Panchina azzurra, la conferma di Dondi: “Brunel ha detto sì, la scelta dopo il Sei Nazioni”

Da La Gazzetta dello Sport oggi in edicola

(e.sp.) «Brunel ha dato la disponibilità ad allenare l’Italia, ma non è il solo. Mallett è in scadenza e mi sono guardato intorno per tempo. Dopo il Sei Nazioni parlerò con Mallett, poi decideremo. Potrebbe anche essere che lui non voglia più restare». Così ieri il presidente della Fir Giancarlo Dondi sul futuro della panchina azzurra. «Si continua a non vincere — ha aggiunto Dondi —. Ieri Treviso ha retto un tempo e poi è crollato, e gli Aironi hanno preso tanti punti. Non vorrei che questa situazione penalizzasse l’Italia». L’impressione è che solo un buon Sei Nazioni possa salvare il et.; non fosse così Jacques Brunel, che avrebbe già comunicato allo staff del Perpignan il proprio addio, potrebbe portare gli azzurri al Mondiale. Ieri il tecnico del Perpignan, a Treviso, non ha commentato. In campo Treviso è durata un tempo (9-3 alla mezz’ora), poi nella ripresa ha preso cinque mete. Vosawai k.o.: sospetta distorsione al ginocchio sinistro. Male anche gli Aironi, travolti da otto mete (quattro di Banahan) a Bath. Jacques Brunel, 57 anni SARTORI Treviso-Perpignan 9-44 (9-9). Marcatori: p.t. 6′ c.p. Porical (P). 12′. 24 e 27 c.p. De Waal (D. 30′ e 33′ c.p. Poricai; s.t. 6′ m. Le Corvez tr. Porical. 15′ s.t. m. Sidtr. Porical. 19′ m. N. Laharrague tr. Porical. 31′ e 40′ m. Candelon tr. Grandclaude (P). Bath-Aironi 55-16 (36-13): p.t. 1 c.p. Barkley (B). 4 c.p. Marshall (A). 9′ m. Biggs (B). 14 c.p. Marshall. 21′ m. Watson tr. Barkley (B). 28′ m. Biggs tr. Barkley. 30′ m. Banahan tr. Barkley. 36′ m. Sole tr. Marshall. 37 m. Banahan tr. Barkley; s.t. 10′ c.p. Marshall. 13′ m. Banahan tr. Barkley. 31′ m.

Jacques Brunel ha detto sì alla panchina azzurra. Forse…

Da Il Gazzettino oggi in edicola

Jacques Brunel ha deciso. Il tecnico del Perpignan, che oggi a Monigo affronta il Benetton in un match decisivo per il suo cammino in Heineken Cup, ha dato la propria disponibilità alla Fir per guidare la nazionale italiana. Secondo quanto trapelato ieri nell’entourage del club catalano dopo l’allenamento nel parco dell’Hotel Relais Monaco di Ponzano, Brunel avrebbe già comunicato la propria decisione al presidente del Perpignan Paul Goze e allo staff dei collaboratori, mentre non ne ha ancora parlato con i giocatori. Del resto la Fir si attendeva una risposta entro gennaio in modo da poter programmare per tempo il dopo Coppa del Mondo o un’eventuale emergenza. Di fronte a un Sei Nazioni disastroso, infatti, sarebbe probabile l’affidamento della squadra al nuovo allenatore già dall’estate per preparare il mondiale. Diversamente il cambio di panchina verrà ufficializzato al ritorno dalla Nuova Zelanda. In ogni caso la decisione non è stata ancora formalizzata dalla Fir e restano margini per scelte diverse, anche se la rosa dei candidati con l’accasamento di Laporte a Bayonne e il rinnovo di Labit e Travers a Castres, si è ristretta praticamente al solo Brunel. Mentre l’ipotesi Eddie Jones rappresenterebbe una conferma della scuola anglosassone che la Fir è invece decisa ad abbandonare a favore di un ritorno a quella francese.

Under 17: i convocati per la nazionale

Il tecnico dell’Italia U17 Massimo Brunello ha convocato quarantadue giocatori per il raduno giornaliero in programma a Parma il 18 gennaio in preparazione all’attività internazionale 2010/2011.

Nicolò Albano
Gianmarco Amadasi
Khyam Steven Apperley-Iti
Derrick Appiah
Niccolò Baruffaldi
Filippo Bianco
Michele Boccardo
Lorenzo Maria Bruno
Filippo Buscema
Mattia Catelan
Yader Chalonez Santana
Matteo Corazzi
Alessandro Del Monaco
Lorenzo Disogra
Carlo Dugo
Simone Pietro Ferrari
Vittorio Flammini
Gabriele Garibaldi
Matteo Gasparini
Andrea Gobbo
Dimiziano Gorla
Nicola Grigolon
Gabriele Manganiello
Federico Manuini
Federico Mariottini
Riccardo Michieletto
Marco Prette
Paolo Ragazzi
Nicola Rettagliata
Federico Salerno
Tommaso Scagnolari
Filippo Scalvi
Samuel Seno
Marco Silva
Gianluigi Silvestri
Nicolò Speranza
Alessandro Torlai
Cherif Traoré
Andrea Trotta
Leandro Turino
Giacomo Vergnano
Francesco Zaramella

Un occhio al 2010, l’altro al 2011

Il saluto all’anno vecchio e il “benvenuto” a quello nuovo di Alessandro Fusco dalle pagine del suo blog

Se ne è andato il 2010 che ha visto l’ingresso – storico – di due squadre di club italiane in Magners Celtic League e arriva il 2011 recante nientemeno che la Rugby World Cup da giocare in Nuova Zelanda a settembre e ottobre quando l’Italrugby lotterà per il traguardo dei quarti di finale, falliti nel 2007 per un soffio. Tra questi due eventi, così cruciali da segnare per sempre la storia del rugby italiano, c’è il destino di uno sport giunto al bivio e che avrà un test decisivo nell’RBS Sei Nazioni 2011 che partirà il 5 febbraio, quando al Flaminio gli Azzurri ospiteranno l’Irlanda.

Proprio l’Irlanda sarà la principale avversaria (ammesso che batteremo gli USA e la Russia e considerando l’Australia fuori portata) per il passaggio ai quarti di finale alla prossima Rugby World Cup.

Sei Nazioni – vero core-business del rugby italiano – e accesso ai quarti al mondiale d’autunno : due obiettivi che determineranno il destino prossimo della palla ovale italiana.

O decolla definitivamente per entrare in pianta stabile nel cuore del grande pubblico o rischia, e i segnali sono già visibili, di esaurire l’onda lunga di simpatia che ne ha fatto un fenomeno da studiare.

Non si è mai vista in Italia, infatti, una squadra così popolare nonostante le sconfitte siano decisamente più numerose delle vittorie.

In realtà l’anno appena concluso manda in archivio due vittorie su dieci impegni, quella sulla Scozia nel Sei Nazioni (16-12 sull’erba del Flaminio) e quella sulle Isole Fiji (24-16 a Modena) nell’ultimo Test Match a novembre.

Il traguardo minimo.

In mezzo tre brutte disfatte – due nel Sei Nazioni contro Francia e Galles e una a giugno contro il Sudafrica – e una serie di prestazioni da collocare nella zona grigia delle “onorevoli sconfitte” che saturano l’almanacco azzurro.

Ricordato che il calendario stabilito dall’International Rugby Board riserva nelle ultime stagioni per Parisse e soci solo match contro le prime dieci del mondo (l’Italia è 12°), il ct Mallett e la FIR sono finiti nel mirino della critica perchè la gestione del movimento, tanto tecnica che politica, non ha saputo garantire il salto di qualità in grado di recare in dote le vittorie contro Argentina e, magari, Irlanda se proprio non  si vuol pensare all’Inghilterra.

Il rugby italiano ha ritenuto di concentrare il livello professionistico in Benetton Treviso e Aironi, i due club che partecipano alla Celtic League, ma il campionato nazionale (Eccellenza) ha perduto contenuti tecnici ancora non colmati dall’istituzione delle Accademie nazionali e zonali, pensate per allevare i giovani.

In attesa che le nuove generazioni si affaccino all’alto livello solleva perplessità la gestione dei talenti in questo momento a disposizione di Mallett, come dimostra – per fare un esempio – l’altalena per la maglia n.9 tra Tebaldi, ora caduto in disgrazia ma fino a poco fa esaltato anche al di sopra dei suoi meriti, e Gori, in forza alla Benetton Treviso che finora lo ha utilizzato pochissimo, e il problema è proprio qui.

Gli Aironi, che non fanno giocare Bocchino, e il Treviso, che ha lanciato Benvenuti ma ha preferito De Jager, Vilk e Maddok (che non gli fanno certo vincere la Celtic League) a Sepe e Andrea Pratichetti, dovrebbero rispondere nella gestione dei giocatori di interesse nazionale ad una etero-direzione federale.

per questo si è andati in Celtic League, con questo potremmo presentarci al Sei Nazioni e alla prossima World Cup con una speranza di crescita.

Il presidente Dondi ha l’occasione per lasciare davvero il segno, non la getti via.

Il ct? No, meglio un vero Direttore di Movimento

E’ questa l’opinione di Duccio Fumero di Rugby 1823. Leggiamola

Visto che il segreto di Pulcinella non è più tale e senza stare tanto a discutere su tempismi e opportunità (sono convinto che se prima dei TM fosse folle parlare di dopo-Mallett, ora sarebbe ridicolo far finta che tutto vada bene così), affrontiamo con largo anticipo la questione Brunel. Mentre l’Italia ovale si prepara al Sei Nazioni e punta decisa ai Mondiali, vediamo come il prossimo quadriennio possa essere migliore dei precedenti.

Se Jacques Brunel verrà messo a capo della nazionale italiana con le stesse condizioni dei suoi predecessori, da Johnstone in poi, allora nulla cambierà. Certo, potranno esserci risultati migliori o peggiori rispetto a Mallett, vi potrà essere un gioco più bello, o forse no, e potremo toglierci qualche soddisfazione, o subire qualche cocente delusione. Ma il succo non cambierà. Il coach della nazionale resterà un’entità avulsa dal movimento, un dipendente strapagato senza reali poteri di cambiare la situazione, magari pure condizionato nelle poche scelte che avrebbe a disposizione.
Pensiamo a Mallett. Allenatore dell’Italia, con uno staff tecnico mediocre e non all’altezza di una nazionale d’elite che gli è stato imposto dal suo datore di lavoro, senza voce in capitolo per quel che riguarda Accademie, campionato o franchigie. Certo, lui le sue opinioni le esprimeva, ma a titolo puramente personale. E inascoltato il più delle volte. Pensiamo, invece, a Kirwan in Giappone. Coach della nazionale, l’ex All Black ha in mano quasi per intero il movimento nipponico e gestisce, con idee e sul campo, ogni innovazione e rivoluzione del rugby giapponese. Un director of rugby con un’idea futuristica che faccia crescere professionalmente la palla ovale in una nazione con poca tradizione rugbistica. A stretto contatto con gli altri tecnici, Kirwan lavora con e per il movimento, non solo per la nazionale. Con un progetto, guardando non solo all’oggi, ma anche e soprattutto al domani.
Ecco, di questo l’Italia ha bisogno. Non di un coach rinchiuso nel suo bel ritiro in riva al lago, che va a vedere qualche match di Celtic League, ma poi ritorna nell’ombra. Senza possibilità (né volontà) di proporre e fare. Jacques Brunel deve arrivare in Italia con la libertà di proporre e fare, dalle Accademie alle franchigie, dal campionato d’Eccellenza alla programmazione della nazionale. Deve poterlo fare con gente di cui si fida e in cui crede. Come Serge Milhas, se i rumors sono confermati. E, in ottica di far crescere i tecnici italiani, sia lui a girare, a studiare, a valutare e a proporre quei tecnici, e ce ne sono checché ne dica Mauro Bergamasco, validi e moderni per affiancarlo o per dar loro ruoli importanti. Sia lui il motore meritocratico del movimento e non altri dottoroni.

Ecco, il cambio d’allenatore sarà un toccasana per l’Italia solo in questo caso. Se si crede in lui e si lascia che sia lui a portare avanti un progetto. A quel punto si può parlare di riconferme al di là dei risultati (vedi paragone con Gatland tanto amato nei commenti del blog), se i risultati veri si vedono anche al di fuori della nazionale. Se, invece, Jacques Brunel sarà solo una marionetta in mano ai soliti maneggioni che vogliono mantenere lo status quo di mediocrità del movimento per paura di “perdere la cadrega”, beh, allora non c’è tecnico che tenga (a questo proposito ascoltate attentamente la terza parte dell’intervista rilasciata da George Coste a Radio R101 ieri). Che si chiami Brunel, Mallett, Coste, Loffreda, White o Henry. E tra quattro anni saremo ancora qui a discutere se Brunel ha fatto più o meno mete di Mallett, se è migliorata la difesa o peggiorato l’attacco, se l’Italia ora resiste 76′ invece dei 75′ della gestione precedente. E magari avremo la memoria corta e selettiva e racconteremo favole come qualcuno ama fare ora.