In avanti popolo! – Il vero gap dell’Italia? Quello dirigenziale

dirigenti

I risultati negativi del campo del nostro alto livello sono “figli” anche (soprattutto?) di una scarsa capacità manageriale e di programmazione della classe dirigenziale presa nel suo complesso, federale e di club. 

Andiamo indietro di qualche anno, settembre 2008:
“Vogliamo entrare in pianta stabile tra le prime otto del ranking: penso che sia un obiettivo percorribile, la Nazionale è la massima espressione del movimento, e come il movimento ha voglia di crescere. Ma vogliamo anche allargare la base: poco tempo fa pensare a centomila tesserati era un’utopia, adesso è il nostro obiettivo per i prossimi quattro anni, così come una gestione aziendale dello stadio Flaminio e la creazione di un rugby-day, sempre al Flaminio, dove concentrare le finali dei campionati nazionali. Oggi abbiamo un sito internet estremamente seguito, lo integreremo con un canale webtv da dedicare al rugby italiano. E progetteremo un’Accademia arbitrale, per avere finalmente direttori di gara italiani nelle massime competizioni internazionali”.

A parlare così era Giancarlo Dondi, il 13 settembre 2008, appena rieletto presidente della FIR. Sono passati quasi 9 anni, non proprio pochi, e ben poco di quelle parole si è avverato: la nazionale ha lasciato il Flaminio per l’Olimpico (e questo è stato un upgrade); la concentrazione delle finali dei campionati nazionali era un’ottima idea e tale rimane, ma non l’abbiamo vista concretizzarsi e comunque il Flaminio – anche se fosse utilizzabile e non si trovasse nelle disastrose condizioni in cui oggi versa – sarebbe troppo grande. La Cittadella di Parma andrebbe benissimo.
La web tv? Qualcuno ci sta provando, tra mille difficoltà, ma appunto 9 anni dopo quelle parole e non per input federale. Gli arbitri: Marius Mitrea è al momento l’unico candidato a raggiungere l’obiettivo indicato nel 2008, e ancora non c’è arrivato (ma faccio il tifo per lui, ça va sans dire), è andata meglio in campo femminile negli ultimi due anni con Maria Beatrice Benvenuti. I 100mila tesserati: bene o male ci siamo, ma bisogna pure ricordare che c’è una certa differenza tra le cifre relative ai tesserati e quella dei praticanti effettivi. Però una crescita quantitativa c’è stata. Ah, l’Italia non è mai entrata in pianta stabile tra le prime otto del ranking mondiale rimanendo anzi praticamente sempre fuori dalla top ten.

Perché tirare fuori oggi quelle dichiarazioni di Dondi? Perché in questi giorni difficili per la nostra nazionale a finire nel mirino delle critiche sono soprattutto la FIR, il presidente Alfredo Gavazzi, e qualcuno già punta il dito su Conor O’Shea, che vorrei ricordare ha assunto ufficialmente il ruolo di ct solo 10 mesi fa. Però a me sembrano tutte poco centrate.
Voglio dire, è chiaro che la federazione e il suo massimo rappresentante delle responsabilità ce le hanno, non potrebbe essere altrimenti, ma l’evidente ritardodel nostro movimento che il campo certifica da anni è conseguente a un gap dirigenziale che arriva da lontano e per il quale al momento non vedo grandi inversioni di rotta. Un gap non solo dei vertici FIR ma dell’intera classe dirigente italiana, che negli ultimi 20 anni non è poi cambiata granché. Esempi di eccellenza ce ne sono, ma affogano in un affollatissimo teatrino dove a dominare sono i personalismi, il “vi faccio vedere io come si fanno le cose”. D’altronde l’humus culturale in cui crescono i nostri dirigenti è sostanzialmente quello, perché alla fine il panorama dovrebbe essere poi tanto diverso?
Sono poi personalmente convinto che alcuni – non tutti – dei più fieri oppositori di Alfredo Gavazzi se si sedessero sulla poltrona della presidenza FIR non si comporterebbero in maniera molto diversa da lui. Perché il problema (ammesso e non concesso che lo sia) non è la politica federale propugnata dal suo attuale massimo rappresentante, ma il semplice fatto che vorrebbero trovarsi al suo posto. Farebbero cose diverse? Probabilmente, forse, ma il mood non sarebbe per nulla diverso.

La politica rugbistica italiana è stata negli ultimi 15 anni abbastanza vaga: l’obiettivo forse è chiaro, il come arrivarci proprio no. E anche le strade intraprese non sono state costruite a dovere, difese e rinforzate con la giusta convinzione. L’amico Duccio Fumero di Rugby 1823 ha scritto ieri che “il problema è il Pro12”. Non ne sono molto sicuro: penso che il problema non sia l’avventura celtica in sé. Si può discutere a lungo della sua utilità o meno, ma una volta che la intraprendi devi strutturare l’intero movimento in maniera funzionale, non sperare che le cose poi in qualche maniera si adattino da sole. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e ce lo racconta il campo degli ultimi anni, non il sottoscritto: le nostre franchigie (quasi) sempre abbonate agli ultimi posti della classifica e con uno score di sconfitte lungo da qui a lì, un campionato nazionale depauperato e lasciato languire senza alcun tipo di intervento, una “produzione” di giocatori quantitativamente e qualitativamente non sufficiente, selezioni nazionali che fanno grande fatica e che progrediscono – quando lo fanno – con grande lentezza.

Nessuno ha la bacchetta magica e per ottenere risultati serve tempo. Però siamo entrati nel Pro12 ormai 7 anni fa e le cose cambiate nel frattempo sono pochissime, il “su e giù” degli atleti tra celtiche e squadre di Eccellenza non è mai stato regolamentato se non con il sistema dei permit che è chiaramente una toppa che non soddisfa nessuno. Però è ancora tutto lì, quasi intoccabile.
Il nostro domestic? Si sente sempre dire che va rilanciato, ma finora proposte concrete per cercare di cambiare la situazione non ne abbiamo viste. In 7 anni. E tranne che in pochissimi casi non abbiamo visto presidenti di club sbattere i pugni sul tavolo. Quindi responsabilità della FIR, certo, ma non solo.
Le celtiche? Si va dalla gestione delle Zebre che non ha bisogno di commenti, all’annuncio della necessità di avere tecnici italiani a guidarle così come per lo staff tecnico della nazionale maggiore. Quale sia la situazione attuale (e le carte di identità degli allenatori delle squadre menzionate) la conosciamo tutti.

I tecnici cambiano, i giocatori passano ma i risultati del campo sono sempre gli stessi, al pari di alcuni dirigenti-chiave. E allora qualche domanda bisognerebbe farsela. E sperare che davvero venga lasciata carta bianca a Conor O’Shea e alle persone di cui si è circondato, anche se dopo tanti anni viene naturale chiedersi perché stavolta dovrebbe essere diverso: perché è vero che l’arrivo dell’irlandese, di Catt, Venter e Aboud sono di primissimo livello ma sono anche in controtendenza rispetto alla policy federale perseguita fino a qualche mese fa. Vedremo, attendiamo speranzosi.
Il ct anche nell’immediato dopo Italia-Irlanda ha ribadito pubblicamente che le cose da cambiare nel rugby italiano sono tante, i prossimi mesi in questo senso saranno decisivi, vedremo quali novità verranno approntate in vista della prossima stagione. Anche perché il tecnico di Limerick non è venuto a svernare alle nostre latitudini, non è nella fase conclusiva della sua carriera. Se devo scommettere i miei proverbiali due cent direi che a farsi rosolare a fuoco lento non ci sta proprio.
E’ una occasione da non buttare via: la Scozia non l’ha fatto e guardate nel giro di 3-4 anni dove è arrivata. Il primo passo è avere idee chiare e convinzione: O’Shea le ha, il “lasciatelo lavorare” è d’obbligo. Se poi otterrà l’introduzione di modifiche che vengono sostenute da anni avremo la prova del nove che abbiamo buttato via del tempo, ma meglio tardi che mai. O no?

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81 pensieri su “In avanti popolo! – Il vero gap dell’Italia? Quello dirigenziale”

  1. Bravo Paolo, riportare le dichiarazioni di quel pelandrone di Dondi rilasciate 9 anni fa è importante e dovrebbero essere comunicate anche alla stampa britannica. Dichiarazioni di un politico incapace che ha sperperato i soldi in progetti senza senso che hanno generato l’esatto opposto di quanto affermato.

  2. Elencare quale sia la minore o maggiore carenza nello sviluppo o mancato sviluppo di uno sport credo necessiterebbe un approfondimento maggiore rispetto ad una paginetta. Come pure bizzarra è la chiusa “…Se poi otterrà l’introduzione di modifiche che vengono sostenute da anni avremo la prova del nove che abbiamo buttato via del tempo, ma meglio tardi che mai…” mi piacerebbe conoscere in quali biblioteche è rintracciabile il tomo contenente le “modifiche che vengono sostenute da anni”. Modifiche sostenute da chi, come, dove e quando.
    Dal mio punto di vista la grande differenza tra l’Italia e le altre Tier 1 è la disponibilità di talenti, quella che in altri termini viene chiamata profondità. Ma credo di scoprire l’acqua calda.
    Il tema è come migliorare il reclutamento che determini l’avvicinamento al rugby di ragazzi con più talento atletico.
    COS e Aboud potranno migliorare l’esistente ed sono convinto che riusciranno a farlo semplicemente perchè hanno le competenze per farlo. Ma l’aumento della capillarità e del presidio territoriale non dipende dal loro lavoro.

    1. amen, ogni opinione è lecita se espressa con civiltà
      ps: hai mai pensato di insinuare il germe del dubbio nelle tue Verità scolpite nella pietra? basterebbe usare il condizionale una volta ogni tanto

      1. Congiuntivo e condizionale appartengono alle persone intelligenti, che coltivano il dubbio, prima di tutto verso sé stessi e i propri dogmi incrollabili.

      2. Bearsi del piacere ” io però l’avevo detto ( ammesso e non concesso di averlo fatto)” è uno degli altri grandi limiti, caro Grillotalpa , della società italiana oltre a quelli che tu enumeri, come il ritenere il fatto che “siccome io sono contro” ho ragione. Purtroppo non è così.

    2. La mancanza di talenti non è solo un problema di reclutamento, anche di dispersione di quelli che hai. E qui di responsabilità ce ne sono state eccome da parte della dirigenza FIR. Per esempio dopo la under 18 il percorso di crescita degli atleti è troppo selettivo….

      1. Pelle, da ex giocatore sono completamente d’accordo.
        Il problema più grosso che ho riscontrato durante il periodo in cui ho giocato è stato come sono stati gestiti (e bruciati) giocatori della mia età (sono classe 1992) in quelle che erano le selezioni. Ai tempi, non so se c’è ancora, c’era il “Progetto Altezza”, una delle più grande cappelle (sì può dire cappelle?) fatte dalla CIV-FIR. Giocatori secondo me fortissimi, scartati perché non rientravano in certi parametri fisici.
        E secondo me adesso ne stiamo pagando le conseguenze. Non ho i dati sotto mano, ma quanti classe 91, 92, 93, 94 sono convocati nell’attuale raduno della Nazionale Italiana per il 6N? Quanti, della mia stessa età sono i convocati con le altre nazionali?

        Tralasciando poi il buco imbarazzante post U18…

      2. Non so se ci sia ancora un vero e proprio progetto “altezza” o “fisicità”, di fatto si continuano a preferire queste caratteristiche fin dalle selezioni under 14….

    3. E io, invece, sono convinto che con i giocatori che abbiamo ora, e con un’organizzazione e programmazione diversa del movimento, ora potremmo essere 6/7 posizioni del ranking sopra l’attuale. La testa ci vuole in campo e fuori dal campo…

  3. ricordando l’intervista post irlanda di Favaro, dove dice che hanno deciso di cambiare il rugby in Italia e si passa anche da queste sconfitte…
    come se fosse Favaro a dover cambiare il rugby in Italia… lui giocatore che per esprimersi al meglio è dovuto andare all’estero e non i dirigenti verso cui si punta giustamente il dito
    tutti i dirigenti, dal presidente federale all’accompagnatore dei pulcini
    o si rema tutti nella stessa direzione o si andrà avanti a spizzichi e bocconi un pò di qua e un pò di là e al 2024 vedrai che il 6 nazioni se lo fanno con la Germania

  4. Paolo io concordo al 100% sul discorso di lasciar lavorare chi e’ arrivato, e soprattutto risottolinea che si dovrebbe analizzare senza preconcetti perche’ son stati firmati da Gavazzi perche’ nessuno mi toglie dalla testa che se queste persone fossero state ipoteticamente portate da un Innocenti vincitore delle elezioni molte critiche/dubbi scomparirebbero, Innocenti sarebbe portato in processione come salvatore della Patria Rugbystica il tutto condito da spernacchiamenti vari per Gavazzi.

    Detto questo, pero’ tu sottolinei una cosa, l’ineguatezza dell classe dirigente rugbystica a tutti i livelli, non solo “macro-federale” ma anche “micro-di club” e qui forse ho frainteso il tuo discorso oppure ho perso io il passo logico ma ti domando: come puo’ il seppur ottimo COS (penso che Venter e Catt da questo punto di vista c’entrino meno) come DoR creare una classe dirigente rugbystica, se questo e’ il vero problema?

    COS puo’, anzi vista la posizione ricoperta dovrebbe, senza dubbio cercare di far rendere al meglio il materiale a disposizione nel breve-medio termine e rielaborare la struttura dell’alto livello del rugby italiano affiche’ sia piu’ razionale, logica e possibilmente performante, ma non credo che possa (e non credo sia tra i suoi compiti) anche farsi carico della formazione di una classe dirigente-manageriale per il rugby…e se questo e’ il vero problema che affligge il rugby Italiano come lo si puo’ risolvere?

    1. Voglio risponderti qua relativamente al post di ieri e dei meriti nella scelta di COS. Ti do ragione che i meriti vanno riconosciuti e tutto quello che dici, però il punto che voglio sottolineare io è nel fatto che un presidente di una federazione di tier 1 non può esimersi dal nominare un tecnico di altrettanto livello, considerato che poi in casa non hai termini di paragone, per cui qualsiasi persona tu avresti nominato, sarebbe stata sempre un ottima scelta. Di pari passo quindi devi fare i complimenti a Treviso per la scelta di Crowley, ma allo stesso tempo poi non capisci il perchè della nomina di Guidi all altra franchigia, aldilà della fine che ha fatto Guidi e dei suoi limiti caratteriali, come riportano in molti, limiti sempre più spigolosi quando poi le cose non vanno nel verso giusto, magari a Calvisano quando si vinceva sempre certi atteggiamenti diventavano sopportabili…
      Quanto all articolo di Paolo, io sarò sempre una voce fuori dal coro e parecchio criticabile, ma se nel quadriennio scorso o in questo, invece della nomina di un super staff, si fossero nominati tanti colonnelli per quante sono le accademie disseminate in tutta Italia, forse avrei avuto il sentore del cambio di passo, così come sono da sempre un sostenitore delle nomine di dirigenti esterni per gestire la baracca.
      Lasciare stare il discorso micro-club, che nel mio piccolo vivo e che meriterebbe dei tomi a parte per la complessità.
      Quest anno penso la boiata più grande sia stata quello di aver tolto la Celtic a TRC, scelta miope, magari a breve termine eurosport avrà dato un pò di cash per risanare una voce di bilancio, ma in termini di spettatori penso sia un declino totale…vorrei veramente sapere i dati televisivi, se siamo vicini al migliaio sarebbe già tanta roba…avrei lasciato il servizio a TRC per poi magari metterlo a pagamento il prossimo anno, sapendo che in cambio avrei ottenuto un servizio competente e completo.

      1. 1 – Il tecnico di primo livello lo devi anche convincere Ian, e non e’ detto che l’Italia fosse ancora cosi’ attraente come si pensa, una panchina su cui si son scottati CT da un bel po’, senza piu’ quel “ok diamo lorotempo” di 10 o anche 5 anni fa…e sta tranquillo che COS il fatto che all’estero l’aspettare l’ITalia ha stufato lo sa bene. E guarda che Conor e’ uno che nel 2013 si tiro’ subito fuori dalla cora alla panchina Irlandese…dove qualche chance l’aveva anche.

        2 – c’e’ persona e persona: qui hai portato uno che al di la’ dell’esperienza di club di alto livello, ha esperienza di strutture che stanno sotto all’alto livello, come ti ho detto ieri la sua esperienza con le Accademie RFU e’ (neanche tanto paradossalmente) molto piu’ importante per l’ITalia di quella a capo dei Quins…detto in soldoni magari potevi anche trovare un CT con un curriculum da allenatore piu’ di spessore, magari con qualche esperienza di rugby internazionale (inteso come Nazionali) in piu’, ma che magari non aveva l’esperienza ed il vissuto di dirigere un sistema di Accademie federale come invece Conor ha.

        Per me i disxorsi “non fosse arrivato lui sarebbe arrivato un altro” o “anche gli altri avrebbero firmato un grosso nome” non essendo verificabili stanno a zero, e son frutto di posizione contro a priori molto dogmatica…essere voce fuori coro per principio senza ragionarci fara’ figo ma non e’ proprio il massimo.

    2. Stefo c’è però un distinguo da fare tra Gavazzi e Innocenti (posto che non sto prendendo le parti di nessuno, lungi da me che non mi convince nessuno dei due), Alfredo prima di questi 4 anni ne ha avuti altri 4. E se il CT e compagnia non li ha scelti lui (come ci ha più volte ricordato) non mi par che abbia fatto altri significativi passi in avanti per una gestione più chiara, organica e programmatica rispetto al passato.
      Poi son d’accordo che ahilui sconta un’antipatia di fondo che però non nasce cosi dal nulla, ma (almeno) proprio da 4 anni in cui si è fatto poco o nulla (compreso lasciare al proprio posto gente che aveva palesemente fallito). Posto che aver firmato i 4 moschettieri bisogna dargliene atto, è una delle cose migliori del nostro rugby dall’ingresso nel 6N

      1. Liuk, i passati 4 anni di Gavazzi son stati disastrosi…ha ereditato contratti, pagato debiti elettorali per altri come qualcuno dice non lo so…ha fatto errori? Personalmente penso di si ma ha anche avuto la capacita’ di ammetterlo, esempio lampante il discorso del CT e tecnici ITaliani come un “must”, e’ aprtito con quel piede, sbagliando ed ammettendolo di avers sbagliato e che i tecnici italiani pronti non ci sono…e si e’ comportato di conseguenza al riguardo.

      2. E io su questo Stefo sono d’accordo con te (punto di partenza ma sinceramente non mi basta, lo dico anche da parte di quello schifoso mondo business dove i dirigenti li fucilano a vista se sbagliano anche solo un’acca).
        Speriamo che CO’S & Co. siano davvero il primo segno/passo del rinnovamento/passo avanti/rivoluzione, ma sta di fatto che su tante, troppe cose, si ha ancora a che fare con un immobilismo totale (Paolo fa l’esempio dei permit players, e qui non so quanti debiti/promesse precedenti dovesse scontare) e una mancanza non solo di programmazione ma anche di presa di coscienza che molte cose così non vanno. Lecito aspettarsi di più da una federazione col secondo budget più alto dello sport italiano.
        (poi ci tengo a precisare come una mancanza di professionalità la si sconti anche a livello locale/di club, non è tutto Federazione il marcio. Le Zebre non le nomino nemmeno a tale proposito, ma son li a farcelo vedere)

      3. Liuk forse non ci capiamo, io non penso che tutto si sia risolto e che non ci siano piu’ problemi, quello che dico e’ qualcosaltro…ha fatto qualcosa di buono? Si, ed allora lo si ammetta non si dia contro tanto perche’ si vuole essere contro di lui.

      4. No no Stefo, io ho capito benissimo, infatti non ti sto “dando contro”. E mi pare di aver ammesso che alcune cose sembrano portare ad un cambiamento di tendenza che serve come il pane.
        Permettimi di essere un po’ scettico sul resto, dicendo che serve fare di più e sperando che se ne siano resi conto anche in Federazione.
        (se noti non ne faccio un attacco personale a Gavazzi, che ci fosse stato un altro al posto suo a me cambiava zero, San Isidro compreso) 🙂

    1. Ok Paolo, pero’ lo stimolo non e’ una “scuola dirigenziale/maageriale”…insomma se il problema finale e’ la calsse dirigente come lo si risolve? PErche’ se per esempio COS ha successo penso che potrebbe volare ad altri lidi finito il suo contratto e che fai allora?

      1. per il problema “classe dirigente” ci vogliono anni e un cambio di mentalità generale: gente come COS può diventare un esempio concreto che hai al tuo fianco e non lontano geograficamente

      2. Concordo Paolo come detto nel primo post forse mi son perso io il filo logico nel tuo articolo

      3. non esiste una scuola per dirigenti, bisogna premiare chi lavora bene e porta risultati
        meritocrazia serve, bisogna vedere se c’è la volontà di applicarla nel club di provincia, nella dirigenza delle franchigie come nella sede federale e via discorrendo
        COS è un dirigente, perchè il DoR di allenatore ha ben poco, che può e deve essere di esempio perchè valido, vincente e preparato

      4. Che non eissta una scuola dirigenti dipende cosa intendi…intendi in ITalia non lo so, intendi a livello Mondiale altamente opinabile

      1. Ma lui lo fece quando lo elessero la prima volta nel 2012, e il nostro fu piuttosto “chiuso” nelle dichiarazioni…

  5. Io ho apprezzato molto questo articolo di Paolo, anche perchè sostiene ciò che anche io dico da anni, che è inutile dare la colpa solo a Dondi e Gavazzi, coloro che ne sono l’ alternativa, vorrebbero solamente essere lì, a gestire il “giochino”, al loro posto e stop!! Perché è tutto il movimento rugbystico italiano che legittima la famosa frase Mallettiana “Italiani no buoni pe’ Rugby!!!”; perchè, come ho scritto anche ieri, l’ avventura CL è stata intrapresa ma gestita malissimo, od addirittura non gestita; ciò che ha Dondi prima ed a Gavazzi io imputo maggiormente è il non aver saputo, o meglio voluto, imporre un allineamento verso un radicale cambiamento del movimento in funzione delle franchigie, perchè se è vero che la “democrazia” vorrebbe che le cose non fossero imposte, è anche vero che ognuno dovrebbe essere in grado di sostenersi economicamente da solo ed il movimento rugbystico italiano, grandi clubs in testa, è, quasi esclusivamente, dipendente economicamente dai ricavi che la Federazione ottiene con la Nazionale, quindi o tutti…inquadrati, allineati e coperti a marciare nella stessa direzione (al passo dell’ oca…alto, aggiungo io!!), oppure da domani non prendi più un centesimo federale. dai nostri competitors celtici ciò è stato fatto, Scozia in testa, eppure non sono paesi dove il sentimento democratico è alieno, tuttaltro!!!!

    1. Sono d’accordo da tempo con Hro: a differenza di altri sport in Italia, il Rugby è l’unico, o uno dei pochi, che vede una federazione molto più ricca dei club. Pertanto è fondamentale che sia questa a gestire l’alto livello (leggi le franchigie del Pro12). A questo proposito è fondamentale evitare l’Italica abitudine a procrastinare ciò che è più complicato fare (e di cui sono un grande rappresentante), e prendere quelle benedette misure per migliorare le cose come avere 2 (o una o tre) franchigie gestite direttamente dalla federazione e altrettante accademie legate alle suddette franchigie, tanto per fare un paio di esempi. Il tempo ormai sta scadendo…

  6. È’ dal profondo del millennio scorso che son convinto che il problema maggiore, in Italia, sia causato dalla inadeguatezza della classe digerente.
    Del resto, basta vedere quale è lo spessore dei nostri politici…
    Anche nella pallacanestro, ben più ramificata e “popolata” del mondo ovale, la maggior parte di presidenti e consiglieri delle società, del cosiddetto basket minore ( dalla B in giù ), e’ formato da genitori dei giocatori che, col tempo, come l’edera, non se ne staccano e considerano la società come un loro giocattolo.
    Trombagli la moglie, defloragli la figlia, inchiappettagli il cane e non ti dicono niente : togligli la società e si…suicidano !
    La prima e più pesante colpa che addebito a Fir ( e Fip etc. ) e’ il non aver mai creato una scuola, obbligatoria, per chi vuol intraprendere l’attività digerenziale.
    Esistono quelle a cui sono soggetti allenatori, fisioterapisti, procuratori and so on, manca quella più importante : quella di chi, un domani, dovrà dirigere, gestire ed interagire con tutte le altre.

    1. Diciamo che anche l’alta dirigenza Fip non è esente da critiche (oltre a quelle che specifichi tu). Basta vedere anche il “casino coppe” per club con un teatrino francamente stucchevole e molto poco professionale (una specie di “si fa così perchè lo dico io”).
      Comunque hai centrato il problema @gianni, avere l’esperienza di “campo” o aver fatto parte per anni del movimento non fa necessariamente di te un bravo dirigente, anzi.

    2. Sul fatto che la dirigenza della stragrande maggioranza delle realtà dilettantistiche sia formata da genitori di atleti che si sono trovati, più o meno consapevoli, più o meno d’accordo, più o meno competenti (vedi il mio caso, dove il pallone era rotondo, e il vaffa all’arbitro era d’obbligo) è un dato inconfutabile. Se a questi volontari/volonterosi venisse fatto obbligo di frequentare una scuola di formazione, presumo che il castello di carte del volontariato crollerebbe in un baleno. L’Italia, “per fortuna o purtroppo” (cit,) è un paese fondato sul lavoro agggratis di uno stuolo interminabile di persone che regge con le proprie passioni, tutto un sistema di magna magna che parte dallo sport, alla sanità, ecc. ecc.
      E te lo dico per esperienza personale, in cui ho passato anni in oratorio, in viaggi umanitari all’estero, in ambulanza, a donare il sangue, a fare sindacato, a seguire passioni sportive trascinando figli e mogli, ecc ecc.

  7. La prendo larga e mi rifaccio a quando e perché CO’S sia arrivato ai Quins. Non mi dilungo, ma il rugby inglese (qualcuno si ricorda di Bath?)era ben dentro la fossa Imhoff, minato alla base della propria credibilità e dignità oltre che dalla miseria dei risultati sportivi. Quel che ha fatto al club si sa, ma è il rugby inglese che ha raso al suolo dalle fondamenta al parafulmine l’intera baracca, ed è ripartito fino ad arrivare dove è ora. Ecco, anche a proposito di Lancaster. La capacità di guardare in faccia la realtà (senza alibi e/o omissioni) e di non guardare in faccia nessuno (senza cristiana empatia e senza riserve indiane) è la condizione sine qua non per mettere mano a un sistema fallimentare che si è fondato e mantenuto sul consociativismo e il gioco delle parti, alimentato da risorse enormi per la reale capacità produttiva del sistema e da quella del tutto indipendenti. Un Piano Marshall più che ventennale nel quale la farina e la carne in scatola sono servite a allargare a dismisura la corte da ingozzare e non sono mai arrivate al sistema produttivo e ai produttori. Ce la può fare CO’S? Non so, ma la condizione necessaria (non sufficiente) è che abbia realmente carta bianca come l’ha avuta ai Quins. Quella sufficiente (forse) è che la maggioranza (almeno) del rugby italiano accetti il cambiamento, il commissariamento, la fine del sistema della carità e delle indulgenze, o quanto meno non si opponga o tiri il freno nel buio delle gallerie. E’ un sistema democratico, per quanto molto simile alle ex democràzie (gerontoburocràzie), e senza un consenso maggioritario (meglio, nel nostro caso, con un dissenso minoritario) si fanno conferenze (applaudite da tutti) e non i fatti. A Gavazzi va il merito per nulla banale di aver firmato il meglio che ci potesse essere in circolazione per la nostra situazione, spero gli vada il merito storico di dargli carta bianca e sostenerlo costi quel che costi (e qui ho enormi dubbi). Il resto: mancia, e si vedrà.

      1. Fiumi,
        in un certo senso ti ha già risposto, molto bene, Mal.
        Il focus del problema sta tutto lì, nel convincimento/dubbio che tu hai esternato : “…se ai volontari venisse fatto obbligo…crollerebbe tutto…”
        Ben venga questo…fuggi fuggi.
        Fuori dal tempio, questi ” mercanti “.
        A parte che mi riferivo ai vertici societari, non ai “prestatori d’opera volontari”, ma o usciamo da questa mentecatta mentalità, o resteremo sempre ancorati, tra le altre cosce, al clientelismo, agli umma umma.
        Vogliamo un “mondo ovale” professionistico ?
        Eh beh, se per primi, i presidenti, non sono almeno culturalmente/tecnicamente professionali nel gestire una società…
        Poi, non vedo che problemi ci siano a frequentare tali corsi.
        Itineranti, periodici, scadenzati.
        Possono solo migliorare ed accrescere qualitativamente i partecipanti.
        ( Ovvio che i relatori devono essere di qualità…😎 ).

      2. @Gianni: Ho la capacità di incartare il discorso scritto senza fare capire il mio pensiero.
        Sono d’accordo al 100% con la preparazione teorica, di qualsiasi tipo di volontariato.
        Scremerebbe i volonterosi dai volontari, aggiungendo capacità e un minimo di preparazione.
        Spero che il posto finisca nel posto giusto.

    1. Al giorno d oggi purtroppo se le società vogliono svoltare devono cacciare il grano, non importa quanto, ma ognuno che lavora nel club e per il club deve essere retribuito. va bene anche il rimborso benzina, perchè il volontariato alla fine stanca, c’è poco da fare. Stare dietro un club diventa un attività secondaria che occupa la maggior parte del tempo libero, e la remunerazione oltre a dare una soddisfazione al “volontario”, al tempo stesso è un incremento a fare e dare di più.

      1. Ian, c’è una questione gigantesca (per il nostro mondo di puffi) di ridistribuzione e finalizzazione dei soldi federali, che da soli sono quanto e molto più dei soldi privati: al momento e pure per un periodo x, ma che di sicuro non è dopodomani. Indipendentemente da Celtic o no, o cambi la filiera dal reclutamento e formazione (che non c’è), o ciccia. E per cambiarla l’unica leva è la distribuzione dei quattrini: o li metti in maggioranza schiacciante sul così detto attuale alto livello (accademie di condominio ovviamente incluse), o li metti sulla base (che non è l’Eccellenza, e neanche la A, e in generale neanche i seniores ma neanche il minirugby). La base sono gli over 14 fino agli under 20, i loro campionati, i loro formatori. I Club vanno pagati come escort (ho cancellato puttane, così è bsx) d’alto bordo, ma devono essere oggettivamente escort super, rimorchiare interi plessi scolastici, stracciare la concorrenza, bloccare il traffico per la fila davanti all’uscio. In pratica, e non in teoria. E con i soldi devono dotarsi di strutture da Club Mediterranee, prendersi gli istruttori più fichi del creato, rendere imperdibili le loro cravatte e permettersi di alzare educatamente il sopracciglio se si parla di altri sport quanto a valori messi in pratica, consenso e prestigio sociale. Chi sta dietro, si metta a correre: farà comunque meglio che a star fermo. La Federazione non può produrre, deve investire, dirigere e raccogliere. O’S è abbastanza colto per essere pragmatico e conosce bene genesi, storia ed esiti delle accademie federali inglesi. Abbastanza per non essere italiano e pensare che la storia ha torto: se ha smentito la sua di lui propria genialità la colpa è del destino cinico e baro, e rosicare e far danni di conseguenza. Avere saldo il comando non vuol dire nazionalizzare le lavanderie ma decidere quando e come vadano lavati gli asciugamani, e scegliere le lavanderie (non le lavandaie o i caporali) in base a quanto costi e a quanto e come siano puliti. Darwin, o dell’evoluzione della specie.

      2. Pienamente daccordo ma bisogna investire anche sul minirugby almeno per sopperire alla mancanza di educazione motoria che in altri paesi è fornita dalla scuola che in italia non ha nessuna cultura sportiva, neanche le superiori.

  8. Io faccio un ragionamento semplice che ho già riportato più volte:
    se il problema non è la classe dirigenziale che ha guidato il movimento, chi è che ha la responsabilità dei problemi odierni?
    Dove penso siamo concordi tutti quanti è che serve tabula quasi rasa dell’intero sistema e tanta pazienza per permettere a O’Shea o chi per lui di poter rifondare il Rugby Italiano dalla base per renderlo competitivo.
    Poi, ribadisco, chi non vuole dare carta bianca all’Irlandese su che criteri lo fa?
    Io penso che Gavazzi, da quando è su, non abbia avuto problemi a dire “questo non l’ho scelto io (Brunel) e non ne rispondo” o a firmare il professionista secondo lui congeniale ai suoi desiderata. In quello sono fiducioso che il Presidente dia tutto l’appoggio, anche se credo che possa non essere abbastanza dato che siamo in Italia..

  9. Penso che dopo 7 anni di Pro12 si possa trarre una conclusione minima: il sistema italiano, così com’è, non è in grado di produrre squadre competitive. Bisognerebbe cambiare. Ma c’è la volontà politica?
    Punto due: siamo sicuri che il Pro12 sia la strada maestra per il miglioramento complessivo del movimento? Se sì,si agisca di conseguenza. Se no, si lasci perdere, si risparmi un botto di milioni e si investano i soldi in diversa maniera.
    Ci sono un paio di questioni indifferibili, se si perderà un’altra stagione, il gap resterà quello, o aumenterà. Anche perché gli altri non stanno lì ad aspettare i nostri comodi.
    PS (Ovviamente COS è tecnico ottimo, ma non ha la bacchetta magica)
    PS2 (Non è che Mallett e Brunel fossero due pisquani presi per strada)

    1. Ciao fratello Rabbi ! 💪
      Mallet e Brunel erano da soli, ora c’è un poker.
      Ehi, ti ringrazio : ero arrivato a…86 anni e non avevo mai sentito il termine – pisquano -.
      Minchia, e’ proprio vero che ogni giorno s’impara qualche coscia !!
      👏👏

    2. Se non è il PRO 12 la strada giusta, secondo te quale potrebbe essere? Investire forte in un campionato nazionale portando campioni affermati e tecnici preparati che aiutino a migliorare il livello dei nostri giovani?

      1. Al di là di quello che penso io, che conta pochino, andrebbe fatta una valutazione approfondita, dopodiché agire di conseguenza.

    3. Il dato di 7 anni di Pro12 è lì da vedere. E’ vero. Però… ci sono alternative? Un campionato nazionale? Non che io sia contrario a priori ma… l’Eccellenza può pensare di competere con Premiership, Celtic League e Top14? Perché la realtà è questa, siamo liberi di farci il nostro campionato, ma il livello (non solo dei dirigenti) è lì da vedere; giusto per dare un occhio ai numeri, basta vedere i risultati dei nostri club in Challenge Cup (siano stati 4, 2 o 1). E pensiamo di trovare ricchi sponsor per un torneo nazionale modello campionato tradizionale? E senza tanti soldi, che stranieri arriveranno a giocare in Italia? E ci sarebbero i soldi per trattenere quei giocatori italiani che emergessero (in fin dei conti il campionato georgiano non vale una lippa, eppure la nazionale ha il suo perché – infatti giocano tutti in Francia)? E, risultato finale, la nazionale autarchica che verrebbe ad essere figlia del campionato, siamo sicuri che diventi automaticamente competitiva? Mi si potrà rispondere: “investendo parte dei soldi…” ma allora torniamo al soggetto dell’odierna conversazione: la partecipazione alla Celtic League non è sbagliata in se, ma è stata sbagliata la strutturazione della partecipazione italiana alla competizione. Io non credo proprio che il ritorno all’autarchia sia una vera soluzione.
      (In Galles, dove di tradizione ne hanno più che da noi [mi pare], i club fecero le barricate per far deragliare il progetto e il risultato è stato frutto di compromessi. A ben vedere, i risultati delle 4 franchigie gallesi non sono stati esaltanti come avrebbero potuto sperare; però la nazionale… Certo, continuano ad avere il loro campionato, proprio come noi adesso.)

      1. In Galles hanno un campionato, come in Irlanda e in Scozia, ma non mi risulta che i club afferenti siano slegati dalle franchigie. E non si sognano nemmeno di mandare i club nelle coppe e nei tornei di qualificazione.
        Se non si vuole tornare all’autarchia bisogna cambiare un bel po’ di cose, ma i club di Eccellenza saranno d’accordo? Tutto da vedere.

    1. Sai com’è, io tengo al Munster e un’ideina del nostro disastro recente ce l’ho. Colpa evidentemente e principalmente nostra, ovvio: però dal 2014 ho il mio personale Thanksgiving Day il primo di giugno. E dio, se c’è, ricompensi Axel per come abbia tenuto insieme i cocci e il rugby a Munster.

  10. Nel frattempo segnalo sulla Tribuna di Treviso e sul suo profilo FB sfogo del grande Rino Francescato : “Per questa Italia qualcuno farebbe bene a vergognarsi”.

    1. Mi permetto di completare, Ermy:
      «Io mi sono vergognato. Ma voi, Federazione e tecnici federali professionisti, vi siete vergognati almeno un pochino?»

  11. quando c’e’ tanta carne sul fuoco di solito si brucia tutta….
    e in italia la puzza di bruciato e’ sempre presente.
    il ritornello cambiare tutto x non cambiare niente e’ il motto di noi italiani.
    COS sveglia quando inizi il ripulisti?

  12. Per chi ha i capelli bianchi come me, per chi può comprendere, quindi, che non si tratta di affermazioni settarie:
    – un tempo i Dirigenti, soggetti mediamente in vista nella vita reale, davano lustro (e soldi) al Club;
    – oggi i Dirigenti cercano visibilità (e riscatto dalla vita reale) attraverso il Club.

      1. Sì, sì, e pure tanti ma i miei coetanei, quelli che nel frattempo li hanno persi, mi dicono che è prova della mia scarsa mascolinità. A loro dire ho in corpo solo tre o quattro Testosteroni grandi al massimo come un vermino delle ciliegie mentre nel loro sangue ne girano migliaia della dimensione di un Pitone.
        Me ne son fatto una ragione.

      2. Lassù in un ripostiglio polveroso,
        tra mille cose che non servon più,
        ho visto un poco logoro e deluso
        un caro amico della gioventù.
        Grato un ricordo,
        per quanto ammosciato,
        mi fè ai bei tempi andati ritornar.
        Testosterone a rimembrar.

        Testosterone
        quanto tempo è passato,
        quante illusioni
        fai rivivere tu,
        quante passioni
        benedetto hai creato,
        che non scordo più.

  13. A me pare che cinque o sei anni fa si era davvero vicini alla svolta . Era la coda lunga del lavoro del tanto bistrattato Nick Mallett (che intanto aveva insegnato alla nostra nazionale a difendere, concetto dimenticato a metà gestione Brunel).
    La base cresceva davvero, il numero di equiparati diminuiva (una piccola nota positiva: oggi la nazionale è quasi largamente home made, non dimentichiamo che la scozia vincente di oggi ha più di metà squadra non scozzese), Treviso puntava più o meno velatamente ai play off in Pro12 dopo un brillante settimo posto, gli Aironi battevano Munster (MUNSTER!), l’Italia perdeva 17-11 a Twickenham con l’ovale buttato via all’ultimo minuto, la Francia battuta due volte di fila in casa, con l’Irlanda si perdeva 11-13 per un drop maledetto di O’Gara, ma poi si è vinto all’Olimpico, le partite con la scozia giocate con la sensazione di essere spesso superiori.
    Semplicemente, si è buttato via il patrimonio costruito. Giocatori fuggiti o ricattati per restare, staff di dilettanti messi insieme in due mesi per fare una squadra odiata da tutti -mi ricordo i commenti feroci rivolti alle zebre in tutti i blog di rugby nel 2013!-, uno dei pochi conoscitori profondi della palla ovale in Italia cacciato in malo modo da Treviso. E quando butti via un patrimonio, per ricostruirlo ti servono almeno gli stessi anni che ti sono serviti per costruirlo la prima volta.

  14. Abbiate fiducia, fonti ben informate mi riferiscono che presto aprirà un nuovo spazio di libertà, dove finalmente si potrà discutere di rugby con intelligenza e disincanto, meglio se lontano dalla frangia rumorosa. Non come qui, insomma…

    Questo il format.

    IL CAGACAZZI. Perché io sono io, e voi evidentemente no.

    Rubriche:
    “Ipse dixit”, i segreti del mondo ovale spiegati a voi fessi che non capite un cazzo. Non che la cosa potrà mai giovarvi.
    “Il controcanto”: collezione di tutti gli interventi (primo, massimo terzo post) con cui AdG ti rovina il piacere di leggere il post del GT al mattino (tipo il maledetto storno che mi caga sistematicamente sulla macchina appena lavata). Attendesse almeno mezzogiorno prima di postare.
    “La Corte dei miracoli”, ovvero quanto di buono potranno fare ancora per noi tutte le persone per bene che ci sono in federazione e che da anni lavorano solo per il bene del nostro rugby.
    “I quattro cavalieri dell’apocalisse”: quanto bravo è stato il nostro presidente a mettere sotto contratto i Quattro. Quanto di buono potranno fare per noi sotto la Sua illuminata guida.
    “Damnatio Venetiae”: il Veneto è il motore del rugby italiano, se il rugby italiano va male è tutta colpa dei veneti. Quel poco di buono che c’è è in provincia di Brescia, ma non a Brescia.
    “Calvisano caput mundi”, tutto quello che c’è da scoprire di Città del Capo, prossima sede di World Rugby.
    “Lui è peggio di me”: vediamo il bicchiere mezzo pieno!
    “Le parole che non hai mai detto”, simpatica rubrica in cui si rinfacceranno ai commentatori giudizi ed opinioni precedentemente mai espresse.

    Si dice che le rubriche tecniche saranno affidate alle basette di Paul Griffen.

    🙂 😉

    1. Ristorante convenzionato con gli utenti del nuovo format: ristorante “Il Gambero” di Calvisano downtown. Fattura e bonifico a saldo, a carico di @gianni berton. Adesso ci metto una faccetta.

      1. Menu consigliato su Tripadvisor:
        – Penne all’Arrabbiata;
        – Spaghetti alla Puttanesca;
        – Bastardo del Grappa (non è un epiteto contro i bassanesi ma un Formaggio Tipico della pedemontana)
        – Palle del Nonno (non un’esclamazione di sfinimento ma un tipico salume di Norcia)

  15. Basandomi sull’articolo e su alcuni dei commenti, alcune osservazioni:
    1) avere dirigenti poco preparati ad affrontare gli impegni richiesti, non ha impedito al nostro basket di ottenere importanti affermazioni, sia da parte dei club che della nazionale, nel corso degli anni 80. Lo stesso dicasi per la nostra pallavolo negli anni 90. Il rugby, subito dopo l’ingresso nel 6N, ha avuto un’occasione storica per sviluppare un’età dell’oro, che sarebbe stata favorita dalla crescita d’interesse e dagli introiti generati dalla partecipazione al prestigioso torneo. L’aumento dei tesserati, nonostante tutto, c’è stato, la capacità di prepararli adeguatamente no.
    2) dire che con altri dirigenti probabilmente poco o nulla sarebbe cambiato è un esercizio verbale fine a se stesso. La realtà è che alla guida della FIR, in quasi 20 anni, sono stati prima Dondi e poi Gavazzi. Loro hanno preso le decisioni, loro hanno lasciato che certi problemi si cronicizzassero, loro hanno reiterato nei posti di potere esecutivo la fiducia a personaggi che non hanno portato a casa i risultati attesi.
    3) non è del tutto esatto affermare che, per colpa dei club o delle rivalità di campanile, non son state prese decisioni: ingresso nella Celtic League, apertura delle Accademie e progetto statura son tutte risoluzioni prese dall’alto. Il problema è che spesso a queste decisioni non è seguito un piano d’azione mirato passo a passo che portasse a verificare, con cadenza temporale stretta, se si stavano ottenendo gli effetti sperati. La mentalità è stata quella di appiattirsi sulle decisioni adottate, come se il fatto stesso di averle varate avrebbe portato da sè gli effetti benefici, senza bisogno di aggiungere ulteriore impegno a “nutrire” (modificare, integrare, completare) tali progetti. Un esempio per tutti: a sette anni dall’ingresso nella CL stiamo ancora sentendo in giro tante chiacchiere sulle Academy delle franchigie senza che nulla di concreto sia stato fatto (a parte l’ibrido spurio dell’Accademia di Colorno, un nè carne nè pesce, peraltro messo in atto da appena un anno). Non credo dunque al “potere di ricatto” dei club nei confronti della federazione, sia perchè, quando ha voluto, il vertice federale le decisioni le ha prese senza temere eventuali scontri (caso Benetton, vicenda Villabassa), sia perchè, essendo economicamente dipendenti dai decisivi finanziamenti federali, i club sono e rimangono in posizione di subordine nei confronti della federazione. Vero è invece che i vari personaggi ai vertici federali si son dedicati con cura alla coltivazione dei consensi sul territorio: il ben noto meccanismo pernicioso che consente di mantenere incarichi di responsabilità in barba al merito.
    4) per minimizzare gli effetti dannosi del clientelismo in seno alle federazioni sportive, il CONI dovrebbe imporre dei paletti rigidissimi: ogni presidente di federazione NON può essere in carica per più di due mandati, anche non consecutivi; ogni consigliere federale eletto in ALMENO le ultime due legislature NON può candidarsi alla presidenza della federazione sportiva d’appartenenza, nella legislatura immediatamente successiva a quella che lo ha visto in carica; ogni presidente di comitato regionale NON può assumere l’incarico per più di due mandati, anche non consecutivi, nè nella propria nè in altre regioni. Inoltre, con riferimento al rugby, i progetti di sviluppo giovanile sui territori vengano sottoposti a rigidi protocolli d’approvazione che prevedano dei precisi obiettivi MINIMI da ottenere ogni due anni, senza il raggiungimento dei quali, il progetto non venga rifinanziato.
    Per il resto sottoscrivo senz’altro la proprosta di corsi di formazione obbligatori adeguati per dirigenti sportivi, che formino alle competenze richieste dal ruolo, a cominciare da una preparazione minima accettabile all’uso della lingua inglese, sia scritta che parlata, ancor’oggi troppo spesso una chimera tra le classi dirigenti italiche. Poi ovviamente, corsi di formazione alla gestione aziendale, gestione del personale, conoscenza dei regolamenti tecnici ed amministrativi italiani ed internazionali (così evitiamo che qualcuno si candidi alla presidenza FIR, senza sapere che ciò non è possibile se non si è tesserati…) e così via.

  16. Per quanti avranno la buona volontà di farlo consiglio di leggere l’articolo presente sul CdS relativamente ai risultati, nulli, della nazionale di sci ai mondiali. Parla un ticinese ex allenatore di Defago e Tina Maze entrambi ori olimpici. Sembra di vedere la situazione del management del rugby messo sugli sci. Probabilmente sarà lo stesso in molte altre federazioni, sicuramente nelle più ricche.
    Oramai è assodato in Italia il manager deve possedere tante qualità, l’unica non richiesta è la competenza, si va per titoli e nemmeno si controllano. Ma è titolo di merito essere stato AD di Alitalia? o delle FS? o di MPS? E’ un titolo sufficiente essere stato giocatore di rugby seppur a livello nazionale? Eppure si va avanti così. Non è un discorso che mi piace fare perchè sa molto di qualunquismo ma fatico a contraddirmi, mio malgrado.
    Riporto solo per curiosità una chiosa finale dell’intervistato:
    “A livello giovanile l’Italia è forte. Ma poi esaspera l’aspetto tecnico e perde di vista i dettagli, come la sensibilità della sciata. Rivedete la piramide e fate scelte conseguenti”.
    A chiusura si legge ancora:
    In realtà un allenatore svizzero in estate l’avevamo preso: Steve Locher. Esonerato dopo due mesi: “Era agli antipodi dai metodi italiani:usava altre parole e non è stato capito, forse per scarsa flessibilità”
    Ricorda qualcosa?

    1. È tutto il giorno che accendi fuochi, smettila. Silenzio! Dicendola a guisa della ex Jugoslavia. Ma se è la prima volta che scrivo, ti confondi con fracasso.

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