Condizioni stabili ma critiche. Questo dice l’ultimo bollettino medico di Michael Lynagh e il Royal Brisbane and Women’s Hospital Intensive Care Unit conferma che l’ex stella della nazionale australiana e del Benetton Treviso ha sofferto di un “significant stroke”, un ictus molto grave, di un gravità – prosegue il bollettino – piuttosto rara per l’età di Michael (48 anni). Un ictus che ha interessato il lobo occipitale con un una occlusione dell’arteria vertebrale (spero di aver tradotto in maniera esatta, ndr…) con effetti sulla vista, coordinazione ed equilibrio.
I prossimi giorni saranno molto difficili e determinanti, ma i segnali – fanno sapere i medici – sono incoraggianti.
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Stabili le condizioni di Michael Lynagh
Continuano a non essere molte le notizie sulle condizioni di salute di Michael Lynagh, ma qualche punto certo ora lo si può anche mettere. Intanto che le sue condizioni sono stabili, a farlo sapere è un comunicato della Queensland Rugby Union: parlerebbe e sarebbe vigile. Lynagh, che ora vive a Londra, era arivato a Brisbane lo scorso fine settimana e qui è stato ricoverato al Royal Brisbane Hospital, lunedì notte.
Meno certe le cause del malore, qualcuno parla di ictus altri di una trombosi.
Ricordo che la 48enne leggenda del rugby australiano in 72 caps con la maglia wallabies ha segnato ben 911 punti e vinto il Mondiale 1991.
Da non dimenticare i 5 anni trascorsi a Treviso a partire dal 1991: nella Marca Lynagh ha ancora tantissimi amici e lì conobbe sua moglie.
Con BergaMauro a lezione di sport
Denis Michelotti ha intervistato Mauro Bergamasco per il suo blog Nell’anima dello sport. Eccone uno stralcio
Di nuovo in Italia, dove sei cresciuto e dove hai cominciato a giocare con la palla ovale. Tuo padre è stato un rugbista, tuo fratello è un rugbista, cosa ti hanno trasmesso famiglia e rugby?
Sono la persona che sono oggi grazie a loro. Famiglia e rugby mi hanno trasmesso i valori. Mi hanno insegnato ad essere leale, a mantenere la parola data, a sopportare i momenti di difficoltà. Valori di vita insomma, perché il rugby è uno stile di vita. Ho imparato anche a fare delle scelte e a prendermi la responsabilità di quelle scelte quando si rivelavano sbagliate. Certo, a tutto c’è un prezzo e per il rugby ho dovuto fare anche delle rinunce, ma alla fine è stato uno scambio alla pari: io ho dato tanto al rugby, lui ha dato tanto a me.
Hai parlato di valori, qual è a tuo avviso il valore che manca di più nella società d’oggi?
Senza dubbio la lealtà nei rapporti. Al giorno d’oggi si fa di tutto per raggiungere un obiettivo, si usa ogni stratagemma e poco importa se sia scorretto o meno. Sia chiaro, anche nello sport si lotta per vincere, per prevalere sull’altro, ma lo si fa con lealtà e a fine partita vinti e vincitori si possono guardare tranquillamente negli occhi senza vergognarsi. Nella vita troppo spesso non è così.
Possiamo dunque dire che lo sport può essere un mezzo utile per migliorare la società?
Sicuramente, ma certe cose vanno insegnate ai giovani sin da piccoli e non oralmente. Lo sport deve servire da modello, da esempio. Nel rugby si impara da subito a rispettare l’arbitro, a dialogare e a confrontarsi con gli altri, a portare avanti le proprie idee rispettando quelle diverse dalle proprie, ad essere disciplinati. Certi insegnamenti poi ce li portiamo dietro nella vita di tutti i giorni e chi non impara da ragazzino a non insultare chi sbaglia o a non aggredire qualcuno che fa qualcosa che non condividiamo, è normale che poi avrà questa tendenza anche da adulto.
Gli Aironi volano fino a Londra, per parlare di traumi
Si terrà questo fine settimana a Londra, nelle sale conferenze di Stamford Bridge, lo stadio del Chelsea, la ventunesima edizione dell’ “International Conference on Sports Rehabilitation and Traumatology”.
Si tratta di uno dei principali meeting a livello mondiale per quanto riguarda la medicina sportiva. Al centro della conferenza quest’anno sarà la traumatologia del ginocchio nel calciatore e nel rugbysta professionista. Gli Aironi saranno protagonisti grazie ad uno studio innovativo relativo agli infortuni registrati nella prima stagione di Celtic League, realizzato dal responsabile dello staff medico Dott. Rocco Ferrari e dal capo dei preparatori atletici Niklas Superina con la preziosa collaborazione del Dott. Giulio Sergio Roi, direttore del centro studi di Isokinetic, l’organizzazione di centri di fisioterapia leader in Europa con sede a Bologna.
“Uno studio di questo genere – commenta Rocco Ferrari, già trequarti della Rugby Parma nella prima metà degli anni Novanta – rappresenta una novità assoluta per il rugby italiano, che a differenza di tutte le altre nazioni di alto livello non aveva mai pubblicato dati scientifici sul rugby professionistico. E’ anche questo un piccolo passo di avvicinamento al rugby di alto livello”.
“Quello che presenteremo – continua Ferrari – sarà uno studio epidemiologico basato sulla casistica delle varie tipologie di infortuni registrati nella scorsa stagione e sui tempi di recupero necessari per il ritorno in campo”.
Il convegno inizierà sabato mattina per concludersi poi il giorno seguente e vedrà la partecipazione degli staff medici dei principali club del calcio europeo e dei migliori medici inglesi, neozelandesi e australiani specializzati negli infortuni legati in particolare al rugby.
BergaMauro in tribuna, il suo sconforto finisce in rete
Mauro Bergamasco domenica pomeriggio allo “Zaffanella” contro gli Scarlets non giocherà. Il coach degli Aironi Rowland Phillips non lo manda in campo e nemmeno in panchina.
Lui, che al rugby italiano ha dato tantissimo, non protesta e non alza la voce. Mauro però si sfoga in rete e su Twitter e facebook si lascia andare a un momento di sconforto. Umano e comprensibilissimo. E poi quella espressione: “che fine”, che fa pensare. Forza Mauro!


