Niente da fare all’Arms Park per i veneti che rimangono in partita solo per un tempo. Nel nostro massimo campionato italiano i cremisi fermano Viadana, il San Donà fa suo il derby con Rovigo. Bene Mogliano, Calvisano e Petrarca.
GUINNESS PRO12: CARDIFF BLUES – BENETTON TREVISO 57-20
Partita che rimane in equilibrio per un tempo, con le squadre che vanno al riposo sul 17 a 13 per i padroni di casa, seconda frazione che invece parla praticamente solo gallese: alla fine sono 8 le mete dei padroni di casa, solo due quelle dei veneti.
Cardiff Blues: 15 Matthew Morgan, 14 Alex Cuthbert, 13 Willis Halaholo, 12 Steve Shingler, 11 Blaine Scully, 10 Gareth Anscombe, 9 Lloyd Williams (c), 8 Nick Williams, 7 Sion Bennett, 6 Macauley Cook, 5 Jarrad Hoeata, 4 George Earle, 3 Taufa’ao Filise, 2 Kristian Dacey, 1 Rhys Gill Riserve: 16 Matthew Rees, 17 Corey Domachowski, 18 Scott Andrews, 19 James Down, 20 Kirby Myhill, 21 Tomos Williams, 22 Garyn Smith, 23 Tom James Mete: Nick Williams (4), Blaine Scully (37), Steve Shingler (41), Sion Bennett (45), Kristian Dacey (49), Willis Halaholo (55), Matthew Morgan (63), Alex Cuthbert (78) Conversioni: Steve Shingler (5, 38,41, 45, 49, 55,64) Punizioni: Steve Shingler (32)
Benetton Treviso: 15 Luca Sperandio, 14 Michael Tagicakibau, 13 Tommaso Iannone, 12 Tommaso Allan, 11 Angelo Esposito, 10 Ian McKinley, 9 Tito Tebaldi, 8 Robert Barbieri, 7 Francesco Minto, 6 Marco Lazzaroni, 5 Dean Budd (c), 4 Teofilo Paulo, 3 Tiziano Pasquali, 2 Luca Bigi, 1 Federico Zani Riserve: 16 Davide Giazzon, 17 Matteo Zanusso, 18 Jody Rossetto, 19 Jean Francois Montauriol, 20 Guglielmo Zanini, 21 Giorgio Bronzini, 22 Andrea Pratichetti, 23 David Odiete Mete: Ian McKinley (35), Angelo Esposito (53) Conversioni: Tito Tebaldi (36, 54) Punizioni: Tito Tebaldi (8,15)
ECCELLENZA, I RISULTATI DELLA GIORNATA NUMERO 11 La partita più attesa della giornata la fanno loro le Fiamme Oro che regolano in casa il Viadana in una gara che in prospettiva play-off potrebbe pesare non poco. San Donà batte Rovigo nel derby veneto me Calvisano e Petrarca non hanno problemi rispettivamente contro Lyons e Lazio. Il Mogliano infine va a vincere in casa della Rugby Reggio.
Il massimo campionato italiano gioca la sua 11a giornata: partita di cartello è Fiamme Oro-Viadana. Alle 15 e 30 (niente tv) per il torneo celtico c’è Cardiff Blues-Benetton mentre ieri sera i bianconeri hanno incassato l’ennesimo ko a Llanelli.
BENETTON TREVISO-CARDIFF BLUES, ORE 15.30
Tantissimi gli infortunati in casa biancoverde, una lista davvero infinita e il ritorno di alcuni giocatori impegnati con la nazionale per il Sei Nazioni è poco più di un brodino. Mediana in mano al duo Tebaldi-McKinley con Allan schierato primo centro, titolari anche Esposito e Minto. Calcio d’inizio alle 15 e 30 italiane, nessuna copertura tv.
Oggi in programma anche Ulster-Glasgow Warriors, Ospreys-Munster e Connacht-Newport Dragons
Cardiff Blues: 15 Matthew Morgan, 14 Alex Cuthbert, 13 Willis Halaholo, 12 Steve Shingler, 11 Blaine Scully, 10 Gareth Anscombe, 9 Lloyd Williams (c), 8 Nick Williams, 7 Sion Bennett, 6 Macauley Cook, 5 Jarrad Hoeata, 4 George Earle, 3 Taufa’ao Filise, 2 Kristian Dacey, 1 Rhys Gill Riserve: 16 Matthew Rees, 17 Corey Domachowski, 18 Scott Andrews, 19 James Down, 20 Kirby Myhill, 21 Tomos Williams, 22 Garyn Smith, 23 Tom James Benetton Treviso: 15 Luca Sperandio, 14 Michael Tagicakibau, 13 Tommaso Iannone, 12 Tommaso Allan, 11 Angelo Esposito, 10 Ian McKinley, 9 Tito Tebaldi, 8 Robert Barbieri, 7 Francesco Minto, 6 Marco Lazzaroni, 5 Dean Budd (c), 4 Teofilo Paulo, 3 Tiziano Pasquali, 2 Luca Bigi, 1 Federico Zani Riserve: 16 Davide Giazzon, 17 Matteo Zanusso, 18 Jody Rossetto, 19 Jean Francois Montauriol, 20 Guglilemo Zanini, 21 Giorgio Bronzini, 22 Andrea Pratichetti, 23 David Odiete
ECCELLENZA, GIORNATA NUMERO 11
Il massimo campionato italiano torna a prendersi il palcoscenico dopo l’ennesimo stop. La partita più interessante è Fiamme Oro-Viadana. Derby veneto tra San Donà e Rovigo, il Petrarca ospita la Lazio mentre la capolista Calvisano attende i Lyons. Chiude il programma Reggio-Mogliano. Tutte le partite alle ore 15, tranne Fiamme Oro-Viadana, che inizia alle 14. Il prossimo weekend ci si ferma di nuovo.
Fiamme Oro: Amo Wilbore, Andrea Bacchetti, Roberto Quartaroli (capitano), Samuel Seno, Michele Sepe, Filippo Buscema, Guido Calabrese, Matteo Zitelli, Filippo Cristiano, Mirko Amenta, Gianmarco Duca, Emiliano Caffini, Fabio Cocivera, Alain Moriconi, Roberto Tenga
A disposizione: Amar Kudin, Giulio Cenedese, Giuseppe Di Stefano, Davide Fragnito, Dennis Bergamin, Simone Marinaro, Maicol Azzolini e Giuseppe Sapuppo. Viadana: Taikato-Simpson; Manganiello, Brex, Pavan, Menon; Ormson, Frati; Gelati, Delnevo, Du Plessis (c); Orlandi, Krumov; Brandolini, Silva, Cafaro.
A disposizione: Cocchiaro, Breglia, Garfagnoli, Chiappini, Denti And., Gregorio, Tizzi, Bronzini
Calvisano: Chiesa (C), Susio, Paz, Alberghini, Bruno, Minozzi, Raffaele, Giammarioli, Zdrilich, Pettinelli, D’Onofrio, Cavalieri, Biancotti, Giovanchelli, Milani.
A disposizione: Luus, Panico/Rimpelli, Costanzo, Belardo, Vezzoli, Semenzato, Dal Zilio, Di Giulio. Lyons Piacenza: Thrower; Pattarini, Forte, Conti, Boreri; Nathan, Rivetti; Carbone, Masselli, Ferrari; Riedo, Tveraga; Leatigaga, Daniele, Grassotti.
A disposizione: Lombardi, Rollero, Zilocchi, Cissè, Bance, Colpani, Via G.
Petrarca: Ragusi; Capraro, Favaro, Belluco, Rigo; Nikora, Francescato; Afualo, Conforti (cap.), Targa; Salvetti, Saccardo; Vanozzi, Ferraro, Borean.
A disposizione: Zago, Marchetto/Makelara, Irving, Trotta, Nostran, Su’a/Soffiato, Benettin/Rossi, Coppo/Menniti-Ippolito Lazio: Toniolatti; F. Bonavolontà, Coronel, Musso; Santoro; Calandro, D. Bonavolontà; Romagnoli; A. Giancarlini, Pagotto; Damiani, (cap), De Lorenzi; Gloriani, Amendola, Copetti.
A disposizione: Alvarado, Cugini, Di Roberto, Riedi, Casolari, Miller, Giacometti.
GIOCATA IERI: SCARLETS-ZEBRE 42-7
Bianconeri che a Llanelli resistono per 35 minuti, poi è un monologo dei padroni di casa. Bellini risponde alla marcatura iniziale di Evans, poi – attorno alla mezz’ora – Shringler e Williams chiudono il discorso. Nel secondo tempo altre tre mete per i gallesi: periodo sempre più nero per la franchigia di Parma con una lunghissima striscia di ko e i noti problemi societari con la società a un passo dal fallimento economico. Sempre ieri sera giocata anche Leinster-Edimburgo, finita 39 a 10.
Scarlets: Mcnicholl, Williams T., Hughes, Parkes (cap) (15’ s.t. Owen), Evans S., Jones D. (24’ s.t. Thomas A.), Evans J. (1’ s.t. Davies A.), Boyde, Davies J. (24’ s.t. Phillips T.), Shingler (15’ s.t. Macleod), Beirne, Price, Kruger (21’ s.t. Thomas N.), Phillips E. (20’ Elias), Jones W. (15’ s.t. Garrett)
Marcatori: 13‘ m Evans S. tr Jones D. (7-0); 24‘ m Bellini tr Violi (7-7); 30‘ m Shingler tr Jones D. (14-7); 34‘ m Williams T. tr Jones D. (21-7); s.t. 10‘ m Price (28-7); 24‘ m tecnica tr Jones D. (35-7); 34‘ m Boyde tr Thomas A. (42-7)
I risultati negativi del campo del nostro alto livello sono “figli” anche (soprattutto?) di una scarsa capacità manageriale e di programmazione della classe dirigenziale presa nel suo complesso, federale e di club.
Andiamo indietro di qualche anno, settembre 2008: “Vogliamo entrare in pianta stabile tra le prime otto del ranking: penso che sia un obiettivo percorribile, la Nazionale è la massima espressione del movimento, e come il movimento ha voglia di crescere. Ma vogliamo anche allargare la base: poco tempo fa pensare a centomila tesserati era un’utopia, adesso è il nostro obiettivo per i prossimi quattro anni, così come una gestione aziendale dello stadio Flaminio e la creazione di un rugby-day, sempre al Flaminio, dove concentrare le finali dei campionati nazionali. Oggi abbiamo un sito internet estremamente seguito, lo integreremo con un canale webtv da dedicare al rugby italiano. E progetteremo un’Accademia arbitrale, per avere finalmente direttori di gara italiani nelle massime competizioni internazionali”.
A parlare così era Giancarlo Dondi, il 13 settembre 2008, appena rieletto presidente della FIR. Sono passati quasi 9 anni, non proprio pochi, e ben poco di quelle parole si è avverato: la nazionale ha lasciato il Flaminio per l’Olimpico (e questo è stato un upgrade); la concentrazione delle finali dei campionati nazionali era un’ottima idea e tale rimane, ma non l’abbiamo vista concretizzarsi e comunque il Flaminio – anche se fosse utilizzabile e non si trovasse nelle disastrose condizioni in cui oggi versa – sarebbe troppo grande. La Cittadella di Parma andrebbe benissimo. La web tv? Qualcuno ci sta provando, tra mille difficoltà, ma appunto 9 anni dopo quelle parole e non per input federale. Gli arbitri: Marius Mitrea è al momento l’unico candidato a raggiungere l’obiettivo indicato nel 2008, e ancora non c’è arrivato (ma faccio il tifo per lui, ça va sans dire), è andata meglio in campo femminile negli ultimi due anni con Maria Beatrice Benvenuti. I 100mila tesserati: bene o male ci siamo, ma bisogna pure ricordare che c’è una certa differenza tra le cifre relative ai tesserati e quella dei praticanti effettivi. Però una crescita quantitativa c’è stata. Ah, l’Italia non è mai entrata in pianta stabile tra le prime otto del ranking mondiale rimanendo anzi praticamente sempre fuori dalla top ten.
Perché tirare fuori oggi quelle dichiarazioni di Dondi? Perché in questi giorni difficili per la nostra nazionale a finire nel mirino delle critiche sono soprattutto la FIR, il presidente Alfredo Gavazzi, e qualcuno già punta il dito su Conor O’Shea, che vorrei ricordare ha assunto ufficialmente il ruolo di ct solo 10 mesi fa. Però a me sembrano tutte poco centrate.
Voglio dire, è chiaro che la federazione e il suo massimo rappresentante delle responsabilità ce le hanno, non potrebbe essere altrimenti, ma l’evidente ritardodel nostro movimento che il campo certifica da anni è conseguente a un gap dirigenziale che arriva da lontano e per il quale al momento non vedo grandi inversioni di rotta. Un gap non solo dei vertici FIR ma dell’intera classe dirigente italiana, che negli ultimi 20 anni non è poi cambiata granché. Esempi di eccellenza ce ne sono, ma affogano in un affollatissimo teatrino dove a dominare sono i personalismi, il “vi faccio vedere io come si fanno le cose”. D’altronde l’humus culturale in cui crescono i nostri dirigenti è sostanzialmente quello, perché alla fine il panorama dovrebbe essere poi tanto diverso?
Sono poi personalmente convinto che alcuni – non tutti – dei più fieri oppositori di Alfredo Gavazzi se si sedessero sulla poltrona della presidenza FIR non si comporterebbero in maniera molto diversa da lui. Perché il problema (ammesso e non concesso che lo sia) non è la politica federale propugnata dal suo attuale massimo rappresentante, ma il semplice fatto che vorrebbero trovarsi al suo posto. Farebbero cose diverse? Probabilmente, forse, ma il mood non sarebbe per nulla diverso.
La politica rugbistica italiana è stata negli ultimi 15 anni abbastanza vaga: l’obiettivo forse è chiaro, il come arrivarci proprio no. E anche le strade intraprese non sono state costruite a dovere, difese e rinforzate con la giusta convinzione. L’amico Duccio Fumero di Rugby 1823 ha scritto ieri che “il problema è il Pro12”. Non ne sono molto sicuro: penso che il problema non sia l’avventura celtica in sé. Si può discutere a lungo della sua utilità o meno, ma una volta che la intraprendi devi strutturare l’intero movimento in maniera funzionale, non sperare che le cose poi in qualche maniera si adattino da sole. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e ce lo racconta il campo degli ultimi anni, non il sottoscritto: le nostre franchigie (quasi) sempre abbonate agli ultimi posti della classifica e con uno score di sconfitte lungo da qui a lì, un campionato nazionale depauperato e lasciato languire senza alcun tipo di intervento, una “produzione” di giocatori quantitativamente e qualitativamente non sufficiente, selezioni nazionali che fanno grande fatica e che progrediscono – quando lo fanno – con grande lentezza.
Nessuno ha la bacchetta magica e per ottenere risultati serve tempo. Però siamo entrati nel Pro12 ormai 7 anni fa e le cose cambiate nel frattempo sono pochissime, il “su e giù” degli atleti tra celtiche e squadre di Eccellenza non è mai stato regolamentato se non con il sistema dei permit che è chiaramente una toppa che non soddisfa nessuno. Però è ancora tutto lì, quasi intoccabile.
Il nostro domestic? Si sente sempre dire che va rilanciato, ma finora proposte concrete per cercare di cambiare la situazione non ne abbiamo viste. In 7 anni. E tranne che in pochissimi casi non abbiamo visto presidenti di club sbattere i pugni sul tavolo. Quindi responsabilità della FIR, certo, ma non solo.
Le celtiche? Si va dalla gestione delle Zebre che non ha bisogno di commenti, all’annuncio della necessità di avere tecnici italiani a guidarle così come per lo staff tecnico della nazionale maggiore. Quale sia la situazione attuale (e le carte di identità degli allenatori delle squadre menzionate) la conosciamo tutti.
I tecnici cambiano, i giocatori passano ma i risultati del campo sono sempre gli stessi, al pari di alcuni dirigenti-chiave. E allora qualche domanda bisognerebbe farsela. E sperare che davvero venga lasciata carta bianca a Conor O’Shea e alle persone di cui si è circondato, anche se dopo tanti anni viene naturale chiedersi perché stavolta dovrebbe essere diverso: perché è vero che l’arrivo dell’irlandese, di Catt, Venter e Aboud sono di primissimo livello ma sono anche in controtendenza rispetto alla policy federale perseguita fino a qualche mese fa. Vedremo, attendiamo speranzosi.
Il ct anche nell’immediato dopo Italia-Irlanda ha ribadito pubblicamente che le cose da cambiare nel rugby italiano sono tante, i prossimi mesi in questo senso saranno decisivi, vedremo quali novità verranno approntate in vista della prossima stagione. Anche perché il tecnico di Limerick non è venuto a svernare alle nostre latitudini, non è nella fase conclusiva della sua carriera. Se devo scommettere i miei proverbiali due cent direi che a farsi rosolare a fuoco lento non ci sta proprio.
E’ una occasione da non buttare via: la Scozia non l’ha fatto e guardate nel giro di 3-4 anni dove è arrivata. Il primo passo è avere idee chiare e convinzione: O’Shea le ha, il “lasciatelo lavorare” è d’obbligo. Se poi otterrà l’introduzione di modifiche che vengono sostenute da anni avremo la prova del nove che abbiamo buttato via del tempo, ma meglio tardi che mai. O no?
Calvisano ha chiuso il girone d’andata come meglio non poteva: battendo il Petrarca di Cavinato al termine di una partita molto combattuta. E così i bresciani arrivano al giro di boa del massimo campionato italiano con ben 43 punti in classifica, 9 vittorie in altrettante partite e solo due punti di bonus persi lungo la strada. Numeri che da soli “giustificano” una intervista al presidente del club, se poi Alessandro Vaccariparla anche del lavoro di Massimo Brunello, di vivaio (rispondendo anche a una delle critiche “storiche” che vien fatta a quella società, ovvero quella di produrre pochi giocatori davvero suoi…), di Lega di Club e di un ipotetico futuro celtico, beh il tutto aumenta di interesse.
Una intervista di cui rendo disponibile l’audio, che a volte non conta solo quello che si dice, ma anche il come. A voi.
A fine mese Alessandro Zanni compirà 33 anni. E’ al Benetton Treviso dal 2009 e forse mi sbaglio, ma si tratta del senatore italiano per quanto riguarda l’avventura celtica: presente e protagonista (64 partite finora giocate, 6 mete realizzate) sin dalla prima edizione dell’allora Celtic League.
Per riaprire in maniera ufficiale questo blog ho scelto di intervistarlo perché la presenza o meno delle squadre italiane nella Guinness Pro12 è determinante per l’intero movimento. Per motivi brutalmente economici, di struttura e di filiera: esserci o non esserci in quel torneo cambia profondamente la nostra natura, più di qualsiasi altra cosa.
Io sono un laico dubbioso sulla partecipazione di Benetton e Zebre o di qualunque altra nostra formazione al Pro12. Non sono mai stato un detrattore ma nemmeno un entusiasta. A rigor di logica quella di partecipare a un torneo con le più forti compagini scozzesi, gallesi e irlandesi non sembra avere grosse controindicazioni ma quello che è mancato dalle nostre parti (a mio personalissimo parere, s’intende) è stata una serie riflessione dopo 2/3 stagioni, un attento esame della situazione che poi non è stato fatto nemmeno negli anni a seguire: l’impressione è che chi avrebbe dovuto non si è fatto grandi domande e si è “accontentato” di rimanere dove si trovava. E forse nemmeno la stampa specializzata – sottoscritto compreso – lo ha spinto più di tanto. Perché quello celtico è un salotto indubbiamente importante, una specie di scala ridotta di quello del Sei Nazioni, ma forse forse…
Non ho certezze in merito, intendiamoci, ma qualche domanda forse andava messa sul tavolo. Tipo: cosa ci porta questo torneo? Cosa ci toglie? I tanti, tantissimi, soldi investiti hanno dato un ritorno adeguato sotto i più diversi aspetti? Siamo davvero sicuri che un campionato italiano di livello non possa dare risultati simili e magari nel tempo anche superiori? Che una Eccellenza con un livello di gioco come quello di un po’ di anni fa non porterebbe anche a una visibilità mediatica (e di conseguenza: maggiori sponsor) superiore a quella che finora ha dato il Pro12?
Domande a cui Alessandro Zanni può rispondere solo parzialmente, non è compito suo farlo, ma con lui ho provato a tracciare un bilancio di questa esperienza giunta ormai alla sua settima stagione. E il capitano del Benetton Treviso sembra avere idee molto chiare in merito.
Sei presente e protagonista dell’avventura celtica sin dall’inizio. Anzi, probabilmente sei il senatore italiano in quello che oggi è il Pro12. La domanda è secca: questa esperienza è servita e serve ancora?
Sì. E’ servita: ha senza dubbio migliorato diversi giocatori che magari in un campionato come quello che è oggi quello dell’Eccellenza avrebbero avuto una crescita molto più limitata. Il livello del Pro12 a livello tecnico e fisico è indubbiamente più alto. Se mi chiedi se in questi anni ho visto dei cambiamenti la risposta non può essere che sì, sicuramente. Certo non è facile perché come miglioriamo e cresciamo noi lo stesso fanno anche i nostri avversari che già partono da un livello più alto.
C’è qualche “però”?
Siamo cresciuti, ma forse non nel modo che magari ci si attendeva: probabilmente ci si aspettava che dopo tutti questi anni Benetton e Zebre potessero lottare per il vertice o comunque giocare per vincere più partite. Finora è successo solo una volta, ormai 4 anni fa, quando qui a Treviso abbiamo vinto 10 gare, ce la siamo giocata davvero con tutti ma rimanendo comunque lontano dalle parti alte della classifica.
Non mi nascondo, possiamo e dobbiamo fare meglio ma il Pro12 è indispensabile, ti confronti ogni settimana con le migliori realtà e i giocatori più forti di Irlanda, Scozia e Galles: alla fine per la crescita del movimento è veramente importante, nonostante le tante sconfitte.
Quando siamo entrati nell’allora Celtic League c’è stata una crescita fisica immediata e innegabile: prima le partite della nostra nazionale duravano 40/60 minuti, poi andavamo in apnea, questa cosa ce la siamo messa alle spalle nel giro di qualche mese. E’ però pur vero che dopo dei passi avanti anche sul fronte dei risultati nelle prime edizioni poi ci siamo fermati: Treviso nei primi anni non è mai arrivata ultima o penultima, dopo quel settimo posto però la storia è purtroppo cambiata. E va detto che il Benetton che è arrivato ad annusare, diciamo così, le posizioni di testa del Pro12 era “figlio” di quel campionato italiano di cui abbiamo parlato poco fa...
E’ vero, però è stato anche un momento in cui diversi aspetti positivi sono andati a sommarsi: un gruppo di giocatori importanti e di livello, un tecnico come Franco Smith capace di guidare e motivare quegli stessi atleti, ci siamo trovati a giocare nel contesto giusto. Quel gruppo era forte sotto tanti aspetti, un gruppo – è vero quello che dici – partito dal campionato italiano e giunto alla sua maturazione e in cui c’erano molti dei giocatori migliori del nostro movimento.
Non va nemmeno sottovalutato il fattore novità che c’è stato nelle prime edizioni che ha spinto un po’ tutto l’ambiente a una crescita importante. C’era l’entusiasmo di iniziare una nuova esperienza.
E’ però innegabile che questa crescita a un certo punto si è fermata. Anche a Treviso dopo quel settimo posto lo stesso ambiente ha perso serenità: prima la vicenda Franco smith, gli scontri con la federazione, l’addio di Vittorio Munari, quel 9 febbraio 2014 quando il club annunciava il suo addio alla Celtic poco dopo la fine di Francia-Italia del Sei Nazioni. Si è un po’ rotto tutto.
Quell’anno avevamo vinto 10 partite, non è stato certo un caso. Anche quando abbiamo perso spesso abbiamo giocato bene e questo si era riflesso sulle prestazioni della nazionale che ha giocato quello che è stato forse il suo miglior Sei Nazioni di sempre in termini di risultati e di qualità del gioco. Poi, sì, qualcosa si è rotto e il processo di rinnovamento è stato molto difficile, i risultati non sono più arrivati fino alla scorsa stagione con il nostro ultimo posto in Pro12.
Questo però non va a toccare quella che è l’importanza di avere due squadre italiane in quella competizione, nonostante tutte le difficoltà. In questi anni ho visto giovani giocatori maturare comunque più rapidamente rispetto a quello che succedeva prima: non succede sempre, ci sono fattori personali che incidono, ma tendenzialmente oggi crescono prima di quanto non sia capitato anche a me.
Si può dire che il gruppo di cui tu facevi parte e di cui abbiamo parlato prima era figlio di un campionato italiano di livello maggiore e che quindi ha potuto beneficiare al meglio del salto di qualità offerto della Celtic mentre oggi con una Eccellenza di livello più basso è tutto più complicato perché il gap tra le due competizioni è cresciuto rispetto al 2010?
Sì, direi proprio di sì. Passare dall’Eccellenza al Pro12 è davvero un passo lungo, è sicuramente più complesso che non averlo fatto dall’allora Top 10 italiana alla Celtic league. Va pure detto che i buget del nostro massimo campionato oggi non sono certo quelli su cui Calvisano o la stessa Treviso potevano contare qualche anno fa e che la qualità dei giocatori stranieri era più elevata: allora c’era gente come Alesana Tuilagi, Sireli Bobo, Brendan Williams…
Oggi il percorso dall’Eccellenza al Pro12 è generalmente più lungo, anche se c’è chi già alla sua prima stagione sembra soffrire meno. Qui a Treviso posso ad esempio farti il nome di Luca Sperandio, che deve ancora migliorare molto ma ci ha messo davvero poco ad adattarsi.
Torniamo a quel 9 febbraio 2014. Nel comunicato con cui il Benetton Treviso faceva sapere che non c’erano le condizioni per il rinnovo della partecipazione al Pro12 si parlava di mancanza di progettualità. Si può dire che ancora oggi quella è un po’ la vera tara di questa avventura? Ovvero che siamo in quel torneo non perché ci si creda davvero poi tanto ma perché alla fine – vista la situazione data – oggi sembra essere l’unica opzione. Non siamo per nulla convinti della cosa. Forse.
Bisogna avere pazienza. Lo so che è un ritornello che sentiamo dire spesso e da un po’ di anni, ma è così. Sicuramente avremmo potuto ambire a risultati migliori, questo è indubbio: le squadre italiane non sono finora mai riuscite ad essere completamente competitive, ovvero giocare con alto profilo per tutta la stagione e aspirare ai primi posti.
Però come ci siamo evoluti noi, anche se a piccoli passi, lo stesso hanno fatto anche le altre squadre che già erano più strutturate e attrezzate. Che avevano e hanno una tradizione che noi non abbiamo. Loro hanno una progettualità rodata, noi no.
Questo è indubbio. Spesso viene fatto l’esempio del Connacht come quello della “Cenerentola” che è diventata grande, che è vero ma si dimentica forse di sottolineare che la squadra di Galway è cresciuta in un ambiente che è più attrezzato e performante di quanto non sia il nostro, un ambiente che sa da tempo che cosa significa essere nell’alto livello…
Infatti. Non va dimenticato che quello è un ambiente che in generale conosce e respira il rugby, da noi non è così. E’ un incontro di vari fattori quello che ti porta ad avere risultati, gli aspetti sono davvero tanti: ci devono essere i giocatori, ci deve essere uno staff all’altezza, il management…
Io penso che siamo andando nella giusta direzione. Noi a Treviso abbiamo avuto difficoltà ma già quest’anno sotto l’aspetto tecnico siamo cresciuti molto, la società si è strutturata e si è articolata in maniera interessante. Abbiamo allenatori giovani ma con grandi competenze e un vissuto importante. Parlo di gente come Galon, Bortolami e Ongaro che sono comunque ai primi passi e anche loro come noi devono crescere. Serve tempo e pazienza, ma la strada è giusta. Poi è vero che i risultati latitano, questo oggi è innegabile.
Parlando di Treviso non si può sottolineare comunque la difficoltà di riprendere una corsa dopo quello che è successo due o tre anni fa. La nuova struttura tecnica necessita di tempo per ottenere risultati, lo stesso Pat Lam a Connacht ha raccolto i frutti alla sua terza stagione, non prima.
Sì, abbiamo cambiato sempre tanti giocatori. Tre anni fa abbiamo praticamente smobilitato, con i nostri atleti più importanti che sono andati all’estero, sono cambiati gli stranieri… Si è fatto un lavoro di prospettiva e oggi abbiamo qui un gruppo di ventenni che fanno ben sperare per il futuro. Bisogna lavorare su quello e farli crescere in maniera tale che possano arrivare a giocare per traguardi più importanti.
Quando parli off record con chi ha preso parte finora all’avventura celtica c’è un argomento che salta sempre fuori ma che non conquista mai le prime pagine dei giornali e dei media: parlo della logistica e delle trasferte. Cavinato, Casellato, Guidi, De Rossi, Munari… tutti dicono la stessa cosa: le trasferte per Zebre e Benetton sono lunghe, complicate e non consentono di allenarsi adeguatamente. Le conseguenze non possono poi non vedersi in campo
E’ vero. Sembra un dettaglio ma non è così. Le nostre trasferte, derby italiano a parte sono tutte con l’aereo, spesso con aeroporti o scali non vicini ai luoghi delle partite. Sono lunghe e faticose. Per le altre squadre non è così: Galles, Scozia e Irlanda sono comunque più vicine tra loro, i tempi di volo ridotti. Le regions irlandesi e gallesi possono contare su un buon numero di trasferte che affrontano in bus. Il più delle volte quando i nostri avversari vengono in Italia rimangono tutta la settimana per affrontare in una volta sola le nostre due squadre, a noi capita raramente. E se anche non succede loro hanno due trasferte lunghe, noi una decina. Le assorbono molto meglio di quanto non possiamo fare noi, i viaggi compromettono la preparazione, non possiamo allenarci adeguatamente. Da un punto di vista logistico è difficile, nonostante l’ampiezza delle rose.
C’è qualcosa che non ti piace nel Pro12 e che tu cambieresti?
Non esiste la formula magica, la struttura non la cambierei. Ci sono dettagli da sistemare o che sono migliorabili, come appunto quello delle trasferte, ma mi ripeto: la strada è quella giusta.
La nazionale: l’arrivo di O’Shea ha decisamente cambiato l’atmosfera ma questa volta non ci si può fermare a questo perché ad essere rivoluzionata è stata la struttura, oggi molto più simile a quella dei nostri avversari. Con Mallett e Brunel si era detto che si sarebbero occupati anche del coordinamento con le celtiche ma la cosa è rimasta sulla carta, oggi non è così: il ct azzurro e i suoi collaboratori sono in costante contatto con Benetton e Zebre e la sua presenza alla Ghirada non fa più notizia.
E’ cambiato molto, indubbio. C’è un’atmosfera di maggiore professionalità, di alto livello. O’Shea sa molto bene come deve essere costruita una squadra e uno staff per poter performare. Bisogna comunque avere pazienza perché è arrivato da meno di 8 mesi e ogni realtà ha le sue caratteristiche, l’Italia non è certo l’Inghilterra ma il ct lo sa benissimo. Dopo un buon tour estivo e la vittoria sul Sudafrica arriva un Sei Nazioni importante, sarà un bel banco di prova: ci sono tutte le prospettive perché l’Italia possa far bene. Le competenze per far crescere la nostra nazionale le abbiamo
Chiudiamo con le Zebre. A Treviso avete vissuto un momento molto difficile tre anni fa, i bianconeri oggi non sono certi del loro futuro. Le situazioni sono diverse – se Treviso avesse lasciato il Pro12 sarebbe comunque andata in Eccellenza, a Parma questa opzione non c’è e in più la struttura dirigenziale biancoverde è sicuramente più solida – ma cosa ti senti di consigliare ai tuoi colleghi e ai tuoi compagni di nazionale che vivono un momento così complicato?
Le situazioni sono diverse ma per un giocatore è comunque difficile giocare quando non sei sereno. Lo so che in questi momenti è più facile a dirsi che a farsi, ma il consiglio che mi sento di dare è di stare il più sereni e tranquilli possibile. Devono rimanere concentrati sul campo. E’ chiaro che quando tutte le condizioni non ti sono favorevoli è complicato riuscire ad essere performanti ma George Biagi è un ottimo capitano e sono sicuro che saprà tenere il gruppo compatto. Però so che la situazione non è per niente facile.