
A fine mese Alessandro Zanni compirà 33 anni. E’ al Benetton Treviso dal 2009 e forse mi sbaglio, ma si tratta del senatore italiano per quanto riguarda l’avventura celtica: presente e protagonista (64 partite finora giocate, 6 mete realizzate) sin dalla prima edizione dell’allora Celtic League.
Per riaprire in maniera ufficiale questo blog ho scelto di intervistarlo perché la presenza o meno delle squadre italiane nella Guinness Pro12 è determinante per l’intero movimento. Per motivi brutalmente economici, di struttura e di filiera: esserci o non esserci in quel torneo cambia profondamente la nostra natura, più di qualsiasi altra cosa.
Io sono un laico dubbioso sulla partecipazione di Benetton e Zebre o di qualunque altra nostra formazione al Pro12. Non sono mai stato un detrattore ma nemmeno un entusiasta. A rigor di logica quella di partecipare a un torneo con le più forti compagini scozzesi, gallesi e irlandesi non sembra avere grosse controindicazioni ma quello che è mancato dalle nostre parti (a mio personalissimo parere, s’intende) è stata una serie riflessione dopo 2/3 stagioni, un attento esame della situazione che poi non è stato fatto nemmeno negli anni a seguire: l’impressione è che chi avrebbe dovuto non si è fatto grandi domande e si è “accontentato” di rimanere dove si trovava. E forse nemmeno la stampa specializzata – sottoscritto compreso – lo ha spinto più di tanto. Perché quello celtico è un salotto indubbiamente importante, una specie di scala ridotta di quello del Sei Nazioni, ma forse forse…
Non ho certezze in merito, intendiamoci, ma qualche domanda forse andava messa sul tavolo. Tipo: cosa ci porta questo torneo? Cosa ci toglie? I tanti, tantissimi, soldi investiti hanno dato un ritorno adeguato sotto i più diversi aspetti? Siamo davvero sicuri che un campionato italiano di livello non possa dare risultati simili e magari nel tempo anche superiori? Che una Eccellenza con un livello di gioco come quello di un po’ di anni fa non porterebbe anche a una visibilità mediatica (e di conseguenza: maggiori sponsor) superiore a quella che finora ha dato il Pro12?
Domande a cui Alessandro Zanni può rispondere solo parzialmente, non è compito suo farlo, ma con lui ho provato a tracciare un bilancio di questa esperienza giunta ormai alla sua settima stagione. E il capitano del Benetton Treviso sembra avere idee molto chiare in merito.
Sei presente e protagonista dell’avventura celtica sin dall’inizio. Anzi, probabilmente sei il senatore italiano in quello che oggi è il Pro12. La domanda è secca: questa esperienza è servita e serve ancora?
Sì. E’ servita: ha senza dubbio migliorato diversi giocatori che magari in un campionato come quello che è oggi quello dell’Eccellenza avrebbero avuto una crescita molto più limitata. Il livello del Pro12 a livello tecnico e fisico è indubbiamente più alto. Se mi chiedi se in questi anni ho visto dei cambiamenti la risposta non può essere che sì, sicuramente. Certo non è facile perché come miglioriamo e cresciamo noi lo stesso fanno anche i nostri avversari che già partono da un livello più alto.
C’è qualche “però”?
Siamo cresciuti, ma forse non nel modo che magari ci si attendeva: probabilmente ci si aspettava che dopo tutti questi anni Benetton e Zebre potessero lottare per il vertice o comunque giocare per vincere più partite. Finora è successo solo una volta, ormai 4 anni fa, quando qui a Treviso abbiamo vinto 10 gare, ce la siamo giocata davvero con tutti ma rimanendo comunque lontano dalle parti alte della classifica.
Non mi nascondo, possiamo e dobbiamo fare meglio ma il Pro12 è indispensabile, ti confronti ogni settimana con le migliori realtà e i giocatori più forti di Irlanda, Scozia e Galles: alla fine per la crescita del movimento è veramente importante, nonostante le tante sconfitte.
Quando siamo entrati nell’allora Celtic League c’è stata una crescita fisica immediata e innegabile: prima le partite della nostra nazionale duravano 40/60 minuti, poi andavamo in apnea, questa cosa ce la siamo messa alle spalle nel giro di qualche mese. E’ però pur vero che dopo dei passi avanti anche sul fronte dei risultati nelle prime edizioni poi ci siamo fermati: Treviso nei primi anni non è mai arrivata ultima o penultima, dopo quel settimo posto però la storia è purtroppo cambiata. E va detto che il Benetton che è arrivato ad annusare, diciamo così, le posizioni di testa del Pro12 era “figlio” di quel campionato italiano di cui abbiamo parlato poco fa...
E’ vero, però è stato anche un momento in cui diversi aspetti positivi sono andati a sommarsi: un gruppo di giocatori importanti e di livello, un tecnico come Franco Smith capace di guidare e motivare quegli stessi atleti, ci siamo trovati a giocare nel contesto giusto. Quel gruppo era forte sotto tanti aspetti, un gruppo – è vero quello che dici – partito dal campionato italiano e giunto alla sua maturazione e in cui c’erano molti dei giocatori migliori del nostro movimento.
Non va nemmeno sottovalutato il fattore novità che c’è stato nelle prime edizioni che ha spinto un po’ tutto l’ambiente a una crescita importante. C’era l’entusiasmo di iniziare una nuova esperienza.
E’ però innegabile che questa crescita a un certo punto si è fermata. Anche a Treviso dopo quel settimo posto lo stesso ambiente ha perso serenità: prima la vicenda Franco smith, gli scontri con la federazione, l’addio di Vittorio Munari, quel 9 febbraio 2014 quando il club annunciava il suo addio alla Celtic poco dopo la fine di Francia-Italia del Sei Nazioni. Si è un po’ rotto tutto.
Quell’anno avevamo vinto 10 partite, non è stato certo un caso. Anche quando abbiamo perso spesso abbiamo giocato bene e questo si era riflesso sulle prestazioni della nazionale che ha giocato quello che è stato forse il suo miglior Sei Nazioni di sempre in termini di risultati e di qualità del gioco. Poi, sì, qualcosa si è rotto e il processo di rinnovamento è stato molto difficile, i risultati non sono più arrivati fino alla scorsa stagione con il nostro ultimo posto in Pro12.
Questo però non va a toccare quella che è l’importanza di avere due squadre italiane in quella competizione, nonostante tutte le difficoltà. In questi anni ho visto giovani giocatori maturare comunque più rapidamente rispetto a quello che succedeva prima: non succede sempre, ci sono fattori personali che incidono, ma tendenzialmente oggi crescono prima di quanto non sia capitato anche a me.
Si può dire che il gruppo di cui tu facevi parte e di cui abbiamo parlato prima era figlio di un campionato italiano di livello maggiore e che quindi ha potuto beneficiare al meglio del salto di qualità offerto della Celtic mentre oggi con una Eccellenza di livello più basso è tutto più complicato perché il gap tra le due competizioni è cresciuto rispetto al 2010?
Sì, direi proprio di sì. Passare dall’Eccellenza al Pro12 è davvero un passo lungo, è sicuramente più complesso che non averlo fatto dall’allora Top 10 italiana alla Celtic league. Va pure detto che i buget del nostro massimo campionato oggi non sono certo quelli su cui Calvisano o la stessa Treviso potevano contare qualche anno fa e che la qualità dei giocatori stranieri era più elevata: allora c’era gente come Alesana Tuilagi, Sireli Bobo, Brendan Williams…
Oggi il percorso dall’Eccellenza al Pro12 è generalmente più lungo, anche se c’è chi già alla sua prima stagione sembra soffrire meno. Qui a Treviso posso ad esempio farti il nome di Luca Sperandio, che deve ancora migliorare molto ma ci ha messo davvero poco ad adattarsi.
Torniamo a quel 9 febbraio 2014. Nel comunicato con cui il Benetton Treviso faceva sapere che non c’erano le condizioni per il rinnovo della partecipazione al Pro12 si parlava di mancanza di progettualità. Si può dire che ancora oggi quella è un po’ la vera tara di questa avventura? Ovvero che siamo in quel torneo non perché ci si creda davvero poi tanto ma perché alla fine – vista la situazione data – oggi sembra essere l’unica opzione. Non siamo per nulla convinti della cosa. Forse.
Bisogna avere pazienza. Lo so che è un ritornello che sentiamo dire spesso e da un po’ di anni, ma è così. Sicuramente avremmo potuto ambire a risultati migliori, questo è indubbio: le squadre italiane non sono finora mai riuscite ad essere completamente competitive, ovvero giocare con alto profilo per tutta la stagione e aspirare ai primi posti.
Però come ci siamo evoluti noi, anche se a piccoli passi, lo stesso hanno fatto anche le altre squadre che già erano più strutturate e attrezzate. Che avevano e hanno una tradizione che noi non abbiamo. Loro hanno una progettualità rodata, noi no.
Questo è indubbio. Spesso viene fatto l’esempio del Connacht come quello della “Cenerentola” che è diventata grande, che è vero ma si dimentica forse di sottolineare che la squadra di Galway è cresciuta in un ambiente che è più attrezzato e performante di quanto non sia il nostro, un ambiente che sa da tempo che cosa significa essere nell’alto livello…
Infatti. Non va dimenticato che quello è un ambiente che in generale conosce e respira il rugby, da noi non è così. E’ un incontro di vari fattori quello che ti porta ad avere risultati, gli aspetti sono davvero tanti: ci devono essere i giocatori, ci deve essere uno staff all’altezza, il management…
Io penso che siamo andando nella giusta direzione. Noi a Treviso abbiamo avuto difficoltà ma già quest’anno sotto l’aspetto tecnico siamo cresciuti molto, la società si è strutturata e si è articolata in maniera interessante. Abbiamo allenatori giovani ma con grandi competenze e un vissuto importante. Parlo di gente come Galon, Bortolami e Ongaro che sono comunque ai primi passi e anche loro come noi devono crescere. Serve tempo e pazienza, ma la strada è giusta. Poi è vero che i risultati latitano, questo oggi è innegabile.
Parlando di Treviso non si può sottolineare comunque la difficoltà di riprendere una corsa dopo quello che è successo due o tre anni fa. La nuova struttura tecnica necessita di tempo per ottenere risultati, lo stesso Pat Lam a Connacht ha raccolto i frutti alla sua terza stagione, non prima.
Sì, abbiamo cambiato sempre tanti giocatori. Tre anni fa abbiamo praticamente smobilitato, con i nostri atleti più importanti che sono andati all’estero, sono cambiati gli stranieri… Si è fatto un lavoro di prospettiva e oggi abbiamo qui un gruppo di ventenni che fanno ben sperare per il futuro. Bisogna lavorare su quello e farli crescere in maniera tale che possano arrivare a giocare per traguardi più importanti.
Quando parli off record con chi ha preso parte finora all’avventura celtica c’è un argomento che salta sempre fuori ma che non conquista mai le prime pagine dei giornali e dei media: parlo della logistica e delle trasferte. Cavinato, Casellato, Guidi, De Rossi, Munari… tutti dicono la stessa cosa: le trasferte per Zebre e Benetton sono lunghe, complicate e non consentono di allenarsi adeguatamente. Le conseguenze non possono poi non vedersi in campo
E’ vero. Sembra un dettaglio ma non è così. Le nostre trasferte, derby italiano a parte sono tutte con l’aereo, spesso con aeroporti o scali non vicini ai luoghi delle partite. Sono lunghe e faticose. Per le altre squadre non è così: Galles, Scozia e Irlanda sono comunque più vicine tra loro, i tempi di volo ridotti. Le regions irlandesi e gallesi possono contare su un buon numero di trasferte che affrontano in bus. Il più delle volte quando i nostri avversari vengono in Italia rimangono tutta la settimana per affrontare in una volta sola le nostre due squadre, a noi capita raramente. E se anche non succede loro hanno due trasferte lunghe, noi una decina. Le assorbono molto meglio di quanto non possiamo fare noi, i viaggi compromettono la preparazione, non possiamo allenarci adeguatamente. Da un punto di vista logistico è difficile, nonostante l’ampiezza delle rose.
C’è qualcosa che non ti piace nel Pro12 e che tu cambieresti?
Non esiste la formula magica, la struttura non la cambierei. Ci sono dettagli da sistemare o che sono migliorabili, come appunto quello delle trasferte, ma mi ripeto: la strada è quella giusta.
La nazionale: l’arrivo di O’Shea ha decisamente cambiato l’atmosfera ma questa volta non ci si può fermare a questo perché ad essere rivoluzionata è stata la struttura, oggi molto più simile a quella dei nostri avversari. Con Mallett e Brunel si era detto che si sarebbero occupati anche del coordinamento con le celtiche ma la cosa è rimasta sulla carta, oggi non è così: il ct azzurro e i suoi collaboratori sono in costante contatto con Benetton e Zebre e la sua presenza alla Ghirada non fa più notizia.
E’ cambiato molto, indubbio. C’è un’atmosfera di maggiore professionalità, di alto livello. O’Shea sa molto bene come deve essere costruita una squadra e uno staff per poter performare. Bisogna comunque avere pazienza perché è arrivato da meno di 8 mesi e ogni realtà ha le sue caratteristiche, l’Italia non è certo l’Inghilterra ma il ct lo sa benissimo. Dopo un buon tour estivo e la vittoria sul Sudafrica arriva un Sei Nazioni importante, sarà un bel banco di prova: ci sono tutte le prospettive perché l’Italia possa far bene. Le competenze per far crescere la nostra nazionale le abbiamo
Chiudiamo con le Zebre. A Treviso avete vissuto un momento molto difficile tre anni fa, i bianconeri oggi non sono certi del loro futuro. Le situazioni sono diverse – se Treviso avesse lasciato il Pro12 sarebbe comunque andata in Eccellenza, a Parma questa opzione non c’è e in più la struttura dirigenziale biancoverde è sicuramente più solida – ma cosa ti senti di consigliare ai tuoi colleghi e ai tuoi compagni di nazionale che vivono un momento così complicato?
Le situazioni sono diverse ma per un giocatore è comunque difficile giocare quando non sei sereno. Lo so che in questi momenti è più facile a dirsi che a farsi, ma il consiglio che mi sento di dare è di stare il più sereni e tranquilli possibile. Devono rimanere concentrati sul campo. E’ chiaro che quando tutte le condizioni non ti sono favorevoli è complicato riuscire ad essere performanti ma George Biagi è un ottimo capitano e sono sicuro che saprà tenere il gruppo compatto. Però so che la situazione non è per niente facile.
Primo !!!!!!!!
In c.lo alla balena !
Bravo P.W. , la persona, l’atleta è quello giusto per valutare questa situazione. Friulano cresciuto professionalmente a Calvisano e ora Capitano di Treviso. Prima che si scatenino i ridisegnatori dei campionati , come se da quello derivasse la produzione di atleti di vertice, per stare in Pro12 con qualche costrutto ( leggi qualche vittoria in più) sono necessari stabilità, tranquillità e capacità di lavorare per le due formazioni. Benetton sembrerebbe sulla buona strada, staff abbastanza completo e capo allenatore d’esperienza, ciò che manca è un programma quadriennale, che la vicenda Dogi di questi giorni certo non aiuterà.
Zebre invece all’anno zero. Di nuovo.
Paolo, una domanda sul suo stato fisico e la sua condizione? Tornerà mai Robocop-Zanni, o quei tempi sono ormai andati?
Il laicismo di cui parla Paolo nella sua introduzione e’ quello che secondo me e’ sempre mancato e che ha protato a mai fare quell’analisi costi-benefici di cui sempre Paolo scrive…e quando se ne scrive solitamente la risposta dei “celtic o la morte” e’ di disegnare scenari apocalittici quasi epr me abbiano paura di un’analisi dfi questo tipo e quindi estremizzino e buttino in vacca il discorso per non affrontarlo.
Io come Paolo son sempre stato laico-dubbioso, col passare delgi anni e l’aumento del costo sempre piu’ convinto che sarebbe meglio pensare a qualcosa di diverso.
Siamoc osi’ convinti della crescita? Detto 1000 volte io vedo un lviello medio dei giocatori forse migliore ma le eccellenze che si formavano nel vecchio campioanto italiano che venivano protate ad un livello piu’ alto emigrtando non el vedo. Non sono neanche cosi’ sicuro del discorso tenuta fisica e mi pare che il sottolineare il problema del fitness come fatto da COS sottolinei che questa grande crescita fisica nel reggere certi ritmi ad oggi non sia stata cosi’ enorme.
Io lo scrissi due anni fa, con la scelta Argentina di non chiamare nei Pumas chi gioca fuori dal SR si era aperto un buco nel emrcato europeo enorme, la Georgia (e spero che non arrivino i soliti commentini battutina del cazzo sulla Georgia ma come invitai dfa Paolo si eviti di provocarsi solo per ilg usto di farlo) ha 47 giocatori al momento tra CL, T14, Premier e D2 , per la precisione 22 in D2 il resto negli altri campionati. 30 giocatori son nati dal ‘90 in poi…farebbe tanto schifo avere una 50na di giocatori in giro nei campioanti europei maggiori di cui la meta’ dai 26 in giu’ ai tifosi italiani? Sarebbero tali tifosi tanto convinti che il livello cosi’ non sarebbe quantomeno lo stesso se non migliore visto che poi per vedere i giocatori fare una crescita ulteriore lo fanno andando in posti come Glasgow, Exeter ecc?
Il rugby rispetto a 10-15 anni fa e’ cambiato, 15 annif a le rose anche in Francia, Inghilterra o Celtiche non erano cosi’ profonde come qualita’ non c’era questa necessita’ di oggi di avere 30 giocatori di altissimo-alto livello per competere, 10-15 anni fa rose come quelle dei Saracens o Toulon di anni fa non esistevano, oggi per comeptere nell’alto livello le grosse squadre non possono invrestire in 10 giovani da far crescere negli anni, devono aver profondita’ di alto livello subito e vanno a comprare fuori…non concordate? Mah non e’ solo una mia idea ma anche di Noves come la espresse 3-4 anni fa alla guida del Toulouse! La stranierizzazione delle squadre nasce da questa necessita’.
Ora, mettete da parte il discoro del “preferisco andare allo stadio a vedere gli Ospreys invece che le Fiamme Oro” e robe del genere, ragionate sul sistema/modello da seguire, sulla base anche di quanto costa. Io non sono molto convitno che se quei 10-12 o forse piu’ milioni di Euro che costa la CL fossero adeguatamente investiti in formazione e sviluppo con un sistema che mira a far emigrare i ragazzi ad un certo punto i risultati sarebbero tanto diversi…no non lo sono per niente, come non sono per niente convinto che la CL sia l’unica via per sopravvivere nell’alto livello…ed al di la’ del pensiero, un’analisi costi-benefici e sulla sostenibilita’ nel futuro e convenienza della CL sarebbe buona pratica farla.
Stefo, come sai da anni, io invece sulla vicenda Pro12 sono un…fondamentalista, secondo me i fattori che hanno limitato un più visibile rapporto costi benefici positivo, sono due, uno, come dice anche Zanni, è il fatto che anche i competitors si migliorano continuamente e quindi anche i miglioramenti dei nostri risaltano meno, secondo che in Italia, fin dall’ inizio si è intrapresa questa strada senza sapere, volere od essere capaci di strutturarne il movimento in sua funzione, passi per i primi anni, dove era necessario assestarsi e capire come funzionava, ma in seguito e tuttora ciò è veramente delittuoso.
Una Federazione, che non è in grado di essere, o non vuole essere decisionista, (e tu sai che le unions delle celtiche lo sono, senza se e senza ma), perchè figlia delle logiche campanilistiche dei clubs; franchigie pseudoprivatizzate, che non hanno la possibilità di andare avanti senza che siano sovvenzionate dalla federazione (ed allora finiamola con queste ipocrisie e seguiamo la strada scoto/irlandese delle franchigie federali al 100% !!!); se hai letto le recenti affermazioni dei presidenti coinvolti nella vicenda Dogi, atto 2°, stanno dicendo quello che sostengo io da anni, ridimensionamento del domestic, sia in termini di clubs, che di impegno economico, abbandonando velleità di status semipro, razionalizzazione dell’ accademy, legandolo direttamente alle franchigie e puntare tutto su base, formazione ed alto livello.Adesso un paio di domande: perchè, pressoché, tutti i giocatori che hanno fatto il salto dal domestic alla CL, quando intervistati su questo, difendono sia la scelta, che i benefici che essa ha comportato e comporta?
Forse ne sanno meno loro dal dentro di noi, che stiamo davanti alla TV ed ad una tastiera?
Per finire, sorvolo, come hai chiesto te, sulla Georgia, ma è certo che…le servi veramente su un…piatto d’ argento!!!! 😉 😀
Hro sulla Georgia puoi essere spiritoso quanto vuoi ma loro il buco di emrcato lasciato dagli argentini l’han ben visto e sfruttato…48 giocatori nei campionati maggiori, piu’ di 20 giocatori di 26 anni o meno nei campionati principali ti farebbe schifo? Al netto del voler vedere Glasgow, Edfinburgh ecc, ovviamente che nell’analisi non dovrebbe entrare.
Per il resto inutile, io e te ci ripetiamo, potrei ribatterti con i soliti argomenti ma sarebbe ridondante dopo anni.
Stefo i georgiani hanno riempito il buco lasciato dagli argentini semplicemente proprio perché loro, a differenza delle realtà rugbysticamente più evolute, non hanno un campionato di livello professionistico dove farli giocare,
Comunque, oramai, non è a me che devi ribattere, ma ai vari giocatori intervistati e, questa è la grande novità, ai vari Innocenti, Zambelli, ecc..
Hro neanche l’ITalia aveva il cmapionato di livello e non lo ha ora, ma si illude di averlo…ha comprato la ferrari ma non puo’ metterci la benzina dentro, pagare il bollo ed assicurazione…svegli eh!!!!
Non è vero, magari può permetersi solo l’ assicurazione minima, mentre gli altri si fanno quella che copre il conducente, il passeggero e la casco; il problema è che in Italia si buttano i soldi per comprare i giochini ai figli capricciosi, invece che per la benzina ed il bollo all’ auto per andare a lavoro, obiettivi eh!!!
Hro non c’era un movimento pronto per sostenere tecicamente prima che finanziariamente la cosa, e non lo e’ neanche ora…ma vabbeh meglio lasciar perdere, ripeto siamo ridondanti.
Stefo, per uscire da questa ridondanza e portare la discussione su nuovi binari, secondo te, a cosa è dovuto il cambio di rotta, almeno nelle intenzioni e nella disponibilità in linea di principio, che c’ è stato nel movimento Veneto , circa il Progetto Dogi e l’ interesse per il Pro12, da parte di Innocenti ed, ancor più sorprendentemente, di Zambelli?
Forse la presa di coscienza che il domestic semipro è ormai superato dal Pro12 e quindi non più in grado di attrarre quell’ interesse, di pubblico e mediatico, che garantirebbe ritorni e giustificherebbe gli investimenti, come invece un progetto serio nel campionato celtico potrebbe fare?
E la disponibilità teorica ad un passo indietro del Benetton è, veramente, soltanto ascrivibile con l’ opportunità di sganciarsi, senza perdere la faccia, da una situazione che ormai li vede in difficolta e parecchio a disagio, come si sostiene in giro?
Hro scusa ma nuovo interesse? Ma 3 anni fa al riunnovo dove eri? Innocenti il progetto Dogi lo porta avanti da anni, e’ stato il cavallo su cui ha costruito la sua candidatura alle ultime elezioni…te le eri eprse tutte le discussioni di 3 anni fa poi finite nel nulla? Il San Dona’ che se ne tiro’ subito fuori? Zambelli vuole il Pro 12 da anni eprche’ di spendere in un campionato declassato non ne ha voglia.
Ti rendi poi conti che tolta Rovigo tutti gli altri club nei dogi di eccellenza songli stessi identici club che han seguito e concordato con l’idea di rilancio dell’Eccellenza tramite una Lega di Club lanciato da Forgione…mi sembra che la memoria sia un po’ selettiva, questi presidenti stan solo cercando un perche’ al loro investimento, che sia Pro 12 o rilancio dell’Eccellenza.
Stefo nuovo interesse perchè, dopo tre anni fa, a parte Innocenti, la cosa sembrava ormai accantonata, oltretutto dopo sparata della creazione della Lega e della volontà di rilanciare l’ Eccellenza; guarda che non era una domanda provocatoria, volevo veramente sentire cosa ne pensavi te, ed anche tutti gli altri, naturalmente, perchè io, sinceramente, sono rimasto molto sorpreso da questo ultimo e repentino cambio di linea.
Hro io non sono sorpreso, la questione per me era stata “spostata” e cosi’ a me pare che Innocenti abbia sempre parlato anche in campagna elettorale…gli interessati ed i meno interessati son gli stessi di 3 anni fa, come i problemi: chi paga e quanto…e chi comanda. Oggi ci sono le stesse questioni sul tavolo di 3 anni fa.
Io poi ho una mia personalissima idea su come viene utilizzata la questione Dogi ogni volta che c’e’ da rinnovare un accordo…ma te la scrivo in privato
quoto
Non riconoscere l importanza del Pro12 per il nostro movimento è quasi un delitto. Rimangono i dubbi solamente perchè chi doveva guidare e dare le linee guida sul come affrontare questo nuovo panorama non l ha fatto correttemente, anzi ha fatto di tutto per mischiare sempre le carte in tavola, le Zebre sono solamente l ultimo capitolo del fallimento del sistema rugby italiano.
Il Pro12 ha creato un polmone importante di giocatori di medio livello che seppur privi di skills eccelse, quantomeno riescono a tenere il ritmo ed il livello per tutta la durata di un match internazionale. Se alle spalle ci fosse stato una federazione con le idee chiare, da questi giocatori medi poteva esserci l humus per formare i giocatori del futuro, cosa che invece non succede. Vediamo l U20 di quest anno, che potranno essere discreti, ma quando poi vai a vedere i talenti degli altri paesi ti rendi conto che la strada da fare è tanta…
Si parla dell impoverimento dell Eccellenza, verissimo ma siamo così sicuri che una volta il livello medio era superiore? poi paragonato a cosa, al fatto che in Europa si facevano solo delle comparsate? Vedo che molti si riversano nell Eccellenza come se fosse il nuovo El Dorado, gli stessi che magari 20 anni fa chiedevano con voce e battevano i pugni per volere un posto tra i grandi…
“Il Pro12 ha creato un polmone importante di giocatori di medio livello che seppur privi di skills eccelse, quantomeno riescono a tenere il ritmo ed il livello per tutta la durata di un match internazionale. ” in compelto disaccordo e mi pare che lo sia anche COS nel momento in cui denuncia la carenza di fitness e la necessita’ per tutti di milgiorare atleticamente. Volendo si possono poi andare a prendere partite du partite in questi ultiumi 3-4 anni e vedere che i crolli ci sono sempre piu’ o meno stati
La carenza di fitness che denucia O’Shea, secondo me. è legata più al lavoro che un giocatore dovrebbe svolgere oggi in campo, mi riferisco ai tanti movimenti senza palla in campo aperto. Se si continua a giocare un rugby scolastico, sarai concorde con me che crolli drastici eclatanti negli ultimi anni non se ne sono visti.
Inoltre puoi contare su di un numero maggiore di giocatori per la nazionale senza rincorrere forzatamente alla nazionalizzazione dell ultimo minuto.
Non si è svoltati, ma il miglioramento è innegabile
Per me invece la storia della tenuta fisica fino ad ora e’ la piu’ grossa storia non vera che ci si racconta sul Pro 12, io vedo Zebre e Treviso spesso crollare ancora oggi, e per la Nazionale aspetterei a dire che si e’ voltato pagina dopo 3 partite a novembre che si era gia’ voltato pagina secondo molti al 6N 2013 con Brunel salvo poi vedere il contrario.
Aggiungo non son per niente convinto che se ci fossero 50 giocatori in campionati esteri la differenza di tenuta sarebbe diversa, non mi sembra che i vari Bortolami, Parisse, Castro, Masi soffrissero di questo problema quando erano al top della loro carriera.
il pro12 è “indispensabile”, è l’unico mezzo per pter apprendere come si deve giocare a rugby ad alto livello trasferendo poi queste competenze acquisite direttamente nella nazionale
la formula magica non esiste, solo con chi è più bravo di te riesci ad imparare qualcosa
la parte sulla struttura societaria e staff tecnico poi… lì si improvvisa ancora meno, pensare agli articoli di Masi che descrive le realtà oltremanica
tutto va inserito nel contesto storico…
i nostri migliori campionati sono stati quelli degli anni ’90, prima che si costituisse la Sanzar con il superrugby ed il 3nations… allora i nostri club potevano permettersi i servigi di tutti i campioni che abbiamo avuto la fortuna di veder giocare dalle nostre parti…
già a fine anni ’90 era finita la sagra…
nel 2000 con l’ingresso nel 6N si è tentata la via del super10, con squadre rese competitive da avvedute spese all’estero, soprattutto con quello che ora si chiamerebbe poaching in argentina…
in ogni caso le rose erano infarcite di stranieri dello stesso livello di quelli che vediamo ancora oggi, con pochissime eccezioni… i nostri giocatori migliori andavano all’estero e la nazionale aveva perennemente il fiatone (i 10 – 15 che giocavano tra francia e inghilterra reggevano 80 minuti, gli altri no… in compenso i nostri avversari avevano anche i cambi di livello e le partite finivano al 60°, più o meno quello che succede alla Georgia attuale)… inoltre i nostri giocatori all’estero non erano salvaguardati nel minutaggio e i club che ce li rilasciavano all’ultimo secondo, dopo averli spremuti per bene…
l’ingresso in celtic è stato tardivo ed in ogni caso impostato male: Treviso aveva chiesto di poter mantenere la squadra in eccellenza e gli fu negato, gli Aironi sono stati traditi dai soci parmensi che non fecero la loro parte, Dondi ne approfittò per portarsi il giocattolino nel cortile di casa… In ogni caso all’epoca c’era un contributo per i giocatori di interesse nazionale e non un omaggio di 4mega per fare quello che ti pare… ci furono errori (tipo i paletti su dove impiegare gli stranieri) ma anche idee interessanti (il 10 di formazione italiana in eccellenza)…
oggi come oggi credo che se rinunciassimo al pro12 lo staff della nazionale si dimetterebbe in blocco e credo che la FIR abbia preannunciato rinnovo con il board sino al 2020 proprio per questo…
solito discorso carri e buoi: chi parteciperà? con quali soldi e soprattutto con quali obiettivi?
non vedo grande utilità a tenere in piedi due compagini perdenti oltre che troppo costose per il nostro budget… Gavà ha già dato prova di grande managerialità nella privatizzazione delle zebre (ironic mood), mi aspetto che sappia scegliere con altrettanta lungimiranza chi mandare in pro12…
PS: Macron pagherà quanto Adidas? altra restrizione di budget? il bilancio federale si è sanato da solo solamente perché nessuno ne parla più?
gira voce che Macron si stia allargando sempre di più nel mondo del rugby…potrebbe essere il nuovo sponsor tecnico degli Scarlets per la prossima stagione
Macron ha fatto le più belle maglie che la Scozia abbia mai indossato da vent’anni a questa parte, il mio dubbio è che, alla luce dei risultati, la FIR faccia fatica a portare a casa contratti interessanti con gli sponsor… e mettiti nei panni degli sponsor, che cercano non solo l’immagine pulita ma anche quella vincente!
IMVHO hai centrato il punto: pensare che uscire dal Pro 12 e ritrovarsi un Top 10 già bell’e pronto, con tutti gli azzurri pronti ai nastri di partenza e stranieri di livello è un po’ come, sponda calcistica, sperare che il massimo campionato di calcio torni ad essere quello degli anni ’80/’90, quello dei vari Platini, Maradonna, Gullit e Van Basten per intenderci.
Sono cambiati i tempi e-ahimè- anche i soldi sul tavolo.
Uscire dal Pro 12 costituirebbe un alto salto nel buio che il rugby italiota non può permettersi, almeno per ora.
Diciamo che noi andavamo a 60 all’ora e gli altri a 80. Noi avremmo anche aumentato l’andatura, ma gli altri l’hanno più che raddoppiata, di fatto impedendoci anche solo di pensare di raggiungerli. Ma l’abbiamo pensato ugualmente, bastava il Pro12 (di cui io rimango ancora un sostenitore, sebbene con altre premesse e intenzioni)
negli anni ’90 andavamo tutti a 60 all’ora, la differenza era che gli altri avevano tradizione competenza e numeri di praticanti che noi ci sognavamo, loro avevano squadre più competitive delle nostre forti del loro stesso vivaio…
ricordo che quando Dominguez andò allo Stade Francaise raccontava di giocare davanti a pochi intimi, meno che da noi…
a distanza di vent’anni noi possiamo permetterci di traslocare un incontro di coppa europa intorno alle staccionate di un campo di allenamento mentre lo stade gioca davanti a 10-15000 persone a partita… all’epoca il Petrarca giocava al Plebiscito, ora utilizza una simpatica tribunetta coperta e molto intima da 1000 posti… nemmeno gli aquilani hanno più una società né vanno più allo stadio, e ditemi quali alternative sportive possa offrire quella città…
Mah, non mi convince molto il discorso di chi vede in un ritorno al Top 10 (o a qualcosa di simile) la panacea di tutti i mali, prima di tutto in quanto, come si dice dalle mie parti, siamo sotto il cielo e, se le franchigie smantellassero, i migliori giocatori cercherebbero contratti all’estero come opzione prioritaria.
Ovviamente ben pochi riuscirebbero nell’intento, ma anche strappare un contratto in Pro D2 o in Fédérale 1 garantirebbe loro quella sicurezza economica/di programmazione del loro futuro che qui nemmeno le celtiche garantisce loro.
Secondo, ma siamo sicuri che un campionato di medio/modesto livello come l’Eccellenza o il Top-come lo si voglia chiamare permetterebbe la crescita esponenziale dei nostri migliori accademici, considerando la mediocrità delle nostre strutture tecniche (parlo di allenatori e dirigenti) e lo scarsissimo interesse che la FIR e i media ripongono nel prodotto rugby?
Io i miei “igienici” dubbi, come diceva un tale, ce li ho e continuto ad averli.
Leggevo ieri un articolo di Andrea Gardina sul Gazzettino in cui riportava quali e quanti giocatori che hanno fatto il Mondiale U20 in Veneto nel 2011 sono ora nelle varie nazionali.
NZ: Rettalick, Barrett, Cane e altri per un totale di 249caps.
Inghilterra: Ford, Farrell, Vunipola, Launchbury, Joseph… totale 209 caps
Italia: Campagnaro(25 caps), Palazzani (22 caps). In due fanno 47 caps su un totale di 52.
Una semplice curiosità che deve far riflettere.
Credo che Zanni, insolitamente eloquente, abbia detto tutto quando afferma che nel Pro12 “ti confronti ogni settimana con le migliori realtà e i giocatori più forti di Irlanda, Scozia e Galles: alla fine per la crescita del movimento è veramente importante ..” e ciò “.. nonostante le tante sconfitte”.
Stop.
Partendo da questo assunto possiamo solo discutere su come si possano migliorare le due Franchigie e, con loro, tutto il movimento ma non certo, a mio parere, ipotizzare il loro ritiro da quel campionato, scelta che sarebbe equiparabile a quella della moglie che evira il marito per non esser più tradita.
Zanni é un grande atleta che sta mancando molto sia alla nazionale che a Treviso, prima di tutto in bocca al lupo a lui speriamo di rivederlo presto in campo. In bocca al lupo e buon lavoro anche P. W. per questa sua nuova /vecchia avventura. Nel merito: il pro12 serve eccome ne sono convinto anch’io, quello che non è Mai stato fatto fino ad oggi è una programmazione strutturale che si ponga un come e dove si vuole arrivare, fino ad oggi si sono spese cariolate di soldi vivendo alla giornata. L’unico piccolo esempio in controtendenza è stata la Benetton di munari e Smith, che stava raccogliendo buoni frutti, poi miseramente buttati nel cesso con gli avvenimenti che tutti conosciamo bene. Tutto deve stare insieme in un progetto generale che rafforzi la base per rifornire adeguatamente le franchigie, ed è chiaro che questo progetto non può avvenire in un lasso di tempo rapido. Ma qui siamo ancora alla ricerca dell’equiparato di turno che mi copra questo o quello buco e quindi siamo lontanissimi da quello che vorrebbe fatto. Non mi sento di elencare tutto quello che dovrebbe migliorare ma una cosa ci tengo a sottolinearls perché non la sento da quasi nessuno: l’aumento della capillarita’ nel territorio, come si fa a pensare di crescere se non si pensa a come Coprire tutto il territorio nazionale, come si fa a creare affezione se non si investe nel proprio territorio. Spero che il nuovo staff della nazionale porti stimoli e soluzioni, ma non aspettiamoci miracoli, perché nel rugby non esistono
La questione è ormai annosa, senza che chi di dovere si metta a tavolino ad analizzarla a dovere.
Oltre a tutti i rilievi fatti, che non ripeto, c’è da ribadire che solo noi, tra le Union del Pro12, abbiamo mantenuto un domestic semi-pro, con tanto di partecipazione alla coppa e l’invenzione della coppa di qualificazione. Sono soldi, cari miei, soldi che non vanno alla formazione, tanto per dire.
E non parliamo del capitolo delle accademie e del doppio tesseramento, con i permit che continuano a essere una toppa poco efficace.
Questi per me sono i problemi di fondo che dovevano essere affrontati PRIMA di entrare. Ma ricordatevi che al posto della Benetton ci dovevano essere i Pretoriani, chissà come sarebbe andata a finire…
In effetti l’aver mantenuto un’Eccellenza che vuole essere qualcosa di più di quello che è oggi non aiuta in termini di spesa. Aiuterebbe molto (dal momento che noi non abbiamo una cultura del rugby – o dello sport – scolastico quindi i club sul territorio nazionale ci servono) in una struttura organizzata, definita e con obiettivi chiari e di breve e medio-lungo periodo, che va al di là del doppio tesseramento (di fatto però una cosa necessaria e inevitabile IMO).
Siamo tutti d’accordo Rabbi che questi problemi andavano affrontati prima di entrare, e prima di vedere sul campo che il nostro sistema non è sostenibile, nè finanziariamente nè – ahimè – sportivamente.
La nostra Federazione purtroppo non brilla per lungimiranza e strutture chiare…
La cultura dello sport scolastico la crei, raramente, o mai, nasce e si sviluppa da sola. Tra Pro12 ed Eccellenza penso che la FIR sborsi oltre 11 milioni, con quali frutti possiamo apprezzarlo da anni.
Bella intervista a quello che come giustamente hai detto è uno dei nostri senatori…. non sarà più robocop forse ma è una presenza importantissima sia in campo che fuori.
Non entro nel merito per non dilungarmi e perché non ne ho la competenza , ma mi sento di dare un giudizio di principio. Per me la partecipazione al PRO12 è necessario. “misurarsi con i migliori aiuta a migliorare” , è diventato un mantra che se non trova un suo sviluppo logico e concreto serve a poco… ma al di là dello scazzo che provoca il sentirselo ripetere di fronte ai risultati delle franchigie , purtroppo è la cruda verità. Se si vuole arrivare anche solo a competere veramente , la strada è quella. Ci vuole lavoro e tanto , visto che come noi tentiamo di crescere pure gli altri di certo non aspettano ed il gap c’era anche prima. Ci vogliono tanti soldi e ci vorrebbe pure una crescita culturale che vada oltre la salvaguardia del proprio orticello. Insomma sempre i soliti discorsi … ma evidentemente si è fatto troppo poco per trasportare i pensieri nei fatti. Arrendersi però sarebbe una sconfitta. Si può discutere sulla strada per me ma non sulla meta da raggiungere.
Caro P.wSono molto, molto, molto, felice di torrnare a leggerti. Di ritrovare le penne che ho incontrato nel 2012 quando ho inziato a seguirti qui prima e su onrugby poi. La cosa non mi farà perdere il girovita che nel frattempo è cresciuto o rittrovare il fiato che al contrario si è accorciato. Ma questo 2017 un punto l’ha guadagnato. Ci sentiamo presto.
secondo me il PRO12 potrebbe anche essere una strada per migliorarsi ma deve essere affrontata al meglio, cosa che non stiamo facendo da troppo tempo
Ci vorrebbero almeno:
STAFF adeguati e competenti
NUMERO DI GIOCATORI adeguati per numero (45-50 per squadra) e qualità (forse non li abbiamo ma comunque non esiste che ci sono giocatori in eccellenza più forti che in PRO12)
DIVERSA GESTIONE DEI PERMIT PLAYERS (dual contract con squadre di eccellenza, seconde squadre da fare giocare in eccellenza, altre soluzioni ma soluzioni non tappabuchi)
DOMANDA siamo in grado nel breve o nel lungo periodo di ottenere questi risultati per 2 squadre? ne abbiamo i soldi e/o la volontà?
La mia risposta è che forse siamo in grado di farlo, come soldi, per una squadra e quindi è il caso di fare una scelta: passare da 2 squadre ad 1 oppure adottare il modello STEFO-Argentina, spendere gli 8milioni di euro in formazione dei giocatori fino ai 20anni, avere un campionato nazionale dignitoso e i migliori a giocare all’estero. Se miglioriamo la qualità dei nostri giovani il nostro campionato diventerà più bello, quindi attrarrà più spettatori (più soldi) e piano piano si potrà ricucire quel divario che ci separa dalle squadre di prima fascia
@western -province, ad un certo punto anche l’ Argentina ha sentito bisogno di dotarsi di una franchigia pro da inscrivere al Super Rugby,
Anche io ritengo che il Pro12 continui ad essere qualcosa che vale la pena mantenere, anche se va ripensato e rivisto alla grande il coinvolgimento delle squadre italiane. Forse mettere dei soldi per la formazione e una sola franchigia in Pro12 potrebbe non essere una cattiva idea, ma a quel punto si deve fare una scelta “a tutto campo” su dove investire, quale franchigia privilegiare e quale modello adottare.
Certo che, come dice giustamente @Stefo, serve una bella analisi della nostra partecipazione di questi anni, è sconcertante che non si sia ancora fatta…
l’Argentina aveva i giocatori forti e aveva bisogno che fornissero prestazioni al 100% per la nazionale, motivo per cui ha fatto questa scelta di cui dobbiamo comunque ancora vedere i risultati; il problema nostro è che non siamo in grado di creare giocatori forti
Quindi le realtà a mio parere non sono molto paragonabili e comunque loro con un parco giocatori che noi ci sogniamo hanno una sola franchigia (che è comunque l’altra porta che lasciavo aperta)
Non ho mai detto che questo sia il mio modello, quello che io dico e’ che un’analisi costi benefici, un’analisi di opzioni alternative, laica e senza posizioni di principio e’ alla base di qualsiasi organizzazione che opera in maniera logica ed equilibrata…non mettermi una posizione a priori che non ho, se non quella di voler veder fatta un’analisi:
indipendente
neutrale come posizione
appropriata
Sull’Argenitna per l’ennesima volta: la scelta nasce dopo l’entrata nel RC, ad oggi le due semifinali inclusa quella del 2015 le han raggiunte col vecchio sistema, che quello nuovo sia meglio sara’ da verificare…perche’ “l’anche loro” inizia ad essere strumentalizzato e non poco senza includere queste cose.
Un bentornato al Grillotalpa!
Bell’argomento e giusta riflessione. Io sono fra quelli che pensano di dover seriamente ripensare la nostra partecipazione al Pro12.
Non siamo all’altezza, per essere sintetici. Il fattore trasferte di cui non parla mai nessuno (contento l’abbia fatto Il Grillotalpa) è uno dei motivi per cui non possiamo continuare a farci umiliare. Siamo nettamente sfavoriti in questo, ma non voglio cercare alibi alle nostre squadre: non ci sono le condizioni per un campionato del genere: nè agonistiche, nè economiche, nè logistiche, nè mediatiche.
Poi basta con questa storia che ogni settimana si gioca coi più forti. I più forti nel Pro12 giocano 7-8 partite l’anno. E questo non attira il pubblico. Così come non lo attirano le partite il venerdì alle 19,35 (tipico orario anglosassone), le gare in contemporanea col 6N o i tour di novembre.
Dobbiamo tornare alla nostra realtà, il Pro12 è avvertito come un estraneo, anche dagli sponsor.
Serve un bagno d’umiltà, ricreare le condizioni per un campionato italiano a 8 squadre di maggiore interesse per pubblico e sponsor e livello adeguato, da far crescere anno dopo anno. Chiaramente non si tratta di un passaggio semplice ma da effettuare nel giro di qualche stagione (da 3 a 5). Nel frattempo mettere in piedi una grossa campagna di comunicazione e marketing, attrezzare al meglio le strutture, stabilire sedi e squadre che facciano da aggregazioni territoriali laddove necessario. Stabilire regole certe e comprensibili. Gli stranieri vanno limitati perchè il fine ultimo è il bene della Nazionale.
Allora: sponsor se ne trovano – il problema è quanto intendono sborsare! E siccome si tratta di privati, questi sganceranno se vi vedranno un ritorno di un qualche tipo. Ora, mi pare interessante guardare le imprese che sono state sponsor di squadre di rugby italiane dal 1995: quanti brand conosciuti al grosso pubblico ci sono stati? A parte Benetton e Mediolanum (che si defilò poco dopo…), ci possiamo mettere MontePaschi – e infatti lasciò in braghe di tela gli Aironi, che da quel momento dovettero rivedere il budget. Ma soprattutto: i club di Eccellenza non sono meno bravi di quelli francesi ad ottenere sponsorizzazioni da più imprese, ma il problema è che le società francesi sganciano molto di più, anche perché… sono colossi. Per fare un esempio: guardate su quanti sponsor può contare il Calvisano e poi guardate quelli del Clermont. Quello che fa la vera differenza sono il “peso” dei nomi degli sponsor e gli importi che versano (da non dimenticare il non indifferente peso del contributo pubblico, su cui tutti i club francesi possono contare). Sinceramente, non credo proprio che a fare una “Super Lega” italiana (a 8, a 10 o a 6) il prodotto rugby diventerebbe interessante per la promozione del marchio. Chi verrebbe a giocare in quelle squadre? E quei pochi profani che con il satellite hanno imparato che ci sono le coppe europee e tre campionati zeppi di campioni preferirebbero invece vedere lo spettacolo del nostro torneo autarchico? Parere personale, lo trovo difficile. Una volta che ci si abitua a vedere uno spettacolo di un certo tipo, tornare indietro è molto arduo (ammetto, qui parlo per esperienza personale). Anche perché, se guardiamo al dibattito corrente nel calcio riguardo all’abitabilità degli stadi, beh il rugby di casa nostra può sicuramente competere quanto all’economicità di pane e salame e birra, ma quanto a comfort delle strutture, siamo rimasti a prima del professionismo. Il mondo è cambiato, e vorrei dire purtroppo (e non solo nel rugby); il ritorno all’autarchia va bene, purché siamo consapevoli che, alla fine, torneremo a rivaleggiare con Romania, Russia, Spagna e, se va bene, Georgia.
Bello tornare a sentire la voce di Zanni – oltre che del Grillotalpa – sperando di poterlo vedere in campo
Mah, personalmente penso che l’errore fondamentale sia stato quello di voler fare i professionisti senza esserlo ma soprattutto di non volerlo.
Si è affrontata l’avventura celtica senza pensare/guardare su come attrezzarsi , siamo andati in guerra con i soliti . . .venti milioni di baionette. Ripenso ai proclami su allenatori autoctoni per le ns franchigie, senza il supporto minimo di uno staff competente ( ma vi rendete conto che in nazionale ci siamo arrivati solo quest’anno), senza uno straccio di progetto a medio/lungo termine etc- stessa cose per le accademie o i caf :si sono aperte senza indugio le “università” senza che ci fossero docenti adeguati.. Ma di cosa stiamo parlando, la cosa che più manca sono dei dirigenti SERI,COMPETENTI e CAPACI.
Resto comunque dell’idea che la Celtic sia una buona cosa ma affrontata in maniera completamente diversa, con maggiore professionalità.
A proposito di Staff, Zebre e momento difficile, mi pare che i problemi continuino con Guidi che rescinde il contratto. Speriamo che a Parma riescano a risollevarsi che sinceramente la vedo agra come si dice.
Il Benetton di Smith e Munari era un club molto parzialmente sovvenzionato dalla federazione, con giocatori che giocava per il club e per la classifica, per un pubblico e per un posto in squadra. Gli Aironi, più o meno. Oggi ci sono due squadre finanziate dalla FIR, una al 100% l’altra comunque in modo determinante che si giocano tra loro il posto in Champions salvo teorizzare che è meglio perderlo, e vanno in coppa come danno collaterale: gli tocca, tal quale le 4 eccellenti la Coppovskaja. Con questi obbiettivi, ovvio che i giocatori ci svernino in attesa delle partite della nazionale. Non è la stessa cosa in Irlanda e in Galles, e nemmeno in Scozia dove pure il peso federale è preponderante e l’identità delle due franchigie proporzionalmente scarsa. Proprio in Scozia stanno drammaticamente cercando di privatizzare, cosa difficilissima per un torneo che ha un futuro quanto meno dubbio. Così com’è ora, almeno per noi, il pro12 fa più danni che altro: non è così che ci siamo entrati come costi, come obiettivi e come aspettative. Le squadre e i loro piani di gestione non sono falliti per colpa di questo o quello: sono falliti perché erano sbagliati (e ci eravamo sbagliati più o meno tutti, da Dondi a me che conto niente, da Benetton a Melegari), non c’era la payTv a sostenere l’investimento, non c’era il pubblico a rendere incapienti Monigo e Zaffanella (5000 posti, non 10/20000), non c’erano gli sponsor di peso, non c’era nemmeno il pubblico tradizionale che ha continuato in larga parte ad andare al Battaglini, al Geremia o più modestamente al Canalina e al Nando Capra. Anziché ragionare, prendere atto, modificare, strutturare un piano B, si è semplicemente trasformato lo strumento (la Celtic) nel fine. Non più “andiamo in Celtic per far crescere il rugby italiano” ma “a qualsiasi costo dobbiamo stare in Celtic”. Se è così, ha ragione chi si disimpegna e alza il prezzo (“dovete stare in Celtic, pagate”) ed è evidente che nessuno di esterno ai club si faccia minimamente avanti: ce lo vedete un marchio importante legato a una squadra che ne prende 50 a partita e che fa dire alla stampa anglosassone “a questi dobbiamo fargli pagare lo spazio perché tutte le settimane sono nella rubrica epistassi?”. Gli argentini? Mi auguro caldamente gli vada bene, ma ho un bel po’ di dubbi che per loro il futuro sia più roseo del passato. Per qualità di movimento e di risultati. Ma loro avevano un modello che funzionava e che per un po’ continuerà comunque a produrre.
Analisi lucidissima che condivido pienamente.
Resta il fatto che anziché pensare al piano B si è arrivati al paradosso di declamare ai quattro venti di aver già rinnovato l’accordo sino al 2020 senza sapere chi vi parteciperà… per correttezza spero venga fatto un bando (subito, non dopodomani)…
la strategia è paragonabile a quella di istituire accademie senza avere sotto contratto tecnici migliori di quelli dei club a cui i ragazzi vengono sottratti…
Invocare l’analisi “costi-benefici” ha un valore puramente scolastico. Chi stabilisce la soglia accettabile degli uni e degli altri? Specie laddove c’è di mezzo un valore sportivo da misurare. Quanto vale una vittoria o una finale del Pro 12? 10k, 15k, 20k ?
Misurare i costi nei termini di cosa altro si potrebbe fare con quelle risorse é facile in teoria ma estremamente complicato in pratica. Bisognerebbe prima di tutto rispondere alla domanda: c’è un altro progetto alternativo che tecnicamente dia le medesime garanzie?
In questo momento siamo come studenti che preparano esami che non riescono a superare.
Ma c’è un altro modo per arrivare alla laurea?
Non sono d’accordo col fatto che “Invocare l’analisi “costi-benefici” ha un valore puramente scolastico”: secondo me invece perlomeno un’analisi costi finanziari e benefici sportivi sarebbe d’uopo.
sono frank non so perchè si sia firmato “frankapizzi”
Sai, più che dirlo bisognerebbe farlo. Comincia tu. Quantomeno a stabilirne i confini.
E chi lo stabilisce, che “più che dirlo bisognerebbe farlo”? Tu? Perchè dovrei farlo io? Non è il mio lavoro. Ma in quanto stakeholder del movimento ovale italiano ho tutto il diritto di critica che mi pare.
i parametri sono diversi, partirei intanto dai dati inconfutabili, ovvero percentuale vittorie sconfitte, poi passerei al numero di giocatori che da development sono passati a fare i pro in celtic, poi inizierei a contare quanti di questi grazie alla celtic sono riusciti ad approdare a club più ambiziosi. Quanti giocatori dalle accademie sono finiti in pro12 senza genuflettersi a Calvisano, infine il tutto rapportato alle vittorie della nazionale. Quando c’era la Benetton 1.0 questi calcoli si potevano fare…
Inizierei poi a valutare gli effetti economici in termini di attrazione di sponsor, contratti con i media e tifosi che vanno allo stadio….
alla fine i parametri ci sono, il problema è voler guardare la nuda realtà e rendersi conto che il re è nudo, anzi in mutande…
Strana analisi scientifica quella che mette in fila una serie di opinioni e senza altra misurazione conclude con un’altra opinione.
Nel frattempo Aaron Cruden firma per 3 anni al Montpellier! Ottima scelta, Hansen vada…..a pesca 😉
Anzitutto, grazie per il ritorno. Partecipare alla Celtic League è l’unica possibilità per rimanere aggrappati al rugby di qualità. Se la bassa competitività delle due squadre fosse un motivo per abbandonare il torneo… beh, allora perché non valutare di lasciare anche il 6 Nazioni, dove in 17 stagioni il miglior risultato è stato vincere due partite (e ai Mondiali non si è fatto diversamente). No, grazie!
C’è però una differenza importante: la nostra partecipazione al 6N sta generando un notevole ritorno economico che mantiene tutto o quasi il rugby nostrano, il che rende molto più accettabili i risultati deludenti. Il Pro12 sta invece drenando parecchi soldi, in cambio di un ritorno tecnico che sta facendo discutere. Senza considerare i risultati del campo.