Valerio Vecchiarelli su Il Corriere della Sera
Il piacere dell’imprevedibile, il computer dell’International Board che dà i numeri per mettere in fila le regine del ranking ovale e il Sei Nazioni che si diverte ogni volta, come un informatico virus maligno, a sovvertire pronostici, riscrivere gerarchie, inventare novità. Impossibile fare pronostici, basta guardare al recente albo d’oro che negli ultimi tre anni ha consacrato tre vincitori diversi con tanto di Grande Slam Galles, Irlanda e Francia Con l’Inghilterra che quest’anno punta ad allungare la lista della dorata alternanza Inghilterra. È da sempre, la squadra che più di tutte rispetta il gioco, si sente la padrona dei sacri testi ovali e ogni volta cerca di dare un senso a questa convinzione. Mai un volo di fantasia, mai un azzardo per tradire un gioco didascalico costruito sulla forza della mischia, la solidità dei tre-quarti e la precisione del calciatore. Della fantastica macchina da guerra che nel 2003 vinse la Coppa del Mondo in campo è rimasto solo Mike Tindall (con Wilkinson e Worsley in panchina) il tre quarti centro che questa sera al Millennium Stadium di Cardiff festeggerà il suo debutto da capitano (alla presenza numero 67) dopo aver annunciato ufficialmente al mondo il suo ingresso nella famiglia reale: sposerà la principessa Zara Phillips, figlia della principessa Anna. In autunno a Twickenham contro l’Australia ha giocato una partita esemplare, bella al punto da non sembrare reale. Da lì vogliono ripartire, puntando sull’estro versatile di Ben Foden, l’estremo tutto talento che sogna di giocare mediano di mischia 1 punto debole resta la mischia che lo scorso anno vinse solo il 78% delle proprie introduzioni, la peggior statistica dell’intero Sei Nazioni. Francia. Gioie e dolori, tutto e niente, è l’unica squadra europea capace ogni volta di trasformare in lutto il nero degli Ali Blacks, ma anche di perdersi dietro alla propria grandeur. L’autunno dei test è stato devastante per il tecnico Lievremont che la stampa transalpina ha spesso accostato al collega Domenech per l’incapacità di fare una scelta e percorrerla fino in fondo. Troppe rivoluzioni, mai un assetto costante, uomini e ruoli infilati nella centrifuga dei cambi, tantissimi giovani un giorno esaltati a ruolo di nuovi eroi, un altro bruciati sull’altare dell’inesperienza Approda all’avventura dopo aver collezionato un Grande Slam esaltante, figlio del talento e della capacità di unire la solidità di una mischia spietata alla fantasia tutta bollicine di tre-quarti abili come nessun altro nell’inventare gioco dal nulla L’orco Chabal, il più mediatico dei giocatori di rugby, partirà dalla panchina e così sarà sulle spalle di Morgan Parra, il mediano di mischia dal piede d’oro, il peso di guidare la squadra alla resurrezione. Ha un punto di forza in Thierry Dusautoir, il capitano terza linea, che non fallisce un colpo. Lo scorso anno durante il Torneo il suo curriculum di cacciatore di teste fu impressionante: 45 placcaggi efficaci su 45 tentati. Spietato. Galles. Ogni gallese è nato, o è stato concepito su un campo da rugby. Negli ultimi tempi a Warren Gatland, il tecnico neozelandese cui sono state affidate le chiavi del patrimonio nazionale, sembra però essere sfuggita di mano l’ortodossia del gioco. Il Galles è la squadra più divertente da ammirare rincorrere il vento, ma anche la più imprevedibile e meno rigorosa che ci sia nel pianeta ovale. Ha in Shane Williams l’ala che impersona il nonsenso del rugby moderno, minuscolo ma capace di segnare mete come nessun altro in attività (53). Il tallone d’Achille si annida in una mischia, complici gli infortuni dei piloni Adam Jones e Gethin Jenkins, che non riesce a reggere l’urto delle macchine da guerra avversarie. Una statistica illustra la sua filosofia di gioco: nel Sei Nazioni 2010 ha percorso più metri (452) palla in mano e conquistato la linea del vantaggio più volte (114) di ogni avversario. Un’abilità cancellata dalla facilità con cui concede mete. Manda. Frastornata da una serie impressionante di infortuni, la squadra che due anni fa rese orgogliosa una nazione regalandole dentro al Croke Park, il tempio della tradizione gaelica, un Grande Slam che mancava dal 1948, inizia a pagare dazio al logorio della moderna vita rugbistica H gruppo è solido, sempre quello da anni, un ciclo dorato che inevitabilmente vedrà la fine alla Coppa del Mondo neozelandese. H suo leggendario capitano, Brian OTMscoll, sembra vivere una seconda giovinezza agonistica e dopo anni di dedizione alla causa ha scelto di sostituire in regia il genio organizzativo di O’Gara con la spensierata gioventù di Sexton. Ha tre-quarti che intuiscono il gioco prima degli avversari, una seconda linea gigantesca e una difesa spietata lo scorso anno finì in cima alla lista dei placcatoli, fallendone solo 5 per gara Scoria. È la mina vagante del Torneo, la più in ascesa dopo aver conosciuto anni di piombo legati all’incapacità di scendere a patti con la novità del professionismo. La maniacale ossessione organizzativa del tecnico inglese Andy Robinson sta dando risultati. Per lui il chiodo fisso è battere la sua Inghilterra e conquistare la Calcutta Cup; intanto si è circondato di uno staff d’eccezione (tra cui, allenatore della mischia, l’italiano Massimo Cuttitta), ha vinto 5 delle ultime 6 partite internazionali portando la Scozia al sesto posto del ranking mondiale, miglior posizione di sempre. Inizierà la sua avventura a Parigi e se dovesse applicare il diktat del tecnico che ha chiesto «una battaglia crudele», potrebbe rivoluzionare le previsioni. Lo scorso anno è stata la migliore in touche (94% di conquista), segna poche mete e ne incassa di meno. Il suo gioco utilitaristico ha nella precisione del calciatore Dan Parks la sua ragione di esistere. Italia. Finito il periodo di apprendistato è di fronte all’anno della verità. Per la prima volta si presenta al via allineata, in fatto di organizzazione, agli avversari, con i giocatori rodati dall’esperienza in Celtic League e dall’abitudine a vivere a ritmi forsennati. Vorrebbe uscire dall’incubo delle belle sconfitte e iniziare a mettere in fila qualche brutta e sporca vittoria. L’obiettivo resta quello di evitare il cucchiaio di legno e per centrarlo punta molto sulle sfide interne con Irlanda, Galles e Francia Paga le assenze di giocatori chiave come Craig Gower e Mauro Bergamasco, lancia nella mischia la gioventù di Gori e Benvenuti e trepida per capire se Sergio Parisse, il suo leader, potrà stringere i denti, dimenticare il dolore per la lussazione del mignolo e guidare la Mike Tindall ‘ squadra al più bel Sei Nazioni di sempre. Sa che per vincere deve fare tutto alla perfezione e sperare di sfruttare una giornata storta degli avversari. La mischia è di valore mondiale, i tre-quarti il punto dolente. Per gli altri è la più seria candidata al cucchiaio di legno. Una convinzione che è arrivato il momento di smentire.
