Gli Scarlets, un modello da esportare

La rubrica “Mischia aperta” di Antonio Liviero su Il Gazzettino di oggi

Il metodo Brunel non risparmia gli Scarlets, che a Perpignan sono costretti a dire addio alla Coppa Europa. Ma la franchigia di Llanelli è la rivelazione della stagione. Partita tra lo scetticismo si ritrova dopo 13 giornate al secondo posto della Celtic League. Secondo alcuni esprime il gioco più bello del torneo. Affermazione forse azzardata, ma è fuor di dubbio che i suoi giocatori quando corrono e portano la palla sugli spazi siano capaci di emozionare. Una vocazione offensiva che viene da lontano. Llanelli è la città più a ovest della costa gallese, nel Carmarthenshire, dove la lingua più parlata è il gaelico. Non raggiunge i 50mila abitanti ed è circondata da un arcipelago di villaggi, miniere di carbone e di stagno. Una terra popolata di leggende in cui, come dicono i nativi, vi si nasce e vi si muore. E anche quelli che se ne vanno, prima o poi tornano. In cui il rugby non è solo lo sport più praticato, ma il simbolo culturale della comunità e narrazione mitologica. L’orgoglio e la generosità della sua gente si trovano riflessi nel gioco degli scarlatti impastato di aggressività, ritmo e immaginazione. Non a caso Llanelli ha dato i natali al divino Phil Bennett e a Carwyn James, il principe dei coach che guidò i Lions nel vittorioso tour in Nuova Zelanda nel 11 e legò il suo nome a Rovigo con lo scudetto del 19. Ed è stata uno dei più importanti laboratori del rugby totale proprio grazie a Carwyn. Con l’avvento del professionismo ha conosciuto una dura crisi finanziaria. Che non le ha impedito, con la nascita della Celtic League, un’epica battaglia di identità per fare una squadra da sola. Per pagare i 13 milioni e mezzo di debiti ha dovuto sacrificare lo stadio, il glorioso Stradey Park, in una operazione immobiliare che ha fruttato 25 milioni e consentito di costruire un nuovo impianto in periferia con annesso centro commerciale. L’equilibrio finanziario poggia anche su un progetto tecnico: l’investimento di risorse sull’Accademia che sta sfornando talenti a ripetizione. Non solo trequarti come il centro Jonathan Davies e INCONTENIBILE Jonathan Davies l’ala North (entrambi una meta a partita in Celtic) e l’apertura Priestland, ma avanti tipo Gardiner, pilone di 20 anni, che ha esordito a Treviso, e lo stupefacente flanker Turnbull cacciatore di palloni dalle mani d’oro. Così il miracolo Scarlets nasce in casa, a costi contenuti, conpoche stelle straniere. Una squadra ancora in cantiere. Inesperta e incostante. Lo scorso anno giocava in modo scriteriato, contrattaccava sistematicamente dai propri 22 metri, prendeva legnate e stava in coda alla classifica. Ora Nigel Davies l’ha resa tatticamente più razionale. La mischia non si fa strapazzare da chiunque e il gioco punta di più sugli avanti. Ma la touche è ancora incerta e la difesa poco organizzata e aggressiva. La forza degli Scarlets però sta nel modello e nel progetto. «Terremo questo gruppo insieme per i prossimi tre anni» assicura Nigel Davies, che aggiunge: «Abbiamo sempre avuto un piano e ciò è gratificante per un allenatore». I nostri club di Eccellenza dovrebbero prenderne nota.

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