Movimento Italia: progetto FIR rugby di base o progetto Accademie? Una visione critica

Una decina di giorni fa ho ospitato un intervento di Francesco Lucca, presidente del Cilento Rugby. Francesco diceva la sua sul progetto “Rugby di base” della FIR per la stagione 2012/2013 (980mila euro i fondi destinati). La sua era una valutazione sostanzialmente positiva del piano federale, anche se ne rilevava alcune criticità.
Oggi pubblico le opinioni di Roberto Zanovello, Presidente “CUS Padova Rugby”, che sono invece orientate decisamente su un segno negativo. Ve le propongo e rilancio: tutti i dirigenti che vogliono dire la loro sappiano che qui la porta è aperta.

Riflessioni sul “Progetto Sviluppo di Base” della Federugby

Quello che la FIR ha approvato non può considerarsi un “progetto di sviluppo”, ma bensì un “listino prezzi”. Infatti dalla lettura per quanto attenta del progetto, non si trovano tempi, modi e verifiche delle attività di sviluppo come crescita dei numeri, qualità e risultati, ma solo un compenso in base alle attività Federali.
Letto con criticità più che un progetto di sviluppo è un modo per distribuire risorse economiche (peraltro modeste: 980.000 euro per un anno. Il 2,5% del Bilancio Federale ) per le attività di base dei club, ormai stremati dalle difficoltà.
Infatti se un club o se tra club si organizzano attività comuni per la crescita e quindi lo sviluppo dei giocatori (allenamenti congiunti, partite internazionali, centri estivi, rugby scuola ecc..) non viene riconosciuto nulla, ma vengono accreditate (con imperativo di esclusione) solo quelle società che seguono le linee federali. Un Progetto di Sviluppo di base del Rugby dovrebbe invece, investire su nuovi progetti e su nuovi modi di reclutare e formare. Il fatto di sottolineare che lo sviluppo è solo Accademia o attività federali è come dire che uno studente studia solo a scuola o meglio che i professori (i tecnici) devono fare il programma ministeriale, come sempre si è fatto e se qualcosa va male è colpa del docente (del tecnico).
Assolvere solamente l’obbligatorietà, è una contraddizione in termini. Sarebbe meglio dire “chi più fa più ha”, chiamiamola meritocrazia che va tanto di moda.
La FIR dovrebbe in primo luogo dare gli strumenti di sviluppo, monitorare e valutare facendo promozione e formazione, retribuire gli sforzi e i meriti, riportando l’architettura di questo progetto nel posto più naturale: le società presenti nel territorio che rappresentano la “base” del movimento.
Il meccanismo di premiare le seconde squadre (della stessa categoria) senza valutarne la qualità, ha creato nel movimento “il doppio che in molti casi vale la metà”. Se i numeri sono risicati si compongono due squadre con numeri ridotti e con problemi (rinunce alla gara); se invece il numero è abbondante i Club scelgono di farne una “forte” e una “debole” (prima e seconda): cosa più sbagliata nelle under 12 e 14. In tutti e due i casi i risultati alla lunga sono devastanti: nel primo i ragazzi molte volte non giocano ed il momento della partita diviene una agonia organizzativa dove il fattore tecnico è sempre irrisorio. Nella seconda ipotesi i bravi giocano, i meno pure, creandosi però una frattura e la formazione scade (si segue di più il gruppo della prima). Può pur succedere che poi nel gruppo dei bravi, molti ragazzini abbandonino il club per approdare ai club più prestigiosi (sentendosi già rugbisti fatti e dei campioni). Le società possono discutere ed essere coinvolte sulle decisione della FIR su questi meccanismi “premianti”?
Inoltre le Accademie sono “chiuse” in un reclutamento fine a se stesso, basandosi solo su parametri fisici, credendo che la formazione (loro) sia solo specializzazione. L’Accademia dovrebbe essere solo un collettore naturale di talenti reclutati sul territorio, attraverso un’ osservazione attenta e con un continuo scambio ed interscambio con le società. Perché succede questo? Perché non c’è il “progetto tecnico di sviluppo”, e se c’è (!) è sulla carta ma le braccia operative  la struttura tecnica federale “dedicata”) non seguono nel territorio questi aspetti.
Alla Federazione interessano solo le Accademie per le “selezioni” giovanili, meno attenzione è posta come i ragazzi crescono non solo rugbysticamente ma socialmente e culturalmente. Si pone in questo caso un rapporto fondamentale con le famiglie ed il contesto del territorio in cui queste esperienze si sviluppano.
Questo sport, il Rugby, deve far parte della cultura del nostro paese ed abbracciarla, rispettarla, perché ne ha le gli elementi fondanti ( il lavoro, il sacrificio, il rispetto per la competizione .. ecc. ). Non si possono “calare” esperienze di altri contesti, si deve semmai integrare quanto si “propone”con quello che c’è nel territorio. Oggi esiste la necessità non più rinviabile di mettere i Club, le società al centro di un progetto di sviluppo del Rugby giovanile, dando la possibilità che le accademie diventino “anche”esperienze gestite dal territorio e dalle società.
Ma come è possibile organizzare le under (es. la 14) dove si sovrappongono i cicli di studio (terza media e prima superiore), o una under 20 che poi è una 18 che poi non si sa… cosa sia, senza “spiegare” queste scelte, senza farne un elemento di condivisione con il movimento? Come si può programmare l’attività dalla fine di agosto con i ragazzi ancora in vacanza e finire il 13 di marzo? E poi chiedere alle società di giocare a Belluno o a Catania il 21 di dicembre o il 6 di gennaio? Perché non c’è un protocollo di intesa per il rugby nelle scuola con il Ministero della pubblica istruzione? Come si interfaccia il “Progetto scuola” (ed i soldi che vengono spesi) della Federazione con tutto questo? Perché non si disputano i giochi della gioventù (quest’anno posso partecipare ai giochi studenteschi solo le prime e seconde superiori delle scuole superiori… ), forse perché alla FIR interessano sono gli anni riferiti alle Accademie. Quali sono realmente le risorse economiche investite nel settore di base del movimento rugbystico italiano?
Vediamo l’esempio del Comitato Triveneto, che si è allineato alle regole federali sbagliando in pieno tempi e modi e buttando via anni di esperienze “innovative”. Eliminare i “barrage” è stato un errore straordinario e clamoroso, credendo che sostituendo nelle giovanili il Ranking (classifica a punti) dell’anno precedente, si sarebbe trovata più qualità nelle compagini di elite (che servono solo per il reclutamento delle accademie. Ma nelle giovanili parlare di classifica dell’anno precedente è “sbagliato”! Facciamo l’esempio di un under 16 che quest’anno si è guadagnata l’élite. L’anno prossimo in base alla classifica la futura under si posiziona nella top ten del Comitato, ma le squadre cambiano… la 16 di quest’anno non è quella del prossimo, ovvero quella squadra che si è sudata il titolo. Per assurdo: se l’anno prossimo la 16 avesse risultati più scarsi, la Federazione come valuta il tutto? Non può e credo non gli interessi poi molto.
Temi tutti interessanti, speriamo che il dibattito (!) sul rinnovo dei vertici Federali (!!) e sulle franchigie “celtiche” (!!!), lasci spazio anche a questi problemi. Forse in prospettiva, per lo sviluppo futuro dei nostri ragazzi e quindi del rugby, non sarebbe sbagliato dedicarci più tempo e più risorse organizzative ed economiche.

Roberto Zanovello, Presidente “CUS Padova Rugby”

9 pensieri riguardo “Movimento Italia: progetto FIR rugby di base o progetto Accademie? Una visione critica”

  1. Caro Presidente,
    mi associo in pieno a quanto da te scritto. Esiste, purtroppo, un problema di fondo che non permette di crescere nel dovuto modo: la mediocrità del settore tecnico a livello federale e chiaramente chi sta lì non mollerà sicuramente il lauto stipendio. Un cao intelligente prenderebbe nelle accademie chi è capace prima che chi è più alto e grosso. Non c’è rispetto per le società che fanno il rugby di base e tanto meno c’è un progetto serio e persone capaci a livello federale di far crescere il movimento non solo a livello tecnico. La prova sono le figuracce che facciamo con i giovani a livello internazionale.

  2. a parte che sulla 14 non si mischiano cicli di studio (’99 seconda media, 98 terza) il resto dell’analisi è abbastanza condivisibile, da discutere le prescrizioni. Io continua a ritenere che dovremmo spingere i club ad avere squadre monoanno nelle categorie dalla 12 (dieci anni) alla 14 (tredici/quattordici)…incentivare il lavoro quantitativo va bene ma non è sufficiente se poi non si passa mai al quello qualitativo.

  3. Condivido totalmente ciò che è scritto. Ma io penso siano più utili gli anni dispari, se non si riesce a fare selezioni di una sola annata. Se il problema fosse l’obbligatorietà si potrebbe ovviare organizzando tornei di rugby a 7, specialità olimpica, che la diano per quella categoria a posto del rugby a 15.
    Quanto poi all’elite questo è un campionato indispensabile e le alternative sono diverse: 1) barrage a fine campionato mescolando i ragazzi sulla base della composizione dell’anno successivo (es. barrage U16 ora per l’anno prossimo con i 97 e 98), oppure fase regionale da fine settembre – ottobre fino a gennaio e poi le migliori in elite con prosecuzione riassortita dei campionati regionali fra quelli che non si qualificano.
    Le cose basta volerle e pensarle assieme, non imporle cambiando anno per anno ed impedendo una vera programmazione.

  4. Io condivido gran parte del pensiero del Presidente Zanovello, iniziando dal finale, nella FIR manca il dibattito ed il confronto, mi sembra evidente in moltissime azioni federali; si individuano arbitrariamente gli obiettivi da perseguire e li si impongono senza cercare di spiegare il perchè di certe scelte (che a volte paiono follie). Agire in questo modo spesso fa passare come imposizioni anche normative tutto sommato condivisibili, quando accompagnate dalle dovute spiegazioni. Sono d’accordo con la critica al meccanismo dell’elite e trovo molto intelligente la proposta di Benigno, quanto meno più intelligente della gestione attuale. Ripeto che senza confronto con chi opera sul territorio non si va da nessuna parte, la gestione centrale romana non ha idea di cosa succeda sui campi da gioco e non ha idea di qualo siano i reali problemi che hanno le società di base. E rinnovo l’invito alla FIR di chiamare il progetto “sviluppo rugby di qualità” voglio vedere quali squadre della base reale del nostro movimento prenderanno premi…

  5. Condivido anch’io il pensiero del Presidente Zanovello credo però che dovremmo trovare il modo di contrastare lo strapotere di Roma presentando un progetto nuovo cercando di agregare più persone che amano questo sport alleandoci con personaggi validi competenti appasionati e disinteressati che amano il nostro sport e scegliendo tra queste una figura da contrapporre all’attuale dirigenza.
    Continuare a lamentarci e rimanere impotenti di fronte alle scelte sbagliate della Federazione non serve dobbiamo svegliarci e controbattere l’attuale dirigenza.
    PROVIAMOCI!!!!

  6. Ci sarà mai in F.I.R. come in altre federazioni sotto egida C.O.N.I. un programma didattico formativo generale per quanto riguarda Tecnici e Istruttori? Una specie di Albo come per Tennis e Calcio e anche discipline acquatiche? Chiedo numi al Grillo (non 5stelle 🙂 )

  7. grande presidente !!! sei sempre anema e core di una squadra bella e gloriosa e speriamo bene per il finale …

  8. importantissimo soprattutto il ragionamento sulle scuole: io ho cominciato ad avvicinarmi al rugby solo perchè una prof ci ha portato al torneo studentesco alla Ghirada, altrimenti non ci avrei mai pensato!
    Se non siamo in grado di avvicinare i ragazzi con un minimo di costanza a questo sport, difficilmente otterremo risultati! E non vedo molte alternative all’attività scolastica: com’è possibile che il programma di educazione fisica abbia milioni di ore di pallavolo e basket da decenni??

Scrivi una risposta a redvulkan Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.