Italia dentro la Commissione Bilancio ma fuori dal Comitato Esecutivo: World Rugby, è vera gloria?

La FIR celebra l’ingresso del presidente Gavazzi in un ufficio importante ma il nostro movimento non ha più un suo rappresentante nel vero cuore di World Rugby

Il campo è importante però quello che avviene nelle più o meno segrete stanze di World Rugby non è poi così da meno. Le due cose sono poi parecchio collegate, nel senso che più vinci sul campo più il tuo peso specifico nelle decisioni politiche aumenta. Magari ci metti un po’ di tempo, però è inevitabile che se il tuo movimento cresce e al contempo si stabilizza (traduciamo: la sua crescita è costante, non figlia di un paio di exploit) diventi più importante anche in campo dirigenziale.
L’Italia nel 2017 come sta? Il rugby è un mondo in cui i paesi che davvero decidono sono pochi: le home unions britanniche, la Francia e le tre grandi dell’emisfero sud. A queste negli ultimi anni si sono aggiunte Argentina e Italia che nel novembre del 2015 hanno ottenuto un potere di voto identico a quello delle altre federazioni fondatrici (due membri e tre voti). Un riconoscimento importante ma allo stesso tempo inevitabile per una partecipante al Sei Nazioni (da 15 anni al momento di quella apertura) e per una squadra che dal 2012 ha allargato il Tri-Nations e che nel 2007 è arrivata sul podio al Mondiale.

Nei giorni scorsi la FIR ha comunicato che “Alfredo Gavazzi, Presidente della Federazione Italiana Rugby, è stato inserito dal Consiglio World Rugby all’interno della Commissione Bilancio dell’organo di governo del rugby internazionale, riunitosi a Kyoto (Giappone) in vista del sorteggio dei gironi della Rugby World Cup 2019″. Nella nota si parla di “incremento del peso specifico del rugby italiano all’interno dei consessi internazionali”, ma è davvero così?
E’ chiaro che nei comunicati si tende a ingigantire i meriti dell’ente che li produce, quale che sia, ché ognuno vuole vendere al meglio le sue pentole, però si può parlare di incremento solo se aumenti la tua presenza o se migliori la sua qualità, altrimenti è un indorare la pillola, ad andare bene. O un vedere le cose in maniera eccessivamente ottimistica, toh. Perché è vero che Gavazzi prenderà parte ai lavori della  Commissione Bilancio (fermi, non fate battutine, che vi vedo…) ma è altrettanto vero che dopo che per due legislature Giancarlo Dondi si è seduto nell’Executive Commitee noi non abbiamo più un nostro rappresentante nel vero cuore pulsante di World Rugby. Il risultato algebrico delle due cose è negativo.

Torniamo quindi alla domanda iniziale: l’Italia nel 2017 come sta negli equilibri della massima associazione di Ovalia? Non male, ma rimaniamo di gran lunga i meno importanti tra quelli che contano. L’Argentina è in fortissima ascesa con un suo uomo che ancora giovanissimo (Pichot non ha ancora 43 anni) è già vicepresidente e che avrà una facilmente prevedibile luminosisima carriera politica davanti a sé. Spero di sbagliarmi, ma sono pronto a scommettere che si giocherà una finale mondiale prima a Buenos Aires che non a Roma.
L’Italia non sembra avere la stessa capacità propositiva e oggi non ha nessuno in grado di sostituire Dondi come abilità di muoversi in quei mari e nemmeno come credito personale in quegli ambienti. E per queste cose ci vuole tempo, tanto tempo, le soluzioni non le tiri fuori da un taschino e come ho già scritto altre volte il nostro movimento non sembra aver messo la “produzione” di manager e dirigenti tra le sue priorità. Purtroppo.

Calcio e rugby, i ranking sono uguali ma gli scarsi sono quelli della palla ovale…

Stats don’t lie, le statistiche non mentono, dicono in Gran Bretagna. Però la stampa (non ovale) italiana e i non appassionati di rugby sembrano non curarsene. Perché l’Italia del calcio gioca spessissimo con formazioni più deboli ed è 15a nel ranking FIFA, quella ovale gioca praticamente solo con le più forti ed è 14a nella classifica di World Rugby. Ah, da settembre 2015 quando gli azzurri del calcio giocano con squadre più forti non vincono quasi mai, ma la nazionale che perde per la vox populi è solo quella del rugby…

Questo articoletto mi è venuto di getto subito dopo aver letto questo lancio di agenzia Italpress della tarda mattinata. Si parla di calcio, eccolo:

“Top 10 invariata nella classifica Fifa con l’Argentina in testa, davanti a Brasile e Germania. Dietro ancora Cile, Belgio, Francia, Colombia, Portogallo, Uruguay e Spagna. Guadagna due posizioni la Polonia che adesso è al 12esimo posto con il Galles, ne perde uno l’Inghilterra adesso 14esima, mentre l’Italia rimane in 15esima piazza”.

Si parla di ranking, ovviamente. L’Italia del calcio è 15a, quella del rugby invece 14a. Però per buona parte della stampa e dei non appassionati della palla ovale siamo solo noi “quelli che perdono sempre”. Che per l’amor del cielo, è vero che gli azzurri del rugby perdono tanto, spessissimo, però qualche puntino sulle i va pure messo.
Tipo che l’Italia del calcio da settembre 2015 a oggi ha giocato – tra le altre – contro Malta, Bulgaria, Azerbaigian, Scozia, Finlandia, Israele e Liechtenstein. Con queste ha sempre vinto, non sempre convinto, ma proprio delle corazzate non sono, per usare un eufemismo. Quando la nazionale di calcio si è trovata a giocare contro formazioni più avanti nel ranking ha quasi sempre perso, una volta ha pareggiato e ha vinto in sole due occasioni, entrambe agli ultimi Europei 2016 contro Belgio e Spagna. E non è che negli anni precedenti le cose siano andate meglio.

Parliamo di rugby? Da settembre 2015 Sergio Parisse e compagni hanno giocato praticamente solo con squadre che nel ranking gli stavano davanti o – in rare occasioni – immediatamente dopo. Traduciamo in maniera semplice: è come se l’Italia del calcio avesse giocato esclusivamente con Argentina, Brasile, Germania, Spagna, Francia, Inghilterra eccetera eccetera. Squadre che, come abbiamo visto poc’anzi, negli ultimi anni non hanno quasi mai visto sopravanzare i nostri colori. Un po’ come il rugby, che però non gioca mai contro squadre molto più deboli per gap tecnico e tradizione come Brasile, Cile, Germania e così via. Ma la storia che viene raccontata è un’altra. Chissà perché.

Nel Tinello di Vittorio Munari arrivano le nuove regole sul placcaggio alto. Che però non ci sono.

Si fa un gran parlare delle nuove regole che sanzionano i placcaggi alti, però World Rugby non ha promulgato nessuna nuova norma, bensì ha “solo” invitato a una sorta di tolleranza zero. Cosa che peraltro aveva già fatto prima della RWC 2011, rimanendo inascoltata. E in questa stretta forse c’entra pure la NFL. Intanto arbitri, giocatori e soprattutto allenatori devono cambiare approcci e allenamenti. A volte pure alcuni insegnamenti.
Vittorio Munari prende la palla e ci porta dentro la mischia: kick off!