di Romy Gai, su Finanza e Mercati
Alla fine del 2007, alla vigilia della crisi finanziaria che ha attanagliato tutto il mondo, nella classifica degli sport più “sponsorizzati” in Europa, dominava il calcio, seguito dai motori, con investimenti complessivi di oltre 5 miliardi di euro. Terza, staccatissima, la vela seguita a ruota dal ciclismo in crollo verticale. Si affacciava, a sorpresa, al quinto posto il rugby, dimostrando che anche gli sport cosiddetti “minori”, stavano conquistando credibilità e spazio mediatico. L’Italia della palla ovale, fresca ancora il ricordo nell’esordio vincente al primo Sei Nazioni della nostra storia (5 febbraio 2000, contro la Scozia, campione in carica, vittoria per 34 a 20), iniziava a conquistare spazi crescenti negli investimenti in sponsorizzazioni sportive. Una risposta a scandali arbitrali, doping, violenza, atleti dalla vita troppo “frivola”, protagonisti di altre discipline. Il, rugby, all’opposto, era lo sport del cosiddetto “terzo tempo”, che più degli altri riusciva a identificare nuovi stili di vita e consumo: in altre parole la disciplina che creava “tribù”, catalizzando nuovi gruppi di riferimento, target ideale di innovativi messaggi pubblicitari. Oggi, a cinque anni di distanza, che cosa è cambiato? Complice evidentemente la crisi finanziaria, i dati consuntivi del 2010 raccontano di un crollo complessivo del 22% delle sponsorizzazioni sportive rispetto al 2008. Un tendenza che – secondo gli esperti – dovrebbe invertirsi quest’anno, mettendo a segno una leggera crescita degli investimenti (+1%). Anche in questo caso il rugby nostrano continua a promettere soddisfazioni agli investitori. Infatti, gli sport che hanno il maggior potenziale in Italia sono cinque: tiene il calcio (solo per i top team), cresce il golf (spinto dall’effetto Molinari e Manassero), si mantiene il nuoto grazie al fenomeno Pellegrini. Stabile il motociclismo grazie al binomio Ducati-Rossi, si conferma il rugby con l’entusiasmo creato dalla Nazionale. Insomma, il rugby continua a piacere a chi investe. Guardando ai numeri, il calcio rimane irraggiungibile, grazie anche alla valenza sociale di uno sport che prevarica gli ambiti della disciplina stessa; mail rugby si dimostra capace di attirare il 32% delle aziende che investono nel settore marketing. La sua valenza “tribale” si impone di pari passo alla crescita di internet nelle preferenze dei comunicatori. Secondo l’osservatorio di Vidierre, società italiana leader in Europa nel monitoraggio dei media, la copertura tv del 2010 è più che raddoppiata rispetto all’anno precedente (molto grazie all’ottimo lavoro di Sky e al contributo di Eurosport). Crescono i “minuti tv” (più 60%) e il numero dei servizi (più 6%). Adesso, però, sarebbe il caso di raccogliere i frutti di questo interesse. Nonostante la vittoria sulla Francia al recente Sei Nazioni, celebrata dai giornali con abbondanza di aggettivi, l’Italia del rugby resta lontana dai sogni sportivi degli appassionati. Dodicesima nel ranking mondiale, più vicina a Giappone e Georgia che non a Nuova Zelanda ed Australia, l’Italia rischia di perdere l’opportunità enorme di raccogliere i frutti di uno stile unico e vincente. A guardar bene, la vittoria del Flaminio avrebbe potuto trasformarsi in una sconfitta, se i cugini d’Oltralpe non avessero utilizzato la gara per provare uomini e schemi in vista della Coppa del Mondo del prossimo settembre. Manca un vero campionato, con i migliori team fuggiti l’anno scorso in Celtic League. Non era mai successo, e non solo nel rugby. Insomma, la palla ovale italiana ha una chance. Ce la farà?

