
Tra un paio di settimane scatta il Sei Nazioni, il primo con una copertura tv (streaming compreso) degna di questo nome, ad agosto il Mondiale in Irlanda, in mezzo un campionato nazionale che ha trovato una sua stabilità ma che deve ancora crescere. Il 2017 del rugby delle ragazze potrebbe rivelarsi davvero importante in Italia. Ne ho parlato con la responsabile FIR del Settore Femminile, Maria Cristina Tonna, nonché vero deus ex machina del movimento…
Che cosa possiamo aspettarci? Decifrare il rugby femminile non è mai semplice, cose e valori cambiano molto più rapidamente che non tra gli uomini, da un anno con l’altro i panorami possono cambiare in maniera repentina anche per fattori che con lo sport hanno poco a che fare, come diventare mamma…
Hai individuato bene il nocciolo della questione: non è semplice programmare perché è un settore che si sta in qualche modo sviluppando, e non parlo solo del caso italiano, è più o meno così quasi dappertutto. Ci sono eventi che ormai fanno parte della tradizione, sono codificati, come il Sei Nazioni o il Mondiale, ma per tutto il resto invece c’è ancora molto da fare, a partire dagli impegni di novembre o le amichevoli di giugno. Gli uomini oggi conoscono in maniera piuttosto precisa quali saranno i loro impegni per i prossimi 2/3 anni almeno, per noi non è così.
Si naviga più a vista?
Non direi così. Piuttosto il mondo femminile è ancora molto legato a quelle che sono le tradizioni che hanno le grandi nazioni che da sempre guidano questo movimento: Inghilterra, Francia, Nuova Zelanda. Sono le squadre che storicamente sono più avanti e la programmazione delle stagioni è ancora molto legata a quelle che sono le abitudini di quei luoghi, dove ci sono accordi che vengono mantenuti vivi tutt’ora e questo si riflette sulle altre realtà.
Spesso si sottolinea che gli uomini non sono professionisti, ma in tantissimi paesi non lo sono nemmeno le donne e ci sono meno investimenti, magari non tanto da parte delle federazioni ma da parte degli sponsor. E’ un cane che si morde la coda.
L’Inghilterra da qualche anno ha un nucleo di giocatrici pagate dalla federazione, delle professioniste vere e proprie. Lo stesso mi pare anche la Nuova Zelanda e pure la Francia. In Italia gli uomini non sono ufficialmente riconosciuti come professionisti, ma almeno nell’alto livello sono pagati come tali. Non sarebbe meglio a questo punto spingere affinché la federazione metta sotto contratto un gruppo di atlete, una decina, che sul medio periodo possano garantire l’ossatura della nazionale?
Le donne hanno sicuramente delle difficoltà maggiori rispetto agli uomini. Basta pensare come dicevi tu alla gravidanza, che è una tappa fondamentale nella vita di una ragazza/donna a prescindere dal fatto che faccia o meno un qualsiasi sport. Sono discorsi molto più ampi che vanno oltre il rugby. Io mi occupo di sport, ma non lo dico per glissare la domanda. Ti posso dire che le ragazze ci mettono una passione incredibile e che nessun tipo di stipendio può fare da deterrente.
Oggi abbiamo questo e andiamo avanti così, chiaramente abbiamo fatto dei risultati e speriamo che la situazione migliori. Il board ha preso decisioni importanti, che ci daranno maggiore visibilità e io sono convinta che arriveranno nuovi sponsor che si interesseranno all’attività rugbistica femminile.
Tornando al Sei Nazioni, cosa dobbiamo aspettarci? Tenendo conto di quella propensione al cambiamento molto rapido che c’è nel mondo femminile quali sono le formazioni che potrebbero avere qualcosa in più da dire? E cosa può regalarci la nazionale azzurra?
Come tutti gli altri useremo il Sei Nazioni come warm-up in vista del Mondiale in Irlanda perché sono le gare di più alto livello che ci sono in programma. Questo non avvantaggerà nessuno e credo che tutti metteranno sempre in campo la migliore formazione possibile.
Inghilterra, Francia e Irlanda sono comunque un passo avanti a tutte le altre e lo hanno dimostrato negli ultimi anni vincendo un po’ a turno il Sei Nazioni, facendo molto bene tutte e tre al Mondiale del 2014. Hanno poi un bacino importante di ragazze che giocano e questo permette loro di avere un ricambio continuo. Noi siamo subito dopo di loro, lo abbiamo dimostrato battendo la Francia due anni fa o battagliando con l’Inghilterra fino alla fine a Ivrea l’anno scorso. Cercheremo di fare del nostro meglio e il fatto di non porci dei limiti pur avendo ben chiaro quali sono i nostri ci da una grande serenità nell’affrontare qualsiasi avversario. Questo è un grande merito di Andrea Di Giandomenico, il ct, che ha insegnato alle ragazze a lavorare sulla prestazione perché con quella poi arriva anche il risultato. Siamo consapevoli di chi siamo e di quello che sappiamo fare.
Il Mondiale invece è ancora troppo lontano per poter dire qualcosa?
E’ un obiettivo che abbiamo raggiunto dopo tantissimi anni, la cosa certa è che non abbiamo nessuna intenzione di andare in Irlanda a fare le turiste. E’ un risultato che abbiamo voluto in maniera caparbia, ancora ricordiamo la grandissima delusione quando fummo escluse dall’edizione francese del 2014 anche per un sistema di qualificazione discutibile e secondo noi inadeguato rispetto a quello che stava diventando il rugby femminile internazionale.
Noi ci stiamo preparando in maniera molto serena, determinata e non sotto i riflettori. Stiamo lavorando bene, in maniera continua e costante: una volta finito il Sei Nazioni e le competizioni nazionali entreremo nella fase finale dell’avvicinamento con due mesi di lavoro assieme in cui faremo delle cose più mirate.
Ci si può sbilanciare sui gironi iridati?
Tutte le poule sono forti, ma d’altronde ci sono 12 squadre partecipanti al torneo e non può essere diversamente. Gironi semplici non esistono. Dobbiamo vedercela con la Spagna che non gode di grande credito ma per quanto mi riguarda avrei evitato e magari incontrato volentieri più avanti; con gli Stati Uniti possiamo dire la nostra e poi c’è l’Inghilterra che è chiaro che è una delle grandissime potenze del rugby mondiale. Arrivano prontissime e hanno un bacino di giocatrici enorme, hanno delle strutture attorno che sono molto più solide delle nostre e hanno più storia. Vogliamo fare bene: stiamo lavorando per arrivare lì con le armi giuste e provare a passare il turno. Non vogliamo fare le spettatrici.
Non ti farò la “solita” domanda sul rapporto risultati ragazze-risultati uomini. Però è innegabile che il fatto che voi abbiate ottenuto dei risultati vi ha aiutato a crescere nonostante il continuo ricambio di giocatrici, cosa che invece non si può dire per i maschietti che godono di una stabilità di gruppo superiore
E’ vero che le ragazze hanno più motivi per smettere, ma va pure detto che noi questo ricambio lo abbiamo sempre ricercato per avere una rosa più ampia e non rimanere con una coperta troppo corta, avendo avuto per tanti anni la coperta cortissima. Abbiamo cercato di imparare dalla nostra storia e cerchiamo di essere più lungimiranti.
E vincere ci ha aiutato moltissimo sul piano della crescita mentale: a volte di vincere si ha paura, non si riesce a superare un timore riverenzialenei confronti di chi fino al giorno prima era il tuo modello. Faccio un esempio: oggi ci è rimasto questo tabù di battere l’Irlanda, io credo che sia già nelle nostre corde ma dobbiamo raggiungere mentalmente la consapevolezza che lo possiamo fare. Non ti nego che mi piacerebbe molto farlo a L’Aquila il 12 febbraio, anche per i motivi che tutti voi potete immaginare.
A fronte di quel continuo ricambio che c’è nella rosa delle giocatrici la nazionale femminile ha uno staff tecnico e dirigenziale che nel corso degli anni è cambiato pochissimo. Pensi che questo aspetto abbia aiutato?
Io credo di sì perché si è raggiunto un affiatamento importante. Penso che sia un valore aggiunto che ci aiuta a superare anche i momenti di tensione o a correggere immediatamente un errore. Siamo diventati molto bravi in questo, siamo solidali tra di noi pur rispettando i compiti, gli ambiti e le particolarità di ciascuno. Ci diamo una mano senza invadere il campo altrui.
Il Sei Nazioni 2017 avrà finalmente una copertura televisiva degna di questo nome
E’ un passo epocale: il board del torneo ha deciso di schiacciare il pedale dell’accelerazione sul torneo delle donne perchè nel mondo la stessa World Rugby ha capito che il settore femminile è un fattore importantissimo di crescita
Il nostro campionato. Sono stati anni non semplici: cambi di formule, squadre scomparse, altre che si sono fuse. Un movimento sicuramente vivace ma dove i problemi non mancano. Esiste una crescita anche lì?
C’è ovviamente un distacco rispetto ai risultati della nazionale, ma credo che sia fisiologico tanto è vero che questo gap c’è anche nel settore maschile. Il nostro campionato nazionale ha avuto una importante crescita anche numerica alla quale stiamo cercando di dare una risposta qualitativa. La formula del torneo si è stabilizzata e dà pari opportunità alle squadre del nord e del sud. Stiamo cercando di traghettarlo verso la meritocrazia ma serve un numero congruo di squadre, serve tempo.
Io comunque non demonizzerei il campionato perché ci dà dando risultati quantitativi e qualitativi. Sono tante le società che collaborano con le squadre di Serie A grazie alla realizzazione dei tutoraggi, sono tante le ragazze che si stanno avvicinando al rugby a 15, riusciamo ad arrivare al territorio in maniera più capillare. L’azzurro, diciamo così, riesce a penetrare un po’ dappertutto e questo è un bel messaggio anche per la ragazzina che magari vive nel paesino un po’ sperduto e che coltiva questa passione.
E’ vero che alcune squadre sono sparite ma se c’è una cosa di cui non posso certo lamentarmi è la passione delle ragazze. C’è invece da dire che sono poche le società che investono seriamente e in maniera continuativa nel rugby femminile. Il “folclore” del rugby delle ragazze di ormai 20 anni fa dovrebbe essere passato, ma non per tutti è così. Eppure con la nazionale abbiamo dimostrato di quello che siamo capaci, e pure con finali di campionato di buon livello come quella dello scorso anno che ha richiamato duemila tifosi.
Una domanda secca per chiudere: il 2017 è un anno importante ma sarà un punto di arrivo o in qualche modo di partenza per tutto il movimento?
Io credo un bel trampolino elastico d’arrivo e di ripartenza, che ci proietti verso nuove sfide fra cui quella di aumentare i numeri soprattutto fra le bambine.
Forza ragazze! Negli ultimi anni (se togliamo la vittoria contro i Bokke) ci hanno dato piu’ soddisfazioni loro della controparte maschile.
Grazie Paolo per l’approfondimento.
“Basta pensare come dicevi tu alla gravidanza, che è una tappa fondamentale nella vita di una ragazza/donna a prescindere dal fatto che faccia o meno un qualsiasi sport.”
Ho qualche amica e conoscente che non la pensa proprio cosi’, anzi…eh eh
il movimento femminile è quanto di più sano e vincente il nostro sport possa avere in questo momento, purtroppo non riceve le dovute attenzioni e tocca sgomitare per salire agli onori della cronaca. guardando in giro sul web, nazionali come il Galles o l Irlanda stanno già facendo parecchi test match di preparazione al 6N, cosa che le nostre ragazze non hanno fatto neanche a Novembre. A differenze loro però da noi c’è un campionato e un torneo a 7 che fa tanta propaganda…in bocca al lupo a tutte
Bella intervista, di quelle “da Paolo”. Stavo scrivendo “da Grillo”, ma mi si è imbizzarrita la tastiera: è sensibile ed empatica almeno quanto zozza. Tanta concretezza (che vuol dire competenza) nel nostro rugby rosa, ma la scelta pro di inglesi e francesi metterà a dura prova il sistema complessivo. Non come per i maschi, neanche là credo ci saranno i soldi per campionati pro, ma un po’ come quando nello sport in genere c’era da affrontare europei, mondiali e Olimpiadi contro le nazionali dei paesi a trazione Lokomotiv, Dinamo, Sparta e Fiamme Rosse. La stazza, la potenza e la dinamica di alcune delle francesi e inglesi viste l’anno scorso non mi sono sembrate se non marginalmente merito di mamma e papà, e di certo non di tre allenamenti serali la settimana. E non sto parlando di doping, ma di struttura fisica ed atletica più ancora che di condizione fisica. Per la condizione, al mondiale le ragazze avranno (meritoriamente) due mesi di tempo per la preparazione: magari rompessero per prime il muro storico del passaggio del turno.
Penso che avere la tranqullità economica derivante dalla federazione che ti paga un salario a lungo termine paghi, permette a quelle donne di concentrarsi solo (o comunque prioritariamente) sul rugby (allenamenti tecnici, preparazione atletica, palestra, ecc.ecc.). Questo potrebbe aumentare il divario già esistente. Immaginiamo da noi tutti gli schermidori, sciatori, fucilieri, ecc. ecc. se non avessero la tranquillità derivante dallo stipendio che arriva il 24 del mese, avrebbero lo stesso cosi’ tanti successi? Ne dubito.
Una volta era il 27, pensa te come sono anziano. Ma mi sbaglio o adesso nel pubblico pagano i dipendenti a fine mese? Anche i professionisti e le imprese, se è per quello: a fine mese ma non si sa quale e di che anno.
Ciao mal nel pubblico impiego civile è 27. Forze dell’ordine e forze armate pagano il 24 😉
Che culo, loro arrivano di sicuro al 27 😉
Perche’ io so’ Vito Catozzo, un vero macchio! Io tratto le donne come tratto i delinquenti! Ci ho mia moglie Derelitta che ha un rapporto peso-potenza 1:1. 140 chili, 1 metro e 40… Pure la dieta mi va a fare, mondo cano: mi diventa 110 chili… Ci ho detto: “Derelitta, se volevo un’indossatrice la sposavo, maiala la mandria con tutti i mandriani!”.
verrebbe quasi voglia di non parlarne dell’italrugby femminile, che magari qualcuno in alto si interessa e per “migliorare” sfascia tutto, però come non complimentarsi con chi riesce a trasformare passione e dedizione di queste atlete in risultati positivi?
forza ragazze, avanti tutta
Maria Cristina Tonna é uno di quei dirigenti FIR che , nell’immaginario di molti spaccamontagne da tastiera, andrebbero spazzati via. Invece è seria, preparata e competente.
Il rugby femminile cresce molto di più, in termini di qualità dei praticanti, di quello maschile l’anno scorso la serie A é stata dominata da Valsugana e Monza, quest’anno si è aggiunta Colorno, con atlete italiane giovani. Non è da escludere che il movimento femminile sappia trovare soluzioni , relativamente al professionismo,migliori dei maschi.
vado OT per segnalare che la classe di Biagi è inarrivabile…
gli tolgono la fascia da capitano? e lui risponde per le rime…
post del 21/01/17 ore 13.38
https://www.facebook.com/GeorgeBiagiOfficialPage/
presidente anche tu da queste parti
#ppct
biagi e’ un bargeo vero hro
Complimenti a queste formidabili ragazze
tose ci vediamo sicuramente al fattori x sfatare il tabu’ del trifoglio porta fortuna.