Programmare, programmare, programmare: per moltiplicare il progetto-Benetton

Francesco Costantino per La Meta

Lo ammetto: pensavo che gli Ospreys sarebbero riusciti a segnare la meta della vittoria sul loro ultimo, disperato, assalto. Quando, invece, i gallesi hanno perso palla e Semenzato ha calciato fuori l’ovale sono rimasto sinceramente sorpreso. Perché la storia del nostro rugby è piena d’imprese sfiorate che diventano tragedie quando si ha anche la sensazione di aver giocato un buon rugby. Non è il caso di quanto visto a Monigo ma la vittoria dei Leoni non
può che porre degli interrogativi.
CHI LO DICE CHE NON POSSIAMO VINCERE?
Mi è piaciuta molto la definizione di Elvis Lucchese sul Corriere Veneto di un Benetton “a chilometro zero”. In campo c’erano ben sei veneti tra i quindici titolari di cui quattro nati a
Treviso. A me è sembrata meravigliosa questa cosa. Perché possiamo parlare di professionismo quanto vogliamo ma concetti come lingua, territorio e appartenenza esistono nel rugby e non possono essere derubricati alla voce folclore leghista da parte di nessuno. Quando Zatta premia a metà campo con il leone di San Marco intorno al collo
reclama un orgoglio che non è banalità. Ma metterla sul piano geografico vorrebbe dire sminuire un lavoro che è giunto ormai al terzo anno e che, in realtà, parte da molto più lontano.
Gli italiani, infatti, possono battere i maestri ma solo programmando. La vittoria di Treviso contro gli Ospreys è figlia di un progetto fatto di convinzioni radicali, e radicate, e di tanto sangue freddo. Oltre che di pazienza. Treviso ha vinto perché ha uomini che cominciano ad essere abituati a gestire partite del genere. Perché, nello sport in generale, si può avere la meglio anche quando si gioca male. Basta avere il killer instinct. Quello che ti permette di
difendere ordinatamente nei pressi della tua area di meta aspettando l’errore dell’avversario.
SI PUÒ REPLICARE IL MODELLO TREVISO?
Non si può, si deve. Questo non è uno spot elettorale ma una semplice, e oggettiva, constatazione. Se si prende un manager che capisce di rugby, una società formata da gente
seria, un presidente mai sopra le righe eppure presente, uno sponsor munifico e
appassionato si raggiunge la quadratura del cerchio. Bella scoperta, si dirà. Eppure non è così facile ripetere quanto descritto. Il nostro è un movimento schizofrenico che non è in grado di mettersi a un tavolo e di darsi regole certe per un giusto periodo (quattro anni?) puntando su persone competenti il cui lavoro dovrà poi essere vagliato e giudicato da elementi altrettanto competenti e, soprattutto, super partes. In questo senso ho un pizzico di speranza perché anche a Calvisano, fatte le debite proporzioni, Gavazzi ha operato in questo modo: certezza dei costi, controllo totale delle operazioni, sfruttamento delle risorse interne e fiducia massima nello staff tecnico. Ovvio, dalle parti di Brescia non si sono mai visti Gilberto e Luciano… ma questo poco cambia. La lezione da mandare a memoria prima di varare il nuovo corso è ormai semplice: programmare e verificare sono gli imperativi di chi vuole ottenere risultati.  Il tutto senza fretta e tagliando i parassiti.

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49 pensieri su “Programmare, programmare, programmare: per moltiplicare il progetto-Benetton”

  1. non sarà uno spot elettorale, ma dimostra una volta di piu, che in italia c’è gente che capisce di rugby, che sa programmare, nonostante le innumerevoli difficoltà e i tentativi maldestri della fir per limitarne l’ascesa con regolette assurde (non esistono in nessun’altra parte del mondo), che ha resistito nonostante crisi varie e non fatta fallire e retrocedere per risparmiare e bidonare qualche investitore salvo poi ripresentarti coi conti a posto e magari vincere pure lo scudetto da neopromossa..credo questa sia la differenza sostanziale fra programmazione e magheggio allo stato puro..vero signor Gavazzi???

  2. .. il punto di forza del duo zatta-munari è che può presentare un curriculum sicuramente vincente, soprattutto considerando che non ha mai “pascolato” più di tanto nell’erba del parco pubblico, (recente avventura celtica a parte) e che l’aspirante presidente federale una-tantum non si riempie la bocca ad ogni piè sospinto con i suoi trascorsi rugbistici (non ne ha bisogno, la competenza professionale parla per lui)… il punto di debolezza è il sentimento di razzismo alla rovescia che una egemonia “veneta” provoca in una certa italianità “federata” più abituata all’assistenzialismo che all’azione imprenditoriale (italianità presente anche in lombardia ed emilia, non mi sto riferendo solo necessariamente al sud) …

      1. beh ci hanno investito che c’è di male?vedessi come son le strade dove abito io!!!non sto a farti l’elenco delle proprietà e compartecipate varie, ma guarda solo i vari stores sparsi per il mondo..normale abbiano i loro tornaconto, ma quello che han fatto con lo sport è eccezionale! tutti gli sports ai quali han partecipato e gli investimenti fatti in strutture e infrastrutture sportive e non..una sorta di mecenatismo moderno..hai proprio un’allergia tu gsp ai benetton..vorrei sapere da cosa è data tanta acredine!

      2. non c’e’ assolutamente niente di male, e c’e’ da essere fieri del lavoro che fai se lo fai bene, anche se lavori col pubblico (anche se sulle autostrade…).

        proprio per questo la dialettica del ‘non mangiano dal pubblico’ e’ del tutto fuori luogo quando si parla dei Benetton.

        si dira’ che ci riferiva al rugby. ma anche li vale lo stesso principio. Il pro12 non e’ il top14 e la premiership. in eccellenza nessuno prendeva soldi pubblici. li sta promettendo adesso zatta (ed anche gli altri) alle societa’ d’eccellenza. tutto come al solito coperto dal piu’ fitto segreto. altro che vendersi per palloni.

      3. @mezeena, non ho nessuna allergia per i benetton anzi tifo e supporto e la squadra. pero’ ti porto dei fatti.

        sono allergico alla retorica, del “noi non mangiamo dal pubblico, gli altri si”, del “ci vuole l’imprenditore per tirare avanti la baracca”. basta guardarsi intorno…

  3. Biaogna programmare e fare un lavoro a lungo termine per crearsi il prestigio quindi le zebre possono pure chiamare chi vogliono ma la maglia a righe bianconere orizzontali delle zebre é un altra cosa rispetto alla squadra che scenderà in campo stasera l’appartenenza e l’orgoglio di vestire una maglia così prestigiosa i parmensi non lo hanno

  4. è proprio vero che il senso di appartenenza nel rugby conta.non è un caso che ci sia un leone sulla maglia e una bandiera di venezia che sventola su monigo( di pace,cioè con vangelo aperto,e non di guerra,cioè con impugnata una spada ).sono particolari che dicono molto cose su come si fanno le cose in veneto.la guerra poi tutti quelli che giocano a monigo,sanno di trovarla in campo,ma non da oggi,da sempre.

  5. Appassionata (molto) di rugby, non veneta. Apprezzo molto il pezzo di Costantino che, in parole molto semplici, mette bene in luce dei concetti essenziali e che dovrebbero apparire scontati, ma così purtroppo non è: se così fosse, il nostro rugby sarebbe su ben altro pianeta rispetto a dove sta.
    Riguardo al veneto ho da sempre pensieri contrastanti, perchè per chi vive il rugby in qualunque altra parte d’Italia, ci sono “gli altri” e poi ci sono “i veneti”, come entità ancora diversa. Perchè si invidia un movimento che altrove non c’è, si invidiano numeri e strutture che altrove ci si sogna, si invidiano sponsor che in altre zone neanche se piangi, si guarda come se fosse Marte la possibilità di riuscire ad avere certi tecnici e certi giocatori che restando in zona passano magari alle categorie inferiori, e quando leggi di risultati oppure sei tu ad incontrare una veneta ti viene il “ti piace vincere facile”. E non è questione di virtuosi vs assitenzialisti, ma è proprio che altrove un certo tipo di modello non è replicabile allo stesso livello neanche con tutta la buona volontà, le migliori persone e le buone intenzioni. O meglio, il modello per quanto riguarda gestione attenta, programmazione e attaccamento alla maglia e al territorio è replicabile e anzi dovrebbe essere l’obiettivo di tutti sempre ed in ogni caso, però lo si riesce a fare solo in scala più o meno ridotta (più meno che più). E non solo riferendosi a Treviso, che con lo sponsor che ha è oltre ogni paragone possibile, ma anche rispetto ad altre realtà. Quando, a parità di attenzione, cura, passione, idee e attaccamento, poi ti scontri contro grandi/enormi/immensi problemi di budget e di numeri, il discorso diventa parecchio più complesso.
    Detto tutto questo, bravi i veneti e Treviso a saper mettere a frutto quello che hanno e a farlo sempre continuare a crescere: credo che l’esperienza che sta maturando TV in Celtic sia impagabile anche e soprattutto in chiave futura, per il rugby veneto ma anche per quello italiano tutto, perchè si stanno formando giocatori, tecnici, staff e dirigenti ad un livello unico in un panorama tricolore che ha bisogno come il pane di professionalità valide. Senza contare l’importanza dell’effetto riflettori portato su tutto il territorio.
    Riguardo alle Zebre, chi vivrà vedrà: difficile giudicare una squadra messa insieme praticamente in un mese, raccogliendo gente in ogni dove e unificata di punto in bianco sotto ad un nuovo logo, in una città “a caso” e dentro ad una nuova maglia.

    1. @emy, sono daccordissimo quando parli di appartenenza come uno degli elementi, e non l’unico. ormai dopo la sottolineatura del fattore di appartenenza di Munari, ormai sembra diventato elemento essenziale di qualsiasi squadra ed esperienza.

      l’appartenenza di l’aquila, Rovigo, calvisano e viadana, Padova (le zebre non centrano assolutamente nulla in questo discorso) non e’ assolutamente seconda a treviso. la verita’ e’ che da sola non basta.

      e’ diversa la capacita’ di programmare? probabilmente si, pero’ programmare senza la pressione costante di trovare nuovi soldi e sponsor e’ oggettivamente piu’ facile.

      volerndo discutere il progetto celtic in chiave futura, l’appartenenza dovrebbe essere l’ultimo fattore di cui preoccuparsi, semplicemente perche’ non possiamo controllarlo ne’ crearlo.

      premesso che l’apparteneza provinciale irlandese non si compra al mercato ed in italia non esiste. e che l’unico club italiano italiano, cioe’ treviso, capace di fare la celtic da solo, probabilemte perche’ ci sono i benetton, e’ un eccezione.

      se vince zatta e tra 2 anni si presentano i dogi, non li facciamo perche’ manca l’appartenenza?

      aggiungo, si tirano in mezzo sempre galles ed irlanda. la struttura irlandese ha fatto benissimo dal punto di vista della celtic e come pubblico allo stadio. ma in termini di nazionale ha prodotto meno del galles. e nel contesto del galles stesso gli ospreys, che sono nati dieci anni fa da due club, hanno ottenuto piu’ risultati dei club storici che invece sono finiti in celtic come blues e scarlets.

      l’appartenenza e tradizione sono fattore determinante in tutti questi esempi? assolutamente no, sarebbe da folli crederlo.

      anzi nel contesto italiano, dove che club si uniscano per creare delle nuove squadre in celtic, l’appartenenza, intesa all’italiana, e’ un problema.

      senza poi entrare nelle diverse accezioni del senso di appartenenza. c’e’ l’appartenenza inclusiva e che ti accoglie (dove accolgono Stefo a braccia aperte) e quella invece che ti esclude tipo BNP e fronte nazionale. c’e’ l’apparteneza su quello che sei, e quella negativa del siamo A perche’ non siamo B. e purtroppo nel rugby italiane tutte queste appartenenze convivono, e di alcune si farebbe volentieri a meno.

      per me, ma rispetto il parere degli altri, il clamore della vittoria sugli ospreys e’ finanche eccessivo, forse perche’ e’ diventato normale giocarsela alla pari con queste squadre. negli ultimi anni mi sembrano molto piu’ eroiche e ‘cazzute’ le vittorie alla prima assoluta di celtic, o contro perpignan in HC due anni fa.

    2. da veneto, però, ti dico una cosa, di sponsor mugnifici qui esiste solo benetton, quello che viene fatto dalle altre squadre di vertice è sì il risultato di un territorio ricco in cui tramite amicizie, favori, passione si riesce a trovare i soldini per costruire strutture, ma soprattutto di tanta tanta passione ed attaccamento alla maglia anche quando si ha smesso, è guerra con i vicini per poi sapere, ma lo si dice a bassa voce, che magari sono più forti di te, è un po’ di “spocchia” di voler essere meglio degli altri; anche qui da noi piccole società sputano sangue tutti i giorni per rimanere aperte e non sempre ce la fanno, ma magari un appassionato che ti da’ una mano lo trovi sempre, la nostra grande fortuna è che qui il rugby è diffuso, nel senso che un pochino nel sangue ce lo abbiamo tutti, che si abbia giocato o meno. Treviso è una anomalia anche qui come professionalità, diciamo che però partivano avvantaggiati da un territorio in cui se vuoi fare rugby materiale ne trovi

  6. Quando uno scrive “Benetton ormai pascola per la maggior parte dei profitti nel suolo pubblico, tra autostrade ed aeroporti” vuole dire che non si ha l’onestà intellettuale (e morale) di riconoscere il lavoro fatto dagli altri… “Hanno vinto? sono bravi?… si, ma anche loro fanno in qualche modo parte di un sistema sbagliato…” Lanciare un commento così… inutile in questo contesto… solo per seminare il sospetto… Che metodi!

    1. @mike, hanno vinto, bravissimi. il mio intervento era in risposta a quello precedente “soprattutto considerando che non ha mai “pascolato” più di tanto nell’erba del parco pubblico”. se non ti piace il pubblico, problema tuo, ma e’ la verita’. basta aprire qualsiasi giornale.

      1. come hai detto tu stesso, io mi riferivo all’argomento rugby, se poi si vuole amplifcare la polemica sul chi è meglio e chi è peggio come imprenditore in italia, o su chi ci divora le risorse del pil tramite un sistema statalista/assistenzialista, ci sta il di tutto e il di più, ma forse non è questa la sede…

      2. @mistral, ho risposto anche sul rugby.

        “si dira’ che ci riferiva al rugby. ma anche li vale lo stesso principio. Il pro12 non e’ il top14 e la premiership. in eccellenza nessuno prendeva soldi pubblici. li sta promettendo adesso zatta (ed anche gli altri) alle societa’ d’eccellenza. tutto come al solito coperto dal piu’ fitto segreto. altro che vendersi per palloni”.

        io poi non volgio neanche entrare nel bravo/cattivo imprenditore o stato/privato. dico solo che negli ultimi anni I benetton hanno il core business nelle concessioni pubbliche. Tutto qui.

      3. gsp il core business è sempre stato e sarà l’abbigliamento..ma scusa ma cosa diavolo c’entra sta fuffa???inoltre cio che tu ritieni coperto dal piu fitto segreto, fa parte dei programmi di almeno 2 su 3 dei candidati( è l’altro che promette i palloni 🙂 )..come pensi mettano al centro del progetto le società i clubs etc se non garantendo una maggiore copertura finanziaria? non ci son cifre ovviamente, ma credo sia lecito parlare anche di questo e promettere piu fondi (visto la miseria che passa la fir nnostante i 40 milioni famosi)

  7. Che un privato investa nel rugby risorse guadagnati con il pubblico è molto diverso che utilizzare soldi pubblici. Anche la AIG lavora con la Federal Reserve, allora dovremmo trovare qualche collegamento tra gli All Blacks e i fondi pubblici americani? Non voglio fare polemica, ma qui si sta parlando di un modello e concentrarsi su quella frase non mi sembra particolarmente costrutivo

  8. SONO UN VECCHIO RUGBYSTA (forse antico) ma in tanti anni di rugby ho visto delle cose incredibili partendo dallo scudetto targato bs 1975 …anno sportivo 1975 / 1976 trasferimento a Concordia rugby milano piena di nazionali non ricordo bene ma credo retrocessione . mediolanum anni vincenti poi perdita treviso campione buttato tutto il lavoro alle ortiche. chi mi conosce dirà che sono di parte essendo tifoso TEVISO da più di40 anni anche se bresciano ma spero che vi siano tanti Benetton ,Munari ,Zatta nel nostro piccolo modesto rugby italiano.Grazie per lo sfogo ma io la penso cosi’. AP

  9. AIG è stata salvata dal governo USA con vagonate di miliardi di dollari… ma non c’entra nulla, come il fatto che i Benetton abbiano le autostrade .. e’un monopolio? casomai prendersela con chi gliele ha vendute !

    Tornando IT , e notando che andrebbero aggiunti anche Zanni e Muccignat ai 6 veneti , sono friulani ma comunque all’interno del “sistema” veneto dai tempi dei Trofei Bottacin e Topolino under 11 – nel veneto non sono rose e fiori .
    Spesso da fuori sembra tutto ideale, ma ci si dimentica che se ci sono delle strutture di eccellenza è spesso perchè sono state realizzate senza aspettare comuni provincie o soldi statali.
    Una delle cose che andrebbero sottolineate è che lo sviluppo tende ad avere in genere degli andamenti a “spirale” o verso l’alto o verso il basso ; da noi, nonostante tanti problemi il fatto stesso di avere tante persone che giocano od hanno giocato a rugby finiscono prima o poi con avere una diffusione (ed infatti ancora adesso vengono create nuove società, perfino a Padova con i gladiatori padovani per il minirugby o il Padova555 in serie C)
    Il segreto è nella CONTINUITA’ e PERSISTENZA . Il rugby affascina ed attrare da subito, ma per costruire qualcosa servono DECENNI, e il metro che si dovrebbe avere per lo sviluppo – soprattutto da chi ha in mano le redini del gioco, è come minimo sui 5 anni .. no nelle categorie da cambiare ogni 2 anni e regole ogni circolare…

  10. Si uo’ parlare di manager caaci che capiscno di rugby, di Presidenti bravi, di senso di appartenenza e di tutto quello che si vuole ma senza i soldi che la Benetton ha messo e mette a disposizione questo modello non sarebbe cosi’ di successo.
    La Benetton ha replicato il suo modello in diversi sport raggiungendo sempre ottimi risultati ma i migliori risultati sono sempre coincisi con un investimento forte…nel basket senza i Kukoc, Del Negro e compagnia cantante non avrebbero vinto, appena altri si son essi a spendere di piu’ i successi son venuti meno e quando la posta da mettere sul tavolo e’ diventata troppo alta ed assurda dopo un po’ i Benetton hann deciso di uscirne.

    Senza i soldi della famiglia Benetton quest modello non e’ replicabile, il loro investimento e’ una condizione necessaria (ma NON sufficiente) per instaurae un modello virtuoso e finche’ non si riuscira’ a coinvolgere alri Benetton ad investire nel rugby temo restera’ un’eccezione.

    1. In qualsiasi attività i soldi sono fondamentali:l’importante è come li utilizzi. Con tutto il rispetto per le valutazioni di tutti ribadisco che se si vuolee guardare avanti credo che l’esempio di Treviso sia da considerare, senza le acredini e invidie gratuite. C’è una società che si è strutturata con un centro sportivo di grande qualità, aperto ai praticanti e non, uno stadio di buon livello ( con un progetto bellissimo bloccato dalla fir-che tra l’altro non ci metterebbe una lira-) un settore giovanile invidiabile da sempre fino a terminare con uno staff di livello assoluto.Che colpe hanno i Benetton ? Di averci investito dei soldi propi per far funzionare il tutto? O di aver scelto persone capaci per far funzionare una società che viene invidiata anche da realtà estere di primo piano? Ci dimentichiamo forse che i magnati esistono anche all’estero, vedi Tolone, Saracens, Bayonne

      1. Spiegaci quello dello stadio. Ho intravisto una bozza del progetto, ma non so perchè non si possa realizzare.

    2. Per non parlare di Tolosa, di Clermont ( Main sponsor Michelin ) etc.Ultima cosa : questo è un blog di rugby, limitiamoci a parlare di quello p.f.altrimeti non finiamo più.

      1. Per quello che ho capito c’è qualcuno che si farebbe carico dei costi di sistemazione ( 9 mil di euro) ma che ha chiesto in cambio delle garanzie al fine di ammortizzare i costi nel tempo.

    3. Hai perfettamente ragione e questo non è certamente un momento facile per trovare sponsors. Ma è altrettanto vero che gli sponsor è più facili trovarli se ti presenti con un progetto serio e articolato, con una visione a medio e lungo termine e con un ambiente che non è pieno di (spesso inutili) polemiche interne…

      1. Certo il momento non è felice per nessuno ma se ti presenti con una società organizzata, con un settore giovanile valido e impegnato e programmi a medio/lungo termine seri e concreti, beh forse sei visto con occhio diverso.Forse le beghe ci saranno sempre ma evitiamo quelle inutili e vuote da bar sport calciofilo!

    4. @ luis

      mi sai che hai completaente frainteso il mio commento che non voleva essere assolutamente una critica ma una pura e semplice constatazione che possiamo parlare di tutte le cose che si vuole ma senza i soldi che la Benetton ha messo (e non mi pare di aver scritto che sia sbagliato o aver criticato la cosa) questo modello non esiste…punto e basta questo e’ quello che dico. O anhce scritto che il denaro e’ condizione necessaria ma non sufficiente perche’ questo modello esista che non mi sembrava il caso di dver specificare che se non e’ sufficiente significa che ci devono essere tutte le altre cose intorno.

      Personalmente non ho alcuna acredine o invidia verso la Benetton Treviso Rugby anzi h enorme stima per quanto hann fatto negli anni, ho enorme stima per i suoi dirigenti e la loro prearazione, cosi’ come ho stima per la famiglia Benetton per l’impegno profuso nel rugby e altri sport ed anche la maniera con cui son usciti da altri sport dand un preavviso e quind creando l’opportunita’ (che purtroppo non si e’ materializzata) che qualcunaltro subentrasse invece che prendere e chiudere dall’oggi al domani.

  11. Qualunque appassionato di rugby che sia stato in Veneto non può non aver percepito la “densità” rugbistica del territorio, soprattutto l’asse Treviso-Padova-Rovigo. In tanti giocano o hanno giocato. Mi ricordo edizioni dei giochi della gioventù, livello provinciale, che avevano un livello altissimo, in quanto molte scuole avevano ragazzi che giocavano a rugby in Benetton, Tarvisium, Paese, Mogliano ecc.
    Detto questo il fattore economico dei Benetton è stato fondamentale per l’alto livello, basti pensare, a livello di strutture, cosa rappresenta una Ghirada.
    “Copiare” Treviso? Non so, è difficile. Certo l’accostamento a Gavazzi mi sembra improprio.

    1. @rabbi, gavazzi fa un po’ il lavoro di munari, un po’ il lavoro di zatta ed un po’ anche il lavoro dei Benetton, in quanto presidente, sponsor e direttore sportivo. poi uno che mette insieme in squadra citttadini, ghiraldini, zanni, McLean, nitoglia, cattina, garcia (senza contaro bernabo, pratichetti, cristiano) non e’ un incompetente di rugby. gli va dato anche atto che se fosse per lui si sarebbe entrati in Celtic anni prima.

      poi io non lo voterei perche’ ha scelto di associarsi a questo gruppo di potere per campagna elettorale. per il fatto che manca di rispetto ai giornalisit, vedi paolo. ed anche a noi tutti ed ai club presentando il programma in ritardo (ma il programma e’ fatto bene).

      cioe’ se se prendi Zatta contro Gavazzi, in termine di capacita’ e curriculum il confronto non e’ assolutamente scontato. Secondo me.

      1. insomma fa tante cose e nessuna bene..delegare a chi è piu capace non mi sembra uno scandalo..decidere in equipe dopo aver valutato è la cosa piu saggia..basta padri-padroni!!!tiranni da strapazzo!!!

  12. Sono abbastanza stanco e disgustato nel sentire chi afferma che il successo del Benetton è dovuto esclusivamente ai capitali.
    (ancor di più quando si vuol far credere che Luciano, Gilberto & C. siano nati benestanti)
    C’era un tempo in cui l’alto livello era così “basso” che si poteva raggiungere con pochi soldi e tanta passione (Tarvisuim su tutti).
    Oggi per essere competitivi servono 2 (DUE) fattori:
    1) PASSIONE
    2) SOLDI
    I Benetton certamente oggi hanno i capitali, ma se ne devolvono una parte nel Rugby è stato ed è per la passione.
    La FIR gargamellica tra i vari demeriti ha anche quello di aver distratto l’attenzione dal movimento societario per sviarlo a livello mediatico nelle attività della nazionale.
    Da qui la storica mancanza di attrattiva per i grossi investitori.
    Non mi risulta affatto che i Benetton siano gli unici in Italia con il “grano”.
    Piuttosto sono gli unici con passione ovale & grano…

    1. Vero: passione e soldi.
      E certamente buon per Treviso che i Benetton hanno la passione oltre ai tanti soldi.
      Ma da questo a dire che il successo del Benetton non è legato ai soldi ce ne passa: la passione da sola purtroppo non costruisce impianti, non paga stipendi, bollette, fatture, non tiene su strutture organizzative di livello.
      Altrimenti sai quante società italiane povere ma bellissime e virtuose sarebbero non solo in Celtic, ma anche in Super Rugby ad honorem!

      1. Emy,
        “dire che il successo del Benetton non è legato ai soldi” lo hai scritto tu, non io.
        Mi pare di averlo scritto chiaramente:
        1) PASSIONE
        2) SOLDI
        Senza soldi e solo con la passione oggi non si fa nulla di buono.
        Senza passione e solo con il denaro… idem!

    2. infatti!!! e i modelli cui ispirarsi li abbiamo proprio in casa..inoltre personalmente sono contrario ai “mecenati” nello sport o almeno quelli in stile berlusca, che drogano il mercato razziando giocatori a destra e manca salvo poi darsela a gambe quando i risultati (economici e sportivi) scarseggiano e lasciando nella m…a chiunque vi abbia gravitato attorno..diverso l’esempio dei benetton, che hanno garantito programmazione negli anni (30 piu o meno) garantendo cosi risultati..il tutto mosso da pura passione per il nostro gioco!

  13. E qui semmai si potrebbe aprire una gustosa discussione sul come attirare capitali nel mondo ovale italiano.
    In quel caso il potenziale investitore POTREBBE non essere spinto da passione, ma semplicemente dal riconoscimento del rugby come un veicolo di profitto del capitale investito.
    Ma oggi in Italia questa è pura utopia!!!
    Benetton non è certo un benefattore, ma a riprova del mio precedente post vi chiedo:
    “se si trattasse unicamente di un investimento finanziario, non pensate che attualmente esistano forme decisamente più remunerative del costituire o semplicemente sponsorizzare un team rugbystico, seppur di alto livello?”
    Attendo repliche circostanziate dei detrattori della passione rugbystica dei Benetton.

    1. @Picco, ma guarda che nessuno ha mai messo in dubbio la passione dei benetton. e solo tu hai detto che il successo e’ solo da ascrivere ai capitali, ma non l’ha detto nessuno questo. e solo un folle puo’ pensare che si facciano soldi dal rugby.

      il sunto sta in cio’ che ha scritto Stefo. “il loro investimento e’ una condizione necessaria (ma NON sufficiente) per instaurare un modello virtuoso”. c’e’ molto poco da aggiungere ed e’ incontorvertibilmente cosi’.

  14. ED ECCO IL PRIMO.
    Avanti il prossimo!
    :^P
    Scherzi a parte: a volte l’età mi fa brutti scherzi, ma mi potresti cortesemente riportare in quale punto io affermo che: “il successo e’ solo da ascrivere ai capitali”?
    Altra cosa: pensare di attrarre capitali nel rugby societario di elite e trasformarlo in un business per gli investitori a me non pare affatto folle.

    1. “Sono abbastanza stanco e disgustato nel sentire chi afferma che il successo del Benetton è dovuto esclusivamente ai capitali”. l’hai scritto tu.

      hai ragione quando dici, “pensare di attrarre capitali nel rugby societario di elite e trasformarlo in un business per gli investitori a me non pare affatto folle”.

      I’dea che fino ad oggi qualcuno abbia fatto soldi col rugby in italia, e parlo di presidenti, e’ da folli.

      1. Ah, ecco…
        Ma se tu scrivi:
        “solo tu hai detto che il successo e’ solo da ascrivere ai capitali”
        sembra che sia io ad affermarlo.
        Forse intendevi dire:
        “solo tu hai detto che PER QUALCUNO il successo e’ solo da ascrivere ai capitali”.
        E allora siamo d’accordo!
        Di gente che pensa che i Leoni siano indebitamente dove stanno ora solo per i capitali a disposizione ne conosco tanta, troppa purtroppo.
        A partire dal prossimo presidente delle Zebre… :^(

    2. Pico vedi che generalmente non esistono investitori che possano pensare di arricchirsi con lo sport: Se lo fanno è per motivi diversi che vanno oltre: visibilità, pubblicità etc. Oppure si opera come fanno i Pozzo con l’Udinese calcio.( ma in uno sport che muove grossissimi capitali)

      1. Sì… “generalmente”… IN ITALIA!
        Un pallone ufficiale del Bayonne (tanto per fare un esempio) costa 36 eurozzi allo spaccio del Dauger.
        (sponsor AirFrance!)
        Una t-shirt dei Saracens 25 sterline a Vicarage Road.
        (sponsor Allianz … era Garmin!)
        Potrei continuare…
        Visibilità e/o pubblicità istituzionale sono comunque forme altamente remunerative.
        Che FORSE FORSE a livello rugbystico sia il caso di rivedere “qualcosina” in Italia???

    3. Picco pero’ tu mi dici chi avrebbe scritto che il successo e’ dovuto solo ai soldi (ti quoto:”Sono abbastanza stanco e disgustato nel sentire chi afferma che il successo del Benetton è dovuto esclusivamente ai capitali.”) perche’ nessuno ha scritto questo a partire da me che ho fatto un discorso ben diverso.

  15. Stefo, ma io non mi riferivo certo a te!
    Ma non si può negare che per qualcuno “benetton è antipatica perchè vince solo grazie ai soldi”.
    Perché non ti pare che trasparisse anche tra le righe della passata indi-gestione Dondi?
    Anche qui ci son stati un paio di utenti storici che si sono espressi in tal senso.
    Non mi piace fare nomi. Basta andare a rileggere roba vecchia, maggio/giugno/luglio.
    Un solo esempio, ma potrei fartene altri:
    https://ilgrillotalpa.com/2012/07/18/elezioni-fir-la-toscana-con-gavazzi-pare/#comment-15925
    Qualcosa in più in un altro famoso blog, basta aver voglia di andare a leggere.
    Ricordo un certo “Paco” sostenere che il 60% dell’ingaggio dei giocatori di interesse nazionale non dovesse andare “a chi di soldi ne ha già fin troppi”.
    Mica tu… ci mancherebbe.
    Anzi ti quoto al 100% quando dici. “finche’ non si riuscira’ a coinvolgere altri Benetton ad investire nel rugby temo restera’ un’eccezione”.

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