Oggi è il 16 aprile. Il 17 marzo l’Italia affrontava e batteva la Scozia davanti a uno stadio Olimpico stracolmo come nemmeno per il calcio in una sfida che chiudeva il Sei Nazioni 2012.
Riavvolgo il nastro e vado ancora un po’ più indietro, a inizio novembre, quando a Bologna venne presentato il nuovo ct Jacques Brunel. A chi chiedeva lumi circa il suo staff tecnico il francese rispondeva senza tentennamenti: “Per tutto il Sei Nazioni ci saranno Troncon e Orlandi – già con Nick Mallett, ndr – perché voglio conoscerli. A fine torneo prenderò una decisione”. Bene, il Sei Nazioni come abbiamo visto è finito un mese fa e non si sa nulla. Il 9 giugno gli azzurri giocheranno a San Juan, nel nord dell’Argentina, contro i Pumas. Presumibile un raduno intorno al 20 maggio o giù di lì. Manca un mese e non si sa nulla. Stiamo “perdendo” le giornate a parlare e discutere di franchigie, di regolamenti, di carte bollate e di comunicati… Cose importanti, per l’amor del cielo, ma il rugby giocato? E quelli che molti di noi definirebbero senza grossi timori come i veri problemi (“cosucce” tipo il rugby di base. Quisquilie, me ne rendo conto) del nostro movimento?
Ora, io non è che mi aspettassi l’annuncio del nuovo staff tecnico un minuto dopo la fine del Sei nazioni. Qualche giorno, una settimana al più tardi, però sì. Invece nulla, non si sa nulla. In questo mese di Brunel si sono un po’ perse le tracce: lo si è visto poco, lo si è sentito ancora meno. E l’unica volta in cui si è parlato un po’ più di lui – perché tirato per la giacca e non per suo intervento diretto – non è che la scena sia stata delle più esaltanti… Ricordate la vicenda Craig Green, no? La FIR che decide di non rinnovare il contratto all’allenatore dell’U20 sostenendo che Brunel voleva un uomo di sua fiducia in quel ruolo. Green è un tecnico molto preparato e probabilmente gli si poteva dare un po’ di tempo in più, ma la cosa regge: un nuovo ct che vuole circondarsi di persone scelte direttamente da lui per condividere il lavoro a tutti i livelli. Ci sta. Però Green, intervistato dal sottoscritto, ha raccontato un’altra versione dei fatti: ha “sollevato” Brunel da ogni responsabilità e ha detto chiaro e tondo che ad estrometterlo è stato qualcuno in federazione. Come siano andate veramente le cose non lo sapremo probabilmente mai, certo è che una delle due parti non la racconta tutta e sarebbe bello sapere cosa avrebbe da dire Brunel sulla vicenda.
Mi accontenterei di conoscere i nomi delle persone che andranno a comporre il suo staff – e comunque oggi è già tardi – anche se i rumors non mancano. Pare infatti che il ct sia intenzionato a non avvalersi più dell’aiuto di Troncon e Orlandi, e la tanto criticata e discussa “offerta” di un intero staff tecnico avanzata dalla FIR agli Aironi è quantomeno sospetta (in realtà i rumors parlano del solo Troncon in aiuto a Christian Gajan). A rendere più fosco il quadro generale ci ha poi pensato lo stesso presidente federale Dondi, che a Ivan Malfatto de Il Gazzettino a inizio aprile ha detto che Brunel “sta aspettando di vedere se gli Aironi prenderanno lo staff federale o continueranno con il proprio”.
Parole che lasciano perplessi, perché a voler vedere il bicchiere mezzo pieno ne esce un ct che o non ha la forza di imporre le proprie convinzioni o non ne ha la possibilità. Roba brutta, comunque la si metta.

Insomma sembra si stia ripetendo uno scenario già visto con Mallett: caro coach, ti ricopro d’oro ma sulle scelte dello staff tecnico decido io. Mal che vadano le cose, il coach fa da parafulmine.
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Cosi come all’Italia politica, qui ci vuole una nuova conduzione FIR e nuove persone che capiscano più di rugby che il vecchio Dondi, il movimento rugbistico Italiano credo sia in curva discendente. Il lavoro di Troncon e Orlandi non può essere discutibile, hanno fatto sempre il meglio con il poco materiale a disposizione (giocatori italiani + stranieri tanti)
La federazione dovrebbe pensare di più ai futuri azzurri piuttosto che ai presenti !
Il problema è a monte. La nazionale è il traino del movimento, la punta della piramide ecc. Ma mi pare che, in nome della nazionale (che non ha vinto il 6 nazioni, peraltro…), si stia rischiando di rompere il giocattolo, dal Pro 12 al rugby di base, passando per l’Eccellenza.
Gli 80.000 dell’Olimpico sono esaltanti, ma rischiano di essere una foglia di fico.
@FRANCO: riprendo una tua frase assai discutibile ‘ Il lavoro di Troncon e Orlandi non può essere discutibile…’ a mio avviso è molto discutibile: non sempre esser stati dei grandi giocatori significa essere dei bravi coach (Troncon) o dei bravi manager (Checchinato)… chiaro che il materiale su cui lavorano non è di altissima qualità come quello delle altre nazioni del 6N ma non apportano niente di loro, non hanno esperienza…. altro lato negativo dell’Italrugby: allenatori italiani di livello dove sono? Le 2 celtiche, la nazionale maggiore e l’U20+accademia hanno allenatori stranieri… Forse l’unico che in questo momento se la sta cavando egreggiamente e gli si può dar fiducia è Casellato che con il Mogliano ‘rischia’ di giocarsi i playoff!!!!!!!