Edoardo Padovani torna alle Zebre: non mancano le polemiche e c’è chi vorrebbe che chiedesse scusa (machedavero???). Jacques è il nuovo ct della nazionale francese: da noi se n’è andato con pochi rimpianti ma il nostro miglior Sei Nazioni di sempre (assieme a quello del 2007) porta la sua firma. Se fosse stato messo nelle condizioni concesse a O’Shea… chi lo sa…
Alcune brevi riflessioni da una ventosissima spiaggia. Lo so, c’è casino, ma il video volevo farlo lì. Ci si ribecca il 30.
Tag: Jacques Brunel
Panchina azzurra, la conferma di Dondi: “Brunel ha detto sì, la scelta dopo il Sei Nazioni”
Da La Gazzetta dello Sport oggi in edicola
(e.sp.) «Brunel ha dato la disponibilità ad allenare l’Italia, ma non è il solo. Mallett è in scadenza e mi sono guardato intorno per tempo. Dopo il Sei Nazioni parlerò con Mallett, poi decideremo. Potrebbe anche essere che lui non voglia più restare». Così ieri il presidente della Fir Giancarlo Dondi sul futuro della panchina azzurra. «Si continua a non vincere — ha aggiunto Dondi —. Ieri Treviso ha retto un tempo e poi è crollato, e gli Aironi hanno preso tanti punti. Non vorrei che questa situazione penalizzasse l’Italia». L’impressione è che solo un buon Sei Nazioni possa salvare il et.; non fosse così Jacques Brunel, che avrebbe già comunicato allo staff del Perpignan il proprio addio, potrebbe portare gli azzurri al Mondiale. Ieri il tecnico del Perpignan, a Treviso, non ha commentato. In campo Treviso è durata un tempo (9-3 alla mezz’ora), poi nella ripresa ha preso cinque mete. Vosawai k.o.: sospetta distorsione al ginocchio sinistro. Male anche gli Aironi, travolti da otto mete (quattro di Banahan) a Bath. Jacques Brunel, 57 anni SARTORI Treviso-Perpignan 9-44 (9-9). Marcatori: p.t. 6′ c.p. Porical (P). 12′. 24 e 27 c.p. De Waal (D. 30′ e 33′ c.p. Poricai; s.t. 6′ m. Le Corvez tr. Porical. 15′ s.t. m. Sidtr. Porical. 19′ m. N. Laharrague tr. Porical. 31′ e 40′ m. Candelon tr. Grandclaude (P). Bath-Aironi 55-16 (36-13): p.t. 1 c.p. Barkley (B). 4 c.p. Marshall (A). 9′ m. Biggs (B). 14 c.p. Marshall. 21′ m. Watson tr. Barkley (B). 28′ m. Biggs tr. Barkley. 30′ m. Banahan tr. Barkley. 36′ m. Sole tr. Marshall. 37 m. Banahan tr. Barkley; s.t. 10′ c.p. Marshall. 13′ m. Banahan tr. Barkley. 31′ m.
Il ct? No, meglio un vero Direttore di Movimento
E’ questa l’opinione di Duccio Fumero di Rugby 1823. Leggiamola
Visto che il segreto di Pulcinella non è più tale e senza stare tanto a discutere su tempismi e opportunità (sono convinto che se prima dei TM fosse folle parlare di dopo-Mallett, ora sarebbe ridicolo far finta che tutto vada bene così), affrontiamo con largo anticipo la questione Brunel. Mentre l’Italia ovale si prepara al Sei Nazioni e punta decisa ai Mondiali, vediamo come il prossimo quadriennio possa essere migliore dei precedenti.
Se Jacques Brunel verrà messo a capo della nazionale italiana con le stesse condizioni dei suoi predecessori, da Johnstone in poi, allora nulla cambierà. Certo, potranno esserci risultati migliori o peggiori rispetto a Mallett, vi potrà essere un gioco più bello, o forse no, e potremo toglierci qualche soddisfazione, o subire qualche cocente delusione. Ma il succo non cambierà. Il coach della nazionale resterà un’entità avulsa dal movimento, un dipendente strapagato senza reali poteri di cambiare la situazione, magari pure condizionato nelle poche scelte che avrebbe a disposizione.
Pensiamo a Mallett. Allenatore dell’Italia, con uno staff tecnico mediocre e non all’altezza di una nazionale d’elite che gli è stato imposto dal suo datore di lavoro, senza voce in capitolo per quel che riguarda Accademie, campionato o franchigie. Certo, lui le sue opinioni le esprimeva, ma a titolo puramente personale. E inascoltato il più delle volte. Pensiamo, invece, a Kirwan in Giappone. Coach della nazionale, l’ex All Black ha in mano quasi per intero il movimento nipponico e gestisce, con idee e sul campo, ogni innovazione e rivoluzione del rugby giapponese. Un director of rugby con un’idea futuristica che faccia crescere professionalmente la palla ovale in una nazione con poca tradizione rugbistica. A stretto contatto con gli altri tecnici, Kirwan lavora con e per il movimento, non solo per la nazionale. Con un progetto, guardando non solo all’oggi, ma anche e soprattutto al domani.
Ecco, di questo l’Italia ha bisogno. Non di un coach rinchiuso nel suo bel ritiro in riva al lago, che va a vedere qualche match di Celtic League, ma poi ritorna nell’ombra. Senza possibilità (né volontà) di proporre e fare. Jacques Brunel deve arrivare in Italia con la libertà di proporre e fare, dalle Accademie alle franchigie, dal campionato d’Eccellenza alla programmazione della nazionale. Deve poterlo fare con gente di cui si fida e in cui crede. Come Serge Milhas, se i rumors sono confermati. E, in ottica di far crescere i tecnici italiani, sia lui a girare, a studiare, a valutare e a proporre quei tecnici, e ce ne sono checché ne dica Mauro Bergamasco, validi e moderni per affiancarlo o per dar loro ruoli importanti. Sia lui il motore meritocratico del movimento e non altri dottoroni.
Ecco, il cambio d’allenatore sarà un toccasana per l’Italia solo in questo caso. Se si crede in lui e si lascia che sia lui a portare avanti un progetto. A quel punto si può parlare di riconferme al di là dei risultati (vedi paragone con Gatland tanto amato nei commenti del blog), se i risultati veri si vedono anche al di fuori della nazionale. Se, invece, Jacques Brunel sarà solo una marionetta in mano ai soliti maneggioni che vogliono mantenere lo status quo di mediocrità del movimento per paura di “perdere la cadrega”, beh, allora non c’è tecnico che tenga (a questo proposito ascoltate attentamente la terza parte dell’intervista rilasciata da George Coste a Radio R101 ieri). Che si chiami Brunel, Mallett, Coste, Loffreda, White o Henry. E tra quattro anni saremo ancora qui a discutere se Brunel ha fatto più o meno mete di Mallett, se è migliorata la difesa o peggiorato l’attacco, se l’Italia ora resiste 76′ invece dei 75′ della gestione precedente. E magari avremo la memoria corta e selettiva e racconteremo favole come qualcuno ama fare ora.
Ancora Brunel, ancora Mallett, ancora analisi e opinioni
Da IL Secolo XIX, la firma è quella di Giorgio Cimbrico
È L’INIZIO di una storia che si ripete: quattro anni fa l’Italia andò ai Mondiali di Francia, quelli chiusi con le lacrime di St Etienne, con Pierre Berbizier che aveva già firmato per il Racing Parigi. Ora, con la Coppa del Mondo in cartellone in Nuova Zelanda giusto alla distanza, nove mesi, di un concepimento e di un parto, una situazione simile, non uguale: è il presidente Giancarlo Dondi ad essersi mosso aprendo colloqui che saranno anche stati numerosi ma che riconducono fatalmente a Jacques Brunel, 57 anni la prossima settimana, allenatore del Perpignan (pergli appassionatissimi catalani di Francia, l’Usap), che ha portato al titolo nel 2009, un tipo senza un goccio di glamour, scabro, concreto, duro, più da aspro vino rosso che da champagne, usando per il gioco espresso semplici metafore enologiche. Depone in questo senso il suo passato di allenatore degli avanti della nazionale con il galletto sul petto, i Coqs, i Bleus. Sarebbe un ritorno nel solco della
(Villepreux, Fourcade, Coste, Berbizier) l’Italia del rugby ha compiuto passi avanti, progressi storici, ascese, ascensioni, ha vissuto giorni già passati nella dimensione del facile mito: Grenoble ’97, Edimburgo 2007. «Ho incontrato Brunel ma ho incontrato anche altri allenatori. E non solo francesi, anche anglosassoni. Un giro d’orizzonte, certo, perché con i tecnici importanti non si può trattare lì per lì, quando il tempo è poco e le necessità premono. Nessuna firma, nessuna decisione presa». Anche il rugby ha il suo mercato, da organizzare oggi, da perfezionare in un domani che significa ottobre, dopo la Coppa del Mondo, all’alba di un nuovo ciclo. Dondi, parmigiano, al vertice di Ovale Italia, plasmatore di un fenomeno che va avanti da dieci anni abbondanti ed è diventato di massa, si sta attrezzando, «anche perché nemmeno io so se Mallett vuole rimanere». La voce che rimbalza è che Nick Mallett domiciliato a Città del Capo e a Salò nelle sue lunghe parentesi italiane, potrebbe trovar facilmente posto nei Saracens di Londra, molto sudafricanizzati dopo l’ingresso di capitali che vengono dall’Africa australe. In Francia c’è chi dice che sia tutto fatto, che Brunel abbia già in tasca un pre-contratto. Dondi scuote la testa. «Per ora, consultazioni». Ma che l’amore per l’omone che pare un George Clooney XXL abbia una data vicina alla scadenza è supportata dalle voci che girano, dalle critiche che ronzano, da una solidità di squadra che non sempre va ad affiancare la capacità di far scaturire scintille. Non rimane che il vecchio giochetto del “se”. Già, se Mallett (cinque vittorie e 24 sconfitte il suo bilancio in tre anni azzurri) porta avanti un buon 6 Nazioni (visite a Twickenham e a Murrayfield e tre partite in casa, a partire dal 5 febbraio, Italia-Irlanda al Flaminio) e il 2 ottobre a Dunedin batte proprio i verdoni isolani nella partita chiave del girone portando l’Italia sulla vetta più alta mai scalata, i quarti della Coppa del Mondo? Dondi, pragmatico: «Infatti tutti speriamo che il suo contratto non scada il 2, ma il 10 ottobre, quando saremo tra le prime otto del mondo. Avremo tutti le idee più chiare».
Panchina azzurra, Coste dixit: “Brunel è l’uomo giusto”
Per la pagina web sul rugby del sito di Radio R101 ho intervistato l’ex ct azzurro George Coste. Mi ha detto la sua sull’eventuale (probabile, molto probabile) arrivo di Jacques Brunel sulla panchina azzurra dopo i Mondiali neozelandesi in sostituzione di Nick Mallett. Questo è quanto mi ha detto:
D’altronde questa mattina alcuni quotidiani si affrettavano nel definire Jacques Brunel – attuale allenatore del Perpignan, ex vice del ct della nazionale francese Laporte e probabile (al di là delle Alpi ne sono praticamente sicuri. E se il presidente federale Dondi ammette anche che un incontro c’è già stato…) sostituto di Nick Mallett sulla panchina azzurra dopo i Mondiali del prossimo settembre/ottobre – come un “George Costes degli anni Duemila”.
Sarà per la loro vicina provenienza geografica: Costes è nato a Perpignan, Brunel a Gers, entrambi hanno respirato l’aria dei Pirenei fin da piccoli. O per il carattere, molto diretto (troppo diretto secondo alcuni). Ad ogni modo il collegamento era stato fatto e il chiamare il George Costes “originale” è stato immediato.
Coste ha subito chiarito: “non so nulla. Conosco bene Brunel e rispetto il lavoro di Mallett”. Però poi si lascia andare e ritiene il tecnico del Perpignan più che all’altezza del ruolo e in grado di cambiare molte cose. E lancia pure un avvertimento sul “modo di essere” degli italiani. Non resta che sentire quello che ci ha detto.
