L’incontro di oggi tra stampa e coach dei biancoverdi
Dalla pagina Facebook del Petrarca Padova
Il Petrarca Rugby, in virtù del “Permit Player”, una norma stabilita all’inizio della stagione per consentire il prestito dei giocatori di interesse Nazionale alle franchigie che partecipano alla Celtic League, ha ceduto fino alla ripresa del campionato di Eccellenza tre giocatori al Benetton.
Si tratta di Alberto Chillon, Marco Neethling e Michele Sutto. Il primo viene dal vivaio del Petrarca, gli altri due sono arrivati proprio da Treviso a inizio stagione.
“La regola è chiara”, spiega il presidente Enrico Toffano. “La Federazione può richiamare i giocatori inseriti nella lista di interesse nazionale stilata a inizio stagione, e trasferirli nelle due franchigie per il periodo del Sei Nazioni in caso di necessità.Un gentleman agreement, ma anche una regola che ha pochi mesi di vita, e che quindi dovrà essere migliorata per non danneggiare troppo le società. La Federazione chiede collaborazione, e noi la diamo ad entrambe le franchigie”.
Sul piano tecnico, un vantaggio per le squadre. “Sono contento per i ragazzi. Sutto è stato una grande sorpresa nel suo ruolo, Chillon è un ragazzo del nostro vivaio sul quale abbiamo scommesso forte, Neethling è arrivato da noi dopo un lungo infortunio per tornare pienamente in forma, cosa che sta facendo”.
La Tribuna di Treviso, articolo di Enrico Lorenzo Tidona
Meno ribalta sportiva, più impegno per il sociale. E’ questa l’equazione che comporterà il riordino degli impegni della famiglia Benetton, decisa a continuare con il mecenatismo sportivo dedicandosi però ai soli giovani.
Con «il messaggio per Treviso» lanciato dal patron delle attività sportive targate Benetton, Gilberto, si è concretizzato un divorzio più volte vociferato, testimoniato dalla sua ormai costante mancanza alle partite dell’amata squadra di basket. Un disinnamoramento cresciuto sulla mancanza dei risultati, che non hanno più giustificato gli investimenti e acuito il convincimento che a Treviso, dove si è ormai vinto tutto, la passione sportiva si è irrimediabilmente spenta.
«Non si tratta tanto di soldi, purtroppo è la funzione sociale del progetto che è venuta meno con l’andare degli anni» ha spiegato infatti Gilberto Benetton, ex giocatore di basket in gioventù, diventato il regista che ha portato la famiglia alla conquista della finanza italiana.
Non sono quindi i soldi che mancano, ma le motivazioni, le stesse che proprio 30 anni fa hanno dato vita al modello sportivo Benetton.
LO STOP. «Quando abbiamo cominciato negli anni Ottanta, Treviso era una città in cerca di rivalsa. I nostri concittadini non avevano mai vinto nulla e avevano bisogno di emergere e partecipare alla nostra impresa. Con il basket facevamo 5.900 paganti contro i duemila circa di adesso.
Quel risultato lo abbiamo quindi ottenuto, e il discorso sociale, per com’era stato pensato in origine, ha cominciato a non compensare più. Dispiace per i tifosi, ma la decisione è irrevocabile. Tolto il rugby, che mantiene radici e una cultura dello sport che piacciono al gruppo, gli altri sport non destano più lo stesso interesse, soprattutto tra i giovani. Anche quelli della nostra famiglia non seguono le squadre, segno di una passione che ormai non c’è più.
I COSTI. «Oggigiorno i costi che si sopportano non hanno più senso, anche dal punto di vista del ritorno commerciale».
Per i Benetton mantenere ai primi posti le società sportive aveva un costo totale di 19,5 milioni di euro nei campionati 2009-2010: 5,5 per il rugby (Celtic League esclusa), 9,4 milioni per il basket e 4,6 per il volley, con entrate praticamente di pari livello, sostenute da 7,5 milioni di euro di sponsorizzazioni.
«Al di là degli ingaggi record fatti ai tempi di Rusconi abbiamo sempre gestito le società con budget equilibrati, perdendo poi il vantaggio competitivo che avevamo in passato, quando eravamo tra i primi a scoprire grandi talenti. Oggi tutti hanno un manager già a 14 anni – racconta Benetton -. Negli ultimi anni abbiamo poi ridotto la spesa ottenendo sempre qualcosa. Ma a mancare sono stati un poco alla volta i risultati e quindi la soddisfazione, anche se non usciamo dal mondo dello sport». Tolto il rugby, quindi, rimarrebbero fermi in cassa circa 14 milioni, potenziali risorse da distribuire a pioggia alle oltre 20 iniziative ancora in piedi.
L’APPELLO. Tra le speranze riposte c’è quella di un cavaliere bianco, che si prenda in carico le squadre a costo zero, rilanciando Treviso sui campi italiani.
«Cercheremo di trovare qualcuno a cui passare il testimone – ha detto Benetton – ci sono tante imprese giovani alle quali si potrebbe passare il testimone. Penso a aziende del territorio, che hanno fatturati tra i 40 e 60 milioni di euro magari, in cerca di emergere come abbiamo fatto noi a nostro tempo. Certo ci vogliono soldi, ma non è detto che ci subentra debba per forza partire dalla A 1. Si può pensare anche a più imprenditori. Certo è che non usciamo e non siamo aperti a nessuna compartecipazione».
GLI ESUBERI. Sono circa una trentina le persone che da anni prestano la propria opera per permettere ai due team di giocare in Italia e in giro per il mondo, inseguendo quanti più trofei era possibile conquistare.
Per loro ci sarà con buona probabilità una ricollocazione all’interno del gruppo Benetton, anche se non si escludono eventuali esuberi e incentivi per chi volesse passare ad altra occupazione».
La Benetton lascia gran parte dello sport professionistico, ma non il rugby. L’annuncio è stato dato da Gilberto Benetton in una conferenza stampa: “A partire dal 1 luglio 2012 l’azienda non sarà più proprietaria né sponsor di basket e volley”.
Si salva il rugby, segnalato dallo stesso rappresentante della famiglia come un “settore in cui ci rinforzeremo”.
Gilberto benetton ha anche detto che questa “è una scelta su cui non ritorneremo, che abbiamo comunicato in anticipo per dare tempo ad eventuali imprenditori interessati a subentrare di valutare al meglio la situazione. Siamo anche disposti ad aiutare le nuove squadre dal punto di vista logistico”.
Antonio Liviero per Il Gazzettino di Treviso
Il giorno dopo l’impresa sul Munster il Treviso si guarda dentro. E trova nuove certezze. In sei mesi ha sconfitto tutta l’alta classifica della Celtic (Scarlets, Leinster, Munster). E ciò
non fa che alzare la temperatura in vista dell’arrivo degli Ospreys (sabato alle 17,30). «Vogliamo fare uno scherzetto anche ai gallesi – confida il capitano Antonio Pavanello -. Ci siamo parlati, ci crediamo. Se domenica abbiamo dato il 110%, ora non possiamo tornare
al 90. Ci proviamo». I primi cinque uomini del pack sono il maggior punto di forza della squadra e la base dei successi: mischie dominate, touche rubate, maul penetranti,
distribuzione offensiva efficace su tutta la larghezza del terreno. «Il nostro segreto è la coesione – spiega Pavanello -. Individualmente ci sono giocatori più forti in Celtic, ma noi
facciamo la differenza nel rendimento collettivo». Tanto che da più parti si invoca un ricorso al blocco Benetton da parte dell’Italia specie per risolvere i problemi della touche. Van Zyl
con i suoi 2,01 metri per 110 chili da quest’anno è eleggibile per la Nazionale non avendo presenze con il Sudafrica. Una candidatura considerata interessante in vista della Coppa del
Mondo visti anche il carisma e le doti di regista della rimessa laterale. «Per me sarebbe un grande onore potermi misurare ad alto livello internazionale con la maglia azzurra» dice Cornie, che a 32 anni continua a farsi apprezzare per mobilità e presenza difensiva oltre che nelle battaglie aere. Ma il discorso azzurro vale per Cittadini (gran match domenica), Rouyet, lo stesso Sbaraglini, finora quasi ignorati da Mallett. «Se ci chiamano siamo
prontissimi, già in questo Sei Nazioni – assicura Pavanello-. La maglia azzurra è il sogno di tutti noi e non temiano certo il confronto con avversari che ormai conosciamo benissimo grazie alla Celtic League». Van Zyl intanto si concentra sulla sfida gli Ospreys. «Sarà una partita più dura di quella col Munster – avverte – non solo per l’ampiezza e la qualità dell’organico gallese, ma perchè loro adesso ci temono di più e ci studieranno per bene». Ma assicura: «Noi come sempre cambieremo parte del nostro gioco, a cominciare dalle touche. Non ci piace essere prevedibili».