Italia, cosa ha funzionato e quello che c’è da rivedere

Da Right Rugby

La difesa Azzurra
Gran bel lavoro fatto daMouneimne, l’assistente sudafricano di Mallet per i punti di incontro. I nostri difendono la linea con molta compostezza e una disciplina mai vista – un solo piazzato concesso, raddoppiando sistematicamente i placcaggi ma senza mai inviare in ruck più di due difensori. Anche Burton fa la sua parte senza sbavature, ben protetto dalle chiusure dei compagni. E se gli irlandesi – che non sono certo dei pellegrini – risultano molto imprecisi, una parte del merito va anche alla pressione che i nostri gli portano. Peccato non aver tentato di essere propositivi con regolarità “rovesciando” la difesa alle estremità – un solo tentativo di intercetto con Parisse, fallito di poco – e non avere in campo gran skill da grillotalpa; alcune belle controruck sono riuscite, ma alla fine i cambi di possesso sono dovuti alla durezza dei placcaggi e ai conseguenti errori degli avversari, quindi rimangono episodici o transitano dalla mischia ordinata. In certe fasi difensive molto lunghe, i nosti rimangono con la lingua fuori e faticano a far salire la linea sugli up&under.
La meta subita, dice bene Ringo, è il prodotto della scarsa concentrazione con cui si rientra in campo. Essa infatti è figlia non di una ma di una sequenza di “cappelle”: una mischia sulla linea dei 22metri con ingresso anticipato ma poco male, riusciamo a buttarli fuori; una rimessa laterale nostra sulla linea dei 5 metri con palla persa ma poco male, potremmo recuperare con la mischia. Invece ce la girano e partono ma poco male ancora, li fermiamo sulla linea di meta come fatto almeno un altro paio di volte nel primo tempo; peccato che stavolta risulti fatale l’ultimo errore, il mancato rischieramento difensivo sul lato chiuso della ruck formata, dove arrancano i due piloni, ultimi arrivati dalla mischia precedente. Eppure Sexton aveva perso tempo …

b) L’attacco Azzurro
Le fasi statiche – rimessa e mischia ordinata – sono quelle che assicurano il possesso e pongono le basi per le fasi di attacco. In entrambe i settori facciamo vedere dei decisi progressi, con alti e bassi. Soddisfacente la rimessa, con DellapèZanniParisse eGeldenhuys ad alternarsi al salto. Loro non rubano, a noi riesce un furto ma diverse volte ci impappiniamo da soli.Quanto alla mischia, appare vincente rispetto a quella Verde ma mai decisamente, se non nell’ultimo quarto.
La meta la subiamo non per caso quando la flessione in tali due fondamentali si fa evidente: Perugini toccato duro anticipa l’ingaggio, Zanni e Ghiraldini si tirano pallate in rimessa e l’ovale cade, come avverrà anche poco dopo a Geldenhuys. Prima e dopo, all’ingresso di LoCiceroOngaro, la situazione torna soddisfacente, appoggiando egregiamente Castrogiovanni come all’inizio. Peccato non si sia riusciti a concretizzare il lavoro ai fianchi sul loosehead Cian Healy nel secondo tempo: richiamato dall’arbitro, alla terza mischia rifatta noi non riuscivamo ad avanzare e Parisse decideva di partire all’avventura, mentre a Parigi qualche ora dopo i francesi incassavano una meta di punizione.

I mediani – di mischia e d’apertura – impostano le fasi d’attacco, ne determinano timing e direzione. Kris Burton non solo non fa “buchi” difensivi ma si presenta mostrando personalità: un calcio al millimetro da quaranta metri per la corsa di Mirco Bergamasco, peccato fosse controsole; più tardi prova anche un drop e qualcheup&under che risulta troppo profondo e poco supportato da una linea che in certe fasi pensa più al recupero del fiato che non a portar pressione. Nel corso di una gara spesi perlopiù in difesa, ovviamente scompare. Rivedibile.
Ottimo l’impatto finale di Luciano Orquera, dalle mani e occhi precisi e veloci. Peccato non abbia il drop nelle corde: a parte il momento sbagliato scelto dal mediano, non si “protegge” nascondendosi dietro al pack e si fa mettere sotto pressione. Brutto colpo l’infortunio di Gori: aveva iniziato molto bene, muovendo palla con gran timing. Pablo Canavosio ci mette dinamismo ed esperienza, non commette cappelle ma man mano che il tempo passa deve tirare il fiato e le sue aperture dalle ruck divengono agonie sempre più lente.

– Il gioco tattico – Gli avversari altezzosamente non ci sfidano in quel campo, pensavano di regolarci al solito, mediante le accelerazioni e i cambi di ritmo. Mal glie ne stava per incogliere, anche se per lunghe fasi a metà del primo e del secondo tempo, si gioca solo nella nostra metà del campo. Burton prova inizialmente a giocar ogni tanto al guadagno territoriale, con esiti alterni. Luke McLean, aiutato stavolta efficacemente dalle due ali, fa buona guardia in fondo, quando nel secondo tempo viene sfidato da avversari alla caccia del guadagno di tempo più che di terreno.

– I piazzati – Piccolo passo indietro di Mirco Bergamasco che ben ci aveva iniziato ad abituare. Non mi riferisco all’ultima trasformazione, impossibile ma sfiorata, che avrebbe cambiato il finale obbligando gli irlandesi all’attacco a testa bassa invece che limitarsi al drop, quanto a almeno uno dei due piazzati falliti nel primo tempo. Tant’è.

I trequarti – Nel primo tempo si distingue ancora una volta Alberto Sgarbi, sistematico, uno dei pochi italiani capace di attaccare la linea avversaria diritto e accelerando al contatto. Ovviamente con gli italiani si parla sempre e solo di sfondamento centrale, a parte il tentativo di lancio al piede di Burton per Mirco sopraddetto. Pur restando lì, il problema è che i nostri paiono tanti running back della Nfl statunitense: la palla se la tengono stretta fin per terra, il riciclo è vietato. Non per caso la meta arriva la prima volta che la palla gira rapida fino al largo. Difesa a parte – tutti eccellenti – poco palpabile la prova di Gonzo Canale, positivo Masi all’ala eGarcia per quel poco che s’è visto, non valutabile Bergamirco, isolato e inchiodato, per equilibri difensivi, sul lato “sbagliato” senza mai incrociare. Mi domando se la cosa sia voluta, per “risparmiarne” i preziosi piedi …

Gli avanti – nel rugby non c’è attacco e difesa distinti, anzi, gli avanti posseggono molte più “armi” organizzate dei trequarti per concludere le azioni offensive. Finalmente s’è vista qualche driving maul fatta bene, anche se nessuna decisiva. Dentro agli ultimi cinque metri avversari ci siamo entrati non spesso e i pochi pick&go non sono stati risolutivi. La fretta di concludere una di tali fasi, che pure ci stava portando del bel territorio, ci è stata fatale: come dice Ringo, nel finale gli irlandesi erano in inferiorità numerica e non potevano far fallo, bastava insistere con calma anche oltre l’ottantesimo e qualcosa di meglio saltava fuori con buone probabilità.
Sergio Parisse si segnala per esser tornato in miniera, a spalar moli di oscuro lavoro e a prendersi le responsabilità d’attacco, anche se un passaggetto dietro la schiena – finito fuori – non riece a trattenerlo. Il resto della terza linea è composto, per necessità , di gente tutta simile: Zanni, Sole, il subentrato Bernabò: tutti alti e grossi, quindi un reparto prevedibile.

c) Dulcis in fundo, l’Irlanda: non si comprende se sia il dolce clima romano, l’averci presi sottogamba (della serie “come sempre, basteranno un paio di accelerazioni e con l’Italia si entra come un coltello caldo nel burro”) o se sia il cambio al modello di gioco imposto da Declan Kidney ai suoi, che già li aveva imballati per bene a novembre. Oppure l’anagrafe. O tutto insieme; fatto sta che la mole di errori commessa dai Verdi li avrebbe visti schiacciati da una delle Nazionali con cui vorrebbero gareggiare alla pari – le Tri Nations, Inghilterra e Francia.
Beninteso, abbiamo visto la loro area dei 22 metri solo nell’ultimo quarto di gara e la loro difesa è stata tosta almeno quanto la nostra, ma la differenza di ranking imporrebbe un controllo di gara più pressante ad parte loro.Al contrario, se un tempo cedevamo nel finale, ora sono stati loro a vedersela brutta e venir salvati in inferiorità numerica solo dalla nostra fretta inesperta.
S’era detto che era importante vincere adesso per piantare un bel paletto in vista dei mondiali, in cui c’incontreremo ancora; beh, non so se l’aver strappato la minima vittoria di sempre al Sei Nazioni sull’Italia li esalterà e tranquillizzerà e a noi ci intimidirà ulteriormente: probabile che sia esattamente il contrario.

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