Ancora Brunel, ancora Mallett, ancora analisi e opinioni

Da IL Secolo XIX, la firma è quella di Giorgio Cimbrico

È L’INIZIO di una storia che si ripete: quattro anni fa l’Italia andò ai Mondiali di Francia, quelli chiusi con le lacrime di St Etienne, con Pierre Berbizier che aveva già firmato per il Racing Parigi. Ora, con la Coppa del Mondo in cartellone in Nuova Zelanda giusto alla distanza, nove mesi, di un concepimento e di un parto, una situazione simile, non uguale: è il presidente Giancarlo Dondi ad essersi mosso aprendo colloqui che saranno anche stati numerosi ma che riconducono fatalmente a Jacques Brunel, 57 anni la prossima settimana, allenatore del Perpignan (pergli appassionatissimi catalani di Francia, l’Usap), che ha portato al titolo nel 2009, un tipo senza un goccio di glamour, scabro, concreto, duro, più da aspro vino rosso che da champagne, usando per il gioco espresso semplici metafore enologiche. Depone in questo senso il suo passato di allenatore degli avanti della nazionale con il galletto sul petto, i Coqs, i Bleus. Sarebbe un ritorno nel solco della
(Villepreux, Fourcade, Coste, Berbizier) l’Italia del rugby ha compiuto passi avanti, progressi storici, ascese, ascensioni, ha vissuto giorni già passati nella dimensione del facile mito: Grenoble ’97, Edimburgo 2007. «Ho incontrato Brunel ma ho incontrato anche altri allenatori. E non solo francesi, anche anglosassoni. Un giro d’orizzonte, certo, perché con i tecnici importanti non si può trattare lì per lì, quando il tempo è poco e le necessità premono. Nessuna firma, nessuna decisione presa». Anche il rugby ha il suo mercato, da organizzare oggi, da perfezionare in un domani che significa ottobre, dopo la Coppa del Mondo, all’alba di un nuovo ciclo. Dondi, parmigiano, al vertice di Ovale Italia, plasmatore di un fenomeno che va avanti da dieci anni abbondanti ed è diventato di massa, si sta attrezzando, «anche perché nemmeno io so se Mallett vuole rimanere». La voce che rimbalza è che Nick Mallett domiciliato a Città del Capo e a Salò nelle sue lunghe parentesi italiane, potrebbe trovar facilmente posto nei Saracens di Londra, molto sudafricanizzati dopo l’ingresso di capitali che vengono dall’Africa australe. In Francia c’è chi dice che sia tutto fatto, che Brunel abbia già in tasca un pre-contratto. Dondi scuote la testa. «Per ora, consultazioni». Ma che l’amore per l’omone che pare un George Clooney XXL abbia una data vicina alla scadenza è supportata dalle voci che girano, dalle critiche che ronzano, da una solidità di squadra che non sempre va ad affiancare la capacità di far scaturire scintille. Non rimane che il vecchio giochetto del “se”. Già, se Mallett (cinque vittorie e 24 sconfitte il suo bilancio in tre anni azzurri) porta avanti un buon 6 Nazioni (visite a Twickenham e a Murrayfield e tre partite in casa, a partire dal 5 febbraio, Italia-Irlanda al Flaminio) e il 2 ottobre a Dunedin batte proprio i verdoni isolani nella partita chiave del girone portando l’Italia sulla vetta più alta mai scalata, i quarti della Coppa del Mondo? Dondi, pragmatico: «Infatti tutti speriamo che il suo contratto non scada il 2, ma il 10 ottobre, quando saremo tra le prime otto del mondo. Avremo tutti le idee più chiare».

Panchine azzurre & Mallett-Brunel: sotto la lente di ingrandimento

Right Rugby analizza la situazione dopo le clamorose voci che arrivano dalla Francia. E mi trova totalmente d’accordo per quanto riguarda il paventato timore circa l’annuncio del cambio allenatore prima del Mondiale.

Un tipico trappolone di stagione è il fuoripista: cose da lasciar perdere se non si è nativi, o accompagnati da. Nel caso dei nostri interessi rugbistici, il fuoripista è farsi abbacinare dalla poetica tutta calcistica del valzer delle panchine coi suoi riti, i suoi pedinamenti, i suoi appostamenti, le sue false piste, il suo puntare sulla fuffa e sulla quantità, tanto l’importante è poter dire l’avevo detto io. Che tristezza.
Presa quindi con tutte le pinze, la notizia del momento, peraltro confermata da uno degli interessati, è l’incontro di Dondi e/o Federali incaricati con Jacques Brunel, guascone di 55 anni, mercuriale e tostissimo director of rugby di Perpignan, dal lungo curriculum come assistente di Laporte nei Bleus e prima come giocatore e tecnico ad Auch, Pau e Colomiers, la créme dei luoghi storici del rugby del Sud-Ouest. Il quale, pochi lo ricordano, fu peraltro ospitalizzato nel 2009 a causa di un rischio d’arresto cardiaco …
Comunque sia, dal nostro punto di vista e sempre che non si tratti solo di sondaggio senza impegno, vale più che altro come conferma che la FIR sarebbe (saggiamente) orientata verso l’ambiente e l’approccio transalpino, non più anglosassone – sudafricano, anche se a quel punto ci dovranno spiegare che ne sarà del progetto Celtic.

L’antefatto della vicenda è noto ai due lettori di RR: Nick Mallett, attuale allenatore Azzurro, ha fatto pubblicamente capire che non è più interessato a proseguire l’esperienza dopo i Mondiali (i famosi “io sono Mallett, posso scegliere dove andare ad allenare” e il suo mitico “chi non riconosce quanto ho migliorato la nazionale italiana, di rugby non capisce un c…” indirizzata all’ambiente in senso stretto). I contemporanei minuetti Federali, vòlti a dar da intendere che la decisione di chiudere con Mallett sarebbe loro, lasciano il tempo che trovano e in ogni caso non cambiano la sostanza delle cose.
C’è anche un lato ridanciano nella vicenda: se Mallett s’è stufato e effettivamente può andare ad allenare dove vuole, chi ci rimetterà sarà il “suo” staff impostogli dalla Federazione, cioè Troncon e Orlandi.
Tornando sul piano pratico, la situazione ha un duplice risvolto: da un lato, esperienza già vissuta nel 2007, andremo ai Mondiali con un allenatore dimissionario; dall’altro si deve identificare il prossimo allenatore (e staff, perchè Mallett docet, coi “raccomandati” non si va da nessuna parte), dato che ottobre 2011 è dopodomani.
Per il punto due c’è molta frenesia come spesso capita in Italia: si cita il caso del coach di Castres Labit che ci sarebbe sfuggito rinnovando col club francese fino al 2013, o quello più lontano di Saint Andrè. Lo stesso Brunel e i suoi collaboratori in pectore Guidi (Fir) e Mihlas (La Rochelle) si dice sarebbero in contatto con Biarritz. Il tutto ci pare un po’ strumentale, dicesi trattativa, ma tant’è … Rimane certo che (a) un incontro non fa un contratto firmato e (b) le conferme arriveranno minimo dopo il Sei Nazioni o meglio a fine del Mondiale, come nella transizione tra Berbizier e Mallett stesso nel 2007.
Piuttosto che correr dietro alle “bombe di mercato”, a questo punto varrebbe piuttosto la pena di analizzare i risvolti del fatto di andare ad affrontare i Mondiali guidati da uno staff dimissionario. Qualsiasi manager di alto livello vive di immagine e successi, non certo di acrimonie e piccole vendette, quindi non “smobilita” mai, garantito. L’impegno di Mallett fino alla fine può quindi essere dato per scontato. Il problema semmai è la credibilità e l’ascolto che “lo spogliatoio” deciderà di concedergli.
Saremo degli inguaribili ottimisti, ma la nostra idea è che la situazione interna del 2011 sia da questo punto di vista molto diverso dal 2007: oggi in squadra non ci sono teste calde alla Troncon in contrapposizione personale con un tecnico fumino come Berbizier; l’ha ammesso pure Dondi che i giocatori sono tutti compatti dietro al tecnico. Del resto è questo uno spogliatoio che non è insorto dopo che Mauro Bergamasco è stato lanciato kamikaze a Twickenham, e anche gli uomini del Racing sono tornati a Canossa senza colpo ferire; chi mai si potrebbe ergere ora a capo di una fronda suicida: Bocchino? Tebaldi?
Di più: a nostro modesto avviso i “senatori” Azzurri hanno in essere con Nick una sorta di “patto di sangue” non sancito ma consacrato dalla consapevolezza che per (quasi) tutti questa sarà l’ultima occasione per lasciare una traccia nella storia del rugby nazionale. La nostra ferma idea è che ci proveranno sul serio questi Azzurri mai troppo amati dall’ambiente. Vedremo fino a dove li porterà carattere e skill: nè Mallett nè Brunel scendono in campo. Anzi no: Brunel è sempre a bordo campo e Mallett sale e scende dalla tribuna, quando allena i Barbarians …

Panchina azzurra, Coste dixit: “Brunel è l’uomo giusto”

Per la pagina web sul rugby del sito di Radio R101 ho intervistato l’ex ct azzurro George Coste. Mi ha detto la sua sull’eventuale (probabile, molto probabile) arrivo di Jacques Brunel sulla panchina azzurra dopo i Mondiali neozelandesi in sostituzione di Nick Mallett. Questo è quanto mi ha detto:

D’altronde questa mattina alcuni quotidiani si affrettavano nel definire Jacques Brunel – attuale allenatore del Perpignan, ex vice del ct della nazionale francese Laporte e probabile (al di là delle Alpi ne sono praticamente sicuri. E se il presidente federale Dondi ammette anche che un incontro c’è già stato…) sostituto di Nick Mallett sulla panchina azzurra dopo i Mondiali del prossimo settembre/ottobre – come un “George Costes degli anni Duemila”.
Sarà per la loro vicina provenienza geografica: Costes è nato a Perpignan, Brunel a Gers, entrambi hanno respirato l’aria dei Pirenei fin da piccoli. O per il carattere, molto diretto (troppo diretto secondo alcuni). Ad ogni modo il collegamento era stato fatto e il chiamare il George Costes “originale” è stato immediato.
Coste ha subito chiarito: “non so nulla. Conosco bene Brunel e rispetto il lavoro di Mallett”. Però poi si lascia andare e ritiene il tecnico del Perpignan più che all’altezza del ruolo e in grado di cambiare molte cose. E lancia pure un avvertimento sul “modo di essere” degli italiani. Non resta che sentire quello che ci ha detto.

PER ASCOLTARE GEORGE COSTES CLICCATE QUI

Futuro basco-francese per la panchina azzurra?

Una importante notizia da Il Giornale, a firma di Paolo Bugatto

È accaduto già nel 2007, l’anno del mondiale di Francia quando alla vigilia della reparazione per la kermesse iridata, l’allora coach azzurro Pierre Berbizier annunciò il divorzio dalla panchina per iniziare l’avventura tuttora in corso coni! RacingParigi. Stavolta tocca a Nick Mallett, con la sola differenza che a guardarsi intorno per impostare il futuro azzurro
è direttamente la Federugby.
Che la riconferma di Mallett, dopo il mondiale di Nuova Zelanda, fosse appesa ad un esile filo era storia nota. Che già fossero in corso incontri ad alto livello per trovarne il successore
si sapeva. Ora escono anche i nomi.
E il primo è quello di Jacques Brunel, ex assistente di Bernard Laporte con il XV di Francia in quella sfortunata edizione iridata. Brunel, 57 anni il prossimo 14 gennaio, è nato a
Courrensan, ha giocato a Grenoble,a Carcassonne e ad Auch di cui è stato allenatore dall’88 al ’95. Ha allenato anche a Colomiers e a Pau prima della parentesi con la squadra nazionale
di Francia. Oggi allena a Perpignan squadra con la quale nel 2009 ha conquistato lo scudetto e con la quale chiuderà il rapporto al termine della stagione.
Brunel, a quanto è dato sapere, è un candidato forte, probabilmente il più forte tra le carte nel portafoglio del presidente Giancarlo Dondi che non nega la trattativa con il tecnico
francese. L’accordo è confermato direttamente da qualificati ambienti transalpini. E indirettamente da Giancarlo Dondi: «Brunel l’abbiamo incontrato – dice il massimo dirigente della Fir – ma la decisione non è stata ancora presa. Aspettiamo e vedremo
dopo il Sei Nazioni». Passaggio di consegne previsto alla vigilia della preparazione alla Coppa del Mondo, che vedrà gli azzurri affrontare in agosto Giappone e Scozia prima
di volare inNuova Zelanda. Scorza dura quella di Brunel, un Coste degli anni 2000, verrebbe da definirlo. Uomo di carattere, poco incline ai compromessi, l’ideale per dare una
sterzata alla squadra azzurra.
A Mallett i dirigenti italiani imputano qualche sconfìtta di troppo. Ma pensano che sia meglio arrivare a fine corsa comunque con il coach anglo-sudafricano.Un po’ come è accaduto con Berbizier nel 2007 che, mentre si giocava con la Scozia a Saint-Etienne uno storico ingresso nel quarti di finale, aveva in tasca il contratto con ilRacing e in testa la strategia tecnica da applicare alla squadra di proprietà di Jacky Lorenzetti. Quell’incrocio pericoloso andò male per gli azzurri che videro la storia passare a un palmo dai pali, proprio
come quel calcio di punizione spedito alle ortiche da David Bortolussi sul finale di partita. Un incrocio pericoloso che se tutto andrà bene, si ripeterà a Dunedin il prossimo 2 ottobre
questa volta control’Irlanda, nostro principale ostacolo nella corsa al traguardo storico dell’ingresso tra le prime otto del mondo.
Visto come stanno le cose, a Mallett potrebbe non bastare quel traguardo per restare. Brunel ha già in testa una bozza di staff da portare alla corte azzurra. Primo fra tutti Serge
Milhas, oggi a La Rochelle, come assistente. Di questo con Dondi non se ne è parlato. Ma se il flirt tra l’Italia e Brunel è arrivato finalmente ai “preliminari”, forse significa che le nozze
sono solo rinviate.

Un 2011 con l’Irlanda in testa… ma siamo sicuri che facciamo bene?

Un articolo da me scritto per il bel blog “Sport minori a chi?” curato da Gianmario Bonzi

Dunedin, Nuova Zelanda, 2 ottobre 2011.  E’ quello il giorno più atteso dal rugby italico nell’anno appena iniziato.  Il giorno  – anzi, la sera australe e l’alba alle nostre latitudini – di Irlanda-Italia, ultima gara del primo girone dei mondiali. Partita probabilmente decisiva: a passare sono le prime due squadre di ogni girone e gli azzurri se la devono vedere con Australia, Stati Uniti, Russia e appunto Irlanda. Dato per scontato che il mancato approdo dei wallabies ai quarti di finale non è fantascienza ma quasi, a giocarsi l’ultimo posto disponibile saranno nel 99% dei casi proprio Italia e Irlanda, con i pronostici che dicono il XV in maglia verde, ma la gara potrebbe essere più equilibrata di quanto non possa sembrare sulla carta. Perché l’Irlanda post-2009 (vittoria al Sei Nazioni con tanto di Grande Slam e un bilancio complessivo di nove vittorie in nove partite) è la lontana parente di quella squadra. Perché, lasciatemelo dire, la nostra nazionale al suo meglio può davvero giocarsela.

Perché gli irlandesi hanno molto da perdere, l’Italia no (o comunque molto meno). E perché in una partita secca tutto può succedere, anche di giocare male e vincere. Certo, entrambe le formazioni dovranno arrivare a quell’appuntamento nelle migliori condizioni possibili. Di classifica innanzitutto. Che significa, sempre sulla carta, presentarsi sul campo di Dunedin con uno score di un ko (Australia) e due vittorie con russi e statunitensi. Una certa differenza la possono dare i bonus difensivi e offensivi:  quindi perdere “bene”, con uno scarto minimo con gli australiani e vincere con tante mete con gli altri. Ma vincere sarà fondamentale, esattamente come per Italia-Scozia a Francia 2007. Una specie di finale, che per gli azzurri potrebbe aprire le porte dei quarti per la prima volta nella nostra storia.

Un traguardo importante, di quelli che darebbero lustro e che cancellerebbero qualche anno non proprio esaltante.  Anche così si spiega il crescente nervosismo attorno alla panchina di Mallett. La situazione è nota: il ct degli azzurri ha il contratto in scadenza proprio dopo il termine dei Mondiali. Tra il sudafricano e la federazione non esistono grossi problemi, non insormontabili comunque, ma il matrimonio non sta passando una fase particolarmente felice. Capita. Però lo scorso novembre, subito dopo il termine di Italia-Fiji, il presidente Dondi è stato abbastanza chiaro: in caso di ko il presidente FIR ha fatto sapere che “sarebbe intervenuto”. Allo stesso tempo tra le due parti proseguono i contatti per un eventuale rinnovo, possibilità tutt’altro da escludere.

Mallett ha fatto sapere che si siederà al tavolo con Dondi dopo il Sei nazioni. In molti paventano una situazione come quella che ci portò quattro anni fa al mondiale francese, e cioè con un ct già con le valigie in mano con tutti i rischi “ambientali” che una situazione simile comporterebbe. Una possibilità, sicuramente, ma che non vede il sottoscritto d’accordo. Perché è vero che Pierre Berbizier (l’allenatore azzurro in quella spedizione) aveva già annunciato la fine della sua avventura con la nostra nazionale. Ma è anche vero che il francese allenava un gruppo giunto alla fine della sua corsa. In quella situazione la decisione dell’allenatore fece da detonatore ad alcune tensioni tra giocatori. E nonostante tutto quella nazionale giunse a un soffio dalla conquista dei quarti di finale: solo un calcio sbagliato a tre minuti dal termine nella decisiva partita con la Scozia ci tenne lontano da quel risultato. Oggi la situazione è molto diversa: il gruppo azzurro è compatto e i suoi cardini rimarranno gli stessi prima e dopo la spedizione neozelandese. La squadra quindi c’è oggi, ci sarà il 2 ottobre, ma anche il giorno dopo. Questo non si poteva certo dirlo della nazionale di Berbizier.  Potrebbe cambiare l’allenatore, d’accordo, ma non lo vedo come un evento catastrofico o tale da poter influire più di tanto su un gruppo che comunque vadano le cose proseguirà la sua corsa fino a Inghilterra 2015, almeno nei suoi 4-5 uomini chiave. Siamo così sicuri che la questione-allenatore sia così importante per una partita secca?

E in chiusura una riflessione di “approccio”.  Il mondiale è un appuntamento importantissimo, ma visto dalla prospettiva di un movimento che sta ancora cercando il suo salto di qualità, non rischia di essere fuorviante? Che Inghilterra, Francia, Australia, Nuova Zelanda e compagnia programmino i loro cicli da un torneo iridato all’altro è cosa giusta e naturale, ma noi non siamo a quel livello e non si può impostare una programmazione pluriennale su una partita secca. Io rimango dell’opinione che il nostro obiettivo principale si chiami Sei Nazioni. L’Italia deve tendere a un costante e continuo miglioramento in quel torneo, che è quello che può farci fare il vero salto di qualità di cui dicevamo prima. Soprattutto nell’anno dei Mondiali, quando la maggiore competizione continentale regala sempre delle edizioni un po’ “stravaganti”. Partiamo da lì, il resto – prima o poi – verrà da sé.
Dimenticavo: buon 2011 a tutti.