Tra RWC2019 e i Mondiali in Russia: la lezione che il calcio ci può dare

Riflessioni e spunti tra i massimi appuntamenti di due discipline a loro modo molto vicine e molto lontane

Magari mi sbaglio (non credo) ma a scriverlo qualche giorno fa è stata la Repubblica, il giorno prima del via agli ottavi di finale dei Mondiali di calcio in corso di svolgimento in Russia: le combinazioni possibili per la finale, tenuto conto delle 16 squadre allora ancora in corsa, erano 64 e solo una era una sfida già vista, tra l’altro esattamente di 60 anni fa: Svezia-Brasile che nel 58′ finì 5 a 2 per i verdeoro che schieravano Garrincha, Didì, Vavà e un 17enne chiamato Pelé.
Certo l’assenza di Italia e Olanda che non si sono nemmeno qualificate per il torneo e l’eliminazione della Germania hanno scombussolato non poco le tradizionali gerarchie, però bisogna ammettere che 63 combinazioni su 64 sono una percentuale spaventosa.

Sono numeri che confermano che il calcio è di fatto lo sport più popolare del mondo. Non è solo una questione di numeri di gente che va a vedere le partite negli stadi o che le guarda davanti alla televisione, a dircelo sono proprio quelle 63 combinazioni inedite su 64 (e, lo ripeto, quella mancante ha un solo precedente di 50 anni fa…) che riflettono sul campo una diffusione di quello sport in ogni angolo della Terra.
Certo, lo sapevamo già prima del Mondiale di Russia, non è una sorpresa, ma quella rappresentazione plastica è di una enorme potenza simbolica. Probabilmente il torneo iridato in corso in queste settimane è da considerare una sorta di unicum proprio per via dell’alto numero di sorprese che si stanno registrando, sorprese che però proprio per la loro quantità – e spesso qualità – non possono essere un caso. Ci dicono che il livello medio si sta alzando e che il gap tra chi sta nel gotha della pallatonda e chi è fuori si sta riducendo.

Cosa che non si può dire del rugby, dove il tanto strombazzato allargamento è ancora in una fase largamente embrionale e limitata alla penetrazione nei media e nel pubblico di paesi e realtà finora ai margini di Ovalia. E’ una strada ovviamente lunga, lo è stata anche per il calcio, e che finora sta dando qualche risultato che però non tocca i campi da gioco. Perché sul prato verde le gerarchie sono quelle di sempre, immutabili, con un pugno di nazioni/movimenti che possono ambire a certi risultati mentre le altre possono solo sperare di ridurre la distanza, anche solo di un po’.
il rugby è uno sport complicato, non è una disciplina per tutti, non è affatto lineare e quella regola così caratterizzante del poter passare la palla solo all’indietro genera due tipi di reazione in chi la osserva: o ti incuriosisce e quindi ti affascina oppure ti fa dire “ma cosa fanno quei babbei?”.
Il calcio è un gioco semplice: con due maglioni si fanno le porte e ci si mette giocare ovunque, mentre se vai anche nei parchi d’Inghilterra è piuttosto raro vedere gente che gioca con la palla ovale.
Il rugby poi è nato negli esclusivi college dell’Inghilterra del XIX secolo e un po’ quell’appartenenza sociale se la porta ancora cucita addosso, anche se non dappertutto.

Sono differenze storiche, ambientali, normative e di “natura” delle due discipline in questione, che hanno decretato un successo larghissimo e piuttosto veloce per il calcio e una penetrazione più limitata (ancorché profonda, dove è avvenuta) per il nostro amatissimo sport. Il rugby per attecchire deve entrare nella cultura del paese che lo ospita, il calcio può farne anche a meno. Ha un peso specifico più leggero, è quasi uno sport “liquido”.
E il campo alla lunga non può che riflettere queste differenze: se da una parte abbiamo quella varietà di opzioni praticabili da cui siamo partiti, dall’altra abbiamo un Mondiale che ha incoronato quattro squadre diverse in otto edizioni ma che – soprattutto – ha visto arrivare alle fasi di eliminazione diretta praticamente sempre le stesse nazionali.
Pensateci bene: alla RWC 2015 c’è stata la clamorosa sorpresa nella fase a gironi del Giappone che ha battuto il Sudafrica, ma se dobbiamo pensare a un qualcosa di vagamente simile a quanto prima bisogna andare con il pensiero? Il rugby è un club ristretto, il calcio no. E il rugby dovrebbe imparare dal calcio ad allargare le sue maglie.

Non è una cosa che si fa dall’oggi al domani, non è un qualcosa che si può ottenere emanando qualche norma ma è un processo lungo e lento che però World Rugby sembra aver intrapreso, tra molte difficoltà. Bisogna avere pazienza, anche se il risultato non è garantito.
E servirebbe pure che gli appassionati della palla ovale fossero un po’ meno spocchiosi nei confronti della palla tonda: che è verissimo che sotto molti aspetti il “nostro sport è diverso” (basta guardare come si rivolgono i calciatori ad arbitri e guardalinee, tralasciando la diffusione tra i giocatori di simulazioni e urla belluine sullo stile di Neymar, tanto per intendersi) ma avere coscienza di una propria diversità è una cosa, fare perennemente quelli con la puzza sotto il naso prontissimi a dare lezioni di morale è un’altra. E alla lunga anche questa cosa può diventare un boomerang.

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37 pensieri su “Tra RWC2019 e i Mondiali in Russia: la lezione che il calcio ci può dare”

    1. vedo che non sono il solo ad aver apprezzato il vero insegnamento dei mondiali di russia!
      Rispondendo all’articolo, vorrei domandare a PW: ma dobbiamo per forza sdoganarlo il rugby? Ci interessa davvero che la Turchia arrivi in semifinale in una RWC? Questo è il gioco più bello del mondo, e il suo vestito buono sono le tradizioni, forse dovremmo rispettarlo maggiormente sotto questo aspetto, e smetterla di forzare certe evoluzioni come WR sta facendo per meri interessi economici. Chi avrà la capacità di emergere lo farà, col tempo, e noialtri potremo continuare a goderci lo spettacolo.

  1. E’ vero che i giocatori di rugby hanno un atteggiamento diverso nei confronti dell’arbitro ma ho notato negli ultimi anni un peggioramento sensibile di anno in anno con giocatori che addirittura si lamentano (mediani di mischia per primi) durante il gioco! Per quanto riguarda le simulazioni, come ho scritto su On Rugby ieri, è un po’ di tempo che vedo giocatori a terra mezzi agonizzanti (dopo un intervento aereo oppure dopo un placcaggio che si capisce essere al limite) che dopo 1 minuto si rialzano e sono più performanti che mai.
    Una sola cosa ho realmente notato in questo mondiale: la quantità di figa che si vede sugli spalti, noi nei mondiali di rugby ce la sogniamo!

  2. L’unica cosa di simile al mondo del rugby che ho mai visto in 47 anni (la mia età) nel calcio è stata l’educazione dei tifosi giapponesi e ancor di più del team nel lasciare lo stadio e lo spogliatoio come lo hanno trovato.
    Ed è per questo che, dopo aver giocato, amato e seguito la dea Eupalla per decenni, che l’ho abbandonata schifato e disgustato del mondo che gli gira intorno. Semplicemente perchè, se hai più di due neuroni funzionanti, capisci che è uno sport diventato talmente svilente nei confronti del rispetto dell’avversario e delle regole che non fa più per me.
    IMO.

    1. Concordo nella sostanza…
      e cedendo di tanto in tanto, come esempio ieri sera per England vs Colombia,
      nel primo tempo, particolarmente, si poteva vedere …”cosa non si dovrebbe vedere in un campo sportivo”.
      Nel rugby, siamo un po’ lontani, è vero, anche se il professionismo ha aperto una breccia, secondo me ( a certi comportamenti ), e bisogna sempre controllare che non si allarghi ( la breccia..).
      Aggiungo poi, per frequentazione famigliare, che ho assistito anch’io in campetti di calcio di periferia a genitori vicianti contro l’ arbitro, ragazzino pure lui, ma con la colpa di avere la mamma di dubbia moralità sempre o quasi ….ma anche che la partita più violenta l’ho vista tra under di due club veneti di rugby ( compresi staff è genitori)…..anche se di qualche anno fa.
      Insomma le tradizioni sono una linea guida , ma non sufficienti , più importanti l’ ambiente e l’ approccio alla attività sportiva.
      Ripeto che però il professionismo…

  3. Il calcio: un bellissimo gioco divenuto negli anni pura pantomima.
    Per quanto mi riguarda la maggior parte delle partite di calcio trasmettono quasi esclusivamente valori negativi. E’ frequente riscontrare il disprezzo assoluto per le regole del gioco, il ricorso alla simulazione al fine di ottenere un indebito vantaggio, il disprezzo assoluto della gerarchia con atteggiamenti nei confronti degli arbitri che sono diseducativi per grandi e piccini, l’assenza quasi totale di sportività e… il resto lo lascio dire a voi…
    Questo in campo, in cui l’unica eccezione a tutto questo mi è parsa la sorprendente (anche qui) nazionale giapponese…
    Fuori dal campo, se possibile, è anche peggio. Non seguo il calcio per i motivi di cui sopra, ma ho l’impressione che negli anni si sia creata un’oligarchia di pochissimi club che a livello mondiale detengono il potere sportivo ed economico del calcio. Allo strapotere dei club mi pare corrisponde la decadenza assoluta delle nazionali che, sempre più marginali nella grande ruota del business, hanno progressivamente perso lustro e credibilità. La dimostrazione, a mio avviso, è data proprio da questo mondiale, in cui le nazionali un tempo più forti, faticano a vincere contro team composti da giocatori semisconosciuti, a riprova del fatto che lo strapotere dei club composti da giocatori provenienti da ogni dove ha impoverito in maniera drammatica le migliori scuole di calcio nazionali.
    Certo, il contrappunto è dato da una maggiore incertezza dei risultati finali, ma francamente il gioco che ho intravisto in questi mondiali non mi pare all’altezza di quello che i migliori club sono in grado di esprimere. Ma forse sbaglio.
    E’ dunque questa la strada da seguire per allargare la base del rugby mondiale? Domanda retorica, dato che dal mio punto di vista la risposta è no, ma temo, visto quel che succede nei campionati di rugby più ricchi d’europa, che la strada sia ormai tracciata e presto o tardi anche il rugby arriverà lì, dato che non mi pare che nessuno sia in grado di proporre modelli economici migliori di quelli adottati dal mondo del professionismo sportivo globale.

  4. Ciao Paolo. Bell’articolo e argomento stimolante. Che mi interessa parecchio. Quelli collegati grandemente anche all'”off-field”.
    …difficile confrontare rugby e calcio. E Italia vs. Resto del mondo. Palla ovale e palla tonda. Valori e comportamenti diversi (…nelle scuole di calcio la simulazione viene insegnata…). Diversità genetiche. Sarebbe senz’altro interessantissimo per IRB/World Rigby farci una ricerchina sopra (ammesso che già non lo facciano) per farci qualche pensierino strategico a medio lungo periodo per la ulteriore diffusione del rugby. Ammesso che si sappiano gli obbiettivi a lungo.
    Ho appena googlato “is rugby a sport for poor people?”.
    Ecco cosa salta fuori (tra le altre prime occorrenze):
    _https://www.reddit.com/r/rugbyunion/comments/5q24wt/why_has_rugby_traditionally_been_a_sport_for_the/ (interssantissime le diversità di opinione collegate alla provenienza)
    _https://www.independent.co.uk/sport/rugby/rugby-union/international/all-blacks-coach-henry-slams-rugbys-poor-product-1775395.html
    Certo, almeno in Italia. la copertura mediatica è un altro bell’argomento. Ma anche le capacità manageriali e il workflow della FIR.
    Per quanto riguarda le “fighe” :D, si sa che il numero di ragazze giocatrici stanno aumentando. Inoltre si dice pure che i rugbisti siano gli uomini più sexy (e c’è letteratura anche su questo). E’ vero, ancora, che siamo in Italia!
    Seguo quest’interessante post

  5. Riflessioni sparse.
    Con i giocatori, tra campo e panchina, che ti servono per una squadra di rugby, ne fai quasi due di calcio. Il rugby piace, però la gente trova più divertente guardare altro. Ed è perfettamente inutile cambiare il regolamento, magari facendo valere la meta 57 punti più bonus: non si attraggono nuovi spettatori e gli storici non gradiscono.
    La novella ovale è difficile da far attecchire e da far crescere; la variante a VII è meno esigente e più semplice, ma, almeno per me, è una roba diversa, uno sport diverso.
    Esemplare, infine, il caso della Germania: in uno tra i paesi più ricchi e avanzati d’Europa e del mondo il rugby è sostenuto, praticamente, da un mecenate. Lì la dimensione pro e mondiale del rugby, evidentemente, interessa pochino.

    1. La Germania è anche un caso a parte a causa della parentesi nazista, dove il rugby era uno degli sport più celebrati e sponsorizzati dal regime. Nei fatti, è soltanto a partire dagli anni 90 che in Germania si è messo di fare l’equazione rugbista=sostenitore del nazismo.

      1. Non sono esperto di storia del rugby in Germania, può benissimo essere come dici tu, mi fa specie solo perché tutto lo sport funzionava in una prospettiva di propaganda, come ben testimonia il famoso film di Leni Riefenstahl sulle olimpiadi. Se la damnatio memoriae fosse dovuta al nazismo, avrebbe dovuto coinvolgere un sacco di discipline.

  6. C’è da dire però che è vero che nel calcio ci sono più nazionali competitive e che il gap tra le più forti e le meno forti si riduce, ma c’è una differenza strutturale tra calcio e rugby: il calcio è un gioco a basso punteggio, dove quindi statisticamente l’episodio a favore o contro conta di più. E questo è particolarmente evidente in competizioni corte, dove alla fine fai al massimo sette partite, di cui 4 a eliminazione diretta.

    1. Anche nel basket c’è stato un livellamento, o, meglio, un allargamento delle nazionali competitive. Anche nel volley. Diciamo che è più facile metter su una squadra di basket che una di rugby, ed è anche più semplice da giocare “alla buona”.

  7. Io punterei invece il dito verso una somiglianza, ovvero il logoramento fisico di nazionali con campionati importanti che all’appuntamento mondiale arrivano inevitabilmente con le batterie scariche, vedi la spagna e anche la germania tra le grandi eliminate che evidentemente non hanno performato sufficientemente a livello fisico e anche mentale, parallelo che si rivolge ovviamente a francia e inghilterra

    Questo spunto di riflessione mi porta a considerare molto diversamente la struttura delle franchigie di proprietà della federazione rugby del paese di appartenenza, con la possibilità di “interferire” con la gestione diretta dei giocatori, non ultimi minutaggio, Sexton, e addirittura trasferimento, Carbery al munster

    Questo mi porta anche a dire che difficilmente nazionali come Georgia o Samoa, ma anche Italia, almeno per il momento, avranno la possibilità nel breve e medio termine di competere effettivamente per le semifinali di coppa del mondo; il rugby ha già preso parecchi insegnamenti dal calcio a mio modo di vedere, il TMO e la gestione federale e sono un chiaro esempio

    E poi comunque c’è troppa tradizione per far finta di niente da un giorno all’altro… Il 6N diventa storia ogni partita che si gioca

  8. facendo un discorso puramente sportivo, forse il rugby si potrà alla lunga portarlo ad avere una 15/20 squadre “competitive” di cui una 8/10 di livello più alto e le altre a mordere caviglie, è impensabile che 5/6 delle prime 10 del ranking, non passino agli ottavi di finale di una competizione globale (strani incroci a parte).
    il motivo è semplicissimo, a pallone ci sono almeno una decina di campionati professionistici di medio alto livello, in cui militano ben più di 12 squadre l’uno, normalmente infarcite di “stranieri” che sono da buoni a ottimi giocatori che ormai vengono da mezzo mondo, una squadra di calcio di 11 giocatori con 3/4 buoni elementi e il resto operai, ben allenata, può mettere in difficoltà anche signore squadre (ricordo che per segnare bisogna metterla dentro, superando anche il rompipalle del portiere, cosa non scontata anche passando 95 min in area e avendo tre rigori a favore), ciò comporta che il bacino di squadre competitive si allarghi e che squadre meno forti arrivino tirate a lucido ai gironi, al contrario delle corazzate, facendogli lo sgambetto e passando loro il turno, o agevolando una tier 2, a discapito delle grandi;
    nel rugby ci sono 4 campionati professionistici che raccolgono le squadre di 11 nazioni + altri 3/4 campionati pro di basso livello, gli stranieri provengono dalle isole del pacifico o da uno di questi 15 paesi, in tutto 20 federazioni di medio alto livello. a rugby non ti bastano cinque ottimi giocatori, cinque buoni e cinque operai, per quanto ben allenati, per ottenere risultati contro le prime 6/7 del ranking, ma neanche contro le altre 6/7, inoltre devi avere almeno altri 8 ragazzi che non abbassino il livello, quando ti stanno nei 22 per 5 minuti, di solito punti gli altri li portano a casa, anche sull’angolino più estremo, e non ti basta un contropiede a due minuti dalla fine per rovesciare il risultato, se non te la stai giocando alla pari, cosa che per la più debole non è per niente facile.
    metti poi 4 gironi a 5 squadre dove passano in 8 e capisci che difficilmente il rugby sarà in grado di fare grandi sorprese che non sia la squadra di tradizione che becca l’anno giusto (che so, l’irlanda o la scozia), tolte le superpotenze.
    l’unica maniera sarebbe che in una decina di paesi ci fossero dei domestici a livello di ing e fra, senza campionati per franchigie ed allora, forse, il bacino si potrebbe allargare

    1. dimenticavo, in questi 4 campionati ci sono 5 NZ, 5 AUS, 2+2 SA, 1 ARG, 1 JAP, 4 IRE, 4 WAL, 2 SCO, 2 ITA, 14 FRA e 16 ING, questi due gli unici campionati veri con tanti stranieri

  9. cit. “per via dell’alto numero di sorprese che si stanno registrando, sorprese che però proprio per la loro quantità – e spesso qualità – non possono essere un caso. Ci dicono che il livello medio si sta alzando e che il gap tra chi sta nel gotha della pallatonda e chi è fuori si sta riducendo.”.

    Riscrivo il mio commento perchè mi sa che si è perso.
    Ho visto qualche partita del mondiale di palla tonda e anche qualche sorpresa, nonostante ciò non sono così sicuro che il gap si stia riducendo, a me sembrano le solite sorprese da girone che poi però a conti fatti non hanno portato a grosse sorprese nel passaggio turno.
    Tecnicamente,soprattutto in difesa, ho visto cose che da noi nemmeno in Serie B ! eppure nonostante ciò la fortuna del pallone tondo è che Davide ha sempre qualche possibilità di vincere contro Golia, nel rugby NO.

  10. Io credo che se non aumentano le nazionali competitive questo sport è destinato a un lento declino; oggi comandano la tv e gli sponsor, se non hai visibilità sparisci.
    Però bisogna permettere alle altre nazioni di migliorarsi, anche mettendo mano ai regolamenti, che in certi aspetti sono ostici e incomprensibili.Molto apprezzabile in questo senso l’attenzione verso la sicurezza,che è diventato un aspetto importante per world rugby: non deve diventare uno sport rischioso, come il football americano, o dedicato esclusivamente ai super-armadi.
    Personalmente incomincerei a chiudere un occhio verso alcuni errori (mi riferisco soprattutto all’handling) che causano inevitabilmente il fallo in avanti ed alcuni altri errori che , continuamente fischiati dall arbitro interrompono il gioco e lo rendono noioso.
    Lo so che per i puristi questo è un tema scottante, ma è un dato di fatto : chi non è delle home nations NON HA la sensibilità e le skills per certi tipi di movimento. Faccio un esempio : palla passata lateralmente, il giocatore che la riceve non lo fa in modo perfetto , la ferma ,diciamo con due tocchi: larbitro fischia e interrompe l’azione.ecco io trovo che questo sia un modo ottuso di applicare il regolamento.
    Se poi mi dite che questo movimento lo si deve imparare, non avete capito lo spirito del mio post, il tema è come far breccia su un pubblico nuovo.

    1. non è questione di essere puristi, ma il problema è che ad abbassare il livello di skills, allentando il regolamento, va esattamente al contrario dell’idea che il rugby lo possono fare tutti, perché se serve essere solo grossi e veloci (tutto molto spettacolare e acchiappalike), il gioco si ridurrà ad un incontro di superatleti riproducibili solo da chi ha i soldi per mantenere una batteria di manzi, un paese in cui non ci siano soldi a sufficienza per mettere in piedi un allevamento intensivo non potrà mai emergere, guarda i celtici ed anche gli australi, per avere squadre decenti sono costretti a “sacrificare” il domestico, per giocare con poche squadre superprofessionistiche; pensa a mettere degli eccellenti in campo al 6N, ma non sarebbe un solo nostro problema, lo stesso sarebbe per scozzesi, meno, forse, per gallesi ed irlandesi, o gli australi giocare con selezioni del campionato interno, ben meno performanti dei ragazzi del superugby.
      se vai a vedere il rugby di trent’anni fa, ormai, ma anche di venti, vedrai che il talento era nettamente superiore e, in quella modalità, se si fosse lavorato per crescere, probabilmente tante squadre sarebbero potute emergere, anche migliorando il regolamento per renderlo più “spettacolare”.
      andare verso il football americano (come idea) non porta assolutamente ad allargare il bacino (infatti tutti questi sport ipertrofici fanno strada solo dove ci sono soldi, tanti e un bacino molto ampio di praticanti che vogliono sfondare, dove, quindi, puoi trovare il giusto equilibrio tra il superatleta ed il buon giocatore), piuttosto chiude sempre di più l’orizzonte.
      poi il tuo pensiero è tutt’altro che peregrino, quando su un’azione di 5 min di superugby con meta finale trovi 70000 like e gente che sbava, dove tu avresti fischiato almeno 18 volte , fossi stato l’arbitro, tra avanti, veli, placcaggi in ritardo, tuffi in mischia, tenuti, mani in mischia, fuorigioco di tutti i tipi ed un altro paio di amenità; ma anche il wrestling (che è un circo a quattro piste basato sullo sport) ha followers in tutto il mondo, però lo fanno solo negli states a livello

      1. Non dico che lo devono poter fare tutti , ma credo che si debba fare veramente qualcosa per ridurre i tempi morti e i fischi “fiscali” degli arbitri. Io bazzico sia i campi dell’eccellenza che del pro14, e mi rendo conto osservando le reazioni del pubblico occasionale che questo limite c’è ed è consistente. Ame personalmente il rugby piace così com’è,ma ripeto: o ci si adegua alla dura legge dello spettacolo o si rischia di tornare a diventare uno sport dilettantistico per pochi (cosa che non è necessariamente un limite).
        Siccome è chiaro l’intento espansionistico di world rugby,

      2. Scusate mi è partito troppo presto il commento,riprendo :
        Siccome è chiaro l’intento espansionistico di world rugby, i suggerimenti possono venire anche da ‘neofiti’ come me,perché rappresento il pubblico potenziale che dobbiamo attrarre se vogliamo crescere come movimento.chi ha sempre giocato e masticato rugby forse nom può vedere con chiarezza dove intervenire, perché è troppo ‘dentro’. Ho praticato arti marziali per anni, il nostro pubblico erano mamme e morose, eppure io trovavo spettacolarissimo il mio sport. Comunque non voglio certo snaturare il rugby, mi piacerebbe solo che strizzasse un po’più l’occhio alle televisioni.

      3. Scusa sinistrapiave ma dire che si dovrebbe chiudere un occhio sugli avanti non sta ne in cielo ne in terra…sarebbe snaturare una delle caratteristiche di questo sport. Con tutto il rispetot ma sarebbe come chiedere che nella pallavolo si chiuda un occhio sui 3 tocchi del pallone per mandarlo di la’ della rete e chiedere di concedrne 4-5 perche’ non tutti sono in grado di farlo in 3 e potrei andare avanti con esempi.

        Onestamente lo snaturare il rugby per piacere alla massa mi sembra una cosa assurda, se non piace si guardi altro sport (non parlo di te ovviamente) e non si pretenda di snaturarlo perche’ piu’ spettacolare.

  11. Sono d’accordo con massimilliano. Il rugby,come detto nell’articolo,è uno sport meno liquido e più imperniato nelle tradizioni,ma questa è anche la sua forza. Infatti ogni nazione mette qualcosa di suo nel modo di giocare,pensarlo e viverlo. Perdere questo potrebbe allargare il bacino degli spettatori ma farebbe perdere l’anima l nostro sport

  12. arguto come sempre il nostro Paolo; anche senza leggere l’artico, dal titolo ed ‘allegato’ connesso si potrebbe dedurre: ‘tira di pìù una palla tonda che una mischia chiusa’.

  13. Il primo passo per rendere + commerciale il rugby sarebbe eliminare regole che uccidono lo spettacolo come i reset delle mischie. Per il resto non vedo migliorie fattibili, contando che i passaggi in avanti non vengono fischiati a meno che non arbitri un francese.

  14. Qui la penso diversamente da PW. Non vedo il bisogno di correre dietro al calcio neppure sotto questo profilo: per me il fascino del rugby sta nella sua tradizione. E, nel suo piccolo, se si pensa che nel 1995 il Giappone prendeva 145 punti ai mondiali dagli All Blacks e nel 2015 batteva il Sud Africa, direi che, lentamente, delle variazioni ci sono. Del resto, ai mondiali di calcio mai una squadra africana è arrivata alle semifinali e l’unica squadra asiatica che vi è arrivata, la Corea del 2002, lo ha fatto in maniera oggettivamente vergognosa (al di là del famigerato Byron Moreno, c’è anche il quarto di finale con la Spagna). Piuttosto, guarderei al basket, sport parimenti globale e nel quale il gap fra la nazione leader ed un pack di inseguitori si è di molto ridotto.

    1. Il problema è che c’è solo quella partita, Giappone Sudafrica del 2015, punto.
      Secondo me gli All Blacks 100 punti al Giappone potrebbero riuscire a farli anche oggi.

      1. più che solo quella partita direi che c’è solo la crescita di quel movimento in quella nazione, giappone appunto

  15. Fare paragoni tra calcio e rugby a mio parere è impossibile.
    -nel calcio girano tantissimi soldi e c’è la possibilità di cercare e formare talenti ovunque nel mondo; squadre come la Juventus hanno decine di scuole calcio sparse nel mondo, dove individuano talenti, li formano come si deve e poi se è il caso se li prendono (ma non è carità, sono investimenti). Solo come esempio Messi a 13 anni è andato al Barcellona ma gioca per la nazionale Argentina
    -avere successo nel calcio ti cambia la vita, motivo per cui è più facile trovare ragazzi e genitori disposti a sacrifici per avere successo. Quanti ragazzi abbiamo perso per strada perchè il rugby non da da mangiare; chi te lo fa fare di andare a giocare in seria A a 20 anni lontano da casa tua per uno stipendio che non c’è?
    -ai mondiali in Russia hanno giocato 11 giocatori juventini, ma l’Italia non ha partecipato ai mondiali
    -il calcio è uno sport più immediato, facile e divertente da giocare ovunque (anche se in Italia gli spazi extra club stanno sparendo)
    -nel calcio ci sono molti praticanti e il professionismo fa si che ci sia una base ampia di giocatori di discreto livello, quando a questi si aggiungono 2-3 campioni una nazionale eccelle rispetto alle altre (o perlomeno fa un exploit)

    Il rugby non deve porsi come modello il calcio, ma deve proporsi come un modello differente di crescita per i ragazzi basato sul rispetto delle regole e degli altri;

    Per allargare la base servono queste cose
    Investimenti per entrare nelle scuole (dove io insegnerei il touch rugby)
    Investimenti per tenere il costo annuale delle iscrizione basso (il costo dell’iscrizione ad uno sport non è un fattore da poco)
    Investimenti per migliorare le strutture

    PS nella mia città la presenza di una struttura abbastanza baricentrica (più raggiungibile rispetto alle strutture calcistiche), di una dirigenza abbastanza accorta e lungimirante e l’impegno spassionato di tanti amanti del rugby sta ampliando il bacino di giocatori in un modo fantastico.

    1. Io la farei più semplice. Dici “c’è la possibilità di cercare e formare talenti ovunque nel mondo”, perché? Perché il calcio è meno “esigente” del rugby sotto tanti punti di vista. È più facile giocarci e “improvvisarlo”. L’epica delle bottiglie di plastica usate a mo’ di ovali è un’esclusiva isolana e, a mio modo di vedere, difficilmente riproducibile.

  16. Mi chiedo perché tutta questa gente che trova spettacolare il Seven ed il rugby League non si limiti a guardare il sevene ed il XIII e soprattutto non voglia lasciare il rugby a 15 così com’è per chi, come me, apprezza anche i tempi morti, i reset delle mischie e le guerre di trincea…
    l’aussie rules ed il football americano sono altri sport ovali spettacolarissimi: ne avete da guardare senza venire a chiedere di modificare ancora le regole nell’union…

    volete vedere gioco arioso e tante mete? guardate altro e non venite a rompere le OO a chi apprezza quello che già ha…

    mi ricordate certe morose di miei amici di gioventù che hanno fatto di tutto per cambiare alcuni aspetti del carattere del loro ragazzo:
    alla fine o non ci sono riuscite abbastanza (ed hanno mollato il soggetto rimproverandolo “non cambi mai”) o ci sono riuscite rendendo l’amico un amorfo irriconoscibile…
    in entrambi i casi ci ha rimesso più il moroso (nel nostro caso il rugby union) che la stronza di turno…
    invece di pensare a come cambiare il rugby a XV, accettatelo per com’è o appassionatevi a qualcos’altro… manica di stronze 😉

    1. se permetti mi accodo al tuo modo di vedere il rugby…e certe donne. I tempi morti di una mischia sono tempi morti solo per chi dovrebbe dedicarsi ad altro gioco; sono adrenalina che sale, giochi di sguardi e furbizia, fino all’epilogo di un gesto tecnico che ha pochi pari nel mondo dello sport.

    2. Ciao Fracasso, il problema non siamo noi ma World Rugby 😀

      hanno mandato in giro così tante circolari a sottolineare regole che c’erano già invece che preoccuparsi della formazione degli arbitri di alto livello

      World Rugby dopo un secolo di sonno ha annusato la possibilità di creare un business imponente e globale e ci si sta fiondando di corsa

      Quindi mi aspetto ulteriori modifiche al regolamento, vedi placcaggio sotto la linea dei capezzoli, e altre “estensioni” e modifiche ai tipici e tradizionali tornei di rugby

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