Un progetto nato una manciata di anni fa che ha fatto in poco tempo un salto di qualità davvero importante e innegabile. Dopo il trionfo nella Coppa Italia nel mirino c’è il bersaglio grosso del massimo campionato nazionale, ma sempre con i piedi ben piantati per terra
Mi sono reso conto che su queste pagine non ho praticamente mai parlato del Valorugby. Un po’ perché non scrivendo e pubblicando più articoli tutti i giorni gli spazi si sono inevitabilmente ridotti, ma non voglio cercare alibi: è una mancanza mia.
Perché quella di Reggio Emilia è oggettivamente una bella storia. Una società che ha una storia piuttosto lunga alle spalle ma che qualche anno fa ha dato una svolta a sé stessa con una nuova gestione sia a livello dirigenziale che sul lato tecnico.
Da quando è tornata nel massimo campionato nazionale ha conquistato due salvezze senza grossi patemi (la scorsa stagione non erano previste retrocessioni, vero, ma anche se ci fossero state sarebbe rimasta nell’allora Eccellenza), poi il boom di quest’anno con il primo posto al termine del girone di andata del Top 12, il terzo posto attuale a soli 4 punti dalla capolista Calvisano – e Rovigo ha solo una incollatura in più – senza dimenticare il Petrarca campione in carica alle sue spalle.
Ciliegina sulla torta la conquista questo fine settimana della Coppa Italia, un traguardo storico per il club emiliano, battendo il Valsugana 32 a 10. E proprio di torta ha parlato il direttore tecnico ed head coach Roberto Manghi a fine gara, riferendosi proprio al campionato più importante, che da quelle parti non si nascondono più. Giusto così: la modestia a un certo punto devi metterla da parte.
Quella di Reggio Emilia, dicevo, è una bella storia: un club guidato con intelligenza e senza quella sorta di “obbligo” alla vittoria che si respira invece da altre parti. Meno pressioni quindi, ma volendo vedere forse anche meno stimoli (inconsci, s’intende) a fare quel passo in più che invece ti fa fare il vero salto di qualità. E invece. Con un presidente folcloristico ma dotato di buon senso.
In una intervista pubblicata oggi su La Gazzetta di Reggio la dirigente Antonella Gualandri parla apertamente di “progetto ambizioso e complesso”, che va al di là della prima squadra. Ecco cosa dice:
È stato straordinario alzare la Coppa Italia sabato scorso, un risultato frutto di tanti sacrifici e fatica. Ma gli atleti della prima squadra non sono i nostri unici campioni. L’Under 18 è riuscita a guadagnare la permanenza nel Campionato Élite, nonostante abbia perso l’ultima partita, con due giornate d’anticipo. L’Under 16 sta affrontando il campionato regionale e al momento è seconda in classifica. L’Under 14 sta portando a casa dei risultati che ci riempiono di orgoglio, la settimana scorsa è riuscita ad impostare una brillante rimonta, da 28-0 ha vinto per 28-29. C’è da dire che abbiamo questo difetto, chiudere tutte le partite all’ultimo secondo. Ci serviranno delle coronarie nuove a fine stagione.
Lo so, di società così ce ne sono diverse in Italia, però nessuna al momento “rischia” di vincere quello scudetto che solo lo scorso luglio il presidente Enrico Grassi aveva sì predetto, ma solo “entro il 2021”.
Qui sta un po’ l’inghippo di tutta la vicenda: Reggio Emilia dovrà dimostrare nel corso del tempo non solo di aver fatto il salto di qualità tecnico, ma anche di aver gettato quelle basi per rimanere in pianta stabile nelle parti alte del nostri rugby. Tanto per capirci: subito alle spalle delle franchigie celtiche. E questo ce lo dirà solo il tempo. L’impressione è che gli ingredienti ci siano, l’importante sarà averli sempre a portata di mano ma mantenere anche la giusta dosatura.
Reggio Emilia si trova in una parte ricca del nostro paese, sicuramente ha trovato meno difficoltà di altre realtà, ma questo da solo non può spiegare questo progetto. Troppo facile da un lato mentre dall’altro potrebbe diventare anche un comodo alibi per non replicarlo in qualche modo.
Reggio Emilia non può certo raddrizzare le sorti del rugby italiano: da solo non può farlo il Benetton Treviso nemmeno se vincesse la Champions Cup, figuriamoci quella che rimane una piccola realtà. Però il Valorugby con il suo mix guidato (soprattutto) dal buon senso può diventare un esempio un po’ per tutti. Senza “esagerarla”, ma quella è una via percorribile che può dare risultati anche nel breve-medio periodo.
E’ quello il livello su cui la FIR e tutto il movimento devono lavorare e migliorarsi di più: è l’unica via per far crescere anche quello che sta sopra e non continuare a raccontarcela per altri 20 anni. Comunque vada a finire, applausi a Reggio Emilia.
Ciao Paolo.
Reggio Emilia sembra che abbia avuto una gran bella iniezione di denaro e proveniente soprattutto da un’unico “cliente”. Il che rende la cosa molto pericolosa ed il motivo è chiaro.
Vorrei invece, sinceramente, vedere una strategia di sviluppo off e in-field, un piano, degli obbiettivi, un modello di business che non sia la “botta” di soldi. Questo si che mi piacerebbe molto.