Il torneo che la Nuova Zelanda si è inventata per affrontare gli effetti della pandemia ci riporta a uno sport dove le regole sono più chiare ma che allo stesso non piace a tutti: troppi falli, troppe punizioni, Almeno secondo alcuni.
Vittorio Munari ci dice che invece gli effetti positivi superano di gran lunga quelli negativi, sotto tutti gli aspetti.
Accenno finale alla difficile situazione in Sudafrica, che potrebbe avvicinare ancora di più la Rainbow Nation al Pro14…
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Dirigenti eterni e quei fischi azzurri che non sentiremo ai Mondiali
Indovinate un po’: ai Mondiali in Giappone non ci sarà neppure un arbitro italiano. Né come direttore di gara, né come assistente, né come TMO. Zero. Ovviamente il mio “indovinate un po’” iniziale è amaramente sarcastico, visto che nemmeno nelle ultime due edizioni del Sei Nazioni i nostri fischietti sono stati presi in considerazione. Così come nei test-match dello scorso giugno. O nel Rugby Championship 2018. Qualcosina si era visto lo scorso novembre, ma l’evidenza ci dice che è stato un fuoco di paglia. Purtroppo.
I media ovali ne hanno parlato poco o nulla: qualche trafiletto sui quotidiani che per natura o attinenza geografica sono più vicini alla palla ovale, poco anche sul web. Qualcuno ha pubblicato il comunicato di World Rugby senza nessun accenno all’assenza italiana, qualcuno lo ha scritto senza dare molta importanza alla cosa, ma solo “Il Nero e il Rugby” ha dato alla notizia uno spazio tutto suo. Tutte scelte legittime, intendiamoci, ognuno fa quello che vuole, ci mancherebbe.
Le opinioni in merito sono sicuramente diverse ma personalmente trovo incontestabile il fatto che in Italia abbiamo un problema arbitri. Meglio: abbiamo ANCHE un problema arbitri. Qualcuno dirà che ci sono alcuni giovani interessanti che stanno crescendo, altri che pure la Scozia non porta nessun fischietto al Mondiale. E’ vero, entrambe le affermazioni sono corrette, ma sono precisazioni che non spostano di una virgola un problema che ormai è conclamato.
Da ormai 5 anni il Cnar, ovvero la Commissione Nazionale Arbitri, è stata passato sotto la gestione del settore Tecnico Federale. I motivi delle mancate convocazioni dei nostri fischietti arrivano da lontano, hanno diversi “perché”, ma è evidente che quella decisione del Consiglio Federale FIR non ha aiutato. Ci saremmo trovati a questo punto anche senza quel “trasloco”? Forse, non lo sapremo mai. La situazione ormai è questa, e non dall’altro ieri.
E poi,a volte, bisognerebbe mettere in fila gli elementi. L’ultimo è una notizia arrivata poco prima di Pasqua, ovvero che sempre il Consiglio Federale della FIR ha deciso l’assunzione a tempo indeterminato di Franco Ascione, che oggi è “Responsabile area tecnica – Presidente della commissione tecnica federale” ma che di fatto è l’uomo che gestisce e dirige l’apparato tecnico della federazione ormai da quasi 20 anni.
Personalmente non ho proprio nulla contro il professor Ascione e prendo atto della decisione della FIR. Però qualche domanda me la faccio, guardo agli ultimi 15-20 anni, osservo i risultati ottenuti a fronte anche degli investimenti fatti. A quello score tutt’altro che esaltante (eufemismo) ci aggiungo questa cosa degli arbitri e poi mi chiedo se in una qualsiasi altra federazione sarebbe stata presa una decisione simile o se a un qualsiasi dirigente sarebbe stata garantita una simile longevità della carica. Con quei risultati, s’intende.
Io, come dicevo prima, provo a mettere semplicemente in fila gli elementi. Poi ognuno si dia la sua risposta.
Arbitri e Sei Nazioni 2019, per l’Italia è Anno Zero. Ancora una volta.
Non ci sarà nemmeno un nostro fischietto al torneo che scatta a febbraio. Né per dirigere partite (e non è mai successo), né per fare da assistente o da TMO. Nessuno. Come un anno fa.
“Ci sono 5 inglesi, 5 neozelandesi, 4 francesi, 3 irlandesi, 3 australiani, 3 sudafricani e un gallese. No, l’italiano non c’è (nemmeno lo scozzese, a dirla tutta). Non è una barzelletta ma sono gli arbitri che con diversi ruoli – direttore di gara, assistenti e TMO – dirigeranno le 15 partite del Sei Nazioni 2018 che scatta a inizio febbraio. Tutti designati da World Rugby.
Numeri e “ingombri” che riflettono in buona parte anche l’influenza politica che le varie federazioni hanno, negarlo non servirebbe un granché. L’Italia da quando è entrata nel Sei Nazioni non ha mai avuto un suo arbitro chiamato a dirigere un match del torneo più importante”.
Il 15 dicembre del 2017, praticamente un anno fa spaccato, ho pubblicato su questo blog un articolo in cui scrivevo queste cose. Negli ultimi 12 mesi è cambiato qualcosa? No. Purtroppo. Pochi giorni fa World Rugby ha annunciato le designazioni arbitrali per il Guinness Sei Nazioni 2019, al via il prossimo 2 febbraio. Anche questa volta non ci sarà nessun arbitro italiano. A dirla tutta qualcosa di diverso c’è e cioè che il parco dei fischietti (arbitri, assistenti e TMO) quest’anno sale di tre elementi – da 24 a 27 – così suddivisi: 7 inglesi, 5 neozelandesi, altrettanti francesi, due irlandesi, un argentino, un gallese, 2 australiani, altrettanti sudafricani e un giapponese. Italia e Scozia zero.
Cresce il numero dei direttori di gara, variano i pesi all’interno del gruppo ma noi ne siamo sempre fuori, e il fatto di non essere da soli non deve consolarci nemmeno un po’.
Un trend che ormai è chiaro: perché lo “zero” del Sei Nazioni 2018 era stato bissato nei test-match dello scorso giugno e nel Rugby Championship. Nell’ultima finestra internazionale si era vista una luce in fondo al tunnel, con Marius Mitrea che è stato chiamato a fare da assistente di linea in Inghilterra-Nuova Zelanda, Irlanda-All Blacks e Irlanda-USA, Stefano Penne come TMO in Spagna-Namibia e Andrea Piardi assistente in Romania-Uruguay. Però il Sei Nazioni 2019 ci riporta a terra e ci dice che almeno al momento l’eccezione sono stati i test-match autunnali.
Poco da aggiungere, quindi ripropongo la conclusione dell’articolo di un anno fa:
“…pesa la carta di identità? Possibile, Marius non è più giovanissimo (a febbraio spegnerà 36 candeline). Come dicevamo all’inizio c’entra anche la politica: l’Italia non ha certo lo stesso peso di Inghilterra, Francia, Inghilterra, Nuova Zelanda, Australia o Sudafrica e dopo la RWC del 2015 è iniziata anche nel settore arbitrale una operazione di svecchiamento. Che le federazioni più forti sgomitino e facciano la voce grossa è normale. Voglio dire, se la FIR fosse in quel mazzo la farebbe pure lei… (…)
Una situazione, quella di Mitrea, che mette in evidenza un’altra grande carenza del nostro movimento, quella cioè della “produzione” di arbitri (oltre che di giocatori e dirigenti). Perché se alle spalle di Mitrea non siamo stati in grado di farne crescere altri non è certo responsabilità da addossare a inglesi o neozelandesi, bravi a difendere e a imporre i loro fischietti, ma bisognerebbe essere onesti e dire che loro possono metterne sul tavolo, noi invece no. Di arbitri intendo.
Il fatto è che fischietti di alto livello non ne abbiamo, Mitrea e Maria Beatrice Benvenuti (lei ancora giovanissima) a oggi sono due exploit, magari bellissimi ma isolati”.
Italia, un paese di santi e navigatori. Ma non di arbitri. Al Sei Nazioni senza nostri fischietti: via anche Mitrea
World Rugby ha annunciato arbitri, assistenti e TMO dell’edizione 2018 del torneo: e non ci saranno rappresentanti italiani (e scozzesi). Il vero problema non è però l’esclusione di Marius, ma il fatto che alle sue spalle non ci sia nessuna alternativa
Ci sono 5 inglesi, 5 neozelandesi, 4 francesi, 3 irlandesi, 3 australiani, 3 sudafricani e un gallese. No, l’italiano non c’è (nemmeno lo scozzese, a dirla tutta). Non è una barzelletta ma sono gli arbitri che con diversi ruoli – direttore di gara, assistenti e TMO – dirigeranno le 15 partite del Sei Nazioni 2018 che scatta a inizio febbraio. Tutti designati da World Rugby.
Numeri e “ingombri” che riflettono in buona parte anche l’influenza politica che le varie federazioni hanno, negarlo non servirebbe un granché. L’Italia da quando è entrata nel Sei Nazioni non ha mai avuto un suo arbitro chiamato a dirigere un match del torneo più importante. Con Marius Mitrea si pensava fosse la volta buona ma il fischietto nato in Romania nel 1982 e formatosi rugbisticamente al di qua delle Alpi sembra essere uscito dal giro che conta nel momento in cui tutti si aspettavano facesse l’ultimo salto.
Un anno fa a Twickenham era stato assistente in Inghilterra-Scozia e anche in Irlanda-Inghilterra. Nel 2016 era stato guardalinee in Scozia-Francia, mentre nel 2015 era stato chiamato due volte a fare l’assistente in Francia-Galles e Inghilterra-Scozia. Per trovare di qualcosa di vagamente paragonabile per i nostri colori bisogna risalire al lontanissimo 2002 quando Giulio De Santis diresse Galles-Canada.
Ma dicevamo di Mitrea. Non solo Sei Nazioni: il 29 maggio 2016, era stato designato a dirigere Inghilterra-Galles a Twickenham, primo fischietto italiano di sempre ad avere un ruolo simile tra due formazioni del tier one, per di più due home unions. Poi presenze anche molto importanti nel Rugby Championship, nelle coppe europee e – ovviamente – nel torneo celtico.
Una lunga e continua crescita “formata” da un’altrettanto lunga gavetta. Ora questo stop di cui non si conoscono le ragioni ufficiali: pesa la carta di identità? Possibile, Marius non è più giovanissimo (a febbraio spegnerà 36 candeline). Come dicevamo all’inizio c’entra anche la politica: l’Italia non ha certo lo stesso peso di Inghilterra, Francia, Inghilterra, Nuova Zelanda, Australia o Sudafrica e dopo la RWC del 2015 è iniziata anche nel settore arbitrale una operazione di svecchiamento nel settore arbitrale. Che le federazioni più forti sgomitino e facciano la voce grossa è normale. Voglio dire, se la FIR fosse in quel mazzo la farebbe pure lei…
Una situazione, quella di Mitrea, che mette in evidenza un’altra grande carenza del nostro movimento, quella cioè della “produzione” di arbitri (oltre che di giocatori e dirigenti). Perché se alle spalle di Mitrea non siamo stati in grado di farne crescere altri non è certo responsabilità da addossare a inglesi o neozelandesi, bravi a difendere e a imporre i loro fischietti, ma bisognerebbe essere onesti e dire che loro possono metterne sul tavolo, noi invece no. Di arbitri intendo.
Il fatto è che fischietti di alto livello non ne abbiamo, Mitrea e Maria Beatrice Benvenuti (lei ancora giovanissima) a oggi sono due exploit, magari bellissimi ma isolati. Il vero problema è questo, un problema di fronte al quale l’esclusione di Mitrea dal Sei Nazioni diventa poco più di un inciampo. E no, il fatto di essere in compagnia della Scozia (e pure il Galles non è messo benissimo al momento, Owens a parte. E comunque Owens non è un dettaglio) non rende la nostra posizione meno scomoda.
Di Nigel Owens, di Sei Nazioni incombente e di calci tattici: un ricco Tinello di Vittorio Munari
Riprendiamo il filo da dove lo avevamo lasciato una settimana fa, ovvero dalla tolleranza zero sul placcaggio alto: come si stanno comportando gli arbitri? Vittorio sottolinea alcuni aspetti visti nel corso di Saracens-Tolone di Champions Cup e si finisce a parlare di calci tattici e di Carlo Canna…
Kick-off!
ph. Fotosportit/FIR