Last news from England

Da Rugby 1823

Due notizie scuotono la vigilia natalizia inglese. Due addii importanti in vista del 2011 e che coinvolgono gli Sale Sharks e Bath. A Sale è stato, infatti, esonerato il coach Mike Brewer, che paga una stagione opaca degli Squali, mentre a da Bath arriva l’arrivederci di Butch James, con il mediano sudafricano che vuole tornare in Patria per giocarsi le sue chance iridate.

Mike Brewer, che è stato coach degli avanti della Scozia fino all’arrivo di Andy Robinson e Massimo Cuttitta sulla panchina degli Highlanders, era head coach a Sale dall’aprile scorso. Ma una stagione mediocre, con la squadra relegata in decima posizione, sono costate all’ex All Black la panchina. Al suo posto Pete Anglesea, promosso così dalla panchina dell’Academy.
E’ la voglia di bissare il successo del 2007, invece, la causa del probabile divorzio anticipato tra Butch James e il Bath. Il mediano d’apertura sudafricano, infatti, a 31 anni sa che il 2011 è la sua ultima occasione di riconquistare la maglia degli Springboks e un posto per l’RWC 2011 in Nuova Zelanda. Ma per farlo deve tornare in Patria e giocare nel Super 15 che inizierà a febbraio. Destinazione probabile Johannesburg e i Lions.

 

La religione e il dubbio

Dal “solito” e informatissimo Rugby 1823

Era la meta più probabile, ma non per questo non lascia perplessi la scelta di Euan Murray, pilone scozzese, di accasarsi a Newcastle pochi giorni dopo aver rescisso il contratto con i Northampton Saints. Una scelta, quest’ultima, motivata dalla volontà di non giocare la domenica per motivi religiosi. Ma allora perché scegliere un’altra squadra inglese?

“Noi preferiamo giocare il venerdì sera, anche se per motivi televisivi qualche incontro viene spostato. Ma questo non ci impedirà di avere Euan a disposizione per la maggior parte della stagione” la motivazione che dà Alan Tait, head coach dei Falcons, attualmente penultimi nell’Aviva Premiership e in piena lotta per non retrocedere. Meno partite la domenica, almeno sulla carta, quindi per il pilone scozzese che, così, ha trovato una sistemazione consona alle sue scelte religiose.
Un contratto di due anni e mezzo per il trentenne pilone, che si è subito dichiarato entusiasta della scelta “Non vedo l’ora di iniziare e di indossare la maglia dei Falcons – le sue prime parole –. La scelta di andare a Newcastle è la migliore per me e la mia famiglia”. Fino alla prossima partita domenicale…

Il duro novembre di Lievremont

Dov’è finita la Francia spettacolare vista nel Sei Nazioni 2010? I test-match di giugno e novembre hanno riconsegnato una squadra ridimensionata nel gioco e nei risultati. L’analisi di Rugby 1823

Sembra lontanissimo il successo nell’ultimo Sei Nazioni per Marc Lievremont e la sua Francia. Le sconfitte estive con Sud Africa e, soprattutto, Argentina e un novembre in cui la “vendetta” sui Pumas non è bastata a convincere tifosi e stampa hanno lasciato il segno e il coach transalpino è sulla graticola a pochi mesi dai Mondiali. Ecco perché, ora, Lievremont parte al contrattacco, difendendo le sue scelte e, soprattutto, assumendo il comando totale delle operazioni.
Un passo indietro importante chiesto ai suoi assistenti, Emile Ntamack e Didier Retière, e la volontà di curare nei minimi particolari ogni aspetto della squadra, affinché si vada tutti nella stessa direzione. Ex uomo di mischia, Lievremont ha dato in passato ampi poteri a Ntamack nella gestione dei trequarti, ma i risultati non sono quelli che l’allenatore si aspettava. “Ho delegato il lavoro sui trequarti a Milou (Ntamack), ma l’ho lasciato troppo solo. Ho provato a risolvere la soluzione affiancandogli Gonzalo Quesada, coach dei calciatori, ma non ha funzionato e io ci ho messo troppo tempo a capirlo” le parole di Lievremont. Ma sono tante le novità che aspetteranno i Bleus in vista del prossimo RBS Six Nations e dell’RWC in Nuova Zelanda.
A partire dai rapporti con la stampa, che diveranno di responsabilità unica di Lievremont, evitando così che altre voci confondano idee e pensieri di una squadre che, invece, deve mostrarsi compatta al suo interno e verso l’esterno. Inoltre, gli aspetti tattici e tecnici in vista dei match verranno discussi e chiariti il lunedì prima dell’incontro e non, invece, nell’arco della settimana, una prassi che ha portato confusione e incertezza tra i giocatori.
Ma anche il rapporto con il capitano, Thierry Dusautoir, dovrà cambiare. “Sono stato molto duro con Dusautoir dopo il match con l’Australia, ma non ho mai messo in dubbio il suo ruolo di capitano – dice Lievremont –. L’ho scelto io e non si cambia, anche se avevo sperato in un rapporto più stretto, non tra lui e lo staff, ma tra lui e me. Gli ho chiesto di concentrarsi di più sul suo gioco, perché come capitano ha sofferto troppo il rapporto con la stampa”.
Insomma, dopo la gloria del Grande Slam per Marc Lievremont sono arrivati mesi difficili. Ora ha un Sei Nazioni e un Mondiale per dimostrare che lui non è solo “il bravo ragazzo, ma inesperto e incompetente” come qualcuno (anche nella Federazione Francese) ha voluto dipingerlo.

La Scozia e la sindrome italiana

Che ci facciamo noi qui? L’italica questione plana sulle highlands, come ci racconta Duccio Fumero su Rugby 1823

Cosa c’entrano gli Aironi con la Scozia, vi chiederete. Per rispondervi basta leggere cosa scrive l’opinionista british Neil Drysdale sul sito della tv STV. Drysdale, infatti, si chiede una cosa che qui da noi ci siamo chiesti per anni: “a cosa serve la partecipazione dei nostri club in Europa, se sappiamo solo perdere?”. Giocare con Edimburgo e Glasgow è, secondo l’STV, una vittoria sicura (per gli altri). Come pensavano anche a Biarritz, fino a pochi giorni fa.
Le Highlands come la Val Padana, Edimburgo come Roma, il Murrayfield come Monigo. Per anni in Italia si è discusso sulla reale utilità di mandare i nostri club in Europa, tra Heineken e Challenge Cup, dove da Treviso e Roma, da Rovigo a Viadana erano solo umilianti sconfitte. L’apporto italiano al Vecchio Continente si riduceva, quasi sempre, a decidere chi, tra le avversarie, avrebbe portato a casa il punto di bonus offensivo e chi no.
Dubbi che, ora, colpiscono anche la Scozia. Edimburgo e Glasgow per l’ennesimo anno stanno raccogliendo ben poco in Heineken Cup. La squadra della capitale ha perso tre match su tre in un girone non certo di ferro, con Castres, Northampton e Cardiff, mentre i Warriors hanno saputo vincere un solo incontro con Newport, perdendo poi con Tolosa e London Wasps. E non va molto meglio in Celtic League, dove su 19 incontri le due scozzesi ne hanno vinti otto.
E qui arriva l’affondo pesante di Neil Drysdale e qui entrano in gioco gli Aironi. “Se fosse un semplice discorso di favoriti e non favoriti della Coppa, allora una potrebbe liquidare la sconfitta di Glasgow con Tolosa per 28-16 come una semplice sconfitta onorevole. La squadra francese, definita da Lineen (coach del Glasgow) “gli All Blacks dell’Emisfero Nord” hanno un budget e una squadra che gli scozzesi possono solo sognare. Eppure, solo 24 ore dopo lo scontato risultato di Firhill, arriva la notizia che gli Aironi – che ancora non hanno vinto un match in Magners – hanno battuto Biarritz 28-27 in un match esaltante in Italia. In tutta Europa ci sono state battaglie e risultati inaspettati in uno degli eventi clou del rugby, tranne che in Scozia, dove vincere è considerato un optional”. Parole durissime, che premiano gli Aironi e umiliano Glasgow ed Edimburgo. E che, viste da qui, fanno sorridere.
Rileggetele, e al nome Aironi sostituite Scozia e a quello di Glasgow l’Italia. Non vi ricorda tutti i discorsi che da tempo facciamo sulla capacità scozzese (come nazionale) di vincere sfide in cui sono underdogs, mentre l’Italrugby si accontenta di onorevoli sconfitte? Ogni mondo è Paese e Aironi (e Treviso prima di loro quest’anno) hanno dimostrato agli scozzesi (ma anche a noi) che non sempre chi è più debole deve accontentarsi di perdere bene. Ma si può, ogni tanto, provare a vincerla qualche partita.

Affaire francese per Wilko

La federazione inglese qualche settimana fa ha fatto sapere che i giocatori inglesi che aspirano ad una convocazione per i mondiali 2015 dovranno giocare in Premiership. Ma il numero 10 inglese ha fatto sapere che vuole rimanere in Francia. Da Right Rugby:

Della questione avevamo intuito già qualcosa: non occorreva essere veggenti, ma giusto seguire quel vecchio adagio per cui “follow the money”. Jonny Wilkinson ha espresso il desiderio di rimanere in Francia con il Tolone, stando alle dichiarazioni del coach del club transalpino Philippe Saint-Andre. E il rumor è arrivato dopo che la Rugby Football Union ha messo in chiaro che per la Coppa del Mondo 2011 verranno selezionati solo i giocatori che militano nelle società inglesi. Il contratto di Wilko con il Tolone scade in estate, a quel punto l’apertura sarebbe free agent e comunque convocabile, dal momento che non avrebbe legami con parti straniere. Tutto al condizionale, ovviamente, perché se le parole di Saint-Andre trovassero conferma ufficiale, Martin Johnson non dovrebbe opzionare il numero 10.
Rimangono sempre le famose “circostanze eccezionali” del caso, ma nel frattempo registriamo le parole del diretto interessato che ha detto di voler “voler fare bene e un anno e mezzo fa ho fatto una scelta (Tolone) per continuare in questo senso“. “Sono contento dove sto“, ha aggiunto e allora la storia appare fin troppo chiara.
D’altronde, coach Johnson si è portato avanti da quando è allenatore dell’Inghilterra, facendo giocare altra gente nel ruolo di Wilkinson – che prima scelta non è – come nel caso di Tobey Flood del Leicester Tigers, che nel proprio club manco è schierato ad apertura, quanto piuttosto a primo centro. In compenso sempre Wilkinson sarà con tutta probabilità nel gruppo del prossimo Six Nations, infortuni permettendo.
D’altra parte, l’inglese ha dato molto alla nazionale: ok il drop che è valso il Mondiale 2003 prima di fare i conti con i troppi guai fisici, ma c’è anche la prestazione al torneo di quattro anni dopo in Francia quando, tornando a disposizione del mister Brian Ashton, ha permesso all’Inghilterra di volare in finale contro il Sud Africa, dopo averle prese di santa ragione dagli stessi Springboks nella fase a gironi. A questo punto potrebbe benissimo scegliere di godersi il resto della carriera solo a livello di club e nel frattempo tenere casa sotto il caldo sole del sud della Francia. Non gli mancheranno di certo il freddo e la pioggia di Newcastle.