Parla Nick Mallett: “io in panchina anche dopo il Mondiale”

Giorgio Cimbrico, su Il Secolo XIX di oggi

VENERDÌ’ parte il Sei Nazioni di rugby,e sabato gli Azzurri trovano subito l’Irlanda, che poi affronterà Parisse e soci anche al Mondiale neozelandese, dove soltanto una delle due conquisterà l’accesso ai quarti di finale. Le voci sulla sostituzione di Nick Mallett si rincorrono, anche se la squadra ribadisce di essere dalla sua parte.
Mallett, qualche giorno fa lei ha rinunciato a un importante incarico offertole dalla federazione inglese: direttore per la ricerca dell’alta performance. Dovesse dipendere da lei, rimarrebbe anche dopo la Coppa del Mondo?
«Rispondo con una parola: assolutamente. Se ho detto no alla Rugby Football Union è perché non amo star dietro a una scrivania, partecipare a convegni o a seminari. Mi sento
uomo di campo, allenatore vero. Credo di averlo dimostrato in Sudafrica, in Francia, in Italia».
Qual è il modo giusto per convincere chi è al vertice che lei è l’allenatore giusto per continuare sulla linea del progresso?
«In questo senso i giocatori sono l’aspetto più importante. È da loro, dalle loro prestazioni, dalla loro convinzione, che nascono i risultati».
Ma la decisione…
«La decisione spetta alla federazione: dopo quattro anni può anche pensare a cambiare. Io posso solo dire che questa squadra ha possibilità di crescere ancora. Ora, dipende dal 6
Nazioni che staper prendere il via: se non avremo buoni risultati, è diritto della federazione guardare altrove».
Pregi e difetti di un’Italia reduce da un radicale cambiamento di rotta, con la partecipazione di Benetton e Aironi alla Celtic League.
«Non c’è un rapporto ancora abbastanza stretto con le due franchigie sotto profili che posso definire politico e tecnico e credo che questo sia il principale problema da risolvere per
ottenere il meglio da questa esperienza. Quanto alla Nazionale, è una squadra che sta crescendo, in grado di giocare allapari con ogni tipo di avversario. Penso al match di novembre con l’Australia che una settimana dopo è andata a Parigi a fare 60 punti alla Francia. Ora l’Irlanda: partita fondamentale. Cominciare con il piede giusto significherebbe… Meglio non andare avanti».
L’Irlanda ha tante e importanti assenze.
«Ma resta una squadra molto forte. Anche se hanno molti infortunati, hanno gli uomini giusti per rimpiazzarli e hanno due squadre nei quarti della Heineken Cup. Con quest’impianto di squadra hanno vinto il 6 Nazioni di due anni fa».
Il numero di vittime di infortuni gravi è sempre più alto…
«La stagione sta diventando molto lunga. Sono sempre stato a favore di una global-season dove il rugby si gioca in un periodo limitato di nove mesi, con tre mesi di riposo».

Il ct? No, meglio un vero Direttore di Movimento

E’ questa l’opinione di Duccio Fumero di Rugby 1823. Leggiamola

Visto che il segreto di Pulcinella non è più tale e senza stare tanto a discutere su tempismi e opportunità (sono convinto che se prima dei TM fosse folle parlare di dopo-Mallett, ora sarebbe ridicolo far finta che tutto vada bene così), affrontiamo con largo anticipo la questione Brunel. Mentre l’Italia ovale si prepara al Sei Nazioni e punta decisa ai Mondiali, vediamo come il prossimo quadriennio possa essere migliore dei precedenti.

Se Jacques Brunel verrà messo a capo della nazionale italiana con le stesse condizioni dei suoi predecessori, da Johnstone in poi, allora nulla cambierà. Certo, potranno esserci risultati migliori o peggiori rispetto a Mallett, vi potrà essere un gioco più bello, o forse no, e potremo toglierci qualche soddisfazione, o subire qualche cocente delusione. Ma il succo non cambierà. Il coach della nazionale resterà un’entità avulsa dal movimento, un dipendente strapagato senza reali poteri di cambiare la situazione, magari pure condizionato nelle poche scelte che avrebbe a disposizione.
Pensiamo a Mallett. Allenatore dell’Italia, con uno staff tecnico mediocre e non all’altezza di una nazionale d’elite che gli è stato imposto dal suo datore di lavoro, senza voce in capitolo per quel che riguarda Accademie, campionato o franchigie. Certo, lui le sue opinioni le esprimeva, ma a titolo puramente personale. E inascoltato il più delle volte. Pensiamo, invece, a Kirwan in Giappone. Coach della nazionale, l’ex All Black ha in mano quasi per intero il movimento nipponico e gestisce, con idee e sul campo, ogni innovazione e rivoluzione del rugby giapponese. Un director of rugby con un’idea futuristica che faccia crescere professionalmente la palla ovale in una nazione con poca tradizione rugbistica. A stretto contatto con gli altri tecnici, Kirwan lavora con e per il movimento, non solo per la nazionale. Con un progetto, guardando non solo all’oggi, ma anche e soprattutto al domani.
Ecco, di questo l’Italia ha bisogno. Non di un coach rinchiuso nel suo bel ritiro in riva al lago, che va a vedere qualche match di Celtic League, ma poi ritorna nell’ombra. Senza possibilità (né volontà) di proporre e fare. Jacques Brunel deve arrivare in Italia con la libertà di proporre e fare, dalle Accademie alle franchigie, dal campionato d’Eccellenza alla programmazione della nazionale. Deve poterlo fare con gente di cui si fida e in cui crede. Come Serge Milhas, se i rumors sono confermati. E, in ottica di far crescere i tecnici italiani, sia lui a girare, a studiare, a valutare e a proporre quei tecnici, e ce ne sono checché ne dica Mauro Bergamasco, validi e moderni per affiancarlo o per dar loro ruoli importanti. Sia lui il motore meritocratico del movimento e non altri dottoroni.

Ecco, il cambio d’allenatore sarà un toccasana per l’Italia solo in questo caso. Se si crede in lui e si lascia che sia lui a portare avanti un progetto. A quel punto si può parlare di riconferme al di là dei risultati (vedi paragone con Gatland tanto amato nei commenti del blog), se i risultati veri si vedono anche al di fuori della nazionale. Se, invece, Jacques Brunel sarà solo una marionetta in mano ai soliti maneggioni che vogliono mantenere lo status quo di mediocrità del movimento per paura di “perdere la cadrega”, beh, allora non c’è tecnico che tenga (a questo proposito ascoltate attentamente la terza parte dell’intervista rilasciata da George Coste a Radio R101 ieri). Che si chiami Brunel, Mallett, Coste, Loffreda, White o Henry. E tra quattro anni saremo ancora qui a discutere se Brunel ha fatto più o meno mete di Mallett, se è migliorata la difesa o peggiorato l’attacco, se l’Italia ora resiste 76′ invece dei 75′ della gestione precedente. E magari avremo la memoria corta e selettiva e racconteremo favole come qualcuno ama fare ora.

 

I Mondiali, il futuro ct azzurro e una domanda

Non cala il dibattito intorno al ct azzurro Mallett e Rugby 1823 ci racconta gli ultimi sviluppi.
Una piccola nota a margine: siamo sicuri che la questione-allenatore sia così importante per i Mondiali dell’Italia? Si fa sempre il paragone con Francia 2007, dove è vero che Berbizier aveva annunciato l’addio, ma dove si era arrivati anche alla fine di un ciclo, cosa che non si può certo dire del gruppo attuale. Penso che chiunque si troverà in panchina a Nuova Zelanda 2011 si giocherà tutto il 2 ottobre a Dunedin contro l’Irlanda. Partita secca, dentro o fuori. E allora, tenendo conto anche del nostro status di squadra di seconda fila, non sarebbe meglio pensare più al Sei Nazioni, nostro vero banco di prova e crescita?
Ora l’articolo di Duccio Fumero:

Ottenuta la fiducia fino ai Mondiali 2011 grazie alla vittoria sulle Fiji, il futuro azzurro di Nick Mallett sembra però ormai segnato. Da un lato la sua ormai evidente insofferenza a un ambiente ostile, dall’altra la volontà del presidente Dondi di tentare una nuova via per raggiungere quell’ottavo posto nel ranking mondiale che era uno dei traguardi promessi all’inizio del suo ultimo quadriennio. E già è partito il totoallenatori, che dalla Francia riceve un forte scossone: Jacques Brunel.
Secondo quanto riportato ieri da Il Gazzettino, ma che già era un rumor fortissimo negli ambienti ovali e giornalistici francesi (Le Figaro addirittura indica in Jacques Delmas e Sean Holley, allenatore degli Ospreys, i suoi sostituiti sulla panchina catalana) sarebbe l’attuale tecnico del Perpignan, campione di Francia nel 2009, il prossimo allenatore dell’Italrugby. Tra il coach transalpino e la Fir ci sarebbe già una specie di precontratto e l’annuncio dovrebbe arrivare prima dell’inizio del prossimo Sei Nazioni. Insomma, come paventato da questo blog alcuni mesi fa, l’Italia di Nick Mallett arriverà all’appuntamento mondiale con un allenatore con la valigia. Ma tant’è.
Jacques Brunel è nato a Courrensan il 14 gennaio 1954 ed è stato un giocatore del Grenoble, il Carcassonne e l’Auch. Da allenatore, dopo lunga gavetta, ha ricoperto il ruolo di coach degli avanti della Francia nel mondiale del 2007 e, poi, si è seduto sulla panchina del Perpignan, con cui si è laureato campione di Francia nel 2009. Secondo quanto riporta Il Gazzettino, con Brunel dovrebbe giungere anche Serge Milhas, attualmente tecnico de La Rochelle, ma molto legato al coach del Perpignan. A chiudere lo staff tecnico dell’Italrugby, come scrive Antonio Liviero, anche un tecnico italiano. Si fa il nome di Alessandro Troncon, anche se, personalmente, credo che la scelta di Gianluca Guidi a coach dei trequarti degli Aironi sia un chiaro segnale verso un’altra direzione.