Placcaggi stupidi e placcaggi mancati: lo Zibaldone del week-end da Sei Nazioni. Con un nuovo esposto al CONI, pare…

Gli appunti e le impressioni del Grillotalpa stavolta toccano anche nazionale U20 e quella femminile. E prima di essere deferito (in buona compagnia) un consigliere federale avrebbe presentato un esposto per poter accedere alle specifiche di un Bilancio FIR già pubblicato. Ma gli è stato detto di no…

Sei Nazioni: non so quale sia il vostro pensiero, ma a mio modestissimo parere il torneo 2017 è stato di un livello davvero elevato. Da un punto di vista tattico, tecnico, dell’intensità e dello spettacolo. L’introduzione dei bonus male non pare aver fatto. Manca ancora una giornata, ok, ma direi che un primo giudizio si può già dare, no?

Inghilterra: finora aveva vinto e non convinto, poi rifila alla più bella Scozia degli ultimi anni una scoppola di quelle che si ricordano per un pezzo. Compito facilitato da Fraser Brown (guardare più avanti), d’accordo, però quei primi 10 minuti hanno indirizzato la partita, non l’hanno certo decisa. La verità è che l’Inghilterra è squadra di una solidità mostruosa, alla quale non si può concedere mai nulla, nemmeno nelle peggiori giornate. Figuriamoci in quelle come sabato. Ora la domanda è: a Dublino si prenderanno Grande Slam e record assoluto di vittorie consecutive?

Scozia: bisogna ribaltare il discorso appena fatto. D’accordo lo stupidissimo (e pericoloso) placcaggio di Brown, ma quei 10 minuti in 14 contro 15 non possono diventare un alibi. Al minuto 11 a Twickenham l’Inghilterra conduceva 10 a 0, che sicuramente non è cosa semplice da recuperare, ma nemmeno impossibile se hai 70 minuti ancora da giocare. La verità è che la squadra in maglia blu ha fallito un salto di qualità importante. Il pesantissimo ko di sabato non cancella quanto fatto di buono nel torneo (ed è davvero tanto). Rimango dell’opinione che sabato a Edimburgo ci faranno il mazzo, augurandomi di sbagliare clamorosamente.

Italia: un passo avanti, due indietro? Sì, probabile. Però senza il coniglio tirato fuori dal cilindro, come è successo a Twickenham, rimane la cruda realtà delle cose. E oggi l’Italia è questa cosa qui, inutile girarci attorno: siamo capaci di exploit ma la nostra normalità è un’altra. Abbiamo pochi giocatori di livello davvero internazionale, una tenuta fisica deficitaria, poche opzioni offensive. Se non siamo superconcentrati per ogni secondo di gioco possiamo davvero poco o nulla contro avversari più preparati, organizzati, fisicamente e tecnicamente superiori. Più forti. Questo non toglie nulla al lavoro di O’Shea e del suo staff, abbiamo iniziato una traversata nel deserto che sarà lunga e dolorosa. Inevitabilmente. Se poi si placca male come sabato pomeriggio…

Francia: ha fatto il suo, ma non è facile giudicarla. Rimane una mezza incompiuta, una squadra dalle possibilità enormi ma non espresse. A Roma ha svolto (bene) il suo compitino: ha incassato la nostra sfuriata iniziale limitando i danni, ci ha preso le misure e ci ha battuto su tutta la linea. Rimane la formazione meno solida da un punto di vista psicologico del torneo, Italia a parte. Strada ancora lunga da percorrerre, mezzi e giocatori però non mancano.

Galles: cuore gigantesco. Pur nella sua imperfezione sa soffrire come pochi altri e non smette mai di cercare di far male all’avversario. Contro l’Irlanda interpreta al meglio una gara contro una formazione più completa e organizzata. Ha però bisogno di nuove soluzioni, di nuove opzioni, altrimenti il rischio è quello di aver assistito quest’anno a un colpo di coda più che a un nuovo inizio.

Irlanda: la delusione finora del torneo. Non gioca male, intendiamoci, ma è al di sotto dello standard per la qualità che potrebbe esprimere. Va avanti a strappi e alterna a fasi di grande lucidità a momenti di buio e stanchezza. Una crisi di crescita? Lo scopriremo nei prossimi mesi.

Italia U20: il miglior gruppo da diversi anni a questa parte, lo abbiamo detto più volte e lo confermiamo, ma l’evidenza ci dice che siamo comunque inferiori per capacità tecniche e spesso anche fisiche ai nostri avversari. E quando giochiamo al meglio – leggi partita con l’Irlanda – difettiamo in quel cinismo e in quella freddezza che gli altri comunque sembrano avere. Bene il pacchetto degli avanti, ma nei trequarti soffriamo sempre delle nostre ormai annose mancanze. La ciccia è che alla fine abbiamo perso 4 gare su 4 e solo una abbiamo davvero “rischiato” di vincerla.

Italia femminile: torneo deludente, inutile nascondersi. Le ragazze di Di Giandomenico facevano ben sperare dopo i tornei degli ultimi anni ma stavolta non c’è stata una crescita, anzi sono stati fatti alcuni passi indietro. Quattro sconfitte, una vena realizzativa molto limitata (una trentina di punti fatti in tutto), luci che si accendono e si spengono. E’ anche vero che quest’anno ci sono i Mondiali, e quindi il focus della preparazione è tarato diversamente rispetto agli altri anni, ma non può e non deve diventare un alibi. Giocare qualche partita a novembre certo male non avrebbe fatto… Forza ragazze!

Flaminio e Zebre: dunque, la nuova sede non verrà più acquistata e spunta fuori l’idea di prendere e ristrutturare il Flaminio. Niente nazionale però, quindi là dentro ci giocheranno il Seven, le nazionali giovanili e la femminile. Ci faranno eventi e concerti. E poi ci saranno probabilmente le Zebre, ma tra due anni. Che nella prossima stagione – Alfredo Gavazzi dixit – rimarranno comunque a Parma qualunque cosa succeda. Una tempistica che dà un po’ di concretezza all’ipotesi-Flaminio. Che dire, vedremo. Qualche (eufemismo) dubbio sulla effettiva fattibilità e sulla tempistica c’è, ma mai dire mai.

Fondo di solidarietà, esposti: il fine settimana ci ha regalato la notizia del “rinvio a giudizio” presso la Procura Federale per Marzio Innocenti, Fulvio Lorigiola, Roberto Zanovello e Gianni Amore. Cosa hanno fatto? Avrebbero diffuso la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati del CONI per il vertice FIR riguardo alla gestione del fondo di solidarietà per i grandi infortunati. Ammesso e non concesso che lo abbiano fatto, erano notizie false? No, ma la federazione contesta ai suoi tesserati il gesto in sé e di aver violato “i principi di lealtà, correttezza e probità”, come dice lo Statuto.
Possiamo girarci attorno quanto vogliamo, ma è chiaro che soprattutto Zanovello è un mezzo problema per l’attuale presidente, abituato a un Consiglio Federale che sta quieto e non fa domande, come già succedeva con Dondi: il consigliere federale veneto tutto fa tranne che stare con le mani in mano. Ha presentato un esposto – insieme al consigliere Erika Morri – al CONI in cui chiede di poter accedere (non divulgare attenzione, accedere e prendere visione) ai contratti che legano FIR e board celtico, cosa che la federazione gli ha finora impedito. Non solo: al Grillotalpa risulta – notizia non confermata in via ufficiale – anche un secondo esposto sempre al CONI: motivo una serie di delucidazioni su alcune voci che sono andate a comporre l’ultimo Bilancio Consuntivo per poter meglio affrontare il Bilancio Preventivo 2017. Una richiesta di qualche mese fa su documenti tra l’altro relativi a un bilancio già licenziato e pubblicato, ma la FIR anche qui dice di “no”, ed ecco l’esposto al CONI. Senza dimenticare che il Bilancio Preventivo 2017 andava approvato entro la fine dello scorso novembre ma finora il Consiglio Federale non l’ha visto. Forse accadrà giovedì a Bologna in occasione della prima riunione dell’anno del parlamentino del nostro rugby. Forse. E comunque novembre è già passato da un bel pezzo.

Fraser Brown: amico, che ti è preso? Dopo un minuto e poco più di gara fare una roba del genere non è quella che si può definire un’alzata di ingegno…

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Sei Nazioni, Mondiale e campionato: il rugby delle ragazze aspetta un 2017 da trampolino elastico

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ph. Fotosportit/FIR

Tra un paio di settimane scatta il Sei Nazioni, il primo con una copertura tv (streaming compreso) degna di questo nome, ad agosto il Mondiale in Irlanda, in mezzo un campionato nazionale che ha trovato una sua stabilità ma che deve ancora crescere. Il 2017 del rugby delle ragazze potrebbe rivelarsi davvero importante in Italia. Ne ho parlato con la responsabile FIR del Settore Femminile, Maria Cristina Tonna, nonché vero deus ex machina del movimento…

Che cosa possiamo aspettarci? Decifrare il rugby femminile non è mai semplice, cose e valori cambiano molto più rapidamente che non tra gli uomini, da un anno con l’altro i panorami possono cambiare in maniera repentina anche per fattori che con lo sport hanno poco a che fare, come diventare mamma…
Hai individuato bene il nocciolo della questione: non è semplice programmare perché è un settore che si sta in qualche modo sviluppando, e non parlo solo del caso italiano, è più o meno così quasi dappertutto. Ci sono eventi che ormai fanno parte della tradizione, sono codificati, come il Sei Nazioni o il Mondiale, ma per tutto il resto invece c’è ancora molto da fare, a partire dagli impegni di novembre o le amichevoli di giugno. Gli uomini oggi conoscono in maniera piuttosto precisa quali saranno i loro impegni per i prossimi 2/3 anni almeno, per noi non è così.

Si naviga più a vista?
Non direi così. Piuttosto il mondo femminile è ancora molto legato a quelle che sono le tradizioni che hanno le grandi nazioni che da sempre guidano questo movimento: Inghilterra, Francia, Nuova Zelanda. Sono le squadre che storicamente sono più avanti e la programmazione delle stagioni è ancora molto legata a quelle che sono le abitudini di quei luoghi, dove ci sono accordi che vengono mantenuti vivi tutt’ora e questo si riflette sulle altre realtà.
Spesso si sottolinea che gli uomini non sono professionisti, ma in tantissimi paesi non lo sono nemmeno le donne e ci sono meno investimenti, magari non tanto da parte delle federazioni ma da parte degli sponsor. E’ un cane che si morde la coda.

L’Inghilterra da qualche anno ha un nucleo di giocatrici pagate dalla federazione, delle professioniste vere e proprie. Lo stesso mi pare anche la Nuova Zelanda e pure la Francia. In Italia gli uomini non sono ufficialmente riconosciuti come professionisti, ma almeno nell’alto livello sono pagati come tali. Non sarebbe meglio a questo punto spingere affinché la federazione metta sotto contratto un gruppo di atlete, una decina, che sul medio periodo possano garantire l’ossatura della nazionale?
Le donne hanno sicuramente delle difficoltà maggiori rispetto agli uomini. Basta pensare come dicevi tu alla gravidanza, che è una tappa fondamentale nella vita di una ragazza/donna a prescindere dal fatto che faccia o meno un qualsiasi sport. Sono discorsi molto più ampi che vanno oltre il rugby. Io mi occupo di sport, ma non lo dico per glissare la domanda. Ti posso dire che le ragazze ci mettono una passione incredibile e che nessun tipo di stipendio può fare da deterrente.
Oggi abbiamo questo e andiamo avanti così, chiaramente abbiamo fatto dei risultati e speriamo che la situazione migliori. Il board ha preso decisioni importanti, che ci daranno maggiore visibilità e io sono convinta che arriveranno nuovi sponsor che si interesseranno all’attività rugbistica femminile.

Tornando al Sei Nazioni, cosa dobbiamo aspettarci? Tenendo conto di quella propensione al cambiamento molto rapido che c’è nel mondo femminile quali sono le formazioni che potrebbero avere qualcosa in più da dire? E cosa può regalarci la nazionale azzurra?
Come tutti gli altri useremo il Sei Nazioni come warm-up in vista del Mondiale in Irlanda perché sono le gare di più alto livello che ci sono in programma. Questo non avvantaggerà nessuno e credo che tutti metteranno sempre in campo la migliore formazione possibile.
Inghilterra, Francia e Irlanda sono comunque un passo avanti a tutte le altre e lo hanno dimostrato negli ultimi anni vincendo un po’ a turno il Sei Nazioni, facendo molto bene tutte e tre al Mondiale del 2014. Hanno poi un bacino importante di ragazze che giocano e questo permette loro di avere un ricambio continuo. Noi siamo subito dopo di loro, lo abbiamo dimostrato battendo la Francia due anni fa o battagliando con l’Inghilterra fino alla fine a Ivrea l’anno scorso. Cercheremo di fare del nostro meglio e il fatto di non porci dei limiti pur avendo ben chiaro quali sono i nostri ci da una grande serenità nell’affrontare qualsiasi avversario. Questo è un grande merito di Andrea Di Giandomenico, il ct, che ha insegnato alle ragazze a lavorare sulla prestazione perché con quella poi arriva anche il risultato. Siamo consapevoli di chi siamo e di quello che sappiamo fare.

Il Mondiale invece è ancora troppo lontano per poter dire qualcosa?
E’ un obiettivo che abbiamo raggiunto dopo tantissimi anni, la cosa certa è che non abbiamo nessuna intenzione di andare in Irlanda a fare le turiste. E’ un risultato che abbiamo voluto in maniera caparbia, ancora ricordiamo la grandissima delusione quando fummo escluse dall’edizione francese del 2014 anche per un sistema di qualificazione discutibile e secondo noi inadeguato rispetto a quello che stava diventando il rugby femminile internazionale.
Noi ci stiamo preparando in maniera molto serena, determinata e non sotto i riflettori. Stiamo lavorando bene, in maniera continua e costante: una volta finito il Sei Nazioni e le competizioni nazionali entreremo nella fase finale dell’avvicinamento con due mesi di lavoro assieme in cui faremo delle cose più mirate.

Ci si può sbilanciare sui gironi iridati?
Tutte le poule sono forti, ma d’altronde ci sono 12 squadre partecipanti al torneo e non può essere diversamente. Gironi semplici non esistono. Dobbiamo vedercela con la Spagna che non gode di grande credito ma per quanto mi riguarda avrei evitato e magari incontrato volentieri più avanti; con gli Stati Uniti possiamo dire la nostra e poi c’è l’Inghilterra che è chiaro che è una delle grandissime potenze del rugby mondiale. Arrivano prontissime e hanno un bacino di giocatrici enorme, hanno delle strutture attorno che sono molto più solide delle nostre e hanno più storia. Vogliamo fare bene: stiamo lavorando per arrivare lì con le armi giuste e provare a passare il turno. Non vogliamo fare le spettatrici.

Non ti farò la “solita” domanda sul rapporto risultati ragazze-risultati uomini. Però è innegabile che il fatto che voi abbiate ottenuto dei risultati vi ha aiutato a crescere nonostante il continuo ricambio di giocatrici, cosa che invece non si può dire per i maschietti che godono di una stabilità di gruppo superiore
E’ vero che le ragazze hanno più motivi per smettere, ma va pure detto che noi questo ricambio lo abbiamo sempre ricercato per avere una rosa più ampia e non rimanere con una coperta troppo corta, avendo avuto per tanti anni la coperta cortissima. Abbiamo cercato di imparare dalla nostra storia e cerchiamo di essere più lungimiranti.
E vincere ci ha aiutato moltissimo sul piano della crescita mentale: a volte di vincere si ha paura, non si riesce a superare un timore riverenzialenei confronti di chi fino al giorno prima era il tuo modello. Faccio un esempio: oggi ci è rimasto questo tabù di battere l’Irlanda,  io credo che sia già nelle nostre corde ma dobbiamo raggiungere mentalmente la consapevolezza che lo possiamo fare. Non ti nego che mi piacerebbe molto farlo a L’Aquila il 12 febbraio, anche per i motivi che tutti voi potete immaginare.

A fronte di quel continuo ricambio che c’è nella rosa delle giocatrici la nazionale femminile ha uno staff tecnico e dirigenziale che nel corso degli anni è cambiato pochissimo. Pensi che questo aspetto abbia aiutato?
Io credo di sì perché si è raggiunto un affiatamento importante. Penso che sia un valore aggiunto che ci aiuta a superare anche i momenti di tensione o a correggere immediatamente un errore. Siamo diventati molto bravi in questo, siamo solidali tra di noi pur rispettando i compiti, gli ambiti e le particolarità di ciascuno. Ci diamo una mano senza invadere il campo altrui.

Il Sei Nazioni 2017 avrà finalmente una copertura televisiva degna di questo nome
E’ un passo epocale: il board del torneo ha deciso di schiacciare il pedale dell’accelerazione sul torneo delle donne perchè nel mondo la stessa World Rugby ha capito che il settore femminile è un fattore importantissimo di crescita

Il nostro campionato. Sono stati anni non semplici: cambi di formule, squadre scomparse, altre che si sono fuse. Un movimento sicuramente vivace ma dove i problemi non mancano. Esiste una crescita anche lì?
C’è ovviamente un distacco rispetto ai risultati della nazionale, ma credo che sia fisiologico tanto è vero che questo gap c’è anche nel settore maschile. Il nostro campionato nazionale ha avuto una importante crescita anche numerica alla quale stiamo cercando di dare una risposta qualitativa. La formula del torneo si è stabilizzata e dà pari opportunità alle squadre del nord e del sud. Stiamo cercando di traghettarlo verso la meritocrazia ma serve un numero congruo di squadre, serve tempo.
Io comunque non demonizzerei il campionato perché ci dà dando risultati quantitativi e qualitativi. Sono tante le società che collaborano con le squadre di Serie A grazie alla realizzazione dei tutoraggi, sono tante le ragazze che si stanno avvicinando al rugby a 15, riusciamo ad arrivare al territorio in maniera più capillare. L’azzurro, diciamo così, riesce a penetrare un po’ dappertutto e questo è un bel messaggio anche per la ragazzina che magari vive nel paesino un po’ sperduto e che coltiva questa passione.
E’ vero che alcune squadre sono sparite ma se c’è una cosa di cui non posso certo lamentarmi è la passione delle ragazze. C’è invece da dire che sono poche le società che investono seriamente e in maniera continuativa nel rugby femminile. Il “folclore” del rugby delle ragazze di ormai 20 anni fa dovrebbe essere passato, ma non per tutti è così. Eppure con la nazionale abbiamo dimostrato di quello che siamo capaci, e pure con finali di campionato di buon livello come quella dello scorso anno che ha richiamato duemila tifosi.

Una domanda secca per chiudere: il 2017 è un anno importante ma sarà un punto di arrivo o in qualche modo di partenza per tutto il movimento?
Io credo un bel trampolino elastico d’arrivo e di ripartenza, che ci proietti verso nuove sfide fra cui quella di aumentare i numeri soprattutto fra le bambine.