Nuovi sponsor, vecchie abitudini: si dice la durata ma nulla sulla vil pecunia. Glasnost dove sei?

ph. Fotosportit/FIR

Dopo 12 anni sulle maglie azzurre non comparirà più la scritta Cariparma ma Cattolica Assicurazioni. Si vocifera di un accordo al ribasso per la FIR che però non dà cifre ufficiali

“Ma quale è il supporto economico che la FIR ricava da Cattolica e dagli sponsor azzurri? Mah. Non si sa”. A chiederselo – e a scriverlo – è stato un paio di giorni fa il blog Il Nero Il Rugby in commento all’annuncio del nuovo contratto di sponsorizzazione che legherà la nazionale azzurra a Cattolica Assicurazioni per i prossimi 7 anni. Una domanda legittima, visto che conosciamo la durata del contratto di quello che è e sarà il main sponsor dell’Italia a partire dai test-match del prossimo novembre, ma nulla sappiamo della parte che più conta, ovvero quella riguardante la vil pecunia.
Nel comunicato diffuso dalla FIR lo scorso 3 luglio non ci sono cifre, ma d’altronde non c’era la benché minima indicazione finanziaria nemmeno nella nota federale con cui il 19 giugno la Federazione e Crédit Agricole Cariparma annunciavano la separazione delle loro strade dopo ben 12 anni (fatemela tirare sono per 30 secondi: ero stato il primo a scriverlo): c’erano le pacche sulla schiena tra i maggiori rappresentanti dei due enti coinvolti, il ringraziamento reciproco e l’altrettanto reciproco augurio di un futuro luminoso, ma nessuna cifra. Sì, qualche dato generale e assai generico sulla crescita del movimento in termini di tesserati, ma nulla su quanto è stato investito e su quale siano stati gli eventuali ritorni. Zero. Eppure quale migliore occasione per fare un bilancio?

Ma d’altronde la cosa non può stupire visto che la trasparenza non è mai stato il punto forte delle pezze contabili pubblicate dalla FIR. Giusto per essere chiari: la federazione non viola nessun regolamento o normativa, quei documenti sono assolutamente validi e redatti in maniera conforme alle normative vigenti. Detto questo basterebbe poco per essere un po’ più chiari e trasparenti. Basterebbe volerlo. Nei bilanci FIR, è un esempio che ho fatto più volte, non esiste una chiara voce “Zebre” che ci dica esattamente quanto costi la franchigia federale, ma i capitoli di spesa sono spacchettati e separati sotto varie voci. Tutto lecito? Sì. Tutto chiaro? No. Quindi che anche in questo caso non si sappia l’esatta quantità di soldi che entreranno in cassa con il nuovo sponsor non stupisce. Però lasciatemi il rammarico.

Nell’articolo da cui ho preso il via si parla di indiscrezioni secondo le quali la parte economica dei nuovi contratti – quello di Macron compreso – sia notevolmente inferiore a quelli in vigore in precedenza. Sono solo rumors che circolano da un po’, vanno quindi presi con le pinze, e trattati per quello che sono però se la cosa fosse vera (anche qui) non dovremmo stupirci: il campo continua a non dare risultati e l’effetto “ingresso nel Sei Nazioni” si è ormai esaurito da tempo. Ma fermiamoci qui: se un giorno la FIR vorrà rendere note quelle cifre ne parleremo nello specifico.
Qualcuno potrebbe dire che nemmeno gli altri rivelano certe cifre, non tutti almeno. E’ vero, ecco un esempio pratico: questa è la voce sponsorizzazioni del Bilancio Preventivo FIR del 2017, il documento contabile reso pubblico più recentemente dalla nostra federazione
Questo è quello che scrive la federazione inglese nell’Annual Report 2017

Come vedete la voce “sponsorship” non è dettagliatamente esplicitata. Detta in altre parole: quanti soldi dà Canterbury alla RFU? Non lo si sa nel dettaglio.
Però due cose vanno dette. La prima, moto banalmente, è che non è che se una cosa non la fanno gli altri allora non devo farla nemmeno io…
Secondo: la mancanza di chiarezza della RFU in quell’ambito specifico è controbilanciata da una trasparenza diffusa e nel Report (che comunque va ricordato che non è il documento contabile tout court ma una brochure riepilogativa ed esaustiva di tutto il lavoro della federazione) si arrivano ad esplicitare anche – ed è solo un esempio – gli stipendi delle massime cariche che la guidano, dal presidente Bill Beaumont in giù. I due documenti non sono assolutamente equivalenti sotto il profilo della trasparenza e della loro immediatezza. Ma come dicevo prima: basterebbe poco, basterebbe volerlo.

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I convocati di Scozia e Galles per il Sei Nazioni e giro di sponsor per l’Italrugby: Le Tre di R1823

Credit Agricole Cariparma Test Match 2017, Catania, Stadio Massimino, 11-11-2017, Italia v Fiji.
Foto: Roberto Bregani / Fotosportit

Ecco le tre notizie di cronaca ovale più importanti della giornata. I link rimandano agli articoli pubblicati da R1823 di Duccio Fumero. Queste le news di oggi, cliccate sui titoli per leggerle interamente.

RUGBY E SOLDI: L’ITALIA A CACCIA DI SPONSOR
Nei prossimi mesi la Federazione dovrà muoversi per trovare un nuovo main sponsor. Ma ci sono dei dubbi

SEI NAZIONI: SCOZIA, ECCO I CONVOCATI
Gregor Townsend ha annunciato i giocatori chiamati in vista del Torneo che inizierà il prossimo 3 febbraio

SEI NAZIONI: GALLES, CONVOCATI 39 DRAGONI
Warren Gatland ha annunciato i 39 uomini che prepareranno il Torneo continentale di rugby al via il prossimo 3 febbraio

Rugby e sponsor: Edison dice addio alla FIR, Cariparma traballa

Maglia Macron azzurra

Subito la notizia: il 31 dicembre prossimo venturo vede la conclusione del contratto di sponsorizzazione in essere tra Edison e Cariparma con la nazionale azzurra di rugby. Per quanto riguarda l’azienda energetica si tratta di una fine corsa visto che l’accordo non verrà rinnovato mentre per quanto riguarda l’istituto di credito c’è qualche possibilità che rimanga ancora nel novero dei sostenitori della FIR.
Sono notizie raccolte da questo blog che non hanno il crisma dell’ufficialità ma più fonti di prima mano hanno confermato la cosa: la federazione d’altronde non commenta mai in via ufficiale questo genere di notizie, basti ricordare solo qualche mese fa l’assoluto riserbo che ha circondato l’addio di Adidas e l’arrivo di Macron quale nuovo sponsor tecnico, un vero e proprio segreto di Pulcinella ma la policy della FIR – rispettabilissima, s’intende – è quella di mantenere il silenzio. Lo stesso dicasi per le aziende coinvolte.

Questa la situazione. Edison: l’azienda vive un momento particolare, di cambiamenti, e avrebbe deciso di lasciare decadere il grosso delle sue sponsorizzazioni sportive, compresa quella del rugby e il contratto con FIR non verrà quindi rinnovato, a meno di clamorose sorprese.
Cariparma: anche in questo caso il contratto oggi in essere scade a fine anno ma con quello che è uno dei legami di sponsorizzazione più duraturi e importanti ci sarebbe comunque un accordo di massima per arrivare sino al termine del prossimo tour estivo. Una proroga dopo la quale però ogni opzione è possibile – se ne sta discutendo – e quella dell’addio non è affatto esclusa, anzi.

Un doppio problema che giunge in un momento certo non felicissimo sotto l’aspetto economico per la federazione, che ha chiuso in rosso gli ultimi due bilanci e che sta attendendo il giudizio del CONI sul piano di rientro triennale richiesto dallo stesso massimo organo sportivo italiano.
Il bilancio consuntivo 2016, alla voce “ricavi da pubblicità e sponsorizzazione” registra incassi per 4.853.157,68 euro, in forte calo rispetto all’esercizio precedente che a quella voce vedeva 5.519.738,46 euro. Per dare un quadro più esaustivo segnalo che secondo il Bilancio Preventivo 2017 approvato dal Consiglio Federale lo scorso 24 marzo le sponsorizzazioni ammontavano a 5.240.095 euro, cifra intermedia tra tra le due prima presentate e comunque in crescita rispetto all’ultimo bilancio consuntivo. Non va comunque dimenticato che si tratta di una voce ancora non certificata e che teneva conto di “una serie di contatti con aziende giapponesi, legati ai progetti della prossima RWC, che rappresentano al momento un importante potenziale di crescita che confidiamo possano concretizzarsi quanto prima nella formalizzazione di nuove partnership”, così come si leggeva nella allegata Relazione Sulle Gestione firmata dal presidente Gavazzi. Insomma, sponsorizzazioni di cui si parla ormai da mesi ma ancora tutte da concretizzare.

In un simile panorama, dove non si capisce se la FIR nel bilancio preventivo 2017 avesse già tenuto conto o meno dell’eventuale addio delle due sponsorizzazioni in questione, arrivano queste notizie. La situazione economica del paese si sta lentamente muovendo e questo spinge ad essere un po’ più ottimisti per il futuro, ma sono cose per cui serve tempo e non va dimenticato che Cariparma ed Edison sono comunque i due sponsor più importanti e di lunga data della nazionale: il loro peso economico all’interno della voce in esame è non quantificabile (i bilanci non lo specificano) ma sicuramente elevato.

Scelte personali, niente conseguenze: se Sonny Bill Williams si comporta come il marchese del Grillo

SBW

Il neozelandese è tornato a far parlare di sé per motivi extra-sportivi. Una vicenda fatta di legittime convinzioni e di contratti di sponsorizzazioni (non personali) che non vengono rispettati senza che nessuno paghi un qualche dazio. Una storia, forse, fatta di figli e figliastri. Che inizia dai Radiohead.

A me la vicenda che riguarda lo sponsor sulla maglia di Sonny Bill Williams ha fatto venire in mente i Radiohead. Nell’ottobre 2007 la band inglese pubblicò sul suo sito il disco di inediti “In rainbows”, lavoro che ognuno poteva scaricare in via assolutamente legale a offerta libera: la scelta di dare 50 euro, 10 oppure nulla era a totale discrezione dell’utente/ascoltatore. Il lavoro arrivò nei negozi in forma fisica nel dicembre successivo.
Critica e addetti alla stampa andarono in sollucchero (lo fanno sempre quando di mezzo ci sono Thom Yorke e compagni. Qualunque cosa facciano, in maniera aprioristica) sottolineando quanto fosse rivoluzionaria questa maniera di distribuzione di un disco nuovo. E lo era, intendiamoci, però in pochi sottolinearono un aspetto evidente di quella vicenda: quell’operazione era possibile perché di mezzo c’erano i Radiohead, ovvero una band famosa, amata e stimata in ogni angolo del pianeta. Non conosco i dati economici dell’operazione, ma sono pronto a scommettere che il gruppo inglese alla fine non ci perse un granché rispetto a una vendita tradizionale. Anche perché nel 2007 le vendite dei dischi erano già poca cosa.

Cosa c’entrano i Radiohead con Sonny Bill Williams? Entrambi hanno potuto imporre e mettere in pratica le loro scelte in forza e grazie alla loro notorietà. Che se fossero stati dei signor nessuno… SBW lo scorso fine settimana è tornato in campo dopo il grave infortunio rimediato durante le Olimpiadi di Rio lo scorso agosto dove si trovava con la nazionale neozelandese di seven. Sceso in campo a Dunedin con i Blues nella gara di Super Rugby contro gli Highlanders ha fatto coprire il logo di BNZ presente sulla sua maglia: l’all blacks due volte campione del mondo è infatti musulmano e la sua religione vieta il prestito a interesse, evidentemente praticato dalle banche (quelle musulmane hanno sviluppato negli ultimi decenni diverse pratiche che consentono di superare – rispettandolo – questo ostacolo e il loro tasso di crescita è da tempo a doppia cifra).
Uno di quegli episodi che fanno discutere, con schieramenti che vanno formandosi tra chi difende il giocatore e chi invece sottolinea che il presumibilmente lauto stipendio di SBW è garantito anche da sponsor di quel tipo. E’ uno di quei casi in cui non se ne esce, almeno sul piano dei princìpi: entrambe le parti hanno le loro ragioni, inattaccabili. SBW ha tutto il diritto di manifestare le sue opinioni e convinzioni, BNZ ha dalla sua un contratto che parla chiaro.

A mio parere bisognerebbe centrare meglio la questione, facendo chiarezza sull’oggetto di cui si sta discutendo. E’ legittima la presa di posizione di Sonny Bill Williams? Sì, è una cosa che riguarda unicamente la sua coscienza, ma allora dovrebbe portare alle necessarie conseguenze il suo gesto, la sua scelta, ovvero non giocare per squadre che sfoggiano determinati loghi. Mohammed Alì, uno dei più grandi sportivi di sempre, per la sua scelta di non rispondere alla chiamata alle armi e andare in Vietnam fu accusato di renitenza alla leva, andò in carcere e per alcuni anni non poté salire sui ring perdendo tutti i suoi titoli.
Ora, nessuno chiede a SBW di finire in carcere, ci mancherebbe, ma se tieni tanto a una tua convinzione forse dovresti mettere sulla bilancia anche la possibilità di dover pagare un qualche prezzo. SBW chiede giustamente rispetto per le sue convinzioni, ma dovrebbe rendersi conto che magari non tutto il resto del mondo la pensa come lui e che quelle opinioni meritano il medesimo rispetto. Tanto più se di mezzo ci sono ricchi contratti che non lasciano spazio a molti dubbi. E se un’azienda paga per vedere il proprio logo su una divisa sportiva lo vuole vedere anche su quella dei giocatori più rappresentativi di quella formazione. Soprattutto su quei giocatori. Altrimenti diventa tutto troppo facile.

Sonny Bill Williams è uno degli esempi più lampanti di come il professionismo ha cambiato l’approccio al nostro sport. Complice un talento smisurato ha bene o male sempre fatto quello che voleva, tra rugby a 15, league, seven e pugilato. Si è districato tra contratti e contrattini che prevedevano tutte le scappatoie più congeniali per il percorso che lui si era scelto. E’ stato bravo, furbo e ben assistito. Ma un conto è discutere un accordo che riguarda la tua singola persona, un altro mettere in discussione una sponsorizzazione in essere.
Senza dimenticare il “paradigma Radiohead”: perché siamo sicuri che la NZRU (che ha già annunciato che anche nelle prossime gare il trequarti vestirà una maglia appositamente creata ad hoc per lui, senza gli sponsor “incriminati”) si sarebbe comportata alla stessa maniera se se ad essere coinvolto non fosse quello che oggi è forse l’unico giocatore-copertina del rugby mondiale?

Rugby e marketing: la novità (e la speranza di una via diversa) ora si chiama Macron

macron

Dal primo di luglio cambierà la griffe sulle divise delle nazionali azzurre, un cambiamento annunciato che potrebbe diventare anche un momento a suo modo simbolico. Potrebbe. Intanto la FIR fa sapere che Italia-Francia del Sei Nazioni U20 sarà visibile in diretta streaming su The Rugby Channel.

Il prossimo sponsor tecnico della nazionale italiano sarà Macron, azienda di Bologna entrata pochi anni fa nel mondo della palla ovale dove sta lavorando benissimo e che in un lasso di tempo molto limitato ha scalato posizioni davvero importanti anche nel calcio, ambito in cui la concorrenza è tanto agguerrita quanto ricca.
La voce circolava già da alcuni mesi e a metà gennaio a scriverlo in maniera praticamente ufficiale è stato Rugby 1823 che in un documento FIR aveva trovato una frase in cui si diceva chiaro e tondo che il presidente Alfredo Gavazzi aveva fatto sapere al Consiglio Federale che l’accordo con Macron era stato raggiunto. Inutile che la cerchiate, quella frase è stata tolta per ragioni di opportunità: il contratto con Adidas è in vigore fino al termine del mese di giugno e per l’annuncio del nuovo arrivo in pompa magna probabilmente si attende la fine del Sei Nazioni.
Ieri poi l’amministratore delegato del gruppo, Gianluca Pavanello, sulle pagine Imprese del Corriere di Bologna ha dichiarato che presto nel mondo Macron entrerà “una nazionale prestigiosa di rugby, sport nel quale siamo secondo brand al mondo”. Quella nazionale è la nostra.

E’ una buona notizia: un’azienda in forte ascesa, giovane e dinamica, che porta soldi freschi in un movimento che registra parecchie difficoltà attrattive non può non esserlo. Anzi, è un’ottima notizia.
Certo la voglia di incrociare le dita e fare gli scongiuri c’è: nel 2012 quando Adidas divenne sponsor tecnico delle nostre nazionali si registrò una ondata di entusiasmo e si sprecarono gli applausi a scena aperta, giunti da ogni dove. E in effetti il nome era di quelli grossissimi, ci si attendevano campagne di pubblicità importante, un merchandising all’altezza delle altri grande del rugby mondiale, una grande visibilità assieme a un sostegno economico non indifferente.
Niente di tutto questo è successo. C’è da dire che siamo stati sfigati, scusate il francesismo: entriamo in Adidas e un minuto dopo (si fa per dire, ma davvero tutto è successo nel breve spazio di qualche mese) cambia il management mondiale del gruppo che decide che il rugby verrà messo completamente da parte con la sola esclusione degli All Blacks e che la marca con le tre strisce si concentrerà soprattutto sul calcio. I budget calano e già nel 2014 iniziano a circolare notizie sul fatto che Adidas non rinnoverà i contratti con Italia e Francia al termine degli accordi in essere. Lo sponsor probabilmente giusto, ma al momento sbagliato.

Ecco, cara Macron, noi abbiamo bisogno di te, ma probabilmente pure tu hai bisogno di noi: dopo baseball e pallavolo hai l’opportunità di vestire una nazionale capace di richiamare anche oltre 70mila persone in uno stadio. Ammetterai che non è roba da tutti i giorni. Lavora bene, lavora a lungo con noi. Siamo dei tipacci un po’ rompipalle, ma simpatici alla fine. Fai in modo che quando la nazionale gioca in casa ci sia un fiume di maglie azzurre che cammina verso lo stadio, così come avviene praticamente ovunque in Ovalia, ma non ancora da noi: a Twickenham ci sono maglie bianche ovunque, a Parigi quelle blu, rosse a Cardiff e così via. E non è che le vendano a buon mercato. Fai delle belle maglie, delle belle felpe e tutto il resto. Aiutaci a cambiare la nostra mentalità, almeno un po’.
E apri una porta per altre aziende, altri marche, altri investimenti.
Sperando che al di là dell’uscio – da parte nostra – ci sia una dirigenza sufficientemente preparata per cogliere al volo le occasioni e sfruttarle al meglio. O comunque meglio di quanto non sia stato fatto finora.
E poi sostienici, che te l’ho già detto che ne abbiamo bisogno? Magari pure le celtiche. O solo quella (un po’ più) federale. Quello che vuoi, ma fallo. Aiuta le ragazze al Mondiale in Irlanda, le nostre nazionali giovanili e il Seven (probabilmente la nostra prima squadra a sfoggiare i tuoi prodotti il prossimo luglio).
Poi vedi mai che si cominci pure a vincere… Lo so, questo non dipende da te, però non sarebbe male: nell’immaginario collettivo la nazionale che è entrata nel Sei Nazioni è quella griffata Kappa, quella Adidas non ha lasciato tracce importanti, a parte un paio di exploit. Magari la tua ci racconterà una storia diversa. Speriamo. A presto.

SEI NAZIONI U20: ITALIA-FRANCIA IN DIRETTA STREAMING
La FIR fa sapere che “la partita contro i transalpini, in calendario venerdì alle 15 allo Stadio “Santa Rosa” di Capoterra, il XV guidato dal duo Orlandi-Troncon, come avvenuto per le altre due uscite interne contro Galles a Legnano e Irlanda a Prato, tornerà ad essere protagonista in diretta streaming sulla piattaforma The Rugby Channel (therugbychannel.it)”.