
Come è stato “trattato” l’ultimo atto del nostro massimo campionato nazionale dai tre quotidiani sportivi nazionali?
Prima cosa: complimenti al Petrarca, meritatissimo vincitore del titolo di campione d’Italia 2017/2018. Meritato per quello visto in campo sabato nella finalissima e meritato soprattutto per la stagione davvero esemplare, dall’inizio alla fine. Applausi sinceri.
Applausi sinceri anche al Calvisano, degna avversaria dei padovani. Una squadra che ha sofferto di qualche passaggio a vuoto in più rispetto agli anni passati, ma che è arrivata con merito fino in fondo.
Come è andata questa finale di Eccellenza da un punto di vista mediatico? Insomma, non benissimo. Una partita che può essere presa un po’ come la cartina al tornasole delle difficoltà e delle criticità di cui soffre da anni la visibilità del nostro massimo torneo nazionale.
Partiamo da giovedì, escludendo la stampa locale e i siti/blog ovali, pagine cartacee e on line che parlano di rugby anche a ferragosto o il 25 di dicembre: non valgono e non possono valere, si rivolgono allo zoccolo duro del nostro movimento, quelli che di rugby si interessano a prescindere.
Mettiamo da parte anche l’encomiabilissimo The Rugby Channel (fategli un monumento!), il canale streaming che ha trasmesso in diretta tutte le partite dell’Eccellenza 2017/2018, dalla prima giornata alla finalissima di sabato. Il video di Petrarca-Calvisano ieri sera alle 20 segnalava poco più di 15mila visualizzazioni, non molto per una finale di un domestic. Intendiamoci: non è colpa di nessuno, ma è l’esatta dimensione del nostro movimento.
Chi può/potrebbe farci crescere sono i quotidiani nazionali sportivi: Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport e Tuttosport. Certo, ci sono anche le televisioni, ma se non si passa da quelle tre testate arrivare alle seconde è difficilissimo, quasi impossibile.
Giovedì 17 maggio dicevamo: tutte e tre i quotidiani avevano un boxino sul rugby ma nessuno si occupava della finale d’Eccellenza visto che la notizia era la firma di Licata con le Zebre. Venerdì 18, vigilia della finalissima, è andata pure peggio: non solo nessuno dei tre quotidiani nazionali palava di Petrarca-Calvisano, ma nessuna aveva un articolo specificatamente rugbistico.
Sabato 19 si accendono un po’ di luci e al boxino di Tuttosport la Gazzetta risponde con un quarto di pagina (lo stesso spazio lasciato durante l’anno a qualche partita di Zebre e/o Benetton Treviso) mentre il Corriere dello Sport oltre a regalare un ingombro importante intervista anche il coach del Petrarca Andrea Marcato.
Domenica mattina il quotidiano romano dedica al risultato della finale lo stesso spazio del sabato, la Gazzetta regala una mezza paginata (in apertura), un solo boxino per Tuttosport.
Molti se la prenderanno con l’eccessiva (e indubbia) calciofilia dei giornali in questione, o con la scarsa apertura mentale di chi decide l’impaginazione. Ci può anche stare ma entrambe sanno di enorme, gigantesco alibi. La verità è che del rugby in generale frega abbastanza poco ai nostri quotidiani sportivi, del rugby italiano poi ancora meno…
Il nostro movimento è trainato dalla nazionale, l’unica squadra capace di conquistarsi un po’ di ribalta. Ma l’Italia vince poco, se non pochissimo, e in un paese come il nostro questo è un freno potentissimo: mancano i risultati che sono un traino pazzesco. Possiamo discutere per ore della mancanza di vera cultura sportiva in Italia, ed è vero che ce n’è poca, ma rimanendo in tema di visibilità fate infilare alla nazionale 4 vittorie consecutive e poi ne riparliamo.
La presenza della finalissima dell’Eccellenza solo nelle ore immediatamente precedenti alla partita dice davvero molto: la copertura di quella gara è stata vissuta dai nostri principali media cartacei come un “non possiamo non scriverne, ma tutto sommato vorrei evitare di farlo”.
Ripeto quanto scritto prima: alla fine non si può dare la colpa a quei quotidiani, ai loro giornalisti o a qualche capo servizio poco avveduto.
La responsabilità è di chi non sa “vendere” quella che comunque la si pensi è una delle gare più importanti dell’anno del nostro rugby. La FIR? certo, ma pure i nostri club: magari starò sulle balle ai rispettivi uffici stampa, ma io per tutta la settimana non ho ricevuto un-comunicato stampa-uno da nessuna delle due squadre. Mica tante, una solo…
La finalissima dell’Eccellenza dovrebbe essere un evento che parte da lontano ma che invece finisce per mostrarsi per quello che è: un match di cui frega pochissimo a chi non bazzica già l’ambiente ovale.
La colpa è un po’ nostra, che pensiamo che siccome per il Sei Nazioni allo stadio vanno 60/70mila persone allora il gioco è fatto. Beh, non è così.
La comunicazione che ruota attorno al mondo del rugby è sbagliata, pensata male e realizzata peggio.
Consentimi una battuta:
Menomale che Toffano c’è😂😂😂
È vero quello che dici, ma vorrei far notate che ieri sera il tg2 ha dedicato alla finale tra nadal e zverev soltanto dieci secondi, senza servizio, solamente un laconico annuncio. È il nostro torneo più importante, l’orgoglio del tennis italico, eppure…
letta anch’io grazie per aver postato il link
una cosa che noto sempre, anche solo dalle interviste scritte, percepisco sempre una profondità, una maturità e una consapevolezza incredibili nei pensieri di quelli che definirei tranquillamente “ragazzi”
Per avere 15 mila persone allo stadio per una finale di campionato ci metterei la firma (comunque il canale YouTube di RugbyChannel – non il sito – segnava circa 3000 spettatori durante la diretta, che aggiunti ai 6500 allo stadio ed eventualmente altri connessi via app Fir o sito i 10mila magari li fanno raggiungere. Certo, ancora briciole, ma rispetto ai 1500 se tanto durante l’anno…).
Punto tanto annoso quanto fondamentale per la crescita del nostro rugby quello che tiri fuori Paolo, e qui sono d’accordo che da un lato la Fir ci provi zero, dall’altro siano anche i club che oltre le mura di casa si proiettano poco. Ma finchè non ci si mette a fare sistema (e si, i risultati aiutano), non vedo come si possa davvero fare qualcosa.
D’altronde il rugby basta vedere anche sui siti (dove è più facile portare le notizie rispetto alla carta stampata, visto che sul sito le notizie le aggiorni e sposti come vuoi) dei giornali sportivi quanto spazio abbia, la Gazzetta parla di calcio (non solo italico, ma anche di campionati che ce ne frega zero) per due terzi, e oltre ai grandi eventi nostrani (Giro, Internazionali di Tennis), per arrivare a motori e basket devi andare ben in fondo alla pagine, non parliamo di rugby e altro.
E quando si parla di queste cose mi ricordo sempre la finale del campionato spagnolo di qualche anno fa con oltre 20,000 persone allo stadio. Roba che noi nemmeno negli anni 90…
Quest’anno il rugby è arrivato addirittura in prima pagina del Corriere – per la morte di Rebecca. Ora, io non amo la FIR (ma non la odio) e fin da quando bazzico questo blog ho segnalato che il rugby italiano in genere è indietro anni luce dai “competitors” europei (Spagna compresa) sul piano dei media e dei social, per quanto Treviso e Zebre abbiano fatto passi notevoli e siano a livello delle altre franchigie di Pro14; per cui, sicuramente ci dobbiamo battere il petto, però non fino al punto di non capire che l’ambiente dell’informazione italiano è quanto di più stereotipato e “conservatore” ci sia. Solo vincendo un paio di partite nel 6N (battendo magari Inghilterra e Francia…giusto perché gli stereotipi dilagano nelle redazioni) per un paio di anni di fila si potrebbe ottenere un risveglio di interesse dai media principali. Oppure facendo come il golf, che butta sul piatto fior di quattrini (ma tanti tanti) per far sembrare la Ryder Cup l’evento che tutti stiamo aspettando (a proposito, non mi pare che di golf si sia parlato molto ultimamente sui media…). Ora, parere personale ma a correre dietro alle mode ed al modo di pensare delle redazioni, alla fine, non si porta a casa comunque molto: perché tirando le somme quello che conta è quello che dice il campo. E se non si vince, ben presto ci si dimentica di tutto quello che non è calcio. Tanto premesso, in attesa del Giappone, trovo incoraggiante questa stagione: già il fatto che a vincere sia stato il Petrarca, nome di “tradizione” eppure nuovo per gli ultimi anni; io sono stato tra i 15mila contatti e devo dire che visto una partita di buon livello, con trenta giocatori in campo che facevano andare anche la testa (e già non avere registrato gazzarre è stato un plus). Da ultimo, aggiungerei che finalmente anche nel Sevens qualcosa si muove. La nazionale è arrivata terza a Mosca nella prima tappa di qualificazione. La buona notizia è che si è arrivati davanti alle seconde squadre di Francia (battuta nella finalina), Russia, Inghilterra, Spagna e Galles, che partecipano al circuito principale; la cattiva è che davanti ci sono Irlanda e Germania, cioè concorrenti dirette. Però Rugbyrama è contento del quarto posto della Francia B e quindi… qualcosa vorrà dire di quello che hanno fatto i ragazzi di Andy Vilk
Io mi dispiaccio di più per la scarsa considerazione che i media riservano ai test match della Nazionale (al di fuori del 6Ns) e alle franchigie celtiche; il seguito della finale del campionato di….”Eccellenza” rispecchia il livello della competizione, sui vari blog i tifosi dei club ci martellano continuamentecon le storielle sulle tradizione e radicamento, ma, alla fine dei conti, sono solo parole e aria fritta, perchè quelli che contano sono i numeri degli spettatori!!!
Infatti alla finale dell’Eccellenza c’erano piú settatori che a qualunque altra partita delle franchigie, incluse partite di cartello, derby, partite critiche pepr andare ai play off, partita a L’Aquila una volta nella vita, eccetera.
Chissá da dove vengono le parole e l’aria fritta…
Rugby e comunicazione è un argomento abbastanza in auge; non solo se ne parla ma qualcuno comincia a farsi domande serie. Al di là dei nomi di chi ricopre incarichi relativi a stampa, marketing e comunicazione, che non tratto perché non conosco personalmente, quindi evito i sentito dire, giro un quesito che mi sembra estremamente pertinente: il rugby italiano vuole fare comunicazione, oppure preferisce rimanere nelle sue stanze, chiuso dietro le tendine di luoghi comuni che ormai neppure i pubblicitari che studiano gli spot per la birra usano più?
A proposito mi permetto di girare il link di un’intervista a Valeria Fedrighi, uno dei bei volti -in tutti i sensi- del nostro rugby. http://cultit.eu/la_stanza_delle_idee/persone/Voci/2018/5/17_Valeria_Fedrighi.html
Molto bella l’intervista…grazie per averla postata.
Direi illuminante, relativamente alle enormi differenze di mentalità, strutture e metodi in uso in Inghilterra, a tutti livelli.
Come gli articoli di Andrea Masi di qualche tempo fa.
Inoltre, è interessante anche pensare quanto può ancora svilupparsi il rugby femminile, se pensiamo che molte giocatrici di alto livello, come Valeria, hanno conosciuto il rugby tardi.
E come mostra il Sevens, che enorme salto di qualità in termini di tecnica, atletismo e spettacolarità è in grado di fare in pochissimi anni, non appena si passi dalla titale amatorialità a qualche forma di professionismo
Grazie per il link Massimiliano. Il rugby femminile rappresenta un altro settore su cui puntare per avere maggiore visibilità, perché il rugby si trova in una condizione in cui davvero ogni risorsa conta. E va riconosciuto che le ragazze che si avvicinano al rugby hanno una passione pazzesca, anche perché sono pronte a combattere contro i soliti pregiudizi (che ancora esistono).
Il giorno della finale l’inserto sportivo del giorno edizione lombarda non dava nemmeno la notizia sebbene ci fosse Calvisano. Ma del resto non so voi ma se io mi limito al mio ambiente di lavoro e chiedo ai colleghi qualcosa sul rugby raccoglierei solo silenzi e alzate di spalle. È uno sport e un argomento di nicchia. Facciamoci coraggio.
Anche io penso che chi cura l’impaginazione dei principali giornali sportivi sia assolutamento monodimensionale.
Però va considerato che la concorrenza a fine anno è sempre molto forte (Giro, Tennis, MotoGP, Formula 1 per non dire fasi salienti del Campionato e delle Coppe di Calcio).
Però questa situazione non cambia e non cambierà in un prossimo futuro.
E allora?
E allora chi gestisce la Federazione o il Campionato (Lega Rugby anyone?) deve cominciare a darsi degli obiettivi seri e programmare di conseguenza.
Deve prendere tutti gli aspetti positivi e aggregativi del rugby per costruirci sopra l’esperienza di andare al campo.
C’è un patrimonio di tradizione, divertimento sano, spirito di goliardia e di squadra sul quale costruire grande valore.
Se i club non sono in grado di provvedere da soli, allora paghino pro quota e facciano una comunicazione sinergica.
Infine per lavorare coi media, in questo contesto, anche se ingiusto occorre “appaltare” contenuti alle testate giornalistiche.
Il Volley con la Gazzetta dello Sport lo fa e qualche ritorno lo ha ottenuto.
Insomma se fuori non ci considerano, intanto occorre risolvere i problemi che possiamo gestire da soli.
Per chi continua a ritenere l’Eccellenza una perdita inutile di tempo, faccio notare sommessamente che i 6800 spettatori veri non li ha avuto finora nessuna squadra italiana di Pro 14.
Se iniziassimo a fare una buona volta una analisi seria ed onesta dei costi-benefici della avventura celtica Italiana (trattasi di avventura , sia perché non preparata né programmata seriamente , sia perché in mano in buona parte ad avventurieri alla caccia del proprio soldo…)
Il Petrarca ha mostrato una via originale e sostenibile, non è da scartare solo perchè non garantirebbe la sopravvivenza della dirigenza attuale.
Prima di tutto vorrei far notare che anche su questo blog la finale del massimo campionato Italiano ha trovato relativamente poco spazio! ;P
Detto questo, mi sembra il caso di sottolineare che la finale di Eccellenza é stato l’evento rugbystico nazionale di livello di club (o franchigie, se vogliamo chiamarle cosí) di maggior richiamo di pubblico pagante in Italia in questa stagione.
Poco? Tanto? Giusto?
Per essere un evento che ha avuto poco o nullo risalto sulla stampa (inclusa quella specializzata), non mi sembra male. Anzi, mi semmbra un punto di partenza che dovrebbe invitare chi di dovere ad investirci per lo meno in comunicazione.
Chissá come avrebbe potuto essere se ci fossero arrivati anche i cugini rossoblú… magari sará per l’anno prossimo, chissá…
Soprattutto, GRAZIE TheRugbyChannel!!!
Vero, ha trovato poco spazio. Va però detto che io non faccio cronaca
Se la finale di Eccellenza é “un match di cui frega pochissimo a chi non bazzica già l’ambiente ovale” e comunque fa piú spettatori paganti di qualunque altro match di rugby in Italia dove non giochi la Nazionale, pur avendo meno esposizione mediatica del Pro14 (nonché molti, ma molti meno fondi da parte di mamma FIR del Pro14, pur producendo giocatori da nazionale, tipo Bellini qualche anno fa, Panico e adesso Zilocchi, tutti convocati direttamente in Nazionale senza passare per le franchigie, cosa teoricamente impensabile), che conclusioni possiamo tirare sull’interesse che stanno creando le franchigie, oggi come oggi? Che conclusioni possiamo tirare sul potenziale dell’Eccellenza, se avesse la stessa copertura mediatica non dico della nazionale, ma almeno delle franchigie?
Alla fine trovo strano che, anziché complimentarsi con le squadre dell’Eccellenza per il record di presenze della stagione in una partita secca, si metta un titolo negativo, “di una Eccellenza che fatica a conquistarsi un po’ di luce anche nei giorni della finalissima”.
A livello nazionale, l’Eccellenza ha vinto.
In nessuna altra nazione del Pro14 la partita con maggior pubblico del campionato nazionale ha superato la partita con maggior pubblico delle franchigie di Pro14.
É poco? É tanto? Si potrebbe fare meglio? Sicuramente su questo c’é molto da discutere, ma almeno comunichiamo questo fatto.