Rugby e serie Tv: “All or Nothing – New Zealand All Blacks”, una occasione un po’ sprecata

L’Italia batte gli Yamaha Jubilo a Nagano 52 a 19, gli Emergenti escono sconfitti dalla sfida con gli Argentina XXV in Nations Cup, le ragazze di Colorno sono le nuove campionesse d’Italia, il Galles supera gli Springboks a Washington, la nazionale U20 è andata ko contro l’Inghilterra al Mondiale Juniores. Tante cose importanti successe nell’ultimo fine settimana, ma io oggi mi occuperò di una serie tv…

Forse non tutti sanno che il sottoscritto è un vero e proprio addicted di quel tipo di prodotto, le serie tv intendo. Se mai l’Organizzazione della Sanità riconoscesse una qualche malattia collegata, ecco, io di sicuro ce l’ho. Capirete quindi che appena è stato possibile gettarsi su “All or Nothing – New Zealand All Blacks” non ci ho pensato nemmeno un secondo e l’ho fatto. Di cosa si tratta? Di una miniserie tv prodotta da Amazon Studios, Warner Bros e Pango Productions, sei puntate che variano tra i 50 e i 33 minuti e che raccontano quattro mesi di vita della nazionale neozelandese in un particolare momento: si va infatti da giugno a ottobre 2017, ovvero dalla serie contro i British & Irish Lions britannici e il Rugby Championship immediatamente successivo.
Un momento non semplicissimo per i tuttineri: il pareggio contro la selezione delle Home Unions, alcune vittorie poco convincenti (per i loro standard…), il ko contro l’Australia nella terza sfida di Bledisloe Cup. In quei 4 mesi le telecamere hanno seguito ovunque il gruppo degli All Blacks, raccontandoci la loro vita. Allenamenti, conferenze stampa, partite, ma anche case private, momenti di vita familiare e “confessioni” di paure, timori e desideri davanti a una macchina da presa (notevole quelle di Ben Smith e della sua paura di dover smettere per le troppe concussion).

Qual è il risultato? Nel complesso è un po’ deludente. La serie tv è fatta benissimo, intendiamoci, da un punto di vista registico e della fotografia c’è poco da dire. La sceneggiatura invece non è all’altezza, almeno non per chi segue il rugby da vicino. Il fatto è che siamo davanti a un prodotto pensato per veicolare il “messaggio” della palla ovale a chi non ne è ancora affetto, non del tutto almeno, e in questo senso gli All Blacks sono il mezzo migliore, senza ombra di dubbio. Sono conosciuti anche chi di rugby sa poco o nulla, hanno una magia che pochissime squadre al mondo – di qualsiasi disciplina – possono vantare. Uso una parola bruttissima ma efficace: sono un marchio vincente.
Le immagini delle partite sono estremamente spettacolari e sono tutte riprese dal basso, frontalmente o lateralmente, in modo da amplificare ed esaltare l’aspetto più brutale degli scontri di gioco. Sono innegabilmente di grande impatto. Anche l’andamento altalenante di quei mesi aiuta non poco a calarsi in quel mondo, ma il tutto funziona perfettamente se non sei già un appassionato di rugby.

Se invece lo sei le cose cambiano un po’: quelle immagini di placcaggi diventano un po’ fini a se stesse e sei fai binge watching (traduzione: ti guardi tutte le puntate una di seguito all’altra) la narrazione si fa un po’ ripetitiva.
Chi conosce già il rugby e la magia dei tuttineri si attende una penetrazione più profonda in quel mondo, cosa che però avviene solo saltuariamente, a volte in maniera un po’ incidentale. Capita quindi ad esempio che a Kieran Read quasi sfugga nella prima puntata una frasetta che spiega tanto della mentalità neozelandese: “Noi All Blacks siamo pacati, non ci lodiamo”. C’è il dettaglio – che forse non tutti conoscono – che quando vengono fatte le convocazioni di chi è dentro il gruppo i nomi degli atleti sono legati alle province di appartenenza e non alle franchigie.
Si sorride pensando ai nostri problemi quando la voce narrante (il regista e attore neozelandese Taika Waititi) nella seconda puntata parla una squadra che forse non ha grande profondità. O quando Jerome Kaino si rende conto delle difficoltà di seguire un allenamento di minirugby della squadra di suo figlio: “E’ come tenere assieme un branco di gatti randagi”, dice sconsolato..

Le parti migliori sono i colloqui tra i membri dello staff tecnico durante gli allenamenti. O gli speech di Steve Hansen ai giocatori: nella terza puntata si rivolge loro in maniera piuttosto dura chiedendogli “volete essere dei grandi All Blacks o degli All Blacks qualsiasi? Perché se vi basta essere un All Black dovete venire a parlare con me: non voglio persone a cui basta essere un All Black”. Molto bello, qualche minuto dopo, il momento in cui lo stesso ct si rivolge ai “rimpiazzi”, gente del calibro di Sopoaga, Tj Perenara e dintorni.
Nella puntata numero 4 lo stesso Hansen chiede ai suoi giocatori quanti di loro si sono premurati di vedere una partita dei Pumas prima di affrontarli a Taranaki e solo in tre si alzano rispondendo in maniera affermativa.
Ma sono momenti un po’ troppo estemporanei. Nel complesso la serie è piacevole e la si guarda volentieri, ma rimane un po’ il retrogusto di una occasione mancata.
Ps: ai maschietti consiglio di dare un’occhiata particolare alla compagna di Milner-Skudder, Hanna Tevita. Molto brava.

La serie è disponibile su Prime Video, esclusivamente in inglese (disponibili i sottotitoli in italiano. Ma tutte le serie tv andrebbero visto solo in lingua originale).

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7 pensieri su “Rugby e serie Tv: “All or Nothing – New Zealand All Blacks”, una occasione un po’ sprecata”

  1. Per chi, come me, se ne impipa delle serie tv.
    Complimenti alle ragazze di Colorno.
    La nazionale emergenti ha dimostrato di avere un grosso problema: l’estemporaneità. Dovrebbe essere un’esperienza molto più formativa e frequente per i ragazzi dell’eccellenza e non solo. Sarebbe bene trovare il modo di farli giocare molto più spesso.
    La prima sgambata jap è passata, adesso concentrazione sull’obiettivo.
    U20, vero nodo del fine settimana a mio parere. Il problema non sta tanto -o solo- nel risultato che contro una corazzata del genere ci sta, ma nell’abbassamento della qualità generale della prestazione. Pochi sono rimasti sui propri standard, qualcuno a mostrato grande stanchezza, e giustificata anche, altri erano decisamente in bambola. Mi è piaciuto molto Crosato, che è riuscito ad inventarsi qualcosa nonostante la gestione dei possessi palla non fosse proprio avanzante. Capitano gladiatorio. Secondo me, l’ho detto diverse volte, bisogna stare attenti a non sprecare tutta la ciccia sull’osso di questa squadra. Hanno tanto potenziale ma devono lavorare tantissimo, orecchie basse e un sorriso consapevole di chi può farcela ma deve ancora imparare tanto.

    1. Concordo pienamente. Una bellissima meta, ma quattro viaggi nei ventidue inglesi e zero punti. Rizzi ha tutto il diritto di essere stanco dopo questa stagione, però due erroracci al piede come la punizione contro la Scozia e la trasformazione di ieri (in mezzo ai pali…dai!), per tacere dei calci tattici, impongono una tagliente riflessione su questo aspetto tecnico che è un fondamentale. L’Argentina ha cominciato a farsi conoscere grazie ad un pacchetto pauroso e un calciatore che puniva senza misericordia gli avversari sulle punizioni conquistate dalla mischia. Noialtri, finché abbiamo avuto Dominguez, abbiamo portato a casa pressoché tutto quello che si produceva. Considerato che, di norma, le nostre nazionali partono sempre sfavorite, un modo per colmare il gap sarebbe quello di avere un calciatore da 95%.

      1. si ma Rizzi è stato solo il più evidente, forse perché tanto atteso. Forse il più evidente. Anche la scelta di non andare per i pali due volte, cercando la touche, a me non è piaciuta per nulla. Metti fieno in cascina, sei ad inizio partita, e verifica la tua potenzialità nelle fasi di gioco. Spero che la prossima partita la prendano con le pinze, o gli argentini ci rifilano un altro quarantello.

  2. Ecco, ci mancava solo questo e la mia ragazza mi lancia davvero dalla finestra, se oltre al rugby giocato mi ci metto pure con le serie tv dedicate… 🙂
    Ma me la guardo sicuro.

  3. A mio pare la partita con l’Inghilterra non è indicativa in quanto loro di un altro livello. Credo invece che sia stata molto indicativa quella con la Scozia dove si è vista una grande volontà ma anche una grande imprecisione soprattutto nella fase difensiva. La vedo molto dura con l’Argentina che al momento (spero di sbagliare) la vedo superiore soprattutto nel ritmo di gioco. Staremo a vedere.

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