Rugby di base: gli Stati Generali dal basso? In Inghilterra hanno fatto qualcosa di simile


Due questionari, una ricerca, 28mila risposte da parte di dirigenti, ex giocatori, arbitri e genitori per capire cosa va w cosa non va nel movimento che non finisce sotto i riflettori dei media. E per intervenire.

Come migliorare il proprio movimento? Come cercare di avvicinare sempre più persone alla palla ovale? Ancora meglio: come cercare di ottenere queste cose in Inghilterra, ovvero del paese che il rugby lo ha inventato e che può contare su un paio di milioni di individui coinvolti? Domande legittime, domande che in realtà si fanno tutte le federazioni per quanto riguarda il proprio bacino, ma lassù nelle terre d’oltremanica cercano a chi di dare risposte. Risposte vere, dal basso, non da un qualche “alto” che seppur legittimato da una qualche elezione decide di interpretare la realtà che lo circonda.
La RFU – abbiamo letto su OnRugby qualche giorno fa – ha messo in piedi un paio di ricerche con le quali ha intervistato 28mila persone: la National Rugby Survey e la Age Grade Player Surveys, attraverso le quali ha fatto uno screening sullo stato dell’arte. A rispondere sono stati soprattutto dirigenti di club, ma anche ex giocatori, arbitri e genitori di bambini che frequentano il mini rugby.
Diversi i punti emersi: una costante crescita del numero di giovani che si avvicinano alla palla ovale (probabile effetto-traino delle campagne pre e post RWC2015), la difficoltà perle ragazze di trovare club vicini a dove vivono per poter giocare, un alto numero di abbandoni al termine del percorso scolastico sia esso liceale o universitario: l’ingresso nel mondo del lavoro spinge molti ad appendere gli scarpini al chiodo. Emerge dalle ricerche la richiesta da parte di chi già lavora di praticare il rugby in maniera continuativa ma in qualche modo svincolata dalle pratiche di tesseramento con un club e da quelle più burocratiche. Infine ad attirare giovani a giocare a rugby è lo spirito di squadra mentre vincere rimane un aspetto secondario. Il Rugby Development Director della Federazione, Steve Grainger, si è detto soddisfatto dei risultati e della partecipazione alla ricerca che “ha dimostrato quanto attaccamento e impegno vi siano nella base.Ci sono tante cose positive, ma no mancano criticità e aspetti in cui dobbiamo migliorare: ora le analizzeremo e agiremo“.

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16 pensieri su “Rugby di base: gli Stati Generali dal basso? In Inghilterra hanno fatto qualcosa di simile”

  1. Paolo, non commenta nessuno, hanno fatto tutti il ponte e sono in giro, gli unici due pirla che lavorano siamo noi due!!!!! 😀

  2. Paolo scusa, la frase ” Infine ad attirare giovanile non a giocare a rugby è lo spirito di squadra mentre vincere rimane un aspetto secondario” mi sembra ti sia venuta male, che intendevi dire? 😀

    1. non rompetegli le balle che è giornata prefestiva: lui dettava e il telefono (o il bocia più grande) scriveva… la sua prof di lettere oggi gli ha tolto il saluto 🙂

  3. purtroppo c’è poco di che commentare, se da loro si gioca al rugby soprattutto per i valori, da noi iniziano ad essere sempre più numerevoli gli episodi spiacevoli nei vari campi, dagli adulti ai senior….
    vabbè, passiamo ad altro

  4. Per il menisco appena operato sono anch’io un pirla!
    Il problema della base è comune (facendo le debite proporzioni), ma il punto è se si vuole una soluzione per migliorare la base per il futuro o se non interessa sapere neanche se esiste la base.
    Mi pare di capire che agli inglesi interessa visto che l’RFU ha fatto intervistare 28mila persone, e non sono neanche messi male con le squadre maggiori…
    Noi? noi non siamo messi come loro neanche lontanamente ma non mi risultano ricerche di questo tipo né in essere né in divenire. Forse (ma sono voci non attendibili) è stato fatto qualcosa di simile col personale dell’osteria dove si dice si rifugino i vertici FIR per pensare al futuro…

  5. Nel fine settimana ci sono le partite da vedere…di più non si può chiedere alla consorte!
    Per rimanere al tema: è interessante vedere come una federazione “in ascesa” non si limiti ad analizzare l’aspetto “élite” del movimento, ma almeno formalmente mostri interesse a quello che succede alla base della piramide. Certo, loro hanno soldi per commissionare gli studi; ma da noi… neppure l’idea!

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