Sei Nazioni: i tifosi italiani tornano allo stadio e mettono alle spalle un 2017 davvero nero

ph. Fotosportit/FIR

Oltre 61mila presenze all’Olimpico per la sfida all’Inghilterra, più di 60mila per la Scozia: un anno fa al massimo eravamo arrivati a 51.770 per Italia-Francia. Una netta inversione di tendenza quindi, ma i numeri del 2016 sono ancora lontani. E la nostra ultima vittoria interna risale a marzo 2013…

Ieri vi ho parlato dell’andamento del Sei Nazioni azzurro davanti alla televisione. Un bilancio forzatamente parziale perché in tutto il torneo sono stati distribuiti in via ufficiale solo i dati delle due gare interne, ovvero Italia-Inghilterra e Italia-Scozia, ma per quest’ultima si è parlato esplicitamente di “match più visto di questa edizione del NatWest 6 Nazioni”, quindi il punto più alto in cui è stata messa l’asticella quest’anno è stato quello. Ed è un punto che registra un forte calo rispetto al 2017, perché la sfida con la Scozia sabato scorso ha richiamato mezzo milione di spettatori davanti a DMAX e uno share del 2,7%, mentre nell’edizione dell’anno precedente Italia-Galles era stata seguita da una media di 868mila telespettatori con il 4,7% di share, numeri che facevano di quel match il “miglior risultato di sempre per Dmax che durante la messa in onda del match si è classificato 4° canale nazionale”. Nel giro di un anno si è quindi passati da quel record a una perdita secca di quasi 400mila telespettatori e due punti di share. Sui numeri possono aver influito anche fatti contingenti (Italia-Scozia si è giocata all’ora di pranzo), ma la sfida con gli inglesi all’inizio del torneo ha raccolto praticamente le stesse cifre. Insomma, il nostro “valore” televisivo quest’anno è quello.

Come è andata invece allo stadio? Meglio. Meglio di un 2017 che invece era stato davvero negativo. Ecco le cifre:
Italia – Inghilterra, 4 febbraio 2018: 61.464 spettatori presenti all’Olimpico
Italia – Scozia, 17 marzo 2018: 60.412 spettatori presenti all’Olimpico
Un totale di 121.576 presenze che rappresenta una ripresa netta rispetto ai dati del 2017 quando in tre gare (non due come quest’anno) nello stadio della capitale si erano presentato 142.953 tifosi così suddivisi:
Italia-Galles 40.986 presenze
Italia-Irlanda 50.197 presenze
Italia-Francia 51.770 presenze
Un anno fa la media era stata di 47.651 spettatori a partita, la più bassa di sempre da quando si gioca all’Olimpico dove in occasione delle edizioni con tre gare casalinghe non si era mai scesi sotto quota 150mila tifosi complessivi.

Questo 2018 ci riporta invece alle medie tradizionali di oltre 60mila presenze a partita. Un segno positivo e un sorriso in un’annata – l’ennesima – molto difficile per la nostra nazionale. Bisogna però ricordare che le cifre di quest’anno sono comunque nettamente più basse dell’edizione del 2016, ovvero in quella precedente in cui si sono giocate solo due gare interne. Allora la partita con l’Inghilterra (11 febbraio di quell’anno) aveva richiamato 71.700 tifosi, quella con la Scozia (il 27 dello stesso mese) 67.721.
Ricordo infine che l’ultima vittoria della nazionale azzurra davanti al pubblico amico risale al 16 marzo 2013, quando l’Italia si impose sull’Irlanda 22-15 (la stessa edizione in cui, sempre a Roma, battemmo anche la Francia. Il nostro miglior Sei Nazioni di sempre). Un tempo di attesa davvero troppo lungo anche per i pazientissimi tifosi italiani.

Pubblicità

IN AVANTI POPOLO – I messaggi della testa e quelli del cuore: i dolori ovali del tifoso italico

Tifoso italia
ph. Fotosportit/FIR

Anni di sconfitte ci hanno spinto ad aggrapparci a qualunque appiglio pur di sperare in un futuro migliore, ma finora non è servito a granché. Domani però potrebbe essere diverso. O forse no.

Ci sono le cose oggettive come i risultati e i numeri. Ci sono poi le nostre legittime aspirazioni, i desideri, le preferenze. La dinamica delle relazioni che abbiamo con i primi, ovvero i freddi dati numerici, è fortemente influenzata dalle seconde, più sfuggenti e che cambiano anche in maniera radicale a seconda del singolo soggetto.
Ci sono poi altri fattori che influenzano questo rapporto: ad esempio, se si parla di sport, il fatto di vincere poco o tanto. Non solo, la frequenza delle vittorie (o delle sconfitte) va messa in relazione anche con il livello di attesa che si ha verso quegli stessi risultati. Va da sé che vincere poco o nulla per diversi anni non può non portare ad un approccio troppo – come dire – emozionale, ci porta a valutare e a dare peso ad aspetti e dettagli che potrebbero dare risultati concreti magari un punto discretamente lontano nel futuro. Forse. Potrebbero, condizionale d’obbligo. Sono cioè opinioni in quel momento, solo opinioni alle quali ci si aggrappa nella speranza di un futuro migliore. Legittime, ma tutte da concretizzare.
Chi gestisce un movimento ha l’onore e l’onere di scegliere, decidere ed organizzare quegli aspetti e dettagli dal risultato futuribile. L’unico modo per poi giudicarli in maniera distaccata è legarli in un secondo momento a un risultato concreto sul medio-lungo periodo, quello del campo, che prima o poi arriva. Sempre.

Quest’anno Benetton Treviso e Zebre sono partite bene e noi da bravi tifosi e appassionati ci siamo subito fatti travolgere da un’ondata di ottimismo che nel giro di qualche mese inizia però a mostrare un po’ la corda. Passi avanti ci sono stati, indubbiamente: c’è un piglio che nel complesso è diverso, ci sono classifiche relative ad alcuni aspetti specifici del gioco che vedono le nostre squadre svettare, cosa inusuale in effetti. Tutto vero e tutto concreto, ma l’intensità di quell’ondata di ottimismo è stata molto probabilmente eccessiva, anche rispetto ai risultati finora ottenuti.
Gli stessi test-match della nazionale hanno lasciato un po’ di amaro in bocca, perché ci si aspettava qualcosa di più e di meglio, soprattutto in virtù di quell’ottimismo. Magari non nei risultati, ma nelle prestazioni sì. Perché se in tre gare marchi solo una meta, vuol dire che di problemi ne hai parecchi, per rimanere solo a uno dei dati più evidenti.
Il ct Conor O’Shea prima delle tre gare azzurre ha detto – testuale – che vede finalmente una luce in fondo al tunnel. In pochi (nessuno?) hanno sottolineato un passaggio che doveva essere consequenziale per logica a quella dichiarazione: ovvero che un tunnel quindi esisteva ed esiste tuttora. Cosa che in realtà un po’ tutti noi abbiamo nascosto dietro al paravento di qualche exploit isolato, scoglio a cui aggrapparsi in mezzo al mare agitato delle tante, troppe sconfitte. Provate a pensarci un po’: negli ultimi 15 anni quando siamo riusciti a darci un minimo di continuità nei risultati? La mia risposta è il Sei Nazioni 2013. Ma è davvero troppo poco.
Al cuor non si comanda, si dice. Per fortuna o purtroppo. L’importante è far sì che il cuore non ci faccia sragionare, altrimenti non e se ne uscirà mai.

Una tranquilla domenica di brutti episodi: l’importante è non voltarsi mai dall’altra parte

Dalla pagina Fb dell’ASD Appia Rugby

Nel fine settimana le cronache ci raccontano di tre storie poco edificanti ma il rugby ha un’arma potente per combatterli, mai abbastanza sottolineata: una sorta di riprovazione sociale

I fatti. Ecco uno stralcio di un articolo di OnRugby pubblicato ieri (che qui potete leggere per intero): “Momenti concitati durante Primavera-Gran Sasso, gara valida per il Girone 4 del campionato Serie A. Al minuto ’25 della ripresa si accende una rissa sotto i pali ospiti (sembra per un colpo proibito ai danni di un giocatore della Primavera): quattro i cartellini estratti, un rosso e due gialli per il Gran Sasso e un giallo per la Primavera. Nell’occasione alcuni supporter lato Primavera entrano sul terreno di gioco. (…)
Nel corso del match del campionato Serie B tra Amatori Parma e Florentia, un giocatore dei parmensi viene colpito frontalmente al volto da un pugno all’altezza della metà campo, nei pressi di un punto d’incontro dove stava per intervenire. Resta a terra privo di sensi e dopo un quarto d’ora di primi soccorsi viene portato in ospedale”. Questo OnRugby.

C’è, purtroppo, pure un terzo episodio in U18, portato alla luce da un post su facebook dell’ASD Appia Rugby, che qui riporto: “Il rugby deve rimanere un sport da scaricatori di porto ma giocato da gentiluomini. Brutto episodio a Paganica nella partita di Categoria Under 18 giocata tra gli Abruzzesi e la nostra franchigia. Bruttissimo clima dall’inizio, pressione continua dalle tribune sull’arbitro da parte di persone adulte con tuta e divisa della squadra locale. L’arbitro fatica a tenere il controllo della gara. A 5 minuti dalla fine la situazione degenera un nostro giocatore viene colpito più volte mentre è a terra, alcuni compagni di squadra intervengono in protezione, a quel punto una decina di adulti in divisa sociale entra in campo. Il nostro fotografo accreditato ha immortalato la scena e le foto saranno a disposizione del Giudice Sportivo. L’arbitro ritiene che non ci siano le condizioni per proseguire e sospende la gara.
Chi scrive è convinto che uno dei mali che affliggono il rugby sia l’ipocrisia, è giusto che quello che accade sul campo rimanga sul campo, ma l’invasione di campo in questi termini va stigmatizzata con fermezza. Il campo del Paganica ha solo uno steccato, come del resto accade nel Regno Unito, la differenza tra noi e la Gran Bretagna è che quello steccato da loro è un limite anche eticamente invalicabile. Dobbiamo lavorare culturalmente perché lo diventi anche da noi”.

Nella giornata di domenica in tutta Italia si sono giocate centinaia di partite, certe cose possono succedere. E’ una questione brutalmente numerica. L’importante è non fare finta di nulla, liquidare il tutto con un’alzata di spalle girarsi dall’altra parte, dire appunto “sono cose che capitano”. Le sanzioni per società e giocatori responabili devono essere esemplari, le invasioni di campo sono semplicemente intollerabili.
Quando si parla di rugby è tutto un fiorire di paroloni come “valori”, si sbandiera il terzo tempo eccetera. Tutto vero, per carità, ci sono gli uni e c’è anche l’altro, ma non è che lo sport della palla ovale sia l’unico depositario di certi comportamenti integerrimi. Non siamo migliori di altri e ogni insieme di persone conta al suo interno un certo numeri di stronzi, scusate l’espressione oxfordiana. Bene il rispetto dell’avversario e per l’arbitro, bene i valori ma la vera ricchezza del rugby, mai abbastanza messa in rilevanza, è la presenza di una sorta di riprovazione sociale verso chi viola certe regole. Chi si comporta in un certo modo sa di rompere un codice e generalmente non trova sponde neppure nell’ambiente a lui più vicino. E’ una cosa che funziona molto più di mille discorsi mandati a memoria e che va assolutamente preservata, con il bastone e con la carota.

Sei Nazioni 2017, per l’Italia quello con meno spettatori? E la FIR “richiama” i club

stadio-olimpico

Poco più di 40mila per il Galles, 10mila in più per l’Irlanda: le prime due gare interne di questa edizione sono quelle che hanno richiamato meno pubblico da quando gli azzurri giocano all’Olimpico. E per la Francia (11 marzo) la federazione ricorda ai club che i tesserati hanno diritto a forti sconti

Per Italia-Galles erano accorsi in 40.986, la partita con l’Irlanda è andata un po’ meglio con 50.197 tifosi sugli spalti, ma il Sei Nazioni 2017 non sta andando un granché bene per quanto riguarda il numero di persone che vanno a riempire lo stadio Olimpico di Roma. Anzi. Finora le due gare interne di questa edizione sono le meno affollate di sempre, o almeno da quando (2012) la nazionale azzurra ha traslocato dal Flaminio all’Olimpico.
Qualche dato: le due partite che avevano richiamato meno tifosi nello stadio più grande della capitale finora erano Italia-Inghilterra dell’11 febbraio 2012 e Italia-Francia del 3 febbraio 2013. Nel primo caso accorsero in 53.700 per un 15-19 che lasciò l’amaro in bocca alla nostra nazionale che quel giorno non seppe cogliere una gigantesca occasione per battere l’Inghilterra e soprattutto non va dimenticato che quella fu la partita della neve: Roma e il Centro italia vennero interessati da una forte nevicata sin dalla sera precedente che mise in dubbio lo stesso svolgimento della partita sino a un paio d’ore prima del fischio d’inizio. E non va dimenticato che i biglietti venduti per quella partita superavano i 70mila, in quasi 20mila non riuscirono ad arrivare a Roma per le avverse condizioni meteo.
La partita “normale” che invece ha richiamato meno spettatori è Italia-Francia del febbraio 2013, quella della vittoria di Parisse e compagni per 23 a 18, e comunque sugli spalti c’erano 57.547 spettatori.

Perché vi sto snocciolando questi numeri? Perché l’andazzo delle prevendite di Italia-Francia del prossimo 11 marzo va meglio rispetto alle gare che l’hanno preceduta, ma c’è da invertire un trend negativo. La FIR ha fatto recapitare ai club di diverse regioni una lettera in cui si ricorda che “per le Società affiliate è attiva la promozione sulla biglietteria, che consente di acquistare con lo sconto del 50% nei vari settori dello Stadio” (Il Grillotalpa ha conoscenza diretta di almeno 6 diversi comitati regionali in diverse parti d’Italia, plausibile che la mail sia stata mandata a tutti). Una sorta di recall che viene fatto ogni tanto, anche se diverse società fanno notare che generalmente avviene fino a qualche settimana prima dell’inizio del torneo.

Fa bene la FIR a muoversi e a ricordare ai tesserati che possono avere i biglietti (che quest’anno – va detto – hanno subìto un rincaro)con forti sconti: molto meglio vedere uno stadio con poche seggioline vuote e incassare meno del preventivato che non incassare del tutto. Va pure detto che questo Sei Nazioni si porta dietro alcune “tare” che hanno influito sulle vendite dei biglietti: gli All Blacks a Roma a novembre non hanno aiutato, perché se la Nuova Zelanda da un lato garantisce il sold-out dall’altro ha portato al congestionamento del cartellone sulla capitale, e in federazione non per nulla avrebbero gradito organizzare quella partita a Milano, ma poi un club di calcio con le strisce rosse e nere ha detto di no. Poi le prime due gare interne si sono giocate a solo sei giorni l’una dall’altra, e quella con il Galles era di domenica, quindi un po’ meno appetibile per chi viene da fuori rispetto a una gara giocata di sabato. Qualche motivo a questo calo quindi c’è.
Ad ogni modo anche questi numeri sono un sintomo del momento difficile che sta attraversando il nostro movimento e con ogni probabilità il Sei Nazioni 2017 andrà in archivio come quello con meno pubblico dal 2012 in poi. E non è un bel segnale, purtroppo.

Celtic & rugby italiano: una questione di spettatori

Una bella analisi fatta dal blog di Simone Sirtori

Prendiamo spunto da dati riguardanti la media spettatori e gli spettatori stagionali (unità cumulativa) dei maggiori campionati di rugby per riflettere sul potenziale della Magners Celtic League e del rugby italiano.

Uno dei maggiori rischi dell’ingresso di selezioni italiane in Magners Celtic League era quello dell’apertura di un gap tra l’alto livello (Celtic League e Nazionale) e il resto del movimento (Eccellenza, Serie A…). A quattro mesi dall’inizio dell’avventura celtica questo rischio sembra essersi realizzato. Si assiste ad un livellamento verso il basso nel Campionato italiano, dimostrato dal livello di gioco, dall’affluenza di pubblico e dal confronto con realtà straniere. Per quanto riguarda il livello di gioco, l’emigrazione dei maggiori talenti verso le due celtiche ha liberato il posto a qualche giovane e tanti stranieri di dubbio talento, che con la complicità degli arbitri rendono spesso il gioco spezzettato e infarcito di errori. L’affluenza di pubblico è drasticamente diminuita, attestandosi con una media di 430 spettatori a match (fino a questo punto di stagione), contro i già miseri 773 della stagione passata, con le sole piazze storiche del rugby italiano, Rovigo, Padova e L’Aquila, ad offrire spettatori nell’ordine del migliaio. Il confronto con i club stranieri è impietosamente dimostrato dai risultati in Challenge Cup, con le italiane che si dimostrano fiacche e vengono sommerse di mete da squadre alla portata e talvolta, Padova docet, incapaci di svolgere persino il “compitino” contro le selezioni rumene e spagnole. Unico faro lucente in un mare oscuro è la vittoria casalinga del Prato ai danni del Connacht. Prato che col progetto TRE (Toscana Rugby Eccellenza) sembra aver intrapreso la via giusta, ovvero quella della cooperazione tra club, che potrebbe portare alla formazioni di franchigie territoriali (campanilismo ed ERC permettendo), già tanto invocate da una parte del mondo ovale.

Per quanto riguarda invece l’afflusso di spettatori ai match delle due italiane celtiche i numeri si aggirano tra i 3.351 degli Aironi e i 4.471 del Treviso. Per quel che è la classifica della media spettatori in casa delle squadre celtiche, gli Aironi si attestano al decimo posto, davanti a Connacht ed Edimburgo, mentre Treviso è in ottava posizione, superando anche Glasgow. Prima in classifica Leinster con una media di 23.427 spettatori, fortemente influenzata però dal derby contro Munster giocato all’Aviva Stadium, al quale sono accorsi il record di 50.645 spettatori. Per quel che riguarda la media delle due italiane includendo anche le trasferte, si raggiungono i 4.567 spettatori di media per gli Aironi e i 5.255 per Treviso, con un numero cumulativo di spettatori rispettivamente di 44.710 e 52.550. Numeri completamente diversi rispetto alla scorsa stagione di Super10 che vedevano Treviso con una media di 1.026 spettatori e Viadana (se si può fare un confronto con gli Aironi) con 1.456. Quindi per quel che riguarda i numeri, la Magners Celtic League si piazza al terzo posto in Europa per numero di spettatori, con una media di circa 70 % quella di Premiership inglese e Top14 francese, ma con un tasso di crescita stagionale di circa il 20 %, con una media spettatori che per questa stagione dovrebbe raggiungere le 10.500 unità. Per poter fare dei confronti con il calcio, sport nazionale italiano, citiamo le cifre dei due massimi campionati italiani. La Serie A nella stagione 2009/2010 ha registrato una media spettatori di 25.570 tifosi, con 9.205.259 spettatori stagionali, grazie al gran numero di squadre che partecipano al campionato. Ma quel che più ci interessa sono i dati della Serie B, che offre una media di 5.120 spettatori nella medesima stagione, che scengono a 4.878 per quanto rigurda la stagione in corso. I numeri dimostrano che quindi la media spettatori della Serie B sono inferiori a quella della Magners Celtic League, e di poco superiore a quelle delle due selezioni italiane. Questi dati ci offrono quindi uno spunto di riflessione riguardo al potenziale di un paese di 60 milioni di abitanti, che se saprà sfruttare tutte le sue possibilità potrebbe davvero ritagliarsi un angolo nel paradiso ovale.

Spettatori stagionali (media) 2009/2010
Magners Celtic League
818.634 (8.803)
Aviva Premiership
1.855.607 (13.745)
Top 14
2.610.367 (13.959)
Heineken Cup
1.080.598 (13.678)
Super 14
1.964.708 (20.901)
Super10
111.730 (1.241)
Engage Super League (Rugby XIII)
360.922 (11.643)
Serie A calcio
9.205.259 (25.570)
Serie B calcio
2.355.042 (5.120)

Media spettatori Magners Celtic League 2010/2011 (11 turno)
Leinster 23.427
Munster 13.450
Ulster Rugby 9.011
Cardiff Blues 8.797
Ospreys 8.461
Scarlets 7.711
Newport Gwent Dragons 5.314
Benetton Treviso 4.471
Glasgow Warriors 3.509
Aironi Rugby 3.351
Connacht Rugby 3.308
Edinburgh 2.733