Bilanci che non ci sono, candidati dal passato, coppe un po’ così: il rugby italiano è un Circo Barnum?

“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”. Così scriveva qualche secolo fa William Shakespeare in una delle frasi più citate del suo Amleto.
E al Bardo è andata bene, perché se avesse avuto a che fare con le dinamiche del rugby italico… perché dalle nostre parti non ci sarà (forse) la donna barbuta e l’uomo cannone, ma insomma.
Volete un esempio? Eccovene tre, tutti degli ultimi due/tre giorni.

Bilancio FIR
Lo so, Pronti al Cambiamento è stata (e probabilmente è tuttora) la principale voce dell’opposizione anti-Gavazzi in Italia. Però quello che scrive nella sua newsletter di marzo, togliendo tutti i toni polemici e le inevitabili prese di posizione antifederali (o meglio: contro l’attuale gestione federale), sono fatti nudi e crudi. Inattaccabili. Ovvero che a fine marzo 2019 il Bilancio Preventivo FIR non è stato ancora reso pubblico. Comunque la si giri la cosa ha dell’incredibile. Questo uno stralcio di quello che si legge:
“Il Bilancio Preventivo FIR del 2018 non è ancora stato pubblicato, quindi il CONI non lo ha ancora validato e approvato. Questa situazione non si è mai verificata da quando i Bilanci della Federazione vengono approvati dal CONI. Ricordo che siamo ad un anno esatto dalla proposta di bilancio, approvata dal Consiglio Federale il 7 aprile 2018 (…). La FIR ha gestito per tutto il 2018 un Bilancio di circa 45 Milioni di euro senza avere lo strumento di bilancio approvato. E con la mancata approvazione del Bilancio Preventivo 2018 continua a non arrivare il via libera al piano di rientro (allegato alla stessa proposta di Bilancio) del buco milionario della nostra Federazione”.
Se anche la FIR dovesse pubblicare tra un minuto il documento contabile in questione tutta la vicenda non si sposterebbe nemmeno di una virgola.

A volte ritornano, loro malgrado
Siccome viviamo in un paese fantastico, dove tutto è possibile, a una gestione discutibile della federazione si contrappone una opposizione che naviga tutto sommato nelle stesse acque, quelle che vanno sotto il nome di “idee poche ma confuse”. Tipo che il principale rappresentante proprio di Pronti al Cambiamento lascia la suddetta associazione perché c’erano buone probabilità che non sarebbe stato lui il candidato presidente nel 2020.
Però questa è roba di qualche mese fa, mi direte voi, cosa è successo di nuovo? Ora, la cosa è talmente al di là del bene e del male che vi riporto uno stralcio dell’articolo de Il Gazzettino di lunedì:
«Giancarlo Dondi torna a candidarti alla presidenza della Federazione italiana rugby. Solo tu puoi liberarci da Alfredo Gavazzi, eletto nel 2012 perché tu gli hai lasciato via libera». L’appello accorato è di Gianni Amore, ex presidente del comitato della Fir della Sicilia ed ex candidato alla presidenza proprio in quella tornata elettorale. Quando Gavazzi vinse con il 54,20%, l’oppositore Amerino Zatta conquistò il 39,59% e lui terzo incomodo il 6,07%. (…) «Ho chiamato Dondi, gli ho chiesto personalmente di ricandarsi – spiega Amore – Una trentina di presidenti e addetti ai lavori tesserati mi hanno già detto di condividere la proposta e altri si uniranno. Ho chiesto a tutti di chiamare Giancarlo, fargli sentire il loro sostegno e l’impellente necessità lui ritorni in campo».
Direi che non c’è nulla da aggiungere. Ed è meglio così.

Una coppa per nulla?
Invece una cosa ancora da aggiungere in realtà c’è ancora. E siccome anche stavolta rasenta l’incredibile faccio ricorso alle pagine di Rovigo del Gazzettino di giovedì…
“Nessuna promozione in Challenge Cup per chi vincerà la “coppa Gavazzi”. Questa la clamorosa prospettiva che si delinea a pochi giorni dalla finale di andata di Continental Shield tra Kawasaki Robot Calvisano e FemiCz Rugby Rovigo (sabato al San Michele, calcio d’inizio alle 15, direzione di gara georgiana). La terza coppa europea, organizzata dall’Epcr con la collaborazione di Fir e Rugby Europe, rischia di tramutarsi in un vero e proprio torneo beffa. «Nell’ultima riunione dei presidenti di Top12 il numero uno della federazione, Alfredo Gavazzi, ci ha comunicato che la partecipazione alla Challenge Cup della vincente tra Rovigo e Calvisano non è ancora sicura – conferma Francesco Zambelli, patron dei Bersaglieri – Siamo alla vigilia di due finali che potrebbero mettere in palio solo un premio in denaro. Una situazione che mi provoca molto dispiacere: sono anni che la Rugby Rovigo investe risorse per puntare a un livello superiore».
Pare insomma che in Challenge Cup possano finire le due sudafricane già impegnate in Pro14. O forse solo una. Forse già dall’anno prossimo, forse da quello dopo. Pare, si mormora. Non si sa. Tutto questo a fine marzo. Sì, lo so, qui la FIR c’entra poco, gli si può giusto imputare una scarsa “stazza” politica, ma questa non è una novità.
Però il tutto è così meravigliosamente assurdo. Senza dimenticare che, come dice il Gazzettino, “sul tavolo c’è l’ipotesi di partecipare alla prossima Challenge Cup con una selezione di giocatori di Calvisano e Rovigo infarcita con i migliori giovani dell’Accademia federale Ivan Francescato”.
Forse eh. Perché come diceva Bertrand Russell, “in ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato”. Di tanto in tanto però, mica sempre.

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17 pensieri su “Bilanci che non ci sono, candidati dal passato, coppe un po’ così: il rugby italiano è un Circo Barnum?”

  1. Ed ecco che i sudafricani iniziano a entrare in diverse stanze. Ci han messo meno di quanto pensassi comunque, ma tant’è. Certo, la terza coppa era una barzelletta, una cosa ridicola. Piuttosto Gavazzi pensasse ad organizzare magari un torneo parallelo, con spagnoli, tedeschi, russi, rumeni e georgiani, 8-10 squadre e un po’ di sani confronti che al nostro Top12 (che spero davvero diventi un Top8 presto) possono solo far bene…

  2. Secondo me siamo al si salvi chi può, voglio vedere chi si candida a presidente col rischio di vincere e trovarsi la bomba in mano con la miccia accesa e a un centimetro dalla fine.
    L’errore fondamentale l’hanno fatto quei dirigenti, non tanto della fir ma dell’irb di allora, che circa 25 anni fa pensavano che il rugby avesse ampi margini di crescita e diffusione nel mondo, a cominciare proprio dall’italia, e perciò si dovesse spendere e spandere per arrivare a questo “sicuro” traguardo, cominciando con un professionismo sovradimensionato. La fir ovviamente si è accodata, visto che prendeva soldi a ufo. E quando è cominciato a essere chiaro a tutti che questi margini di crescita erano pure illusioni (“fallimento dell’esperimento italiano” cit. tale Mortimer, ricordo ancora il nome), il Dondi (tutto meno che stupido) ha subito passato la miccia accesa all’inizio alla “cima” Gavazzi (che qualcosa comunque ci ha racimolato, stadio, accademia, sede arbitri, diversi campionati…).
    Il redde rationem è sempre più vicino.

    1. Ciao Sentenza, due osservazioni:
      1) Dondi nel 2012 aveva lasciato il bilancio in attivo. Su tutto il resto si può discutere, ma quello è un punto a suo favore.
      2) I dirigenti IRB avevano investito sull’Italia, ma non avevano mica prescritto COME l’Italia avrebbe dovuto sviluppare la crescita. Quello competeva solo a noi.

      1. Appunto che Dondi è tutt’altro che fesso. Ha lasciato al momento giusto quando era chiaro (ai più avveduti, non certo al parco buoi dei tifosi beoti abbirrazzati) che le entrate sarebbero calate e si sarebbe dovuto ridimensionare tutto.
        Che competesse solo a noi migliorare non è del tutto esatto. Non siamo isolati, abbiamo sempre avuto allenatori stranieri e giocatori equiparati a iosa, evidentemente per i limiti del movimento che sono rimasti uguali e perfino peggiorati nonostante i soldi “in più” che ci hanno dato. E non è affatto detto che defenestrando già 10-12 anni fa i noti nomi le cose sarebbero andate sicuramente meglio. Per me è assai più probabile che sarebbero andate allo stesso modo. Perché sono convinto, (come avevo già scritto altrove anni fa) che il rugby tutto, in italia e anche ovunque, abbia già raggiunto il massimo di diffusione. Come tutti gli altri sport peraltro. Se in circa 140-150 anni (calcoliamo circa da quando si è distinto nettamente dall’Association) è arrivato dove vediamo, è quasi certo che sia già o già stato ai massimi. Invece alcuni credevano o gli hanno fatto credere che con la santa trinità di professionismo-tv-marketing potesse raggiungere il calcio o quasi. Sbagliato.

  3. mamma mia…
    punto uno: dov’è la novità? purtroppo è ormai una consuetudine che i bilanci siano secretati per tempi assurdi, le cose tristi sono che il CONI, o chi per esso, non intervenga, e che l’opposizione, se pur è vero che il sistema è costruito in modo assolutamente non trasparente e che sembra fatto apposta perché non si possa mettere a conoscenza il pubblico di certe cose, favorendo l’omertà con la spada di damocle dell’esclusione dal consiglio e la sospensione, si limiti alla lotta solo via blog, invece che insistere che si renda pubbliche le istanze e le riunioni
    punto due: c’è una tristissima logica, gli oppositori continuano a passare, per il semplice motivo che non si tratta di partiti politici, ma di gruppi d’interesse che si formano e si sciolgono con facilità, una volta che servono o non servono, anche perché chi non comanda vale 0, poi i personalismi che possono trovare una sintesi in guerra, in tempo di pace diventano troppo importanti e rompono i fronti, la corte, invece, rimane e, anno per anno, pur perdendo pezzi, altri ne recupera per riproporsi sempre diversa e sempre uguale, al grido “tutti per uno, così ce ne è un po’ per tutti!”, il caro nonno dondi, che si è dimostrato, comunque, decisamente più efficace in qualsiasi campo rispetto al suo successore (anche se, ad onor del vero, le cose sono cambiate e molto anche al di fuori del nostro salotto), potrebbe crepare proprio quella corte e far cadere questo sistema da lui per primo, creato. magari, rotti gli argini, si potrebbe ripartire, ma a me, a pensare di rivedere dondi al timone, vengono i brividi…
    punto tre: che la coppetta fosse a rischio, si era già visto quando era stata disertata in massa quest’anno, quando si sono rialzate le voci di squadre materasso, inutili, in coppa etc etc, diciamo che pensavo che le cose cambiassero la stagione prossima, ovvero l’anno prox come quest’anno, ma senza coppetta e un anno di discussione su chi portare in challenge; che si decida di creare una squadra da due squadre, è una bestialità, o si fa una selezione eccellente (magari con chiare regole di “ingaggio” per cui PP di ufficio ed altri scelti con criterio visione Uqualcosa o pro14ciabili) o lasciamo perdere proprio, piuttosto che si chieda di creare una sorta di PO con le squadre che vogliono per sfidare le ultime due del pro14 e l’ultima di top14 e premiership in partita secca, e chi vince si fa la challenge (partecipano 8 europee? prima fase si scontrano due a due, le vincenti vanno contro le pro, sono più di 8? si formano dei tabelloni con più scontri possibili per tutti, fatto salvo che le 4 pro debbano fare solo l’ultimo spareggio a inizio stagione). come sempre stupisce, in male, il solito discorso “oggi si cambia!” con programmazione 0. io, poi, proverei a convincere i celtici a formare una seconda lega o la RE a formare un campionato semipro, in cui inserire le squadre migliori d’europa ed alzare il livello di tutti, a cui noi potremmo partecipare con le più volenterose domestiche, mentre per il resto tornare al tento richiesto dilettantismo strettamente italico
    vabbeh, ma tanto peggio di così… comunque la luce in fondo al tunnel, è appurato, è un merci stile america con 200 vagoni, che arriva sù a tutta velocità fuori controllo, e trasporta sostanze esplosive!

    1. Vangelo rugbistico secondo Gian…condivido tutto, e aggiungo: egr. sig. Amore, può gentilmente illuminarci almeno su qualcuno di questa trentina di presidenti? Sarei curioso. So che lei segue abbastanza i blog, ogni tanto interviene,certo, magari ha il vizio Gavazziano di non rispondere sempre ad eventuali domande. Cordiali saluti.

      1. P S:
        Che piaccia o meno come genere di spettacolo, il Circo Barnum era un a cosa seria, non so se il paragone regge

    2. Solo una precisazione, anzi due,
      1) Pronti al Cambiamento non si limita ai Blog, ma attraverso i nostri due consiglieri federali abbiamo ripetutamente richiesto spiegazioni, fatto ricorsi, chiesto modifiche ai regolamenti follemente antidemocratici che impediscono la circolazione delle informazioni. E siamo stati regolarmente ignorati ovviamente.
      2) Gli oppositori NON continuano a passare, PALC c’era, C’E’, e dalle scorse elezioni ha lavorato ogni santo giorno, siamo stati presenti, abbiamo tenuto il fiato sul collo alla maggioranza, abbiamo comunicato con il movimento attraverso la nostra Newsletter, abbiamo organizzato iniziative di formazione per le società. Probabilmente potevamo fare meglio o di più, ma nessuno dica che non ci siamo e che non ci siamo stati, semplicemente perché non è così.
      Un caro saluto

      1. grazie per la precisazione, la mia nota sull’opposizione che non c’è non è basata sul fatto che un movimento o idea si sciolga al sole o rinasca dalle ceneri, ma sul fatto che non è possibile una reale opposizione, come voi stessi fate notare al punto 1, la visibilità e la promozione di idee passa solo tramite blog ed iniziative, chiamiamole, “di parte”, nel senso che vengono recepite molto più dai sostenitori che dal grande pubblico. sia chiaro che il problema non siete voi, ma il sistema che da visibilità alla sola campagna elettorale propriamente detta, conosco alcuni membri del consiglio federale, essendo di padova, e, pur da parti opposte, credo siano i primi a voler trasparenza, chiaro che le regole non lo consentono, ecco la mia critica, perché da parte dei vostri consiglieri non c’è una richiesta, non tanto presso la fir, che chiaramente ci sguazza, ma presso altri organi per sbloccare questa situazione, anche grazie alla vostra voce da fuori?

  4. Della terza coppa e affari internazionali gli italiani possono solo fare come i carabinieri : obbedir tacendo… la persistente situazione ( tecnica ) …e generale, rugbisticamente parlando, italiana ( sicuramente nota a chi comanda ) non fanno altro che relegarci in una posizione dove la ns voce può essere poco ascoltata.😙😙😙
    Per le faccende strettamente italiane una sola domanda: il comportamento fir è lecito si o no?
    Se come si intuisce nell’ articolo è no ( o ci sono margini di dubbio)
    …è evidente che il Coni dovrebbe intervenire minimo a chiedere informazione e se sbagliato richiedere correzzioni….e dove si ricorda che il capo dell’opposizione all’ attuale governo fir si è dimesso ….dimesso dal fare opposizione 😙😙 …mi chiedo cosa altro poteva fare ?
    Se dopo anni in cui sei in prima linea ( front man ..si dice cosi?) , mettendoci la faccia, chi condivide con te l’opposizione e dovrebbe supportarli.. Ti dice che pur non essendoci o avendo ancora nessuno sarebbe bene che ti facessi da parte ….( perlomeno queste le notizie che circolavano qui a proposito e se ricordo bene ).
    Per la richiesta poi di sostegno al già presidente da parte di molti aventi diritto al voto ..sarebbe bello sapere se sono opposizione da sempre o per così dire nuova opposizione…
    In conclusione ( qualcuno non ricordo chi diceva) la situazione è grave …ma non seria.

  5. Ma il Coni continua a pagare il contributo anche senza uno straccio di bilancio preventivo (dell’anno prima) approvato?

    1. “Megalò” (e i politici a ruota) è il più grande padrino di Gavazzi e della fir, ormai è palese.Garantisce di nascondere tutta la spazzatura sotto il tappeto e la copertura dei buchi, basta che il rugby continui a portare a Roma le migliaia di tifosi-turisti anglo-celto-franchi, nonchè italici. Che quello che imteressa è l’indotto di questi movimenti. Se e quando questo non ci sarà più sarà il primo a buttarlo a mare.

  6. Mi pare paradossale leggere di un ritorno al futuro (del ritorno al futuro, di cui abbiamo bisogno) che sarebbe un ritorno al passato. Mi pare un po’ il segno di una analisi poco attenta dei problemi e delle situazioni. La premessa di chi scrive che lo sviluppo del rugby, la sua diffusione, è impresa fallimentare, non è evidente né autoevidente. E poi, perché confondere i piani, quello macro della diffusione del rugby con quello micro della crescita del rugby in Italia?
    Non penso che Dondi sia più furbo di Gavazzi o di chicchessia, non penso che Dondi abbia meno carattere di Gavazzi o di chicchessia. Penso che Dondi abbia ritenuto esaurito il suo ciclo e che in buona fede abbia impostato un percorso di crescita del rugby professionale in Italia. Questo progetto è fallito d’anca mo’, dicono a Milano. A me pare che il movimento italiano che sta attorno al rugby, dagli appassionati ai professionisti, ai vari livelli e con le diverse qualifiche e competenze, si sia dimostrato incapace di cogliere l’occasione (mezzi economici straordinari e visibilità e prestigio) per fare una politica coerente con lo status raggiunto/conquistato.
    Non è questione di opposizione, è riduttivo ridurre la lotta politica all’orda primitiva freudiana. Abbiamo bisogno di almeno due progetti politici in competizione per decidere/scegliere la monarchia temporanea che sembra credibilmente in grado di riprendere il cammino interrotto, magari a far convergere in una sintesi non mercantile di piccoli interessi di bottega le energie, la vitalità, le forze che provengono dal movimento.

    1. Perchè il “macro” non è fatto di parti “micro”? “E’ la somma che fa il totale”. Anche italia a parte, in quali altri paesi il rugby è cresciuto tanto da poter dire che quelle convinzioni di 25 anni fa erano esatte? Manco in Giappone, gli altri sono rimasti circa dov’erano, incluso noi. Ma il peggio è che a quanto pare è in calo proprio nei paesi tradizionali anglosassoni di entrambi gli emisferi. Per diventare competitivi i soldi non bastano, ci vogliono i talenti che “lo nacquero” da soli (oggi sono in vena di citare Totò). I soldi non fanno nascere nessun talento, servono a valorizzare i talenti che esistono. Per cui è ovvio che prima di spendere i soldi a vanvera bisogna accertarsi che i talenti che possano competere ai massimi livelli ci siano GIA’ in numero adeguato a uno sport come il rugby. Allora puoi tentare di investirci sopra. Se in italia i talenti, ammesso e non concesso che esistano, per tutti i mille validi motivi loro non si danno al rugby ma ad altri o anche a nessuno sport, non ci si può far niente. A me sembrano cose ovvie da calcolare preventivamente, ad altri che avevano soldi da buttare evidentemente no,

  7. Mi soffermavo sui temi della crisi del rugby in Italia poiché mi sta a cuore. Far dipendere questa crisi dall’intero mondo, non mi aiuta a capire e non mi consola.
    Senza amore di polemica: la somma fa il totale in aritmetica, ma in fisica, in biologia e in molti rami delle scienze umane, la somma è più del totale. Per farmi capire: i talenti li fa madre natura, i sistemi formativi, qualunque siano, possono solo riuscire a farli desistere o a non metterli nelle condizioni di esprimersi. La bontà di un sistema formativo si misura sui buoni e sugli ottimi, laddove il talento limitato viene compensato da interventi efficaci. A me pare che la scarsità di talenti non giustifichi le carenze del sistema di selezione e di formazione dei rugbisti italiani. Le difficoltà patrie nello sport sono davanti agli occhi di tutti: vogliamo parlare dell’atletica leggera? Vogliamo parlare dei cambiamenti dello stile di vita degli italiani? Credo che siano analisi e valutazioni note e purtroppo drammatiche. Queste considerazioni a mio avviso esulano dal tema che mi sta a cuore: cosa possiamo fare con ciò che abbiamo? Penso che si possa fare meglio, ne sono certo. Hai letto l’intervista a Askew su Rugbymeet, per esempio? Anche nell’ultima partita del Benetton hai visto che come hanno giocato male una possibile azione da meta per una carente spaziatura tra i giocatori? Vogliamo parlare delle scarse capacità di lettura del gioco che si vedono nei campi italiani a tutti i livelli? È una questione culturale, ma non mi pare il caso,di parlarne in questo contesto.

    1. Per farla breve tutto si riassume nella famosa frase, anzi “sentenza”, di Mallet. Che si possa far meglio con la formazione può darsi, soprattutto coi soldi che si sono spesi e che ormai sono assai meno, che basti ad essere competitivi ai massimi livelli è facile di no. Non faccio dipendere la crisi nostra dal mondo, semmai il contrario: noi abbiamo portato la nostra pietruzza (macigno) alla crisi del rugby. Che poi è ” semplicemente ” un mancato sviluppo rispetto ad aspettative ottimistiche (eufemismo). Se avessero cominciato facendo il professionismo solo dove era sostenibile, cioè nei campionati inglese e francese più le nazionali (da 50 a 100 giocatori per paese secondo i casi), adesso la situazione sarebbe diversa, pur in una fase di calo delle entrate (da tenere sempre fra le possibilità, quello è stato il peccato originale ripeto).

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