Soldi e rugby italiano: memorie di un marketing perduto. Anzi, proprio mai visto

Trovarsi casualmente in mano un libro del 2010 con spunti e indicazioni suggeriti per sfruttare al meglio l’ingresso nella Celtic League. Rendersi conto che il nostro movimento ha seguito strade molto diverse. Strade poco fortunate. E quel volume aveva anche il patrocinio FIR…

La radio presso cui lavoro sta per cambiare sede. Sono giorni piuttosto incasinati da un punto di vista logistico, come potete immaginare, tra macchinari che vengono spostati da una parte all’altra e con tonnellate di scatoloni da riempire. Svuotando un mio cassetto ho ritrovato un libro che avevo letto anni fa, “Marketing ovale – Punti, appunti e spunti di marketing applicati al rugby”. A scriverlo Antonio Pagano, avvocato che ha un “background in management e marketing sportivi oltre che in diritto sportivo”, come racconta il suo sito. Dopo alcune importanti esperienze con il Viadana e il Rovigo ha preso un aereo ed è volato negli USA, dove vive tuttora e dove insegna alla University of California Riverside. Nel mezzo, era il 2010, ha pubblicato il libro di cui sopra, con la prefazione scritta da William A. Sutton, uno che tra le tante cose è stato consulente per diverse franchigie NBA ed NFL, ex vicepresidente del Team Marketing NBA, attuale direttore del dipartimento Sport Marketing & Entertainment alla University of South Florida. Non uno qualunque.
Sfogliando quel volume mi sono ritrovato a rileggere due paginette (pag. 162 e 163) sul come l’Italia avrebbe dovuto affrontare l’ingresso nell’allora Celtic League da un punto di vista del marketing. Uso il condizionale perché… beh, leggete e vedete voi se qualcuno dei consigli suggeriti è stato seguito, anche solo vagamente. E visti i risultati…
La cosa buffa (o forse no) è che “Marketing ovale” era patrocinato dalla FIR e aveva una introduzione firmata dall’allora presidente federale Giancarlo Dondi. Non aggiungo altro, che tanto non serve, e poi dicono che i blogger rompono le scatole. Buona lettura.

Pagano pag 1

Pagano pag 2

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41 pensieri su “Soldi e rugby italiano: memorie di un marketing perduto. Anzi, proprio mai visto”

  1. Tutto giusto, tutto vero.
    Però, se al posto di Celtic e rugby italiano, ci scrivi EuroCup e basket ( o anche volley ) in Gran Bretagna & Irlanda, risulta la stessa identica coscia.

      1. Il mio ragionamento era legato al fatto che, da loro, ci fossero anche tanti soldini a disposizione, basket & volley non attecchirebbero perché non “sentiti”, come capita al rugby da noi.
        Giriamola come si voglia, ma in Italia l’unico luogo dove il rugby avrebbe avuto tutto : senso di appartenenza, pubblico da sold out, appeal nei confronti di sponsor e network televisivo, e’ Rovigo.
        Ma ne al tempo del bando, né oggi, han dimostrato forza, voglia e potere di farlo.
        Viva le Tette.

      2. Gianni ok, pero’ la si puo’ mettere anche che loro consci dei loro limiti non si imbarcano in progetti come questo, che sanno benissimo di non avere una base solida su cui poggiare per farlo…al di la’ dei dogmi sul “bisonga essere dentro costi quel che costi”!

      3. se mettiamo in dubbio anche la partecipazione alla Celtic, siamo proprio alla frutta

      4. Io non vivo di dogmi, io i dubbi me li pongo…solo gli stolti vivono di certezze e dogmi

      5. Senza dubbio, ma in quel preciso anno e con il contesto che si prospettava, entrare in Celtic era una grande opportunità che veniva offerta al rugby italiano. Che poi non è stata sfruttata in pieno è un altro discorso, ma di sicuro non è colpa della Celtic. Ad oggi rimangono più i benefici che altro…

      6. Era un’opportunita’?Si! Quella giusta per cvome si trovava il movimento?Per me no, ci si e’ raccontati la grande storia che si era come le celtiche nel 2000 quando di loro non si avevano gli stessi presupposti….e non li si hanno neanche oggi…non e’ questione solo di non avers fruttato e’ questione che la base ed il movimento non erano pronti per quel salto…e non ci sono neanche ora ed infatti si spera che siano COS ed Aboud a mettere a posto tutta la baracca.
        Dopo 7 anni magari bisognerebbe anche averla digerita sta cosa…

    1. Se il basket è uno sport di dimensioni planetarie, la pallavolo ha una diffusione molto inferiore al livello semiprofessionistico. Da noi se ne (stra)parla perché l’Italia ha una tradizione e continua ad essere competitiva, ma in molti paesi importa molto poco (basta vedere quante formazioni partecipano ai campionati europei). Se guardiamo la Francia… non solo sono ormai avanti a noi nel basket, ma nella pallavolo ci sono alle calcagna e sono campioni del mondo di pallamano (le hand…inguardabile). Comunque la vediamo, è evidente che quelle parole sono state del tutto disattese.

      1. La pallamano in Francia è terzo sport, davanti al rugby!
        hanno grande tradizione, sia di nazionale che di club..

  2. Penso che Aironi in primis, ma anche zebre, dal punto di vista del marketing, abbiano fatto un buon lavoro. poi i risultati sul campo non dipendono dal marketing. Diverso per Treviso che nei primi anni aveva decisamente scelto di non sfruttare alcune risorse.

    1. Se avessero fatto un buon lavoro, le Zebre oggi non starebbero a questo punto..se poi un granello di sabbia è tanto rispetto al nulla cosmico, non posso darti torto. Ma dal 2010 ad oggi un pò di tempo è trascorso..

      1. gsp, Zebre e Aironi hanno fatto del marketing, ma la FIR non lo ha fatto. Non ha insegnato al pubblico della nazionale a seguire le quasi nazionali (le due celtiche) ogni finesettimana. Per me questo doveva essere il modo di vendere il Pro12. Venderlo in TV al pubblico del 6 Nazioni.

  3. Dove sono adesso personaggi come Pagano? perchè non fanno parte di nessuna triade o non sono consulenti attivi della FIR? Queste sarebbero domande da fare alla federazione, che rimane uno stipendificio per ex atleti….nulla di nuovo sotto il sole, nè tanto meno si intravedono novità…

    1. Guarda che quel che ha scritto sono cose piuttosto ovvie, che poi non si sia perseguito quell’obiettivo è un altro discorso..
      il problema principale? Sempre i soldi..
      Ma permettimi di dire che non è vero che non si intravedono novità, anzi..
      e poi scusa se tutti ma proprio tutti i giocatori allenatori dirigenti etc dicono che la musica è cambiata e si vedono tanti segnali positivi, perché non gli date almeno il tempo minimo di incidere? Nessuno ha la bacchetta magica, per il cambiamento proposto e richiesto occorreranno anni, non certo 10 mesi..
      Chi ha fatto sport e rugby in particolare sa bene che ci vogliono anni per migliorare, evolvere, vincere!
      non basta certo un anno di nuova preparazione psico fisica, alimentazione, metodologia d’ allenamento..
      ci vuole pazienza e boh!

      1. quelli che dicono che si sta cambiando, si riferiscono ai metodi di lavoro in campo, e sono sicurissimo che si sia intrapresa la giusta strada. Però per competere nel rugby che conta servono anche altri tipi di programmazioni, di tipo dirigenziale..su questo non si può tirare in ballo anche O’Shea, altrimenti questo lo fanno santo…

      2. Su questo sono d’accordo con Mr Ian, campo e management sono due cose diverse. Vero che servono vittorie per vendere il prodotto rugby, ma oltre ad uno staff tecnico qualificato vedo la necessità di uno staff dirigenziale / manageriale / pubblicitario con i controcoglioni. Problema: i soldi per fare Marketing non ci sono, e forse non ci sono nemmeno per ingaggiare persone qualificate.

  4. Responsabile Marketing di f.i.r. è un uomo che, dopo aver giocato in seconda con successo , ha assunto ruoli che sembrano prescindere dalle sue specifiche competenze.
    Forse il suo successo in ambito federale è dovuto alla suo aspetto da intellettuale: una seconda con gli occhiali di certo ha un suo non so che tant’è che quell’incarico ad interim, che inizialmente sembrava essere limitato a qualche mese, lo riveste ancora.
    Il fatto è che non credo che quell’intellettuale abbia mai avuto l’occasione o il tempo di svolgere attività dii Marketing anche perché immagino fosse molto impegnato nel suo precedente ruolo istituzionale di Responsabile dell’Alto Livello.
    Per indole non escludo a priori che un uomo o una donna, dotati di particolare intelligenza, possano spaziare, nel corso della loro vita lavorativa, da un campo all’altro soprattutto se dimostrano di saper raggiungere successi in ogni occupazione in cui si cimentano.
    Il nostro Intellettuale, dopo esser stato dirigente di un Rovigo che solo i rodigini ricorderanno, è stato per anni responsabile dell’Alto Livello e il suo compito era proprio quello di condurre tutto il movimento (dalle giovanili e serie C in su) a una crescita compatibile col neonato professionismo.
    Qui, in questa sua veste, lo ricorderemo tutti noi e non certo per i successi che ha mietuto.

    Ma anche Forrest Gump portava gli occhiali ?

    1. Concesso che il dirigente FIR citato potrebbe essere bravo nel suo nuovo ruolo, potrebbe però anche non esserlo. Cosa ha fatto per adesso?
      Applauso a Mamo.

  5. Ci può essere pure Vanna Marketing a dirigere le operazioni di pubblicizzazione , ma se i risultati e lo spettacolo non sono neanche al livello di sufficienza (il più delle volte) … mi pare difficile attirare qualcosa in più dei pochi(ssimi) appassionati. Soprattutto in Italia , dove vincere è tutto

  6. Se ne potrebbero scrivere tante sul rapporto rugby-marketing in seno alla federazione ed ai club.
    Giusto per ricordarne una, due anni fa furono costretti dalla Rai a mettere la mordacchia ad una trasmissione settimanale in onda nel Lazio (anche in streaming), che meritevolmente stava facendo promozione al campionato d’eccellenza: qualche genio in federazione, senza manco leggersi le clausole, aveva firmato un contratto con l’emittente di Stato con cui cedeva i diritti in esclusiva, anche per un singolo fotogramma in differita, per tutta la stagione. La quale Rai per trasmettere si faceva pagare dalla stessa FIR, sempre che all’ultimo non decidessero di mandare in onda il torneo di freccette della Val di Non o la lippa scientifica dell’ospizio di zia Pina…

  7. Io penso 2 cose:

    1) le squadre di CL hanno, tra le due, quasi tutti i nazionali. Una campagna di marketing “dall’alto” dovrebbe far leva su questo e “vendere” il rugby a chi gli piace il 6N e vuole vederne di più dei ragazzi della nazionale. Questo marketing andrebbe fatto durante il 6N, da parte della FIR. Chiaro messaggio “qui [Eurosport, Treviso, Parma] potete vedere rugby di alto livello, con i migliori italiani, tutta la stagione sportiva”.

    corollario: Zebre e Treviso fanno il loro marketing locale cercando di attirare tifosi e appassionati (cosa che Zebre e Aironi hanno fatto abbastanza…). Questo è il marketing “dal basso”.

    2) Non si può vendere il rugby solo ai praticanti e ex praticanti, sono troppo pochi e sanno già dove trovare il rugby se vogliono. Bisogna rendere il rugby appetibile ai neofiti (come lo sono gli sport maggiori). Il problema quì è che tutti capiscono calcio, ciclismo eccetera, e tutti hanno fatto un minimo di basket e pallavolo a scuola, qb per sapere la regola dei 3 passi e dei 3 secondi. Il rugby invece ha 30 regole complicate. Il rugby va spiegato.

    Stabiliti questi punti di partenza si potrebbe elaborare un piano di marketing. Ma ci vogliono soldi ed uno o due dirigenti competenti dedicati al progetto. Non mi pare ci sia niente di tutto questo.

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