Dall’inizio al 2010 a oggi il Consiglio Federale ha votato per ben 5 volte una modifica nel numero delle formazioni che prendono parte al nostro massimo campionato nazionale. I presidenti FIR che si sono susseguiti hanno reso dichiarazioni fotocopia a fronte di situazioni diverse. I club hanno sempre accettato senza proporre alternative. Non sappiamo cosa vogliamo diventare e forse, alla fine, non siamo nemmeno molto interessati alla cosa. Pare.
Il prossimo 23 settembre partirà il campionato d’Eccellenza, meno di un mese. Come è noto quella che vivremo sarà una stagione caratterizzata dal blocco delle retrocessioni per far sì che dal 2018/2019 il nostro massimo campionato nazionale passi da 10 a 12 squadre. E’ un bene o un male? Ne ho parlato anche non molto tempo fa e come tutte le cose non esistono aspetti che siano solo positivi o solo negativi: più squadre significano più giocatori, una età media che probabilmente si abbassa, maggiori opportunità per gli atleti di fare presenze e minutaggi. Possibilità di crescita quindi.
L’altra faccia della medaglia è probabilmente una media tecnica generale che si abbassa o che comunque non cresce, d’altronde (e purtroppo) il nostro movimento da troppi anni a questa parte non brilla per “produzione” di giocatori, quantomeno di livello medio-alto. Un livello tecnico più basso dovrebbe (condizionale d’obbligo) portare a meno spettacolo e di conseguenza meno appeal per sponsor e tv, che già latitano. Insomma sorrisi e preoccupazioni su entrambi i lati della barricata, diciamo così. Anche perché la soluzione magica che risolve tutto in un baleno non c’è.
Ma oggi non voglio affrontare i pro e i contro delle opzioni in campo, oggi voglio solo fare un passo di lato e cercare di capire che cosa è l’Eccellenza oggi. No, meglio: che cosa si vorrebbe fosse l’Eccellenza. E la risposta è che al di là di generiche dichiarazioni d’intenti è solo una: non si sa.
Stante la partecipazione italiana a quello che da quest’anno si chiama Pro14, quale si vuole che sia il ruolo e il progetto legato a quello che è il nostro torneo nazionale più importante: ecco la questione, il nocciolo vero. Se esiste una idea che vada al di là del breve volgere di un paio di stagioni, con un panorama di tempo medio-lungo – come dovrebbe essere per una competizione di questo genere – beh, non lo sappiamo. Attenzione non lo sappiamo non perché non ci viene detto, non lo sappiamo perché la storia recente ci racconta di una gestione dell’Eccellenza che sembra dettata dalle esigenze del momento, della contingenza, senza una vera progettazione.
Prendiamo in esame i campionati da quando si è deciso della partecipazione italiana all’avventura celtica. Nei primissimi mesi del 2010 la FIR comunica in via ufficiale che “relativamente alla struttura del campionato italiano d’Eccellenza, che manterrà il proprio
status di massima competizione rugbistica nazionale, la Federazione conferma che a partire dalla stagione 2010-2011, tale campionato sarà composto da dodici squadre suddivise in due gironi meritocratici di sei squadre”. Così, nero su bianco a inizio marzo di quell’anno. Pochi mesi dopo, a giugno, però cambia tutto e si stabilisce che le squadre rimarranno 10. La stagione 2012-2013 vede in campo un’altra volta 12 protagoniste, ma alla metà di aprile dello stesso 2013 il Consiglio Federale decide che dal 2014/2015 si torna nuovamente a dieci squadre. Dall’anno prossimo saranno ancora una volta 12, sorvolando su dichiarazioni rese in occasioni ufficiali dal presidente federale che in caso di esclusione italiana dal Pro12 prevedeva un campionato nazionale a 6 squadre.
Rimanendo però ai soli documenti ufficiali votati dal Consiglio Federale dall’inizio del 2010 a oggi abbiamo ben 5 cambiamenti di formula in 8 anni, tre decisi sotto la gestione Dondi e due sotto quella di Gavazzi. Va bene, ci saranno state anche necessità dovute a quello che volete ma alla fine l’impressione è quella di avere le idee poco chiare. Oppure che tutto sommato non sia un problema così importante, cosa che potrebbe anche essere, ma che coccia però con le dichiarazioni ufficiali dei presidenti federali.
Giancarlo Dondi, 7 settembre 2010: “Il Campionato d’Eccellenza esprime i veri valori del rugby italiano e non ho dubbi che il 2010/2011 ci offrirà una stagione avvincente. Vedremo in campo molti prodotti dei nostri vivai e delle Accademie e credo che da parte delle squadre e dei giovani ci sarà voglia di produrre gioco e mettersi in mostra: tagliamo il traguardo degli ottantuno campionati e questo è motivo di orgoglio e soddisfazione, oltre che la dimostrazione che il nostro movimento è in salute”.
Alfredo Gavazzi, 20 settembre 2012 (pochi giorni dopo la sua elezione): “Sono contento di constatare che quest’anno più che mai le giovani generazioni saranno protagoniste del campionato d’Eccellenza, che diventerà per noi sempre più importante in futuro e che, per quest’anno, mi aspetto particolarmente equilibrato. E’ importante che i giovani si impongano sulla scena nazionale e possano così proporsi in prospettiva azzurra. Sono un uomo di Club per questo comprendo perfettamente lo stato d’animo di chi si è presentato oggi”.
Alfredo Gavazzi, 1 ottobre 2014: “Un campionato giovane che stimola la crescita del nostro vivaio in preparazione alla più importante competizione del Pro12. Il Campionato Italiano d’Eccellenza rappresenta un momento fondamentale nel percorso di formazione dei giovani atleti italiani, che costituiscono una percentuale sensibile delle dieci rose al via e che, attraverso il massimo campionato, hanno l’opportunità di proseguire nel proprio sviluppo verso i livelli di gioco successivi o di consolidare la propria crescita. L’Eccellenza è un torneo in crescita”.
Dichiarazioni di circostanza certo, non è che alle presentazioni ufficiali dei tornei – situazione in cui le parole qui riproposte sono state dette – ci si possa aspettare chissà cosa, ma pure parecchio “fotocopia” (quelle degli anni che qui non ho riportato sono assolutamente in linea: un campionato giovane, che cresce, palestra del futuro, torneo vero cuore del movimento eccetera eccetera, quasi fossero frasi mandate a memoria). Parole belle ma un po’ vuote. Perché l’impressione che a mancare sia la loro anima, ovvero la progettualità concreta. Insomma, non sappiamo che cosa vogliamo diventare. Oppure, come ho sottolineato prima, forse non ci interessa poi molto. Non uno spettacolo entusiasmante, da qualunque parte la si prenda. Non ci sono molti soldi, o vengono spesi altrove, ma a latitare sono le idee a lungo termine.
E attenzione, buona parte della responsabilità ce l’hanno anche i club che magari mugugnano ma di sicuro non hanno alzato barricate o chiesto chissà quali riforme. Evidentemente alla fine anche a loro sta bene così.
Mi stupirei se difronte ad un avventura celtica dove si navigava, o si naviga, a vista, ci fosse di contraltare un campionato interno iper organizzato e strutturato….C’è poco da meravigliarsi se l Eccellenza non gode di buona salute ed i giocatori che magari han perso il treno giusto decidono di guardarsi altrove magari concentrandosi più sulla loro vita professionale al di fuori del rugby.
Il problema ovviamente non sono il numero delle squadre, ma cosa porta all alto livello il campionato nazionale, ovvero la palestra dove i giovani dovrebbero fare minutaggio ed esperienza. Perchè fin quando non si capirà che i giocatori sono patrimonio del movimento e non proprietà dei club ci sarà poco di che discutere, altro che riforma permit et similia..
Quanto al blocco delle retrocessioni, sarebbe una cosa sensata anche abolire o diminuire il contributo alle prime quattro, mi piacerebbe vedere un campionato dove tutti osano, dagli allenatori con la scelta dei loro game plan, ai giocatori che provano, magari sbagliando, ad azzardare la giocata, piuttosto che giocare un rugby conservativo che mira al risultato e meno allo spettacolo.
Sui valori in campo non penso ci possa essere tanto cala di qualità, o non più delle passate stagioni. Un nome su tutti Newton dei Medicei, un apertura che vanta esperienze celtiche con gli Scarlets, che in Eccellenza si candida ad essere uno, se non il migliore, nel suo ruolo. Un prospetto che le Zebre dovrebbero immediatamente tenere sotto occhio come permit, perchè in fondo il mercato stranieri delle eccellenti dovrebbe essere basato sul mettere sotto contratto stranieri che magari nel loro paese han perso il treno dell alto livello, ma che ancora sono giovani e possono maturare. In fondo le Zebre han fatto un mercato così quest anno..
Giuro, non è per far polemica… ma la figura di COS come si inserisce in questi temi? Cioè ha o non ha potere per riformare o suggerire riforme?
E se si, come molti dicono, tali proposte quali sono e con chi sono state discusse?
ma poi hai scoperto se Cos è un c.t. o un D.o.r. ?
@Ermy, secondo me, COS, ha si dei “poteri” molto più ampi di quelli dei suoi predecessori, ma non così grandi da poter sradicare questa commistione, chiaramente “politica”, che esiste tra la federazione e i clubs, per chiarire, un presidente federale che sia espressione dei clubs e che stato eletto, in definitiva, con i loro voti, vuoi che vada a mettere in atto modifiche troppo sgradite a questi ultimi, anche se reputate necessarie dal head coach (semi DOR) della nazionale?!?!
Sono d’accordo!
Sono società che tirano a campare, come i rappresentanti che si scelgono.
Se avessi programmato investimenti per evitare la retrocessione e a GIUGNO, dopo aver impegnato il budget striminzito che ho, mi annunciano che quest’anno si gioca per scherzo sarei incazzato nero. Avrei potuto risparmiare e valorizzare i boce del vivaio che l’anno prossimo sarebbero stati già rodati.
Con i soldi risparmiati quest’anno l’anno prossimo avrei potuto attrezzare la squadra per obiettivi più prestigiosi.
Dato che sono tutti contenti è evidente che nessuno aveva programmato una emerita cippa.
La stessa distribuzione dei premi 2016-17 a semifinaliste già decise sarebbe da far drizzare i peli.
Mi chiedo se la lezione Petrozzi abbia spostato l’opinione dell’attuale dirigenza sandonatese sull’attuale gestione federale.
In Scozia, strutturano il campionato nazionale in modo che fornisca giocatori per le franchigie e la nazionale Rugby Seven.
Perché in Italia non si può mettere in atto questa soluzione?
@Hastings15, ti rispondo io, perchè in Scozia c’ è una federazione che, forte del fatto che gli introiti per tirare avanti il movimento li fa lei con la nazionale, ha imposto ai clubs il modello migliore per far funzionare il giochino, in Italia, invece (ci sia chi ci sia, lo è stato con Dondi, lo è con Gavazzi e, se avessero vinto le cordate avversarie agli ultime due tornate elettorali, penso che sarebbe stato pure peggio!!), anche se è sempre la nazionale ha generare gli introiti che fanno funzionare il giochino, la Federazione è espressione e/od ostaggio dei clubs e dei loro particolari interessi, è per questo che anche la partecipazione celtica è stata affrontata in maniera così inadeguata ed è per questo che il sistema tra le franchigie e i clubs dell’ Eccellenza è quasi del tutto slegato; come scrive @Mr Ian, in Italia non hanno ancora capito che i giocatori sono patrimonio del movimento e non proprietà dei clubs.
Non c’è più il “thumbs up” se no te lo meritavi tutto Hro…
Ciao Hrothepert. Grazie per la tua risposta. concordo su ogni riga che hai scritto nel tuo commento.
E’ un peccato che nessuno sia in grado di cambiare la situazione facendo remare tutti dalla stessa parte.
@Hrot: In realtà è un rapporto d’interdipendenza: i club hanno bisogno dei soldi della federazione per sopravvivere, la federazione ha bisogno dei giocatori per alimentare l’alto livello (nazionale in primis). Di volta in volta, i due attori in gioco son “vittima” e “carnefice”. Poi c’è il livello dei club piccoli e piccolissimi che operano a livello territoriale e locale e che hanno interessi propri, distanti da quelli dei club importanti. È un sistema articolato, ma slegato nel quale manca l’armonia di una corretta gerarchia dei ruoli e dei doveri reciproci, che permetta di far funzionare in modo fruttuoso la “macchina rugby” ad ogni livello.
La colpa dei club è quella di non voler fare lo sforzo di produrre reddito e rendersi indipendenti economicamente, preferendo la via dell’assistenzialismo. Quella della federazione è di anteporre l’interesse politico a quello meritocratico, riciclando sistematicamente i soliti personaggi che sono garanzia di bacino di voti.
Giova, quello che dici te è in parte vero, la parte che non centri è che i clubs non è che non vogliono fare lo sforzo di produrre reddito, non ne hanno la possibilità, film già visto nelle Unions celtiche, che ha portato, tra altri motivi, alla creazione dell CL.
Per quanto rigurda i piccoli Clubs, ti faccio un esempio pratico, il nipote di un mio amico in scozia giocava in una squadra della seconda divisione del domestic scozzese (tra l’ altro lui e il Biagi “piccolo” si incontravano da avversari) e il suo club fa parte della franchigi degli Warriors, ad aprile quando sono salito su (a tarda ora del sabato notte, al take away indiano, vicino al “mio” pub del west end.) ho incontrato i ragazzi del mio glorioso Glasgow University Rugby Football Club (1869) (con i quali mi sono messo a sparare cazzate e delle quali, onestamente, mi ricordo molto poco!! :D), che, anche loro, fanno parte della franchigia dei Glasgow Warriors, ora, tutto questo per dirti che è vero che ognuno ha i propri interessi diversi, i clubs grandi, quelli piccoli e la federazione, ma se hai una federazione, che è forte, rispetto agli interessi dei suoi interlocutori, a livello economico, è questa che può, anzi deve, imporre le linee per il bene del movimento (cosa che, tra l’ altro, è il compito delle federazioni.), sarà anche vero che culturalmente c’ è differenza culturale tra l’ Italia e i paesi celtici e anglsassone, ma se si vuole che l’ Italia diventi un paese “Buono pe’ Rugby”, sarà l’ ora di uniformarci, anche culturalmente, in ambito rugbystico naturalmente,alla cultura celto/sassone.
@Hrot, ti ringrazio per aver condiviso questa testimonianza diretta: è sempre un piacere per me leggere racconti ed aneddoti sul mondo British, sportivo e non. Però tu parli di Glasgow University e qui si scava un solco profondo con la nostra realtà che – ahinoi – non può fare affidamento su una formazione sportiva scolastica che altrove esiste e svolge un ruolo fondamentale. Noi dobbiamo rivolgerci all’iniziativa privata ed alla spontaneità della passione: a maggior ragione avremmo bisogno che la piramide fosse organizzata a dovere e correttamente gestita. È adatta questa nostra natura “altra” ad assumere in toto il modello scozzese (o irlandese o gallese, ecc.) per trarne vantaggio? Ecco io su questo ho qualche dubbio. In ogni caso, anche mettendo in riga i club (ma, ripeto, per me c’è un rapporto di sottesa complicità in questa apparente contrapposizione), non sono sicuro che questo sistema funzionerebbe, non fosse altro perché attuato in un ambito professionistico che sottende delle entrate continue che, al momento, le franchigie non sono in grado di assicurare.
Ciao a tutti, ciao Paolo e ciao Hrot.
Benritrovati anche se non ho mai smesso di leggervi.
O.T. Bellissima la Scozia, Hrot, ne ho visto un bel pò, da Edinburgo a John o’Goats a Ullapol ecc. ecc.
Single track e Highland comprese.
Giova, Glasgow University non è Rugby scolastico, compete in una normale divisione della SRU e, parliamoci chiaro, in Scozia le franchigie non generano tutti ‘sti guadagni, il numero degli spettatori è un po’ più alto che qui, ma non poi così troppo di più che a Treviso nel primo anno di CL (è vero che li, a differenza di qua, la pubblicità la fanno, al Glasgow International Airport, sugli schermi per gli arrivi e le partenze, quando non ci sono i riferimenti ai voli, ci sono lo stemma e la scritta Glasgow Warriors, così come sulla facciata di un pub del West End.), il main sponsor è lo stesso della nazionale, perchè la federazione vende tutto il pacchetto (se vuoi la nazionale, prendi anche le franchigie), le partite le trasmette BBC Alba, che è la divisione gaelica di BBC Scotland, e non so quanto sborsi per i diritti TV, in definitiva la gran parte degli introiti, per farle funzionare, viene da una fonte analoga a quella che abbiamo qua, la….federazione.
Il sistema scozzese/gallese/irlandese, se non va bene in toto, lo puoi correggere e adattare, senza stravolgerlo, al movimento italico, l’ unica cosa da non fare è continuare con questo sitstema (o….non sistema!!) italiano.
@Hro di che anno sei? Io son passato da Glasgow con la nazionale juniores nell’82, credo proprio alla Glasgoe University…
non abbiamo fatto test, ma tre matches con North a Inverness, Middle a Glasgow e South a Edimburgo! Il nostro anfitrione era Nairn McEwan, che poi allenò a Rovigo…
Bella esperienza, bei posti, belle partite… e gran bella nazionale juniores! 😉
Ermy, sono leggermente più giovane, nell’ ’82 avevo 14 anni.
P.s.
Giova, è chiaro che non esiste una vera contrapposizione, perchè altrimenti la federazione, con la minaccia di chiudere i cordoni della borsa, avrebbe già ottenuto quello che voleva, ma, come ho già scritto, la federazione non lo vuole un vero cambiamento radicale, in senso piramidale e in funzione delle franchigie, perchè è essa stessa espressione dei clubs.
Ciao Kristian, ben tornato a scrivere tra noi.
Personalmente non sarei incazzato nero, anzi.
Avrei guadagnato un anno.
Ci sono vari modi per analizzare un campionato, quello scelto da te , P.W., è molto aprioristico e preconcetto. Un campionato andrebbe , innanzittutto, valutato per i valori tecnici che sa mettere in campo. .
Io spendo molto del mio tempo sui campi di Eccellenza e mi diverto, non ho certo il palato fino degli austeri ed esimi commentatori di questo blog, ma lo trovo un campionato tecnicamente interessante, sicuramente al livello dei domestic anglosassoni.
Con quali valutazioni e criteri si può affermare che l’Eccellenza 2017/18 non è funzionale alle due squadre di Pro 12? Potrebbe esserlo di più, è possibile, ma dire che non lo è inesatto e non rispondente alla verità dei fatti.
Sarei poi curioso di sapere quale potrebbe essere la “progettualità a lungo termine” in grado di elevare il livello tecnico di questo campionato.
A differenza tua io non vedo l’ora che cominci.
Pure il tuo potrebbe essere preconcetto o aprioristico, no? Che bello sarebbe avere dei dubbi ogni tanto…
Tra l’altro non ho mai detto che non ho voglia di vederlo.
Io sto provando a seguirti. Dimmelo tu quali sono i dubbi che devono venirmi mentre mi siederò a partire dalle prossime settimane, sulle tribune di Viadana, Reggio o Calvisano. A quale progettualità devo pensare che, sicuramente secondo te, non vedrò? Posto che la riforma dei P.P non è di certo “progettualità” ma semplicemente, miglior gestione dell’esistente.
Io ho aspettato ad intervenire perchè volevo leggere i commenti, ma , purtroppo, è la solita musica, legittima e rispettabile: dobbiamo fare come fanno in Scozia e Galles. Bene peccato che qui siamo in Italia con una organizzazione e una cultura che nemmeno lontanamente assomiglia a quella anglosassone.
In ogni caso, sinceramente, sono disponibile a farmeli venire i dubbi.
Che devo dire? Si vede che quelle mille persone (scarse) che di media vanno a vedere le partite hanno capito tutto e gli altri no. Qualche anno fa, mentre si attendeva di scoprire quale tv avrebbe passato le gare dell’Eccellenza (già iniziata) uno che conosco mi disse che visto il livello del torneo non avere una TV sarebbe stato meglio. Ah, era uno stipendiato fir. Oh, magari aveva torto o aveva esagerato. Opinioni. Valida come le tua o la mia. Sempre di non avere la certezza che la Verità si trovi nelle nostre tasche
Interessante scoprire che la nostra eccellenza abbia lo stesso livello degli altri domestic e che è funzionale alle franchigie.. quel che non si riesce a capire.. è perchè poi nella stragrande maggioranza, messi a confronto su un livello superiore, i nostri non rendano..
P.S. x me ti diverti di + con un abbonamento a skysport e risparmi pure i soldi della benzina..
Ciao Paolo,
Mi permetto di segnalare che la visibilità del link presente nel post è scarsa. Puoi rimediare?
La soluzione scozzese pare sulla carta sostenibile. Vedremo.
Il punto per noi è delicato. Che io sappia non è mai stato messo all’o.d.g di una riunione di vertice della FIR, né che sia mai stata proposta una commissione paritetica FIR e società per discuterne.
Temo che manchi la volontà politica, che non vi sia progettualità.
La minestra è la stessa da anni. Siamo l’unica federazione del Pro14 (incluso il Sudafrica che, a naso, userà il torneo per valutare molti giocatori tra Currie e SR) che non ha una vera e propria armonizzazione tra livello superiore e livello inferiore.
Come ha scritto Paolo, le responsabilità sono da tutte le parti. Non c’è voglia di cambiare davvero e allora va bene così finché la barca va.
ieri avevo postato questo commento. ” Calvisano, a mio modo di vedere, sta attuando un politica più a lungo termine che porterà il club a sbarcare nel nuovo Pro14, l unica cosa che al momento gli manca ma che sta costruendo è una solidità economica. Ma tra premi per le qualificazioni ai play off e premi per i giocatori che approdano alle Zebre, nel giro di pochi anni, facciamo 2020, le casse della società dovrebbero godere di ottima salute. Con la conseguenza che riavrà il parco giocatori più gli aiuti federali….A questo punto un palcoscenico di portata continentale sarebbe il giusto premio per il lavoro svolto in questi anni, oltre che una nuova sfida a livello societario. Diciamo che vincere sempre lo scudetto ormai sta diventando poco allettante….
Quanto all età media che si abbassa, può essere solo un pregio per l Eccellenza, a patto che ci sia più spazio per i giovani italiani che salgono dalla A o che all epoca han perso il treno accademie, sempre se questi sono rimasti nel rugby”.
La cosa non è campata in aria visto che dall anno prossimo l Accademia Francescato sarà spostata a Remedello…ma non dovevano stare assieme accademie e celtiche?? non era una cosa voluta da O’Shea e Aboud??
Paolo, che tu sappia, esiste un verbale della riunione del Consiglio FIR che ha deliberato (o sarebbe più corretto dire “ratificato”?) le modifiche ai campionati d’eccellenza, serie A e serie B…? Immagino che, di fronte ad una decisione così importante e impattante per il futuro del nostro rugby, ci sarà stata ampia ed articolata discussione, ricca di considerazioni e punti di vista: sarebbe interessante poterne leggere un resoconto. Così come sarebbe interessante conoscere la posizione dei consiglieri in quota all’opposizione, al momento del voto. Su quest’ultimo punto ho provato nel mio piccolo a formulare la domanda direttamente al presidente di “Pronti al cambiamento”, senza avere il piacere a tutt’oggi di ricevere risposta (non che fosse dovuta: rispondere è cortesia, non obbligo). Magari tu ne sai di più o, semplicemente, a te danno più retta.
Sembra di leggere un ciclostilato anni ’70, per cui , messianicamente, si diceva che le riforme erano inutili perchè la rivoluzione era l’unica via, vista la classe dirigente che gestiva la vita politica e sociale italiana.
Dire che tutto va male , non è un valore, anzi.
Se invece fosse vero che manca la volontà di fare bene, anzi c’è solo la volontà di fare “i propri interessi” , che senso ha discuterne, è tempo perso.
Solita minestra gattopardesca.
Rispondi nel merito frank..
Si fa sempre troppo poco e troppo lentamente. Quando saremo al livello organizzativo degli altri loro saranno 150 anni avanti rispetto ad ora.
ritengo indifferente il numero di squadre nell’eccellenza, il problema vero sono il numero di partite
ci si deve mettere in testa che le squadre devono scendere in campo ogni settimana, altrimenti concetti tecnici fondamentali come ritmo partita e fitness possiamo anche abbandonarli assieme al 6N e al pro14 post 2020, perchè il rugby è giocato a ritmo sempre più veloce e noi abbiamo già perso troppo terreno per strada nell’ultimo ventennio senza alzare l’asticella delle prestazioni compatibilmente a quanto abbiano fatto gli altri nostri competitors
Son daccordo, inoltre trovo tragico che da aprile a settembre i giocatori praticamente non vedano il campo… organizzare un circuito Seven nella bella stagione e al posto di quella ciofeca del Trofeo aeccellenza, sembra impossibile? E si che il beach rugby c’è riuscito…
intanto a Remedello…
La cosa triste della situazione italiana è che ormai passa quasi in silenzio, con rassegnazione, l’oscuramento TV del Pro14… cioè, in un mondo sempre più mediatico a noi manca proprio la comunicazione… cose da non crederci!
Programmare vorrebbe dire, ad esempio, affrontare il discorso del doppio tesseramento…Questo introdurrebbe un elemento di novita’ e di chiarezza nel sistema. Ma chi ha voglia di “mettere i piedi nel piatto”? Molto più facile continuare ad affidarsi al sistema estemporaneo dei permit players. Cosí un anno abbiamo un giocatore che si allena un po’ con le Zebre, l’anno dopo ce n’è un altro, non si scomodano troppo i club e ci si avvale della collaborazione di quelli più volenterosi, non si prendono impegni reciproci (tra FIR, club e giocatore) precisi e vincolanti, non si sa bene su chi si intende puntare…
Ah: è grazie, Paolo, di avere tolto i pollici trollogeni… 🙂
Con tutto il rispetto dovuto alle opinioni esposte con passione ed educazione, ma cosa c’entri il doppio tesseramento con la programmazione è per me un mistero. La soluzione del problema P.P. è una razionalizzazione del sistema, non incide minimamente sui programmi delle squadre “eccellenti”. E poi, di quanti ragazzi parliamo coinvolgibili in questa operazione? Diciamo 15 per celtica? Non credo che lo status di 30 giocatori su 400 sconvolga la struttura del campionato.
La mancanza di “programmazione” reclamata dal post, immagino sia qualcosa di più profondo, modifiche al campionato fatte oggi per avere una qualità superiore tra 5/6 anni.
Io credo che se esistesse una riforma del genere, sarebbe da sottoscrivere. Ma al di là delle solite trite e ritrite affermazioni che “dovremmo fare come gli scozzesi”, non ho letto.
Bene. Il doppio tesseramento non è “la” soluzione, ma potrebbe ssere uno degli strumenti della programmazione. Le ragioni le esposte sopra. Da qualche parte si deve cominciare…