Movimento Italia, l’abbandono delle Accademie: qui tutti i numeri ufficiali

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ph. Fotosportit/FIR

Le Accademie esistono da 8 anni, dalla stagione 2009/2010: gli atleti finora coinvolti sono stati 1.370 con 75 ritiri complessivi, ovvero una dispersione del 5,47%. Qui i numeri forniti a questo blog dalla FIR

Eh, ma sai quanti sono i ragazzi che vanno in Accademia e poi lasciano? Alzi la mano chi non ha mai sentito questa frase. Perché sul tema Accademie FIR dalle nostre parti ne è scaturita una vera e propria guerra di religione, con posizioni tanto rigide quanto (spesso) ideologiche. Chi le contesta e chi invece ne vede uno strumento imprescindibile di crescita del nostro movimento ovale.
La mia posizione, per quanto può contare è parecchio laica: le accademie federali in sé non sono né utili né dannose, quello che conta è il contesto in cui vengono inserite. In un territorio in cui esiste una grossa presenza di club non servono, possono persino diventare dannose, diventano invece vitali in aree dove il rugby fa fatica a mettere radici. In quel caso sono un luogo di “protezione” dell’Ovalia esistente ma anche un centro di propaganda e di allargamento del virus ovale. Detta in parole poverissime: secondo me in Italia le Accademie sono troppe e spesso in aree dove si mettono a fare una (dannosa) concorrenza alle società, come in Lombardia e Veneto. Sarebbero più utili altrove. Ma questa è una opinione personale che lascia il tempo che trova.

Il Grillotalpa ha chiesto e ottenuto dalla federazione i numeri di giocatori finora coinvolti dal sistema Accademie e quello dei relativi ritiri. Dati che non dicono molto, ma un po’ di cose sì, e dai quali comunque non si può prescindere per una seria discussione sul tema.
Le accademie sono state aperte nella stagione 2009/2010 e fino a quella 2012/2013 erano tre: quella zonale di Roma, quella zonale di Parma e quella zonale di Mogliano. In quei 4 anni gli atleti iscritti sono stati complessivamente 339, i ritiri 19. Quella più “colpita” dal drop out è stata quella nella città emiliana, con l’abbandono di 10 ragazzi in quattro stagioni (5 solo nella prima), ma va pure detto che quella di Parma è l’Accademia che ha raccolto più atleti rispetto alle altre: 124 contro i 105 di Roma e 110 di Mogliano.

Nel 2012 Alfredo Gavazzi viene eletto presidente FIR e dà il via a un contestatissimo ingrandimento del piano-Accademie. I Centri di Formazione Permanente  – CDFP, la nuova denominazione – triplicano di numero. Dalla stagione 2013/2014 a quella in corso a Torino, Milano, Remedello, Rovigo/Padova (sperimentale), Mogliano, Prato, Roma, Benevento e Catania vengono coinvolti in tutto 1.031 giovani rugbisti, 56 quelli ritirati, dato quest’ultimo però riferito fino alla stagione 2015/2016, manca invece quello aggiornato alla stagione in corso per ovvi motivi.
Per tirare le fila: in 8 stagioni gli atleti entrati nelle Accademie sono stati 1.370 con 75 ritiri, ovvero una dispersione del 5,47% . Nello specifico: la percentuale di abbandono delle tre accademie zonali del ciclo 2009-2013 era del 5,60%, quella dei CDFP del periodo 2013-2016 è del 5,43%.

I motivi dei ritiri? La FIR non entra nel dettaglio di ogni singolo abbandono ma precisa che le ragioni sono sostanzialmente tre: di ordine familiare, di studio e per infortuni gravi o comunque che necessitano di periodi di recupero lunghi. Infine si fa sapere che “i ritiri avvengono principalmente nella prima parte della stagione (tra settembre e gennaio)”.
Dai dati si evince che Roma, Benevento e Catania hanno numeri di drop out un po’ superiori alle altre Accademie, ma non poi di molto. Vediamo le statistiche FIR:

cdfp1cdfp2accademie

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50 pensieri su “Movimento Italia, l’abbandono delle Accademie: qui tutti i numeri ufficiali”

  1. 3 considerazioni:
    1-d’accordo con il centrare le accademie in un discorso più ampio, non tanto per trovare una collocazione per i giovani aspiranti ma inserendoli in un percorso che inizia in accademia e finisce nella nazionale, come in nuova zelanda che al momento mi sembra offra il modello organizzativo più completo e articolato;
    2-se si pareggiasse il numero di accademie con quelle dei club di eccellenza si potrebbe pensare di affiancare un’accademia ad un club e creare una sorta di scambio continuo tra gli atleti dell’eccellenza e quelli più giovani che il mestiere lo stanno imparando ora, eventuali retrocessioni di squadre di eccellenza porterebbero ad un rimpasto delle accademie creando l’opportunità di confrontarsi con realtà diverse e capire se un giovane ha margini di crescita con un certo club o con un determinato tipo di gioco;
    3-non so se la tabella te l’ha girata la federazione, ma spero di no e che l’abbia messa assieme tu con i dati che ti hanno mandato, perchè se la FIR monitora i dati riguardanti gli iscritti alle accademie con un excel curato così allora stiamo freschi…

    1. Sai come funziona il sistema neozelandese? se si ti pare applicabile qui? a quale sistema ti riferisci? super rugby? NPC? scolastico? college? Clubs e unions???

      1. è tutto un unico sistema piramidale con vertice la nazionale e base la formazione scolastica che parte già dalle elementari con il touch rugby
        non intendo dire che bisogna copiare il sistema neozelandese in blocco, che tanto quando in italia si copia un sistema che funziona all’estero viene sempre una cacca, intendo dire che bisogna strutturare il sistema rugby in Italia offrendo ai giovani che si affacciano un percorso a tappe per crescere tecnicamente e professionalmente

      2. @superignazzio, copiare il sistema scolastico anglosassone di cui quello NZ è un aspetto, non credo sia di competenza della FIR, nè del CONI.
        La risposta alla diffusione del rugby che noi siamo stati in grado di mettere in campo è il sistema dei centri di formazione e delle accademie. Su questo possiamo e dobbiamo discutere. Volare pindaricamente verso il rugby dei sogli non credo sia di alcuna utilità, quasi come parlare degli arbitraggi

      3. Tutti hanno un sistema piramidale con al vertice la nazionale!
        e non funziona proprio così, giacche ad esempio l’NPC è un campionato semi pro, dove accanto ai giocatori pro (circa 200; 150 nel 2012) giocano anche semi pro e dilettanti..
        Quanto al percorso a tappe si fa anche qui in Italia, coi vari step a partire dal minirugby arrivando al vertice passando per CdF e accademie e serie minori etc..
        Che poi il sistema non funzioni a dovere è altrettanto evidente, ma penso sia doveroso trovare una via italiana, come detto da tanti e ribadito da COS appena arrivato in Italia..

      4. La ricerca della ricetta italiana mi sembra un pò come un santo graal, alla fine la cosa potrebbe essere più semplice di quello che sembrerebbe. Più spazio ai giovani italiani e meno stranieri possibili.

      5. collegare un’accademia ad un club di eccellenza che a sua volta è collegato ad una franchigia mi sembra una via percorribile, permetterebbe il percorso a tappe accademia-club di eccellenza-franchigia-nazionale di cui parlo

  2. La Scozia è risorta proprio andando a cercare tutti i ragazzi ( 12/14 anni) che avevano anche una piccola chance per riuscire. Io credo che invece di pretendere lo smantellamento ( sarebbe l’ennesimo buttare acqua calda e bambino insieme, a cui noi Italiani siamo abituati a fare) bisognerebbe stringere sulla formazione, cosa che Aboud si appresta a fare.
    E’ vero che le accademie sono un lusso, ma sarebbe il caso di farle fruttare di più , invece che richiederne la demolizione.

  3. Le accademie, a cui sono favorevole se ben gestite come dice Paolo, potrebbero essere una spinta per i club a migliorare il loro sistema formazione. Perche se è vero che alle volte i club non sono contenti di perdere per lunghi periodi i giocatori, è altrettanto vero che dovranno migliorare e rafforzare le proprie strutture di formazione per diventare loro stessi delle vere e proprie accademie. Di questo non penso la federazione possa esserne rattristata, anzi forse ne chiuderebbe qualcuna e risparmierebbe soldi, i tecnici federali girerebbero di più per i club…
    Il dato interessante invece è sapere quanti sono i giocatori usciti dalle accademie che accedono al pro12 ed in nazionale, o quanto meno che giocano in pianta stabile come minimo in Eccellenza.

    1. La buona formazione ha un costo e le società che sono in grado di farla si contano sulle dita di una mano. Ripeto averle in ogni dove è senz’altro un lusso, ma se ci sono è perchè le società fanno peggio o addirittura non ci sono. Se una o un gruppo di società chiudessero di gestire in proprio un’accademia, non credo proprio che nessuno si opporrebbe . Il fatto è che questo non succede.

      1. magari era un costo perchè dovevi pagarti una sfilza di stranieri di dubbia qualità, ma oggi che il trend sembra essersi invertito, forse ai club potrebbe tornare la voglia. Vediamo gli esempi Reggio Emilia, Lazio ed altri..
        L’obiettivo è formarli al meglio per mandarli in Celtic e riscuotere il premio, obiettivo che può sembrare lontano ma che prima o poi dovrà essere raggiunto.

      2. Dopo la frettolosa riorganizzazione delle accademie U18 (luglio 2016) e la nascita dei CDF permanenti, bisogna distinguere tra strutture che avevano ed hanno un convitto e quelle che non ce l’hanno e raccolgono prinicipalmente atleti della zona. A Rovigo iniltre è stato chiesto di gestire un proprio CDF permanente e la FIR ha concesso quello che sia chiama “progetto tecnico sperimentale”. Staff tecnici scelto da Rovigo, attività con la supervisione della federazione che da anche un contributo finanziario. I costi di gestione tra le accademie federali con convitto, i CDF federali (tecnici e manager FIR) ed il progetto sperimentale di Rovigo sono ben diversi ed io penso che in futuro possa essere sostenibile un allargamento verso gli ultimi due casi con notevoli vantaggi.

  4. Dsicorso Accademie, io sono della visione laica di Paolo: non sono il male assoluto ma vanno razionalizzate sia nel senso di capire dove siano meno utili che pero’ per me anche in termini di personale…ricordo per l’ennesima volta se chi le ha moltiplicate ha ammesso di aver fatto le scuole senza avere i maestri per farle funzionare allora si e’ creata una serie di infrastrutture poco funzionali.

    Sul discoro dell’articolo, calcolando eta’ dei praticanti, numeri, tipologia delle strutture che non son Academies come altrove, infortuni gravi/con lungo periodo di ricovero, possiibita’ che qualche ragazzo non sia o pronto o possa capire che fare un all in su questa carriera e’ altamente rischioso…beh un 5-6% di abbandono non mi sembra terribile, direi quasi naturale tenuto presente le cose scritte sopra.

  5. non capisco, 5% di abbandono é molto poco, no? Vuoi dire che stanno troppo bene e battono la fiacca? In ogni caso questo dato cosa c’entra con la qualitá dell’accademia?

    1. Non c’entra nulla infatti, se non per dire che sono frequentate. La qualità deve essere costruita perchè quella attuale non è sufficiente. Aboud è qui per questo.

    2. Purtroppo non possiamo permetterci di perdere un solo ragazzo, anche se il 5% può sembrare una cifra irrisoria..
      Noi con la U16 abbiamo iniziato in 26 ora siamo 22..
      2 abbandoni per motivi di studio..
      8 ragazzi selezionati per il CdF..

      1. Mez nessuno puo’ perdere per strada giocatori in un sistema a collo di bottiglia come questo, pero’ ci sono delle variabili non controllabili e che portano ad un abbandono naturale…tralasciando l’ovvio di un infrotunio che ti taglia fuori, prendendo l’eta’ dei ragazzi che uno possa decidere che non vuole investire tutto per diventare un rugbysta pro ma decida che lo studio ha la precedenza mi sembra non solo logico ma che dimostri che i ragazzi hanno un po’ di sale in testa e sappiano ben capire quali sono le priorita’ a quella eta’.
        5-6% mi sembra un drop off naturale tenendo da conto la tipologie delle Accademie in ITalia.

      2. Vero, ma anche tutti gli altri studiano!
        alcuni con eccellenti risultati, perciò volendo si può fare e bene l’uno e l’altro..
        quello era il motivo ufficiale, ma penso entrino altre dinamiche, di gruppo e non, per questi abbandoni in particolare..
        sul drop off concordo, non conosco i numeri degli altri paesi, ma si dovrebbe fare di più e meglio per far vivere ai ragazzi la vita del club, sulla falsariga di quelli inglesi (dove scuola e club sono al centro della vita dei ragazzi)..
        purtroppo qua il sistema sportivo scolastico è nullo, il nulla assoluto! oltre ai “progetti scuola” organizzati dai clubs c’è poco altro..ma con 2 misere ore settimanali c’è poco da fare a scuola..
        perciò mi chiedevo se l’utente su conoscesse il sistema NZ..

      3. Mez non mi riferivo al post sulla NZ ma a quello qua.

        Alcuni studiano e si allenano…certo pero’ non siamo tutti uguali, c’e’ chi puo’ trovare difficle fare entrambe le cose, e che priorita’ danno alle due cose.

        Quello che intendo comunque al di la’ dei casi specifici e’ che c’e’ un livello di abbandono naturale per un motivo o l’altro ci sara’ sempre.

      4. Quello sì Ste, nella fascia immediatamente successiva, quella della 18, si hanno più abbandoni..
        Ma succede in tutti gli altri sport di squadra..

      5. Succede in tutti gli sport indiiduali e di squadra ed a tutte le latitudini e longitudini…le priorita’ cambiano.

        A dirla tutta qua il primo colpo il rugby lo piglia nel passaggio da primaria a secondaria, frutto anche della multidisciplinarita’ per cui i ragazzi incominciano a restringere, d’altra parte diventa impossibile gestire 3-4 sports con i carichi di studio maggiori

  6. 1) credo che con questo sistema si sta sprecando tempo e denaro, non sono contrario alle (*)
    ma prima di tutto bisognava formare i formatori questo in italia non e’ stato fatto.
    2) altra cosa sbagliata e’ aprire le (*) dove il rugby e’ diffuso, si dovevano collocare in zone
    dove il rugby e’ meno praticato.
    3) finitela con il metodo CENCELLI
    4) il sistema del PROF H/P e’ una emerita cazzata.
    5) (*) aperte dopo i 18 anni cosi’ i ragazzi dopo aver fatto tutta la trafila nei (6,8,10,12,14 anni)
    club, campionati elite’/regionali u.16,u.18, entrano in 2/3 (*) con tecnici preparati
    e collegate con i ns club di pro12 , in questo modo si risparmia tempo e denaro e forse
    dico forse uscira’ qualche altro favaro.

      1. che senso ha aprire le (*) al nord dove ci sono settori giovanili già di livello,
        tipo valsu,petrarca,benetton,san dona’ viadana,colorno,calvisano,rovigo,mogliano
        e tante altre.
        le scelte fatte sono politiche di rugby nulla..
        ci sono realtà tipo puglia,sardegna,abruzzo,marche, dove il rugby si pratica ma
        mancano le strutture adeguate x fare il balzo e mettersi sulla stessa linea del veneto
        o lombardia.
        #COS PIAZZA PULITA.

      2. Forse perchè creare cattedrali nel deserto non avrebbe senso. O meglio: si è scelto di appoggiarsi a strutture ricettive che possono offrire ai ragazzi, oltre a percorsi sportivi vicino a centri di alto livello, anche un supporto scolastico per farli crescere anche da quel lato, forse più importante perchè di rugby non si campa parte pochissime fortunate eccezioni. Potrebbero trovare questo in zone rugbysticamente poco popolate?
        Sarebbe come creare uno stadio del ghiaccio a Palermo.

      3. Sei convinto che le o iena citate abbiano settori giovanili validi per il livello internazionale ?

  7. La formazione è fondamentale per “costruire” un giocatore d’elite ma, soprattutto, anche un tecnico preparato per far crescere Campioni. Non è possibile prescindere da questo, quindi bisogna aiutare chi insegna il Rugby ad essere al passo coi tempi. E tantissime volte è uscito questo discorso.
    Sono d’accordo con Paolo che, magari, posizionare le Accademie dove c’è meno Rugby possa aiutare.

      1. Io penso che si debbano tenere. Il punto è che devono uscire atleti più preparati, pertanto serve gestirle magari in maniera diversa con più personale adeguato ad un miglioramento sostanziale nella crescita dei nostri ragazzi.
        Avendo i nostri giovani, in questi anni, manifestato lacune tecniche evidenti, è chiaro che il “problema” sia stato come gli è stato insegnato a giocare. Io credo che Aboud debba intervenire li in primis.
        Ho letto un’intervista, ieri, a Guidi su Rugbymeet che tesseva le lodi dell’Under 20 di quest’anno che citava un Under 17 e 18 sugli stessi livelli. Fidandosi del tecnico Toscano, è possibile che ci sia ottimo materiale umano di prospettiva su cui lavorare e migliorare ora il sistema potrebbe dare una spinta importante per avere continuità in futuro

      2. Il tema @da è proprio questo. Noi quest’anno ci troviamo di fronte ad un’U20 di estrema qualità. Grezza per alcuni versi, ma di ottime qualità individuali. Resta da capire se è un’annata “tout court” oppure se questo costosisissimo sistema che ci troviamo tra le mani sta iniziando a dare dei frutti. Se così fosse ( ce lo diranno i risultati di U18 quest’anno e ancor di più U20 l’anno prossimo) significa che il sistema qualche risultato lo sta dando. Il fatto che Aboud abbia voluto seguire i ragazzi in SAF quest’estate è sintomo che qualcosa ci ha visto. Quand’anche fossi così e , credo, tutte le persone sensate dovrebbero augurarselo, rimangono comunque molte cose da mettere a punto perchè la sconfitta con i ragazzi irlandesi è ancora lì che brucia, dopo averli dominati in lungo e in largo siamo tornati nello spogliatoio con le live nel sacco.

    1. Guarda il sito del petrarca e vedi chi lavora con i ragazzi e i ragazzini: vai su quello delle accademie e capisci che portare via un giocatore dal petrarca per mandarlo in accademia è un delitto.
      Il problema principale è quello.
      Poi ne avrei per una dissertazione di 800 righe ma aspetto san isidro labrador.

      1. Ma quello credo che siamo tutti d’accordo @fracasso. Non c’è qualità nel chi insegna il Rugby, i giovani italiani non crescono come gli altri e da li non abbiamo una nazionale competitiva

      2. OT: sarei contento di rivedere San Isidro. Oggi, quando ho letto di Isa che ha firmato per Tolone, avrei voluto chiedergli un parere.. Speriamo sia dei nostri molto presto

  8. Io mi ricordo l’Irlanda pre O’Driscoll. Non valeva il 6 Nazioni a detta di molti.
    Era un periodo nero per il Rugby Irlandese. Tra l’altro, la nostra nazionale guidata da Coste li battè sia a Lansdowne Road che a Bologna con pieno merito.
    Posso sbagliarmi (questo lo chiedo @Stefo) ma mi pare sia iniziato in quel periodo il lavoro di Aboud e i risultati, da lì in poi, sono sotto gli occhi di tutti.
    Per avere un sistema produttivo simile, l’ex IRFU deve per forza iniziare a seguire in toto tutto il panorama e non mi sorprende sia andato in SAF per vedere da vicino l’U20 di quest’anno. E’ sinonimo di un ottimo professionista che segue il lavoro sul campo appena arrivato, mi piace questo atteggiamento.

    1. Credo fosse meno complicato ristrutturare un sistema di formazione irlandese che poteva contare su competenze più profonde delle nostre, maturate nel corso dei decenni.
      In Italia si è passati in meno di 20 anni da circa 30mila a 100mila praticanti: ora, non è il caso di prendere come assoluto quest’ultimo dato, perchè dentro ci sono old, donne, seven ed altre variabili. Però la crescita c’è stata ed allora se, nonostante ciò, i risultati dell’alto livello delle ultime 3 stagioni (+quella in corso) sono complessivamente inferiori a quelli del periodo 2007-2013, c’è da interrogarsi seriamente sulla qualità di coloro a cui i club e la federazione hanno affidato il compito di formare i ragazzi dai 6 ai 12 e dai 12 ai 20 anni.

      1. Il sistema italiano c’entra niente con quello irlandese: 100 giocatori in tutto, non obbligatoriamente under 20, percorso non obbligatorio quanto a durata, collegati alla prima squadra e che giocano in AIL e non solo. Al mondo non mi viene in mente un posto che sia uno dove ci siano accademie residenziali federali per sedicenni. Sì o no in astratto non ha senso, almeno come non ha senso paragonare le mele con le pere.

      2. Sono d’accordo, ma andavo oltre sottolineando come in generale manchino formatori adeguati per il percorso completo di sviluppo. Aboud potrà intervenire quanto vuole, ma se manca la materia prima…

  9. Egregio 6N, vorrei mi chiarissi bene, bene le idee. Coloro che oggi allenano in Italia, dal minirugby all’eccellenza sono migliorabili attraverso corsi di formazione o sono tutti da buttare nel water tirando lo sciaquone? Oppure sono da salvare solo quelli del Petrarca o per essere buoni anche quelli del San Donà? Nel caso fossero tutti da buttare , naturalmente compresi quelli dei centri federali a chi mai potranno insegnare, qualcosa COS e Aboud?

      1. insomma..i nostri si devono sbucciare 600 km solo per gli allenamenti..e siamo la squadra che fornisce il maggior numero di ragazzi..
        per alcuni aspetti è ben organizzato, per altri pessimo..
        speriamo solo il prossimo anno mantengano la promessa di metterlo a metà isola..
        il coach è Francesio, allenatore giocatore del Capoterra..ma alle partite non c’era perché impegnato con la B..
        quindi ti lascio immaginare..

    1. caro adg qui si sta facendo confusione sono due cose ben distinte.
      a- tutti gli allenatori che si impegnano dal minirugby ai vari settori giovanili
      credo che il presidente f.i.r. deve fare un monumento. visto che si tratta di appassionati
      costo zero.
      Per quanto concerne quelli dei cdf,(*) u.18.u.20 i se dipendesse dal sottoscritto li sbatterei tutti fuori x il semplice motivo
      che sono circa 10 anni e di risultati se ne vedono pochi.
      Ti ricordo che il sistema (*) costa euro 4.950.000 fonte f.i.r. x 10 = favaro
      .

      1. Ma qui si parla di preparazione. Al di là del monumento bisogna preoccuparsi anche della loro capacità oppure tutti i mali risiedono nei c.f., quindi chiusi quelli, nel giro di 3/4 anni vinciamo il 6N U20?

      2. adg sono cento volte che scrivo, leggo, i tecnici federali non sono preparati punto.
        adesso con circa 5.000.000 milioni di euro questi soldi li dai alla capitolina,al viadana
        al valsugana, petrarca , san dona’, nel giro di 4 anni si vince di sicuro il 6n ci
        puoi scommettere.
        ps mi spieghi (6n.u20) in italia non c’e’ un campionato u.20 ti pare possibile siamo
        INDECENTI.

  10. Proprio in questi giorni, in Lombardia, è stata fatta una ricerca, tramite tutte le società, per “provinare” tutti quei ragazzi U18 che non fanno parte dei CDF. Quindi mi sembra che si continuino a cercare ragazzi che magari sono cresciuti fuori dalle famose (*), perchè forse si stanno tarando un pò i meccanismi, o magari perchè le società stesse si fanno sentire per dare una possibilità a chi sta meritando sul campo.

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