Dopo Twickenham: la freddezza necessaria

Guido Alessandri su Tuttosport di oggi. Concordo praticamente su tutto.

Serve molto ghiaccio, e non soltanto per raffreddare le molte botte prese dagli azzurri
sabato a Twickenham. Serve ghiaccio soprattutto per conservare una freddezza
sufficiente per dare un senso, una dimensione, un’interpretazione a un 59-13 che fa
impressione e riporta – a prima vista – tutta la banda indietro di dieci anni. In realtà non è cosi, se riusciamo ad andare oltre la pura statistica. Sabato, là dentro il “tempio” del rugby,
è successo che un’Inghilterra in piena esplosione abbia travolto ungruppo con vecchi limiti fisici e tecnici che sta cercando lentamente di alzare la testa. E’ un’Italia che ha appena imboccato la strada della Celtic League, dove una buona percentuale dei nostri migliori ragazzi sta facendo esperienza, ma che ancora non ha capito che le due squadre mandate lassù devono lavorare in sintonia con la Nazionale. E’ un’Italia che se cade nella trappola
di invocare la testa del ct Mallet fin da subito sarà costretta a ricominciare daccapo per la quinta volta in dodici anni. Viene da chiedersi in cosa l’annunciato Brunel, aspirante sostituto di Mallett, potrebbe fare meglio di Nick. Ma viene anche da chiedersi se sia il caso di voltare pagina a sei mesi dal Mondiale di Nuova Zelanda. E soprattutto: non è l’Inghilterra, soprattutto questa (e nemmeno la Francia) l’obbiettivo da assaltare bensì Irlanda – quasi battuta una settimana fa al Flaminio – e Galles e Scozia. Tre squadre alla portata di ragazzi che stanno cercando di raggiungere chi è già a un gradino più in alto. Detto tra noi, è meglio ricordare che nel rugbyi miracoli non succedono.

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