Un articolo a firma di Marco Birolini su L’Avvenire di oggi
«Ragazzi difficili? Forse sono solo in cerca di quattro regole che nessuno ha mai dato loro…». Agostino Gotti è il referente di “Facciamo meta”, un progetto educativo che mira al recupero degli adolescenti problematici attraverso il rugby. Il metodo è semplice e piuttosto spiccio: niente prediche e inutil i lavate di testa, Gotti e i suoi allenatori prendono i gianburrasca e li scaraventano in campo. Lottando per conquistare una palla ovale, ritrovano fiducia negli altri e soprattutto in se stessi, con benefici comportamental i evidenti già dopo pochi incontri . A portare avanti il progetto, attivo a Grumello del Monte e in altri otto comuni bergamaschi vicini, sono Bergamo Rugby e Cooperativa Arkè. I presidenti delle due associazioni sono stati i primi a credere nelle potenzialità formative di uno spor t chi sarà pure minore ma che tempra fisico e spirito come pochi altri . “Facciamo meta” raggiunge le scuole, ma soprattutto i doposcuola organizzati da comuni e oratori in un territorio dove l’integrazione degli immigrati indiani e nordafricani resta fragilissima. Spesso gli esclusi sono proprio i giovani stranieri.Visto che educatori e volontar i faticano a contenerli e a coinvolgerl i nelle altre attività, si è pensato di ricorrere alle maniere ruvide del rugby. L’impatto equivale a uno choc. «Puntiamo a sorprendere e a spiazzare i ragazzi fin dal primo contatto: individuato nel gruppo quello che fa il bulletto lo si smonta subito – spiega Gotti -. Lo prendi e ad esempio gli dici: ok, hai dimostrato di saper fare il pagliaccio, ora dimostrami che puoi fare anche la persona seria…». Una terapia d’urto che funziona perché obbliga a togliersi la maschera. Il rugby richiede del resto un forte spirito di gruppo: «Molti di questi ragazzi si relazionano a fatica con i coetanei. Magari sono già stati anche scartati dalle squadre di calcio locali. Noi gli diamo una seconda possibilità, facendogli capire che tutt i possono essere importanti . Anche il ragazzotto sovrappeso che non è un fulmine di guerra. Lo mettiamo ad alzare i compagni nella rimessa laterale, gli altri capiscono subito che c’è bisogno di lui». L’esperimento pilota è partito l’anno scorso a Tagliuno: alla fine è nata una vera squadra che si è confrontata con un team della Bergamo Rugby. «È bastato dar loro una divisa nuova per farli sentire importanti : per la prima volta gli altri ragazzi del paese li hanno guardati con ammirazione e rispetto». Gli insegnamenti sul campo valgono più di mille parole: «Nel rugby devi sempre passare indietro – continua Gotti -. Capisci in fretta che se non c’è nessuno alle tue spalle, non puoi fare molta strada. E poi c’è un’altra cosa che attrae i ragazzini…» Quale? «Beh, il fango. Sguazzarci dentro piace tantissimo…». La scuola del rugby è così: dura e pure sporca. «Ma sa far emergere la parte più bella che uno ha dentro», sorride Gotti .
