Il preoccupato volo degli Aironi su Dahlia

Questo articolo (intervista compresa) l’ho scritto e pubblicato sulle pagine web dedicate al rugby del sito di Radio R101

“Sì, sono sinceramente preoccupato”. Silvano Melegari, presidente degli Aironi Rugby non si nasconde. La situazione in cui versa Dahlia Tv è fonte di discreti mal di testa anche dalle parti di Viadana. Il presidente attende con impazienza un incontro tecnico previsto per la prossima settimana dove l’argomento verrà affrontato, ma al momento le notizie sono piuttosto frammentarie e poco chiare (ad esempio: Dahlia garantisce la copertura fino a fine stagione, ma le partite sono prodotte da società terze in outsourcing: sono state pagate? e se sì fino a quando?).
Nessun contatto ancora con Treviso o Fir, ma verranno presto.
Ecco quello che ha detto ai nostri microfoni

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Il rugby in tv dopo Dahlia

Da Solorugby

Arrivata la messa in liquidazione di Dahlia, si riapre il “gran ballo” dei diritti tv legati al rugby. Due sono i fronti coinvolti. Oltre a quello più urgente legato alla Celtic League c’è infatti anche il Mondiale Under 20. E in mezzo l’attore principale: la Fir.
CELTIC LEAGUE “Un danno gravissimo”. Così il presidente della Benetton Treviso Amerino Zatta commenta oggi dalle colonne de “La Tribuna di Treviso” l’eventualità di non avere più copertura televisiva per i match di Celtic League. Eppure fonti interne all’emittente con base a Roma continuano a garantire che Benetton e Aironi continueranno ad essere trasmesse fino alla fine della stagione. Rassicurazioni che si scontrano però con la cruda realtà, quei problemi insormontabili che al momento lasciano senza lavoro 150 dipendenti.
Il primo segnale che ha preoccupato non poco i tifosi la mancata trasmissione di Ulster-Treviso. Tutto però secondo i piani: le partite che si tengono in Irlanda del Nord comportano infatti costi maggiori rispetto alle altre e le varie emittenti in gioco preferiscano non sobbarcarsi di spese ulteriori. Difatti, è accaduto anche in passato che non ci fosse la tv a seguire i match di Benetton e Aironi.
Il caos Dahlia tiene ad ogni modo in apprensione anche la Fir, alla finestra per studiare l’evolversi della vicenda. E non è detto che non si ritorni ad una delle ipotesi iniziali, vale a dire Sky.
MONDIALE UNDER 20 In pratica, mettere la Celtic nello stesso pacchetto del Mondiale Under 20 che, come anticipato qualche tempo fa da Solorugby.org, potrebbe finire proprio sulla rete satellitare. In Fir continuano a sostenere che il presidente Dondi voglia mantenere Sky quale ultima ratio, preferendo anzitutto emittenti più tecnologicamente ed economicamente accessibili soprattutto ai nuovi appassionati.
Per ultima lasciamo la Rai, negli ultimi tempi dal braccino monco più che corto in quanto a produzioni legate ad eventi sportivi. Per non parlare poi della poca affidabilità dei palinsesti, come dimostrato domenica in occasione del posticipo Prato-L’Aquila annunciato in diretta sul web e poi come per magia scomparso. Tuttavia se è vero che Dondi è a caccia di visibilità, tolta La7 (che può gestire un solo canale) la Rai rimane la candidata più forte, sebbene la quasi totalità degli avvenimenti sportivi sia passata oramai sul canale della testata sportiva senza fare più capolino sui canali in chiaro.
Il gran ballo è iniziato ed è probabile che si trasformi nella solita tarantella. A pensar male si fa peccato ma visti i precedenti…

Crac Dahlia: Treviso protesta

Da La Tribuna in edicola oggi

Dahlia è in liquidazione, e il popolo del rugby trevigiano, che aveva acquistato gli abbonamenti alla pay-tv per vedere i match della Magners Celtic League, insorge. «Si vedrà ancora il Benetton? Abbiamo pagato l’abbonamento per l’intera stagione, siamo a metà..» chiedono i telespettatori. A settembre, in occasione della storica prima edizione del torneo aperto all’Italia, con Treviso e Viadana in lizza, avevano risposto all’appello del colosso scandinavo, abbonandosi. Anche nei covi del rugby — bar e osterie — dove la televisione calamita appassionati per le trasferte dei «leoni» in Galles, Scozia e Irlanda, monta la protesta. «L’ultimo match non è stato nemmeno trasmesso, come altri — dicono numerosi supporter — e adesso cosa succede? Ah, saperlo. Se lo chiede anche il presidente del Benetton, Amerino Zatta, che interviene sulla vicenda. «Dire che siamo sorpresi è poco — dichiara Zatta — e ci troviamo anche a disagio, perché non siamo mai stati coinvolti né nelle trattative con l’emittente televisiva, nè al momento del contratto. Ha gestito tutto la Fir. Una cosa è sicura: non lasceremo nulla di intentato perché fra tre settimane, quando riprenderà la Celtic, ci siano garanzie di visibilità. Non è possibile che dopo i nostri investimenti per essere competitivi in uno dei massimi tornei di rugby a livello internazionale, la squadra rischi di restare senza vetrina da qui a fine stagione. Per la squadra, la società, i tifosi sarebbe una perdita gravissima, in termini di visibilità e di immagine». Intanto, la Rai trasmette il torneo di Eccellenza, il campionato, motlto meno apptibile se si parla di spettacolo… Sky aveva fatto offerte in estate alla Fir: invano.

Dahlia, specchio di un paese?

Un’approfondita analisi di Rugby 1823

Il fallimento di Dahlia, figlio di una politica assurda dell’azienda, d’incompetenza manageriale e di una “situazione Italia” in cui il libero mercato è una chimera, ha riaperto, anche su queste pagine, un dibattito mai sopito. Una discussione che si concentra su due punti chiave: qual è l’importanza della visibilità mediatica del rugby nella crescita del movimento e quali sono le reali priorità che la Federazione deve avere per promuovere questa crescita.

Investire sulla tv o creare le strutture per permettere di giocare a rugby? Scommettere sui neofiti che si avvicinano grazie all’impatto mediatico, o costruire nel piccolo delle realtà di nicchia, ma solide? Due “fazioni” in perenne lotta, ma che forse, in verità, sono semplicemente le due facce della stessa medaglia.
Le certezze del rugby italiano sono poche, ma chiare. La palla ovale è, per buona parte della popolazione, una sconosciuta. La visibilità, al di là delle finestre azzurre, è praticamente nulla e la concentrazione territoriale della tradizione rugbistica è limitata. Con alcune eccezioni, con alcune macchie di leopardo sparse per la penisola, ma nulla più. Uno sport di nicchia spesso (purtroppo) felice di essere tale. Per un senso di superiorità (pochi ma buoni), o spessissimo per il mantenimento di uno status quo di potere. E ora torniamo al punto da cui siamo partiti.
Siamo così sicuri che scommettere sulla visibilità mediatica sia in alternativa con la volontà di far crescere il movimento dal basso? Siamo così sicuri che non vi sia la “copertura finanziaria” per ottenere entrambe le cose? Torniamo a Dahlia e alla Celtic League. L’ingresso italiano nella lega celtica, tra le varie cose, doveva far fare quel salto di qualità al rugby italiano anche da un punto di vista mediatico. Un torneo di livello superiore, due entità nazionali, che coprissero quei mesi tra il Sei Nazioni e i test match. Al tempo della scelta di Dahlia avevamo già espresso i nostri dubbi riguardo alla scelta dell’emittente. Poco conosciuta, poco visibile, a pagamento e “marchiata” dal porno. Ci venne detto che erano gli unici ad aver fatto un’offerta. Bugia. Erano coloro che avevano fatto l’offerta migliore. Economicamente parlando, non politicamente. Poco più di un milione di euro l’anno, spese di produzione coperte con circa 300mila euro e 800mila euro di “bonus” per il Board (come riportava Il Sole 24 Ore ai tempi dell’accordo). Soldi in cambio di mancanza di visibilità, professionalità e garanzie. Una scelta suicida, come immaginavamo e come è stato confermato dai fatti.
Se il rugby vuole crescere in Italia da un punto di vista mediatico, infatti, deve smettere di pensare di essere il calcio. Non può massimizzare i profitti dei diritti tv, conscio che comunque il pubblico ci sarà. Deve iniziare facendo conoscere il prodotto. E qualsiasi economista, ma anche il più umile commerciante di paese, sa che per far conoscere un prodotto devi a. pubblicizzarlo; b. investirci; c. iniziare a venderlo magari sottocosto. Quindi, se si vuol far crescere il rugby da un punto di vista mediatico bisogna rinunciare al “bonus”, gestendo solo l’indispensabile. 300mila euro di produzione. Il valore, pressappoco, di una sponsorizzazione della nazionale. Quindi la Fir e il Board potevano benissimo accettare una delle offerte “peggiori”, ma che garantiva più sicurezza e visibilità. Aspettando di massimizzare i profitti in futuro, quando la Celtic League fosse appetibile per un pubblico più ampio.
Ma così si sacrifica il movimento in basso, viene detto. Falso! Il bilancio federale è ben più ricco dei costi di produzione di un torneo come la Celtic League. Quello che manca, in Fir, non sono i soldi, ma la volontà politica di far crescere la base. Basti vedere come, da Milano alla Sicilia, dal Veneto alla Sardegna, siano decine le società in crisi, senza soldi, senza strutture, cui la Federazione non dà una mano. Investire sulla base è il primo punto che qualsiasi politica manageriale che sappia programmare il futuro (remoto, non quello prossimo. Il dopodomani, non l’oggi e il domani) dovrebbe fare. Ma non è stato fatto. A prescindere da televisioni, Celtic League o Nazionale. Ma semplicemente per la non volontà di farlo.

Visibilità mediatica e infrastrutture di base non sono due concetti in antitesi. Alto livello e basso livello non sono due nemici che si combattono e dove la sopravvivenza di uno significa la morte dell’altro. Allargare la base, far uscire dalla nicchia la palla ovale, rendere il rugby uno sport nazionale passa dalla televisione, dall’evento mediatico tanto quanto passa dal minirugby e dalle scuole.
Il problema è sapere e volere investire in questi settori. Seriamente. Programmando.

Dahlia, la reazione (interessata) di Mediaset

Sky sul satellite e Mediaset sul digitale. E che gli altri si arrangino.
Che il nostro sia un Paese in cui la parola “concorrenza” è spesso considerata solo un lemma nel vocabolario lo si sapeva. Il più delle volte a considerarla tale sono poi gli stessi personaggi che sembrano bearsi ogni volta che dalla loro bocca esce l’espressione “libero mercato”. Che Mediaset fosse interessata da tempo alla fetta di mercato coperta da Dahlia sul digitale terrestre è un segreto di Pulcinella. Che abbia “tramato nell’ombra” negli ultimi mesi per arrivare a questo punto forse no, ma non lo sapremo mai: ma se fosse davvero successo qualcuno ne sarebbe sorpreso?
Ora questo lancio della Reuters non fa che confermare le “dietrologie” che si sono diffuse nelle ultime ore: le parole di Confalonieri sono infatti tutto tranne che una smentita.
Il gruppo Mediaset valuterà la questione dei diritti tv sul calcio di Dahlia nel caso in cui, a causa del suo scioglimento, questi dovessero tornare alla Lega Calcio. Lo ha detto il presidente del gruppo televisivo Fedele Confalonieri. “Non lo so, ci penseremo”, ha detto Confalonieri entrando al congresso nazionale della stampa e risponendo ad una domanda su un eventuale interesse del gruppo sui diritti sul calcio di Dahlia. Ieri è stato nominato un liquidatore per la pay-tv sul digitale terrestre controllata al 78,2% dal gruppo svedese Airplus Television e di cui Telecom Italia Media possiede il 10% circa.