Le Zebre a Milano? Uno stadio potevano già averlo… Piccola storia ottusa meneghina

Una struttura inutilizzata e lasciata decadere per la quale 4 anni fa era stata trovata una nuova vita al servizio di più discipline, ma qualcuno ha deciso che non andava bene. E il Vigorelli è tornato nel dimenticatoio. 

Le Zebre a Milano. Già, ma dove? Posto che la squadra secondo alcune indiscrezioni potrebbe prepararsi e allenarsi tra Parma, Calvisano e la nuova struttura dell’ASR rimane il problema campo da gioco. I criteri-base perché un qualsiasi stadio possa ospitare una partita del torneo sono principalmente due: un’adeguata illuminazione e un minimo di 5mila posti a sedere. Milano non ha una struttura così. Quella che su due piedi è la soluzione più semplice (l’Arena) non consente un campo di dimensioni regolamentari. In questi giorni in merito all’ipotesi-Zebre si parla del Saini e di un’area dell’aeronautica militare, entrambe nei pressi dell’Idroscalo e di Linate, dove (guardacaso) si trova anche l’ASR.

Eppure Milano qualche anno fa una soluzione l’aveva trovata. Nella primavera del 2013 si parlò per la prima volta di portare nel capoluogo lombardo la franchigia bianconera e il Comune individuò il Vigorelli, storico impianto ciclistico, per un progetto polifunzionale che lo rilanciasse: uno stadio moderno con 5.500 posti a sedere coperti che poteva ospitare rugby, football americano, eventi oltre – ovviamente – al ciclismo. La pista utilizzata per le manifestazioni con le due ruote sarebbe stata removibile, cosa che avrebbe reso possibile l’utilizzo di un campo da rugby omologato.
Ma ovviamente c’è un “ma”, perché l’allora giunta Pisapia si trovò a dover combattere con un ricorso presentato da alcune associazioni ciclistiche al Ministero dei Beni Culturali, una guerra di carte bollate vinta da queste ultime che di fatto hanno bloccato il progetto dello studio dell’Architetto Vittorio Grassi (gente che lavori del genere ne ha fatti in mezzo mondo) che aveva vinto il concorso per il restauro/rifacimento. Invece non se ne fece nulla, con il Comune di Milano che dovette accettare di buon grado la decisione del Consiglio di Stato che bocciò il progetto perché il Vigorelli è considerato “patrimonio storico” e quindi si può ritoccare ma non più di tanto. Una specie di Colosseo.

Magari i non milanesi pensano che il Vigorelli sia comunque una struttura attivissima, dove si fanno un sacco di eventi con tantissime gare ciclistiche nazionali e internazionali. Diamine, qui ci hanno pure suonato i Beatles nel giugno 1965! Invece no. L‘ultima manifestazione internazionale su due ruote risale al 1998. Ne era stata organizzata un’altra per il 2001 ma poi ci fu l’attacco alle Twin Towers e il tutto saltò. E poi? E poi basta, un po’ di partite di football americano ma l’utilizzo del Vigorelli finisce qui. Struttura che poi diventa inutilizzabile per l’incuria, una classica storia italiana.
Dice: ma dopo la guerra di carte bollate il ciclismo è ritornato ai suoi antichi fasti. No. Se non sbaglio da allora sono stati organizzati tre eventi nel corso del 2016, ma nulla di più. Nell’anno in corso siamo ancora fermi a quota zero e non c’è al momento in programma niente.
Chiaramente c’è il gioco delle parti: i comitati di ciclisti che hanno fatto bocciare il progetto iniziale dicono che la colpa e del Comune, a Palazzo Marino probabilmente hanno altre priorità, eccetera eccetera. Una classica storia italiana, appunto. A me sinceramente di distribuire responsabilità frega meno di zero, ma nel 2013/2014 si è persa una grandissima occasione per colpa di una guerra tra poveri che continua a fare vittime anche nel 2017, sia tra chi corre con una palla ovale in mano che tra chi va in giro in bicicletta. Potevano starci entrambe, e altri con loro, ma qualcuno ha deciso che no, non andava bene. In Inghilterra buttano giù un pezzo di storia come Wembley per rifarlo totalmente ( e cazzo, scusate il francesismo, quanto è bello… Una meraviglia vera), da noi una struttura inutilizzata viene lasciata come un vuoto a perdere per fondamentalismi di maniera. Una classica storia italiana.

Rugby Facts For Dummies: Milano tra Zebre e All Blacks

Portare la franchigia a Milano? Ma due mesi fa non era Roma? E come funziona e chi decide se gli All Blacks possono giocare a San Siro? Sicuri che servae avere la giunta comunale dalla propria parte? Qui tutte le risposte…

L’Italia esce dai radar: nel 2018 Champions e Challenge Cup voleranno a Bilbao

Le finalissime delle due competizioni europee nel biennio 2018/2019 si giocheranno a Bilbao e a Newcastle, due scelte diverse tra loro ma comunque entrambe di confine. E noi, che dovevamo ospitare la finale 2015, che fine abbiamo fatto?

L’annuncio l’EPCR lo ha dato lunedì pomeriggio. Eccolo: “Il movimento rugbistico europeo di club esplorerà nuovi orizzonti, a seguito dell’annuncio avvenuto oggi, 3 aprile 2017, che sarà la città di Bilbao a ospitare le finali 2018 della Champions Cup, della Challenge Cup e del Continental Shield, mentre Newcastle avrà l’onore di ospitare il weekend di gare della stagione 2019”.
Così il comunicato stampa dell’ente che organizza e gestisce le due principali coppe europee di rugby.  Nel 2018 il palcoscenico sarà quindi il San Mamés, lo stadio dove abitualmente gioca l’Athletic Bilbao (calcio) mentre l’anno dopo si andrà in Inghilterra, a Newcastle, nel bellissimo St James Park.
Due scelte che escono dai canoni imposti dalla tradizione ovale e che affascinano non poco. Bilbao ha lo charme di una Spagna decisamente “altra” rispetto a mete come Madrid e Barcellona, Spagna che ha già dato prova di riempire gli stadi per partite di rugby nonostante non abbia certo una grande tradizione nella disciplina.
Newcastle invece ci riporta in una parte di Inghilterra che è innamoratissima del calcio e dove invece il rugby fa non poca fatica ad attirare spettatori. Due scelte in qualche modo di confine, anche se per motivi diversi tra loro.

Una domanda però dobbiamo farcela: e l’Italia dove è finita? Quell’Italia che nel 2013 aveva ottenuto l’onore e l’onere di ospitare la finale dell’Heineken Cup 2015 in quel di San Siro a Milano. Dove è? Come è noto il tutto poi saltò per cause di forza maggiore: l’implosione dell’ERC per le lotte intestine tra club inglesi e francesi che portarono poi alla nascita dell’EPCR, che decise per quella edizione di andare sul sicuro giocando la finale della nuova Champions Cup a Twickenham (e fu un flop con solo circa 50mila tifosi sugli spalti…).
L’Italia e la FIR fecero l’unica cosa possibile in quel frangente, ovvero far buon viso a cattivo gioco davanti a una evidente delusione, sicure di avere le carte in mano per ottenere di nuovo quel prestigioso traguardo piuttosto presto.
Invece niente. Sarà la Spagna il primo paese ad ospitare le due finalissime al di fuori di Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles e Francia. Ma noi, a differenza della Spagna, siamo pure nel Sei Nazioni.

Insomma, è uno smacco, inutile girarci attorno. In occasione del doppio derby celtico di Natale 2015 il presidente Gavazzi a Milano aveva detto che c’era una candidatura FIR per ospitare la finalissima nel giro di 3-4 anni (e la finale del Pro12 nel 2017). Possiamo raccontarci quello che ci pare, ma la scelta della sede di una finale di Champions Cup è un qualcosa di eminentemente politico: noi oggi non abbiamo peso. Per mancanza di risultati, per una crescita che si è inceppata. I motivi sono tanti, diversi, ma il risultato è quello: Bilbao e non Milano o Roma. Stadi non all’altezza? Beh, Milano ha ospitato la finalissima di Champions League di calcio meno di un anno fa, Roma ospita le gare del Sei Nazioni ogni anno… E se c’è qualcosa da sistemare da qui al 2018/2019 c’era tutto il tempo.

Probabilmente non siamo mai stati molto importanti in Ovalia, politicamente parlando, però la finale 2015 – complice anche il traino di EXPO – l’avevamo comunque ottenuta. Tra l’altro con lo stesso presidente federale che c’è oggi: Gavazzi allora era riuscito a far fruttare al meglio le relazioni che Dondi aveva costruito negli anni, quel Dondi che per conto dell’Italia si è seduto nel board di World Rugby fino al 2016. Il “chi” e il “come” si gestisce la federazione ha una sua oggettiva importanza, negarlo sarebbe piuttosto stupido, ma siamo sicuri che con un nome differente alla guida della FIR le cose sarebbero andate diversamente? Io questa certezza non ce l’ho.
Non è semplice conoscere i veri perché della scelta di Bilbao e non di Milano o Roma, sono cose che rimangono generalmente chiuse dentro la stanza dei bottoni, ma porsi la questione è comunque un esercizio utile, a prescindere dalla risposta che ci si dà. E se alla fine la discussione dovesse fermarsi al solito “Gavazzi sì Gavazzi no”, beh, allora avremmo perso due volte.

Milano riparte: fusione tra CUS e ASR per fare da apripista alle Zebre

Milano

Cozze, frutti di mare e pesce spada per dare il via libera finale a una fusione che per chi conosce le cose milanesi era semplicemente fantascientifica. Invece.
La notizia, in esclusiva dal Grillotalpa: CUS Milano e ASR dalla prossima stagione avranno una sola “testa” e una sola prima squadra. Le giovanili invece, almeno in questa prima fase intermedia, continueranno ad avere le due maglie, poi si vedrà. Il via libera definitivo, dopo settimane di trattative tenute segrete, è arrivato in settimana dopo una cena all’Osteria Delizie del Mare in zona Porta Romana, a Milano. Le firme attese nei prossimi giorni, ma ormai paiono solo una formalità.

Una notizia destinata a far rumore in una città tanto importante ma che da troppi anni non respira l’aria del rugby di vertice: l’ASR milita quest’anno in Serie A, una categoria più sotto il CUS. Una fusione che non può essere scollegata dalle voci che vogliono le Zebre in probabile (probabilissimo ormai?) arrivo a Milano dopo una stagione di transizione in quel di Parma. Una stagione in cui nel capoluogo lombardo si lavorerà per la costruzione di una struttura che risponda ai requisiti richiesta dal board celtico e di cui la nuova realtà rugbistica Cus/ASR farà da fondamenta territoriale.

Una fusione che farà discutere all’ombra della Madonnina, vista soprattutto l’ormai proverbiale ritrosia dell’ASR a mischiarsi con le altre realtà locali, ma siamo davanti a un passo davvero importante per rilanciare una città che merita un rugby di livello.
Un’ultima indiscrezione: il logo della nuova società dovrebbe essere la scrofa semilanuta, che molti non sanno essere il simbolo della città di Milano (se non ci credete leggete qui oppure qui).