendiamo le risorse da un paese più arretrato sfruttando la voglia dei giovani di un futuro migliore).

  3. Ma siamo cosi sicuri che I n.zelandesi facciano tutto questo poaching?
    Perchè a me sembra che molti dei giocatori di origine isolana vadano in n.z. fin da piccoli con rispettive famiglie.

  4. Gira che ti rigira alla fine impera il dio soldo, e le cose sono giuste o ingiuste a seconda di chi viene toccato volta volta….. e d’altra parte chi riceve offerte che potrebbero sistemarlo a vita vola via….

  5. Ma la NZ è così povera come Paese? Io sapevo che Kieran Read percepisce 800.000€ annui, essendo il capitano degli AB, ma se star del Super Rugby come Maitland o Lowe, senza caps, hanno fatto bagagli, ci deve essere proprio un solco tra gli ingaggi di quelli che sono cappati e quelli no.

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