Raul Leoni per Il Corriere dello Sport
Il traguardo è la meta, il sogno la vittoria. Ma il gruppo azzurro è una realtà a metà strada tra la famiglia e la catena di montaggio. Una giornata piena, nella quale la tecnologia va a braccetto con la sofferenza, l’allegria con la concentrazione, il lavoro con lo svago e il riposo. Dimenticate i miti del rugby d’antan, le intemperanze a tavola o col boccale in mano come i discorsi strappalacrime dei grandi capitani. Ormai fanno parte del passato. Una qualità del rugbista, tuttavia, non passa mai di moda: la resistenza al dolore e la capacità di soffrire. Perché, come ricorda il dottor Simone Porcelli, tra gli ultimi acquisti nello staff azzurro, «un calciatore bisogna convincerlo in tutti i modi che è pronto a rientrare dopo un infortunio, mentre non c’è verso di far capire ad un rugbista che deve uscire quando non è in condizione di rimanere in campo». La giornata del rugbista azzurro comincia di norma già alle 7, massimo 7.30. Solo il capitano e il vicecapitano hanno il privilegio della camera singola. La “rooming list” è di assoluta competenza del team manager. Gino Troiani, anche lui nuovo del ruolo ma con una lunga militanza in azzurro da giocatore, ha le sue convinzioni: «La routine uccide lo spirito di gruppo». Più o meno quello che si dice nei consultori familiari. Per qtiesto la rotazionè’dèlle^coppiè,; da Tina”seP” ‘ timana all’altra, è regola. Controllo del peso supertecnologico vasche a 4-8 gradi regole molto rigorose. E chi sgarra paga: Mirco Bergamasco è il giudice, Dellapè il barbiere, Canale il cerimoniere. E le stanze sono… miste Più che l’affinità di ruolo, in una Nazionale multilingue è uso che gli anglofoni vadano in stanza con gli italiani doc. Ecco perché, ad esempio, Geldenhuys fa coppia con Derbyshire (toscano a dispetto del cognome). E poi veterani con i nuovi, talvolta con ottimi risultati: il “vecchio” Lo Cicero se la intende alla grande con il deb Gori: «E’ un ragazzo che ama leggere e tenersi informato, un piacere discutere con lui su ogni argomento». Prima di colazione, alle 8, c’è la pesa. Ma non è più tempo della pedana da camera e del tabellone con nomi e chili affidati alla pubblica fede. Il professionismo ha le sue esigenze: bilancia ad altissimo tecnologia, che in un sol colpo fornisce peso corporeo, massa grassa e massa magra. Eh sì, difficile sgarrare: fin dalla prima colazione. Ma l’aspetto nutrizionale, visto il dispendio energetico che può superare le 5000 calorie al giorno, va tenuto presente. Gli azzurri, oltre ai tre pasti principali, si concedono due snack per spezzare l’allenamento: ma gli sportivi con le merendine in mano si vedono solo in tivù. «In realtà – chiarisce il dottor Porcelli – si tratta di snack salutari: toast, prosciutto, parmigiano, frutta e succhi». Nei pasti principali, invece, pasta e carne la fanno da padroni: poco gettonato il pesce. Nel programma tipo ci sono due sessioni di allenamento: la mattina, grosso modo dalle 8.30-9 alle 12, e il pomeriggio tra le 15 e le 18, tenute per reparti con sedute alternate in palestra e in campo. Dopo la seconda c’è l’appuntamento con le famigerate vasche di ghiaccio per favorire il recupero muscolare: «Circa 10 minuti, con l’acqua trai4e gli 8gradi». Anche le riunioni di gruppo o di reparto o le sedute di video-analisi fanno parte del bagaglio della giornata, mentre la crescente esposizione mediatica richiede un incontro obbligatorio con i giornalisti, fissato alle 12. La conferenza stampa del giovedì, con l’uscita della squadra, provoca fremiti solo nelle redazioni: «Salvo infortuni, i giocatori conoscono la formazione fin dal primo allenamento del lunedì». Per i rituali di iniziazione dei debuttanti il “gran cerimoniere” è Gonzalo Canale, che delega la rasata stile marines al “coiffeur” Santiago Dellapè. Per le mancanze al codice di comportamento ci sono pene severe, con sanzioni pecuniarie che arrivano fino ai 100 euro. Tradizionalmente, il “giudice” più apprezzato è Kaine Robertson. Assente l’ala degli Aironi, il compito è passato a Mirco Bergamasco. «Ma Mirco non è inflessibile come Kaine e soprattutto non è costante: applica le sanzioni a simpatia e solo quando ne ha voglia». Il primo a lamentarsene è proprio Gino Troiani, subito insediatosi da neo-team manager al vertice della classifica dei pluricondannati: «Sto pagando lo scotto del noviziato, ai miei tempi queste cose non esistevano» . Le infrazioni più gravi riguardano i ritardi, l’uso improvvido del cellulare o capi d’abbigliamento non adeguati: gli introiti della “cassa delle ammende” possono essere destinati ad iniziative di beneficenza oppure all’acquisto di beni comuni. Il più recente è la centralina per iPhone, iPod e iPad durante le sedute in palestra: gli azzurri, come tutti i ragazzi di oggi, soffrono della sindrome da Blackberry. Il sabato della partita è ovviamente un giorno particolare: tanto che, su sollecitazione di Sergio Parisse, la tradizionale foto in campo è stata anticipata alla vigilia, durante il “captain’s run” (l’ultima rifinitura). Sembra che l’incombenza guastasse la concentrazione prima del match. A differenza delle squadre anglo-celtiche, gli azzurri non trovano la tenuta di gioco nello spogliatoio, ma ricevono la maglia prima di partire per lo stadio: «E’ un’usanza tipicamente italiana, che conferisce al momento una certa solennità». Altra peculiarità di casa nostra: Parisse preferisce caricare i compagni con gli sguardi e con l’esempio più che con le parole. I discorsi epocali, che hanno fatto la leggenda del Cinque Nazioni, non appartengono alla nostra cultura.
