Venerdì 28 gennaio sarà una giornata molto importante per il futuro degli Mps Aironi. Per quella data il presidente Silvano Melegari ha convocato l’Assemblea dei soci della franchigia per approvare il bilancio del secondo semestre della stagione 2010-11 e fare le prime valutazioni sul semestre successivo. Ma chiederà anche un rinnovato impegno a tutti
i soci. Soprattutto ai parmigiani.
Con sempre maggiore insistenza giungono voci di un ‘raffreddamento’ dell’impegno da parte di alcune componenti. «Rumors che sono giunti anche a me — conferma il patron che non ha mai nascosto la delusione, ad esempio, di non aver potuto portare una gara di Heineken
nella città ducale —. Ufficialmente però non mi è stato comunicato nulla e, per me, l’interesse comune è immutato per la continuità della nostra avventura. All’assemblea
verificherò se ci sono problemi». Condividendo l’appello lanciato alla Gazzetta la settimana scorsa da Franco Tonni sull’urgenza di programmare il futuro su basi certe, Melegari subito
dopo l’assemblea presiederà un cda che deciderà il budget da destinare alla prossima
stagione. «Entro febbraio dobbiamo avere a disposizione un budget adeguato per
programmare il futuro» assicura. E garantisce che gli Aironi stanno lavorando alacremente
per un futuro più prestigioso portando ad esempio il nuovo progetto di marketing che darà un ulteriore sviluppo d’immagine. Il presidente poi ci tiene a fare i complimenti all’altra componente virgiliana della franchigia, il Rugby Mantova: «Sia Bellini, presidente del
collegio sindacale, che Portioli, membro del cda, sono molto impegnati e stanno facendo
un ottimo lavoro».
La chiusura è sul caso Dahlia, la tv che ha i diritti della Magners che è stata messa in liquidazione: «Confidiamo che porteranno a termine gli impegni sino a fine stagione. Poi, visto l’appeal del rugby, proseguirà qualcun altro. Ho letto l’ipotesi Mediaset».
Bortolami fashion. La seconda linea degli Aironi Marco Bortolami è stato ospite l’altro ieri dello stand di Le Coq Sportif a Pitti immagine uomo a Firenze. Bortolami è il volto scelto dal marchio francese per l’Italia.
Nuova vettura. L’altra sera alla Club house dello stadio Zaffanella è stata presentata
in anteprima la nuova Citroen C4 dalla concessionaria Chierici, partner ufficiale degli Aironi.
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Parlando a ruota libera con Castrogiovanni
Intervista che ho fatto e articolo che ho scritto per il sito di Radio R101
Uno dei più forti giocatori del mondo. Forse il più forte in assoluto nel suo ruolo: difficile pensare a qualcuno migliore di Martin Castrogiovanni con il numero 3 sulle spalle. Uno che si fa amare ovunque vada, ovunque giochi, quale che sia la maglia che indossa. Perché oltre a essere un fenomeno Castro è anche una persona vera, capace di dire quello che pensa senza grandi giri di parole.
R101 lo ha intervistato per parlare di Sei Nazioni, nazionale azzurra e Mondiali. Ma la discussione non si è fermata a quello e qualche parola non si poteva non spenderla anche sui rumors che circondano il futuro della panchina azzurra e su quello che lo stesso Martin farà a fine stagione: rimane nella sua amatissima Leicester? Andrà in Francia?
Castro, fedele a se stesso, non si è tirato indietro. Ascoltatelo.
La nobile arte tollerata di Sonny Bill
Dalle pagine di Tuttosport oggi in edicola, a firma di Gerardo Pinto
PER CARISMA in lui molti vedono l’erede del grandissimo Jonah Lomu, fra gli All Blacks, ma Sonny Bill Williams non si accontenta di essere un campione di rugby, vuole dimostrare di saperci fare anche sul ring ed essere uno dei protagonisti della nobile arte. Non a caso, infatti, il 29 gennaio, a Sidney, in Australia, sfiderà, sulle otto riprese, Scott Lewis, un ex manovratore di gru. Ovviamente nella categoria dei pesi massimi, avendo all’angolo un ex, che ha seguito la sua stessa strada, ovvero Anthony Mundine, di religione musulmana, non
molto amato in Australia perché tiene molto ai problemi degli aborigeni.
Non è questo il primo incontro di Sonny Bill, ma il terzo, visto che ha già al suo attivo due facilissime vittorie contro Garry Gurr, abbastanza noto per aver fatto più volte a botte con i buttafuori dei locali della Golden Coast e contro un ex magazziniere, Ryan “Hulk” Hogan, un tipo non proprio raccomandabile. Così non sarà a fianco dei suoi compagni dei Crusaders,
che giocheranno in Nuova Zelanda un’amichevole precampionato.
E, mentre alcuni elementi della nazionale come Carter e McCaw sono stati tenuti prudentemente fermi per evitar loro infortuni in prospettiva campionati del mondo che
gli All Blacks vogliono vincere, dopo le figuracce delle ultime cinque edizioni, ecco che Sonny Bill, la rivelazione dello scorso novembre, salirà sul ring per un match professionistico.
Fra l’altro, circa un mese fa, è saltata fuori anche l’ipotesi di una rinuncia definitiva a giocare
a rugby, che ha scatenato molte proteste da parte dei tifosi e dei tecnici, tanto che l’allenatore della nazionale neozelandese, Graham Henry, ha detto: «Spero si tratti
soltanto di un’indiscrezione. Sonny Bill è un giocatore eccezionale e può diventare il numero uno dei professionisti del rugby. In ogni caso non siamo contrari, se ogni tanto, vuole fare qualche incontro di pugilato».
La logica di quest’apertura si spiega con il fatto che il trequarti era già un personaggio prima di far parte degli All Blacks.
IRREQUIETO A diciotto anni, dopo aver lasciato i sobborghi di Auckland, ha fatto il suo esordio in Australia in squadre da tredici elementi, bruciando le tappe fino alla nazionale
del suo Paese. Genio e sregolatezza è salito alla ribalta della cronaca, due anni fa, per guida in stato di ubriachezza ed una storia di gossip con una modella che non era la sua fidanzata.
Poi il passaggio al rugby a quindici e la proposta dei francesi del Tolone che gli hanno offerto
un contratto di più di un milione e mezzo di euro all’anno per tre anni.
Una cifra notevolmente superiore alle possibilità della Federazione Neozelandese che Sonny Bill ha rifiutato, spiegando: «Il pugilato non è una questione di quattrini. Ho
scelto questa strada perché non mi piace oziare. Non ho bisogno di riposarmi: mi aspetta un
grande anno, un ‘Super 15’ da disputare e devo assolutamente cercare di rientrare nella rosa degli All Blacks per la coppa del Mondo. La boxe e i suoi allenamenti possono solo aiutarmi per la preparazione della stagione del rugby. E con tutti gli impegni che mi aspettano credo di aver preso la decisione giusta. Molta gente che critica la mia passione
per la boxe sembra dimenticare che sul ring ci sono moltissimi aspetti affini al rugby: il gioco di gambe, gli angoli, le tempistiche. Se sbagli quelle sei fregato. Quello che faccio sul ring è quello che faccio anche in campo. Per me è solo un modo di allargare i miei orizzonti
sportivi, ed è proprio quello che sto cercando di fare, niente di più». E riguardo al suo rapporto con la Federazione Neozelandese ha aggiunto: «Sono convinto di non essere
uscito dai limiti imposti dal mio contratto: loro conoscono perfettamente le mie idee ed i miei progetti, per cui non ci sono state sorprese».
CLUB D’ACCORDO A confermare la sua tesi, anche il suo allenatore di club, Rob Penney, che ha detto: «Non ci sono problemi. Penso che sia una buona scelta perché in questo modo si incentiva la crescita, non creando problemi contrattuali».
Ma certo non solo per questo ha rinunciato all’ingaggio del club francese, anche perché sa benissimo che, a 25 anni, lui, un colosso con antenati delle isole Samoa, a cui piace passare da un primato all’altro, restare a casa può significare l’occasione di diventare un simbolo, un
eroe che, poi, alla fine, può raccogliere molto di più di quello a cui ha rinunciato.
E, poi, è ormai uno che dà concretezza e spettacolo al gioco. Non a caso gli All Blacks, con lui
in campo hanno sempre vinto. Ma, soprattutto, è un giocatore che, nonostante i suoi oltre cento chili di peso, è agile come un ginnasta, e riesce sempre a passare la palla ai compagni anche quando è placcato da due avversari. E non è poco!
To be (England) or not to be? I dubbi di Powell
Dal solito informatissimo e approfondito Right Rugby
Andy Powell è indeciso sul da farsi – ma di sicuro non è un Amleto. La terza linea gallese è di nuovo tormentato, dopo le prestazioni fuori dal campo di un anno fa che gli sono costate la maglia della nazionale. Ora che si respira aria di World Cup, il giocatore dei London Wasps avrebbe tanta voglia di esserci, ma deve fare i conti con il suo club di appartenenza.
Succede infatti che in vista della preparazione all’avventura in Nuova Zelanda, la RFU inglese voglia i suoi pupilli al più presto a disposizione di coach Martin Johnson, mentre un gallese come Powell rischia di essere liberato solo a 35 giorni dall’inizio del torneo, il 4 agosto. Ma a quel punto il Galles di Warren Gatland avrebbe già disputato un match contro i Barbarians il 4 giugno, mentre contro l’Inghilterra sono in programma due scontri diretti il 6 agosto a Twickenham e sette giorni più tardi a Cardiff. Powell, insomma, rischierebbe di rimanere tagliato fuori dalle convocazioni, sempre ammesso che Gatland lo voglia con sé.
Powell ha già saltato il Test Match autunnale contro l’Australia per questioni burocratiche come queste, con la Welsh Rugby Union che non è intenzionata a negoziare più di tanto con la Premiership, tenendo conto che anche Gavin Henson è sotto contratto con una società inglese come i Saracens. In compenso, la federazione gallese sta provando a trattare la cosa direttamente con la Rugby Football Union.
In questo scenario, Powell è costretto a prendere tempo: il suo contratto con i Wasps scade a fine stagione, ma se dovesse firmare un prolungamento, si verificherebbero le condizioni tanto temuto. Se non firmasse, rischierebbe di trovarsi senza una squadra in estate, quando non ci sarà molto tempo per pensare alla prossima stagione, quanto piuttosto ai Mondiali di settembre.
Intanto, oggi il pilone Gethin Jenkins va sotto i ferri al Princess Grace Hospital di Londra dopo l’infortunio all’alluce che lo terrà lontano dai campi per 10-12 settimane. Il tempo di saltare il 6 Nations. E’ un anno che Jenkins si porta dietro i problemi al piede: alla fine ha prenotato l’operazione.
La “rasoiata” del giovane Francescato
Del debutto di Enrico Francescato, nipote di Ivan, ne avevamo già parlato ieri. Oggi se ne occupa anche il bravo Simone Battaggia per La Gazzetta dello Sport
Quel cognome pesa, eccome. Ma per fortuna in campo dimentica di essere un Francescato. Il settimo cresciuto a San Giuseppe, Treviso, con la maglia della Tarvisium. Il primo della seconda covata, quella dei cugini e non più dei fratelli. Fatica e coraggio Campione d’Italia 2009-10 con l’under 18 delle «magliette rosse», domenica Enrico ha esordito in prima squadra, mediano di mischia nel 19-3 col Bologna (serie B). Ieri era ancora a letto con la febbre. «Pago la tensione — racconta —. Da un po’ l’allenatore della prima squadra mi chiedeva se volevo esordire, ma credevo scherzasse, e invece mercoledì scorso mi ha detto che sarei stato titolare». Enrico è uscito dopo un’ora, con le gambe dure. «Forse anche pervia del campo pesante, il famoso “cambio di passo” dei Francescato non mi è riuscito bene. Ho sofferto per il fiato, mentre placcare non è stato un problema, alla fine conta il coraggio. E la squadra mi ha difeso». Salvo poi presentargli il conto con la matricola: una rasoiata dalla fronte alla nuca, che ora separa la folta capigliatura di famiglia. Orgoglio contadino Papà Bruno, il secondo dei figli ovali dei nonni Giovanna e Oreste, era a bordo campo insieme a zio Nello, in rappresentanza anche di Rino, Manuel, Luca e del povero Ivan, scomparso il 19 gennaio 1999 per arresto cardiaco, a 31 anni. «Non ho ricordi di lui — racconta Enrico —, però ho iniziato a giocare proprio quell’anno. Ho visto i filmati delle sue partite. Era aggressivo, veloce, lo vedevi dappertutto. Una bomba. Ma sono orgoglioso di tutta la famiglia: il nonno era contadino, i figli sono partiti dal nulla e si sono affermati, anche nella vita». Sembra Ivan Enrico somiglia a Ivan, anche fisicamente: è piecolino ma ben piantato, 173 cm per 78 kg. E ha già toccato i ruoli di famiglia, al Benetton da centro e numero 9 con la Tarvisium. Ad aprile Enrico ha esordito con l’Italia under 18, ma non è stato più chiamato. «Privilegiano quelli dell’Accademia. Forse sono troppo basso». Per ora continua nel vivaio di famiglia, dove dietro a lui stanno crescendo gli altri cugini. Matteo, figlio di zio Luca, è in under 16. Poi ci sono Nicola e Ivan, i figli di Manuel, in under 14 e in under 10, e Pietro, l’altro figlio di Luca, che ha 6 anni e ha appena iniziato. E nell’under 16 del Villorba c’è Alessandro, figlio di Rino. «Siamo cresciuti tutti assieme, nel giardino dei nonni a San Giuseppe. Non facevamo che giocare a rugby». La saga continua.
